- - I testi di Baudrillard, Severino e Vattimo, cheproponiamo qui di seguilo, sono tre relazioni tenute al convegno «Problemi del nichilismo» svoltosi a Triestenei giorni I 7/l 8/19 ottobre. Del convegno hanno già parlato, tra gli altri, PierAldo Rovatti (su La Repubblica, del 23110), Alfredo Todisco (sul Corriere della sera,del 26110), Gianni Vattimo (su Tuttolibri, del 15/II). Gli interventi sono stati essenzialmente di tre generi: filosofico-letterari (Anna Giubertoni, «Il nichilismo positivo di Felix Krull»; Giuseppe Recchia, «Errore del nulla», Paolo Chiarini su Tieck, Luciano Zagari sul romanticismo tedesco, Paolo Zellinisu Musi[;e il bellissùno «H.M. Enzensberger: proposte e controproposte per un neo-nichilismo», di Giorgio Cusatelli). Psicologico-descrittivi, intesi cioè a definire il «parologico» che starebbe alla base del nichilismo (Christina van Braun, «Creazione del nulla: creazione dal nulla»; Emma Moersch «Sul nichilismo dal punto di vista psichiatrico e psicanalitico»). E dichiaratamente filosofici, come quelli di Tito Perlini, Rudolf zur Lippe, Oswald Wiener, lring Fetscher o gli interventi di Valerio Verra, che però non ha tenuto una relazione. Queste relazioni costituiscono una sorta di scala cromatica delle tonalità e dei modi in cui si può intendere il niéhilismo: un'apologia del nichilismo in Vattimo; un'analisi assolutamente neutrale in Baudrillard; una radicale con- . danna in Severino. Dunque: un nichilismo en rose, un nichilismo trasparente e indifferente, e un nichilismo senza scampo, abissale. Con però un punto di contatto, la costatazione per cui il nichilismo è il tratto specifico, la condizione epocale dei tempi che stiamo vivendo. Alla voce Nichilismo del suo Dizionario di filosofia. Abbagnano scrive: «Termine usato più spesso con intento polemico, per indicare dottrine che si Nichilismi rifiutano di riconoscere realtà o valori la cui ammissione si ritiene ùnportante»;ma, poco più sotto, aggiunge: «Soltanto Nietzsche fece un uso non polemico del termine, servendosi di esso per qualificare la sua opposizione radicale ai valori tradizionali e alle tradiziònali credenze metafisiche». Si può completare la voce aggiungendo che proprio al cancello nietzscheano di nichilismo si riferirà, nel nostro secolo, Heidegger, il quale (come ricordano sia Severino che Vattùno, nei loro interventi) sostenne che il nichilista non è solo colui che nega i valori vecchi, ma anche chi - come si proponeva di fare Nietzsche - istituisce nuovi valori. li nichilista, infatti, è taleperché ammette che le cose esistono in quanto noi le dotiamo di valore: solo a questa condizione gli diviene possibile negarle, dire che tutto è nulla, e comportarsi di conseguenza. Questa la definizione; veniamo alle declinazioni. Baudrillard, lo si è detto, è l'esponente di un atteggiamento neutrale. Una neutralità scettica che sorge dalla analisi dei tratti specifici del nichilismo contemporaneo, il quale, non consiste più (come nell'Ottocento) nella caduta delle apparenze -per cui era possibile ancora una estrema sovversione positiva, una residua dichiarazione di verità: uccidere il Re, come simulacro di un Dio ormai morto, in qualità di pura apparenza. Ma deriva dalla caduta del senso che queste apparenze potevano eventualmente occultare. In sostanza, dice Baudrillard, non solo non si crede più nelle apparenze; ma si dubita anche di qualsiasi principio in base a cui queste apparenze potrebbero venir criticate. Resta soltanto la malinconia, una certa depressione per il senso perduto e per l'impossibilità di qualsiasi azione, anche nichilistica: perché nell'era della perdita di senso il nichilismo coerente si effettua nella inazione e nella passività, sole «azioni» Maurizio Ferraris capaci di negare ogni verità senza imporne nuove, altreuanto insensate. Grado zero del nichilismo. È in rapporto ad esso che possiamo misurare la variazione tra l'apologia del nichilismo in Vauimo, e la denigrazione del nichilismo in Severino. Anche per Vattimo la morte di Dio segna la scomparsa del senso; ma, a differenza di quanto sostiene Baudrillard, questo evento non deve essere inteso come l'annuncio di un radicale scelticismo. Anzi: il nichilismo è la nostra unica chance. Morto Dio (l'Essere, il Senso della Storia, il Progresso Umano, la Verità:cioè i Fondamenti normativi) i valori non scompaiono, ma si pluralizzano, divengono equi-valenti: molti dèi non gerarchizzati. Ma Dio non era solo la Norma; era anche il Referente che legittimava tutti gli altri. Scompare allora l'ordine dei significati insieme allagerarchia dei significanti, e restano moltissimi significanti slegati. I quali non possono più essere considerati come valori d'uso (manca il referente), ma solo come valori di scambio, che valgono perché sono trasmessi, perché circolano. È il mondo della alienazione totale, in cui non si possiede né se stessi, né il senso delle proprie parole. Ma questa alineazione è anche ben poco drammatica, perché non ci si aliena a qualcuno, non si è espropriati di qualcosa. Inutile cercaredi restaurareil Soggeuo, di colpire il Potere, di ricordare l'Essere. Se Dio è morto, non solo l'uomo non ha più un valore assoluto (e cade quindi ogni legittimità incondizionata dell'umanismo); ma anche l'essere non costituisce più un assoluto (e quindi ogni antiumanismo risulta delegittimato). Tutto appare più fragile, ma anche più soffice e meno tragico: una volw che si sia riconociuto .(drammaticamente) che Dio èmorto, nessuna altra morte ci colpirà più di tanto, perché tulio è scambiabile, quindi intercambiabile. All'opposto si incontra invece la critica del nichilismo condotta da Severino. L'oblio dell'essere, la soppressione degli immutabili, l'uccisione di Dio non sono eventi innocenti (essenzialmente politici, ma inevitabili, come vuole Baudrillard; o epocali, propri del tempo in cui viviamo, come sostiene Vattimo). Ci sono precise responsabilità teoriche: da Platone a Heidegger incluso, la metafisica ha pensato che ci fosse qualcosa, un entre-deux tra l'Essere e il Nulla, che rendesse possibile il divenire, lo scambio, il mutamento; e che l'ente (le cose, gli oggetti d'uso, gli uomini) potesse convertirsi nel suo opposto, il niente (ni-enre, non-ente). L'essere è stato inteso come qualcosa di oscillante; e la realtà è divenuta storia, cioè teatro di una alternanza di valori equivalenti e infinitamente sostituibili in ragione di eventi accidentali (l'invenzione della ruota o della locomotiva; il mutare delle ideologie). lllusione antropologica e amropomor fica, che ricalca su/l'esperienza del nostro venire al mondo come soggetti l'ipotesi di poter trarre le cose dal nulla, o di restituirle al nulla. Tutto diviene valore e tutto diviene nulla, ma solo nello sguardo dell'uomo; in quello de/l'essere gli enti sono, e il niente non è. Dunque: condanna del nichilismo umanistico e apologia del suo opposto, I' antiwnanismo ontologico. Per l'avvento del nichilismo ci sono dunque, secondo Baudril/ard, Vattimo e Severino, responsabilità molto diverse, e di diversa gravità. Per Baudrillard le responsabilità sono, in fondo, ancora politiche: è il Po/ere che, nel suo cinismo, diviene ilprimo nichilista, e il contagio si diffonde anche tra i suoi avversari (ma con effetti di boomerang, perché l'incredulità si ritorce contro chi la ha inaugurata). Per Vattimo, la responsabilità è epocale (quindi, in definitiva, non c'è responsabilità): se l'epoca è tale da ridurre ogni cosa a valore di scambio, e se questo evento non è stato voluto da nessuno (non dall'uomo; non dalla storia: ma dall'oscillazione dell'essere), nessuno è responsabile; siamo però responsabili collettivamente della buona gestione di quella massa di valori di scambio, che popola il mondo in cui siamo gettati. Infine, per Severino, le responsabilità sono manifeste e riconoscibilissime: i nomi dei mandanti sono scritti sui manuali di filosofia; e gli esecutori sono coloro che giorno dopo giorno si illudono di sottoporre il mondo alla propria volontà. Come si vede, però, solo nel caso di Severino abbiamo a che fare con autentiche responsabilità teoriche: la decisione di una ragione forte che forza il mondo per affermarsi, per imporsi sugli enti e dominarli. Nel caso di Baudrillard, si incontra una ragione indebolita, nostalgica e malinconica: rasseg11ara e inefferrua/e. Quella di Vattimo è poi decisamenle una ragione debole, sottomessa al GeStell, all'im-posizione dell'epoca, e che si arrabatta con lavori di bricolage (comportarsi equamente in un mondo privo di assoluti: non maltrattare i propri simili, non perché siano Uomini o innome di un Senso della Storia, ma per rispetto di ciò che in essi c'è di debole e, in definitiva, di «animale»). E questo tipo di ragione debole è prima di turrouna ragione pratica, piena di scrupoli e di i11cer1ezzeu: n'etica del minimo prima che una spiegazione del mondo, e quindi, anche, una ragione perplessa, che cerca di non fare dammi sapendo di non poter dare grandi vantaggi. Una ragione da orfani della politica più che da orfani di Dio. 1. Il nientenonè innocente T utti sanno che nel saggio di Holzwege dedicato a Nietzsche, Heidegger rileva che Nietzsche ha indubbiamente colto alcuni tratti del nichilismo, ma li ha colti nichilisticamente. Per indicare la direzione lungo la quale si muoverà questo mio intervento, vorrei dire che Heidegger ha indubbiamente colto alcuni tratti del nichilismo, ma li ha colti nichilisticamente. Vorrei cioè modificare qÙella sua affermazione, applicando ad Heidegger quanto egli aveva detto di Nietzsche. Ma è chiaro che Heidegger poteva parlare di Nietzsche in questo modo perché, nel frattempo, aveva modificato il concetto di nichilismo; ed è quindi chiaro che la modificazione dell'affermazione di Heidegger da parte mia presuppone un'analoga modificazione del concetto di nichilismo. Il significato autentico del nichilismo non è stato ancora colto dalla «nostra cultura» ossia dalla cultura occidentale in quanto sta ormai diventando cultura planetaria. La parola «nichilismo» include la parola latina nihil, che significa «niente»; e il significato «niente» è essenzialmente in relazione al significato «ente»: «niente» vuol dire «ni-ente», non-ente. È cioè impossibile affrontare (da qualsiasi punto di vista) il problema del senso del nichilismo, senza intendere il senso della struttura che è costituita dalle categorie ente e niente (e dalle categorie ad esse collegate) e che emerge una volta per tutte con il pensierogreco.E checontinuaa rimanere, anche se implicitamente, alla base delle forme culturali apparentemente più lontane dal pensiero greco - come ad esempio la scienza contemporanea. «Ente» e «niente», che costituiscono il senso della parola «nichilismo», non sono termini innocenti. «Ente» («essente») significa «ciò che è». Ciò che è, iGreci lochiamanoto on. Il «ciò che» è il ti, l'aliquid di cui si predica l'éstin (I' «è»). Impossibile parlare di • Emanuele Severino nichilismo se non si fa riferimento a questa «base» che implicitamente sorregge ogni discorso - e non solo ogni discorso, ma ogni prassi che costituisce ciò che noi chiamiamo la «nostra cultura,.. Due esempi. La storia parla continuamente della necessità di salvaguardare la «novità storica». Credo che non ci sia libro uscito in questi ultimi tempi che non includa la parola «novità». Tra chi insegna la difesa della «novità» c'è indubbiamente Heidegger. Ma, anche prima di lui, Lukacs diceva queste stesse cose con assoluta chiarezza. Penso, ad esempio, a certe pagine di Storia e coscienzadi classe. La novità storica non deve essere bloccata da reti che la rendono impossibile. Ma la parola «novità» non ha alcun senso, se non la si pone in relazione al nienle, comenihil absolu1um, a partire da quale il nuovo si pone come nuovo; il concetto di novità storica è insignificante se viene trattato al livello di quella superficialità semantico-concettuale alla quale lo trattengono, per esempio, le discipline storiche. Ma, direi - è questo è il secondo esempio - anche le discipline biologiche. Tutti conosciamo un libro come li caso e la necessi1à di Monod; e tutti abbiamo visto quante volte compare, in quel libro, la parola «novità»,cioè la parola indicante la condizione che rende l'evento biologico qualcosa di casuale rispetto alle strutture che tendono ad anticiparlo. Ebbene, anche in questo contesto, la parola «novità» non riesce ad esprimere ciò che essa pur tende ad esprimere. Intendo dire che non esiste novità se ciò che è nuovo non è staio ciò che era un asso!utamente niente. li nuovo può essere certamen_tepreparato da una serie di circostanze, da una serie di condizioni: la nostra civiltà è certamente preparata dal nostro passato storico. Ma per quel tanto che la nostra civiltà è una novità rispetto al passato storico, allora, in quella misura, ciò che in essa è nuovo deve essere stato un niente. Questi due esempi (e ne potremmo fare di simili, per esempio, a proposito del modo in cui viene trattato l'evento nuovo; casuale, nella fisica quantistica), per dire che la «nostra cultura», che tende alla distruzione - certo inevitabile - della filosofia, può acquisire la densità di significato che ad essa conviene, solo in quanto recuperi consapevolmente e conservi in sé quel passato greco, di cui è distruzione. Oggi, invece, l'atteggiamento scientifico-tecnologico dominante è ingenuo, perché crede di essere lontanissimo da quelle categorie greche - cioè essenzialmente dal gioco che si costi-· tuisce tra il «niente» e l'«ente» - che invece continuano a determinarlo costitutivamente. e he cosa significa dunque «nichilismo»? Nichilismo - troviamo una definizione di questo tipo anche. nel saggio di Heidegger dedicato a Nietzsche in Holzwege - significa pensare, assumere e vivere come niente ciò che non è un niente. Qualsiasi altra definizione del nichilismo (e la cultura europea ne è indubbiamente ricchissima) deve assolutamente fare i conti con questo significato centrale e elementare del termine. Se si tien ferma questa accezione fondamentale della parola «nichilismo», nessuna forma della cultura occidentale è disposta a riconoscersi nichilista e tanto meno a tessere una «apologia del nichilismo», ossia dell'atteggiamento che vive l'ente, gli enti (le cose, le determinazioni concrete che ci stanno attorno: i non-niente)- li vive, li pensa, li assume come niente. Eppure il rifiuto del nichilismo è la maschera della persuasione essenziale dell'Occidente: che l'ente, in quanto ente, è niente. Verra ha ricordato, in un suo saggio importante dedicato al nichilismo, che uno dei primi ad aver usato questo termine è stato Jacobi, che lo riferiva sia a Kant sia all'idealismo. Fermiamoci a questo secondo riferimento. Per Jacobi l'idealismo è nichilismo perché nega la realtà come dimensione indipendente rispetto alla coscienza che la pensa; e quindi rende niente guella realtà indipendente che invece - agli occhi del realista Jacobi- è innegabile. Qui abbiamo un uso rigoroso, da parte di Jacobi, del termine «nichilismo» nella sua accezione elementare: rendere niente (considerare e vivere come niente) ciò che dal non-nichilismo viene ritenuto, in base a certe ragioni, un non-niente (per Jacobi le cose esistono anche se non esiste quella coscienza o quella soggettività, che invece per l'idealismo è la produzione dell'esistenza delle cose - le quali, dunque, in quanto indipendenti dalla coscienza sono poste come un niente). Ebbene, il significato autentico del nichilismo non ha a che fare con questo aspetto elementare, in cui il nichilismo (ossia ciò che per il non-nichilismo è nichilismo) afferma la nientità di qualcosa che viene riconosciuto, da parte di chi afferma questa nientità, come qualcosa che non è degno di meritare la qualifica di esistente. Ciò che chiamo «essenza del nichilismo» è invece qualcosa di diverso: qui viene affermato (implicitamente-nel1'«inconscio») l'esser-niente di ciò che peraltro viene (esplicitamente) riconosciuto come essente, cioè come nonniente. (E, se le parole «ente» e «niente» danno fastidio, potremmo sostituirle con le parole «cose», «determinazioni», «fatti», «eventi», «significati» - cioè la parola «ente» è indicativa del concreto che sta di fronte come mondo, universo). Se vi chiedessi se le cose che costituiscono questa sala siano ente o niente, rispondereste tutti (e, naturalmente, così risponderebbero anche Heidegger, Hegel, e tutti gli abitatori dell'Occidente, da Platone in avanti) che sono degli enti, cioè dei non-niente. Ebbene, nel modo in cui la cultura occidentale afferma l'esser-enle delle cose, proprio in questo modo la cultura occidentale afferma l'esser-niente delle cose. Questo è il tratto che i miei scritti si preoccupano soprattutto di dimostrare; (illuminando innanzi tutto il senso autentico del «dimostrare») - e questa è la «dimostrazione» che i critici dei miei scritti non prendono invece mai (quasi mai) in considerazione. Eppure il decisivo è costituito da questo tratto, perché le «conseguenze», se discendono necessariamente da esso, devono essere accettate (e si capisce che è al senso autentico della «necessità» che appartiene quel senso autentico del «dimostrare», in cui tale tratto si mostra). Non ci si può scandalizzare delle «conseguenze»; bisogna invece impugnare le «premesse»! E il rovescio del detto evangelico secondo il quale l'albero si riconosce dai suoi frutti; viceversa, il giudizio sui frutti lo si dà in ragione delle radici dell'albero: se le radici sono radicate nel terreno, allora è necessario che i frutti siano buoni. E dunque non si potrà dire che i frutti sono cattivi, ma che è cattivo il gusto di colui che li assaggia. È a quelle radici, alla considerazione di esse, che richiamo i miei critici. Vorrei condensare in un esempio questo tratto decisivo, la cui struttura • ha peraltro una complessità tale che non è possibile qui mettere sotto gli occhi. Se io vi domandassi: «Che cosa pensate della proposizione: 'Quando il cerchio era (o sarà) quadrato...'; oppure 'Quando il sole era (o sarà) la luna ...'»? Ne L'uomo senza qualità Musi( parla della beatitudine di colui che può dire «quando», «prima che», «dopo che» - cioè di colui che, - come dirà poi Heidegger nel Nachwort della conferenza intitolata das Ding- ii.iende l'essere come ciò a cui appartiene il Nicht-mehr-sein e il Noch-11ich1-sein, il «non-essere più» e il «non-essere-ancora». L'essere, cioè - dice Heidegger nel Nachworr della conferenza, ..
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