l'analisi, essa procede sempre verso la glaciazione del senso, aiuta alla precessione dei simulacri e delle forme indifferenti. Il deserto cresce, per fortuna la betise rimane. Ciò è ancora più vero per i media e l'informazione. Teoria dell'implosione del senso nei media. Teoria della crescita infinita della massa in funzione dell'accelerazione, mobilizzazione del sistema. «Impasse» energetica. Punto d'inerzia. Destino d'inerzia d'un mondo ormai saturo. I fenomeni d'inerzia s'accelerano (se così si può dire). Le forme bloccate proliferano, e la crescita si immobolizza nell'escrescenza. Questo è anche il segreto dell'ipertelia, di ciò che va più lontano della propria fine (sarebbe questo il nostro modo di distruzione delle finalità: andare più lontano, troppo lontano nello stesso senso - distruzione del senso per simulazione, ipersimulazione, ipertelia). Negare la propria fine per iperfinalità (il crostaceo, le statue dell'isola di Pasqua)- non è questo anche l'osceno segreto del cancro? Rivincita dell'escrescenza sulla crescita, rivincita della velocità nell'inerzia. Anche le masse sono prese in questo gigantesco processo d'inerzia per accelerazione. Esse sono questo processo escrescente, divorante che annichilisce ogni crescita e ogni senso addizionale. Esse sono questo circuito corto-circuitato da una finalità mostruosa. È questo punto d'inerzia che oggi è affascinante, appassionante, e ciò èhe avviene nelle vicinanze di questo punto d'inerzia (finito dunque il fascino discreto della dialettica). Se essere nichilista è privilegiare questo punto d'inerzia e l'analisi di questa irreversibilità dei sistemi sino al punto di nonritorno, allora io sono NICHILISTA. Se essere nichilista vuol dire essere ossessionato dal modo di sparizione e non più dal modo di produzione, allora io sono nichilista. Disparizione, aphanisis, implosione, Furia des Verschwindens. Transpolitica è la sfera eleuiva del modo di sparizione ( del reale, del senso, della scena, della storia, del sociale, dell'individuo). In verità, questo non è del tutto nichilismo: nella sparizione, nella forma desertica, aleatoria e indifferente, non c'è più il pathos, il patetico del nichilismo- quell'energia mitica che è la forza del nichilismo; radicalità, denegazione mitica, anticipazione drammatica. Non è più neanche disincanto, con tutta la tonalità incantata, seducente e • nostalgica del disincanto. È-sparizione, e basta. Adorno-Benjamin: nostalgia e malin-· conia Il più recente esercizio del pensiero, il pi~ intelligente e il più lucido, quello che si trova in Adorno e Benjamin, è un esercizio nostalgico della dialettica. Poiché esiste una nostalgia della dialettica, e forse la dialettica più sottile finisce sempre nella nostalgia. Per contro, e più profondamente, in Benjamin e nello stesso Adorno, c'è un'altra tonalità, quella d'una malinconia legata allo stesso sistema, incurabile questa e al di là di ogni dialettica. È questa malinconia, la malinconia dei sistemi, che oggi prende il sopravvento attraverso le forme ironicamente trasparenti che ci circondano. È lei che rischia di divenire la nostra passione fondamentale. Non è più lo spleen o la malinconia «fin de siede». Non è più neanche il nichilismo, che tende in qualche modo a normalizzare tutto tramite la distruzione, passione del risentimento. No, la malinconia è la tonalità fondamentale dei sistemi funzionali, dei sistemi attuali di simulazione, di programmazione e di informazione. La malinconia è la qualità inerente al modo di sparizione del senso, al modo di volatilizzazione del senso nei sistemi operazionali. E noi siamo tutti malinconici. Nichilismo - Terrorismo. I nichilisti russi La malinconia è questa disaffezione brutale propria dei sistemi ormai saturi. Allorquando la speranza di equilibrare il bene e il male, il vero e il falso, di confrontare alcuni valori dello stesso ordine, allorquando la speranza più generale d'un rapporto di forze e d'una posta in gioco, è svanita. Dappertutto, sempre, il sistema è troppo forte: egemonico. Contro questa egemonia del sistema si possono esaltare le astuzie del desiderio, fare la micrologia rivoluzionaria del quotidiano, esaltare la deriva molecolare o persino fare l'apologia della cucina. Ma tutto ciò non soddisfa l'imperiosa necessità di mettere in scacco il sistema, in piena luce. Questo, solo il terrorismo lo fa. Esso è il tratto reversivo che cancella il resto, come un solo sorriso ironico cancella tutto un discorso, come un solo lampo di denegazione nel servo cancella tutta la potenza e il godimento del padrone. Più un sistema è egemonico, più l'immaginazione è affetta dal minimo dei suoi rovesci. La sfida, anche infinitesimale, è l'immagine di una deficienza a catena. Solo questa reversibilità senza comune misura fa avvenimento oggi, sulla scena nichilista e sconsacrata del politico. Essa sola mobilita l'immaginario. Se essere nichilista è portare, sino al limite insopportabile per i sistemi egemonici, questo tratto radicale di derisione e di violenza, questa sfida alla quale il sistema è chiamato a rispondere con la propria morte, allora io sono terrorista e nichilista in teoria come altri lo sono con le armi. La violenza teorica, non la verità, è la sola risorsa che ci resta. Ma io parlo di un'utopia. Perché sarebbe bello essere nichilista, se ancora ci fosse una radicalità - come sarebbe bello essere terrorista, se la morte-compresa la sua, quella del terrorista - avesse ancora un senso. Ma a questo punto le cose si complicano. Perché a questo nichilismo attivo, quello della radicalità, il sistema oppone il suo, il nichilismo della neutralizzazione. Io sono nichilista, ma anche il sistema lo è nel senso che ha la potenza di riversare tutto, compreso ciò che lo nega, nell'indifferenza. In questo sistema, la stessa morte brilla per la sua assenza. Stazione di Bologna, Oktoberfest di Monaco, rue Copernic a Parigi: i morti s'annullano con l'indifferenza; è qui che il terrorismo è complice involontario dell'insieme del sistema: non politicamente, ma nella forma accelerata dell'indifferenza, nell'abolizione di ogni scena dove le cose abbiano un senso. La morte non ha più una scena né fantasmatica né politica, dove rappresentarsi, dove giocarsi, anche come violenza. Questa è la vittoria del nichilismo, o del terrorismo, dello stesso sistema. Non esiste più una scena: e neanche la più piccola illusione che le cose prendano un senso. Cile, Biafra, Bologna, ecc. Non c'è più speranza per il senso. Forse solo là dove il regno del senso si è stabilito, sterminandolo: nelle apparenze. Il senso è mortale. Io credo le apparenze immortali, invulnerabili al nichilismo stesso del senso e del non senso. La seduzione? (Traduzione di Vincenzo Bonazza) Milosz, nato nel 1911 in Lituania ma di lingua materna, educazione e cultura polacca, dopo aver fatto la guerra come partigiano e aver preso parte tra l'altro alla resistenza di Varsavia contro i tedeschi, ha scelto l'esilio politico nel '51 a Parigi e, dopo qualche anno, si è trasferito negli Stati Uniti dove attualmente insegna a Berkeley. CzeslawMlosz Professore di lingue e letterature slave, sposato, con due figli, ha ricevuto diversi riconoscimenti internazionali. Consigli Al posto dei giovani poeti (posto elevato, checchè ne pensi la generazione) preferirei non dire che la terra è il sogno d'un pazzo, una favola stolta piena di chiasso e furore. È vero, non mi è capitato di veder trionfare la giustizia. Le labbra degli innocenti non reclamano nulla. E chissà se un buffone incoronato, strepitante c<inla coppa in mano che la divinità gli è propizia perché tanti e tanti ne ha avvelenati, decapitati, accecati, non intenerirebbe gli speuatori: era così mite! Dio non moltiplica ai virtuosi pecore e cammelli e nulla toglie per l'omicidio e lo spergiuro. Si è nascosto tanto a lungo che ci si è dimenticati della sua apparizione nel cespuglio infuocato e nel pello del giovane ebreo pronto a soffrire per tu/li quelli che sono stati e saranno. Non è certo che Ananke auenda la sua ora per ripagare come conviene /'orgoglio e la mancanza di misura. Si è riusciti a far capire all'uomo Dormo molto Dormo molto e leggo Tommaso d'Aquino o La morte di Dio (un'opera protestante). A destra la baia una colata di stagno, oltre la baia la ci11à,oltre la ci11àl'oceano, oltre l'oceano l'oceano, fino al Giappone. A sinistra colline aride con erba bianca, oltre le colline una valle irrigata dove si coltiva riso, oltre la collina monti e pini ponderosa, oltre la valle il deserto e pecore. Quando non potevo fare a meno de/l'alcol, andavo avanti ad alcol. Quando non potevo fare a meno di sigareue e caffé, andavo avanti a sigareue e caffé. Ero coraggioso. Laborioso. Quasi un modello di virtù. Ma non serve a niente. Mi fa male, douore. Non qui. No, non qui. Non lo so più neppure io. Forse è per l'eccesso di isole e continenti, di parole non delle, di bazar e flauti di legno, o di bevute solitarie, senza a11ra11iva, anche se si doveva diventare una specie di arcangelo o di San Giorgio in corso San Giorgio. Mi fa male, guaritore. che se vive, è solo per grazia dei potenti. Pensi dunque a bere il caffè e a dare la caccia alle farfalle. Chi ama la Res pubblica avrà la mano mozzata. - Ho sempre creduto a sortilegi e superstizioni. Eppure la Terra merita almeno un po' di tenerezza. Non che prenda troppo sul serio le consolazioni della natura e gli accessori barocchi, la luna, le nuvole paffute (sebbene sia un bel momento quando i pruni fioriscono sulla Neris). No, consiglierei addirillura di stare lontani dalla natura, dalle immagini ostinate di spazio infinito, di tempo infinito, dalle lumache avvelenate sul sentiero nel giardino, quali nostri eserciti. C'è molta morte e per questo la tenerezza per le trecce, le gonne colorate al vento, le barche/le di carta non più durevoli di noi stessi... (da Città senza nome, 1969) La finestra Ho guardato dalla finestra e ho visto un giovane melo diafano nel chiarore. E quando ho guardato un'altra volta all'alba c'era un grande melo carico del frullo. Devono quindi essere passati molti anni ma non ricordo cosa sia successo in sogno. (da Città senza nome, 1969) I • J, ' 'i l j • I • .1J r Le donne, è ovvio, hanno una sola anima, cauolica ma noi ne abbiamo due. Quando danzerai, in sogno visiti lontani pueblos e persino terre mai viste. Me11itiaddpsso, ti prego, amuleti di piume, Bisogna aiutare uno dei tuoi. Ho le110molti libri ma ad essi non credo. Quando fa male torniamo su certi fiumi, ricordo quelle croci coi segni del sole e della luna, e i fauucchieri al lavoro quando c'era un'epidemia di tifo. Spedisci la tua seconda anima oltre i monti, oltre il tempo. Dimmi cosa hai visto, aspeuerò. (da Pippo incanta~o, J 965) Quando c'è la luna Quando c'è la luna e le donne in abiti a fiori passeggiano Provo stupore per i loro occhi, le loro ciglia e tu/la l'organizzazione del mondo. Mi sembra che da una tale propensione reciproca Potrebbe finalmente emergere la verità definitiva. (da Città senza nome, 1969) Dovere Tremando per lo spavento penso che realizzerei la mia vita Solo se mi decidessi a una confessione pubblica Rivelando l'inganno mio e della mia epoca: Ci era consentito parlare col gracidìo dei nani e dei d_emoni Ma le parole pulite e nobili ci erano vietate Con la minaccia d'un castigo così severo, che chi osava ' proferirne una Già lui stesso si considerava perduto. (da Dove sorge-e dove tramonta ii sole, 1974) Sugli angeli Vi hanno tolto le vesti bianche Le ali e perfino l'esistenza, Tullavia io vi credo, Messaggeri. Là dove il mondo è girato a rovescio, Pesame stoffa ricamata di fiori e animali, Voi passeggiate guardando i punti veritieri della cucitura. La vostra tappa qui è breve, Forse nell'ora ma11utinase il cielo è limpido, Nella melodia ripetuta da un uccello, O nel profumo delle mele verso sera Quando la luce rende magici i fruueti. Dicono che vi abbia inventato qualcuno Ma non ne sono convinto. Perché gli uomini hanno inventato anche se stessi. La voce - questa può essere - la prova, Perché appartiene a esseri senza dubbio limpidi, Leggeri, alari (perché no?), Cinti dalla folgore. Ho udito ca/volta questa voce in sogno E, cosa strana, ho capito più o meno li de/lame o l'invito in una lingua ultraterrena: è presto giorno ancora uno fà ciò che puoi. (da Dove sorge e dove tramonta il sole, 1974) Non di più Dovrei dire un giorno come ho mutato Parere sulla poesia e come è successo Che mi consideri oggi uno dei tanti Mercanti e artigiani dell'Impero del Giappone Che compongono versi sulla fioritura dei viscioli, I crisantemi e la luna piena. Se paressi descrivere le cortigiane veneziane Quando nel cortile stuzzicano col vinco un pavone E sgusciare dal tessuto di seta, dalla cintura Perlata i seni appesantiti, la striscia Rossastra lasciata sul ventre dalla fibbia della veste, Così almeno apparivano, agli occhi del capitano dei galeoni Giuntistamanicarichi d'oro; E se al tempo stesso potessi le loro povere ossa racchiudere Nel cimitero, dove il grasso mare lecca la pana, In una parola più resistente dell'ultimo pelline Che nella polvere sollo la lastra, solo, a11endela luce. Allora non dubiterei. Da una materia refra11aria Cosa è possibile raccogliere? Niente, 1u11a'l più la bellezza. E allora ci devono bastare i fiori dei viscioli I' crisantemi e la luna piena. 1957, Montgeron (da Re Popiel e altri versi, 1962) Traduzione di Pietro Marchesani
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