Filologihe@Jdeggeriane Martin Heidegger Gesamtausgabe (Opere Raccolte) Francoforte, Klostermann, 1975 SS. Circa 70 volumi, ognuno circa 25,000 D.M. F ino a poco tempo fa, le edizioni inglesi delle opere di Martin Heidegger erano considerate le peggiori del mondo. La casa editrice Harper& Row a New York obbligava i traduttori a omettere frasi e interi paragrafi che secondo loro sarebbero risultati incomprensibili per i lettori di lingua inglese, e addirittura a inventare frasi che Heidegger non ha mai scritto. In questi ultimi anni gli studiosi americani hanno dato il via a una «rivolta dei consumatori> che ha come scopo quello di obbligare Harper e Row a ritirare queste traduzioni, proprio come Ralph Nader ha obbligato la Generai Motors a ritirare le automobili difettose. Adesso la controversia si è spostata inGermania. Nel 1975, un anno prima della morte di Heidegger, la casa editrice Klostermann ha cominciato a pubblicare la mastodontica Gesamtausgabe, le Opere Raccolte, settanta volumi di libri e lezioni universitarie di Heidegger. Ma, secondo un numero sempre maggiore di studiosi tedeschi, i circa quindici volumi pubblicati finora sono talmente approssimativi da rivaleggiare con le opere postume di Nietzsche a cura della sorella, che le aveva notevolmente alterate. Pur non essendoci la minima cattiva intenzione da parte dei curatori, gli studiosi accusano la Gesamtausgabe di non essere sotto alcun aspetto un'edizione critica, di essere piena di errori sostanziali e filologici e di ingannare il lettore che pensasse di trovarvi gli ipsissima verba di Heidegger. D'altra parte, i curatori della Gesamtausgabe, e in particolar modo il direttore, professor F. W. von Herrmann, affermano che i volumi sono pubblicati secondo la volontà e le indicazioni di Heidegger stesso. Questa controvers_ia ha una lunga storia. Quando nel 1971 studiavo i manoscritti di Heidegger nella sua casa a Friburgo, egli disse che non aveva ancora deciso che cosa voleva fare dei suoi manoscritti e che non voleva che gli studiosi avessero libero accesso a queste carte e che queste fossero pubblicate in una edizione complessiva per almeno cinquant'anni, se non un secolo, dopo la sua morte. Pensava che i tempi non fossero maturi per la comprensione di quelle pagine. Ma nel 1973 la sua famiglia e i suoi amici affrontarono l'argomento e nel 1974 lo persuasero a firmare un contratto per la Gesamtausgabe, di cui l'anno seguente usci il primo volume: Die Grundprobleme der Phiinomenologie (un corso di lezioni del 1927). Si dice che Heidegger abbia lasciato delle istruzioni precise (Anweisungen) e delle indicazioni (Rechtlinien) su come i volumi dovessero essere curati, ma queste norme non sono mai state pubblicate, e, in realtà, quelli che pretendono di averle viste danno informazioni contraddittorie sul loro contenuto. Per esempio, il prospetto illustrativo della Gesamtausgabe, pubblicato con l'approvazione di Heidegger nell'autunno del 1974, dice che tutti i volumi avrebbero avuto l'indice dei nomi («Ali Bande erhalten Register» ), mentre il prospetto illustrativo pubblicato nel marzodel 1978,dopo la sua morte, dice che nessuno dei volumi avrà l'indice dei nomi cohne Registeu ); eppure uno ce l'ha, Fruhe Schriften. Inoltre le opere di Heidegger che erano già state pubblicate, sono apparentemente ristampate «senza modifiche,., mentre in realtà nei testi sono stati apportati centinaia di cambiamenti (soltanto inSein und Zeit 300), senza le necessarie note esplicative del curatore. Un terzo esempio: tre diversi curatori di tre diversi _corsi di lezioni (von Herrmann, Ziegler e Frings) hanno dato tre diverse versioni di ciò che Heidegger avrebbe disposto di fare dei riassunti introduttivi che egli era solito esporre all'inizio di ogni lezione. Von Herrmann dice che bisogna spezzare i riassunti e reinserirli nel testo frase per frase nei punti appropriati. Ma la Ziegler dice (nella edizione da lei curata delle lezioni su Holderlin) che i riassunti devono restare dove sono, e Frings (corso su Eraclito) dice che Heidegger gli ha detto non solo di lasciare intatti i riassunti ma anche di dar loro un titolo che li specificasse come riassunti. Dato che le indicazioni di Heidegger non sono state rese pubbliche, nessuno sa quale fosse esattamente la sua volontà. Q uesta non è una questione banale o meramente filologica. È noto che i testi dei corsi di Heidegger pubblicati prima della Gesamtausgabe provocarono un gran chiasso per motivi politici. Nel 1953 fu pubblicato il testo delle sue lezioni del 1935 su Einfùhrung indie Metaphysik e Heidegger volle includere una frase sulla «verità e grandezza interiore» («inneren Wahrheit und Grosse») del Nazional Socialismo. Immediatamente Heidegger fu accusato sulle pagine di Der Spiegel di essere ancora un sostenitore del nazismo, anche se personalmente egli affermò di considerare la frase un attacco al Nazismo. In un'altra occasione, nel 1971, una sua collega curò il suo corso su Schelling del 1936, e omise un'altra frase dello stesso genere senza che Heidegger lo sapesse ed approvasse. Si dice che Heidegger abbia pronunciato queste parole, anche se nel testo non se ne trova traccia: «I due uomini che hanno iniziato un contromovimento rispetto al nichilismo - Mussolini e Hitler - hanno entrambi imparato qualcosa da Nietzsche, ciascuno a suo modo e in modo essenzialmente diverso dall'altro. Ma con ciò l'autentico scopo metafisico di Nietzsche non è ancora stato compreso nel suo esatto significato e nella sua forza». li professor Cari Ulmer di Vienna affermò (Der Spiegel, 2 maggio 1977, p. 10) che le frasi omesse dimostrano che Heidegger fu. un sostenitore del nazismo almeno fino al 1936 e che, al contrario di quanto Heidegger stesso affermava, non abbandonò il regime quando rinunciò al rettorato nel 1934. Comunque, dato il modo in cui è pubblicata la Gesamtausgabe; probabilmente i lettori non sapranno mai cosa esattamente ha detto Heidegger sul nazismo durante le lezioni, e le accuse di essersi politicamente compromesso continueranno a perseguitare la sua reputazione come il supposto proto-nazismo di Nietzsche ha perseguitato la sua reputazione fino agli anni '50. Non è possibile applicare l'- la «Dinghaftigkeit» è stata cambiata in «Sicherheit», a pagina 165, riga 8, la parola «besonderen» diventa «besorgenden» e così via. Questi non sono cambiamenti di poco conto, ma capovolgimenti del testo. Perché non t:rl '[)(} habeas corpus ai manoscritti di Heidegger: per suo espresso desiderio sono tenuti lontani dagli occhi del pubblico negli Archivi Nazionali tedeschi di Marbach, dove solo pochissime persone selezionate hanno la possibilità di consultarli. Non c'è da meravigliarsi che la Deutsche Forschungsgemeinschaft (la Società Tedesca di Ricerche) si sia rifiutata di dare il suo appoggio finanziario alla pubblicazione. Dopo aver commissionato sei diverse perizie della Gesamwusgabe, i direttori della DFG hanno deciso che l'edizione non rispettava i più elementari criteri per un'edizione critica e perciò non meritava di essere sovvenzionati col denaro pubblico. La re.cente ristampa di Sein und Zeit ne è un esempio concreto. Due studiosi tedeschi, il professor R. Bast e il professor H. Delfosse, hanno sottoposto a un rigoroso controllo con l'aiuto di computer elettronici le varie edizioni di Sein und Zeit, compresa quella pubblicata nel 1977 per la Gesamcausgabe. Hanno trovato nel testo dei cambiamenti che ne alterano radicalmente il significato. La parola «nicht» («non») nella nuova edizione è inserita a pagina 13, riga 4, e a pagina 287, riga 19, mentre nelle edizioni precedenti in quei punti non compare. A pagina 93, riga 26, la paro- ::-. ••••• •••••• •••••• ••••• sono stati segnalati e spiegati in nota? Ci sono almeno 300 di queste aggiunte, modifiche e sostituzioni di parola, in questa nuova edizione. Si arriva al grottesco quando in due punti la nuova edizione sbaglia il nome della rivista in cui Sein und Zeit era stato originariamente pubblicato (pp. vii e 580). Gli errori sono innumerevoli, ma sarebbe tedioso elencarli tutti. La nuova edizione di Wegmarken (1976) dà due date diverse per la prima stesura del saggio di Heidegger su Platone (pp. vii e 483), sbaglia di tre anni la data dell'ultimo testo raccolto nel volume (p. 485) e, intenzionalmente o no, espunge l'epigrafe dal saggio di Heidegger su Jaspers. A tutto ciò bisogna aggiungere la bizzarra logica che regola le note a piè pagina, in cui le fonti a volte sono citate e a volte no, e, quando sono citate, di tanto in tanto forniscono informazioni sbagliate o fanno riferimento a edizioni che Heidegger non può aver usato. Se è vero che Heidegger non voleva un'edizione storico-critica che insistesse eccessivamente sulla filologia, non sembra possibile che la volesse così sciatta. 11 caso più interessante di confusione testuale riguarda i corsi di lezioni di Heidegger finora inediti. Il valore di questi corsi è fuori questione. Sono la testimonianza di come si è sviluppato il pensiero di Heidegger, di come è cambiato nel corso degli anni, di quali siano le fonti della sua terminologia arcana (p. es., Ereignis e Geste/1), e di come questo pensiero formi un unico insieme. Ma il problema dei corsi è che i manoscritti di Heidegger a questo riguardo sono spesso incompleti e in alcuni punti sono pieni di chiarimenti aggiunti dopo. Perciò gli appunti (Nachschriften) presi in aula dagli studenti, che trascrivevano le lezioni parola per parola, assumono una importanza enorme. I curatoridei corsi usano, giustamente, quelli di Simon Moser ed Helena Weiss per completare i maQoscritti di Heidegger. Ma se questa è un'ottima cosa, ai curatori è consentito anche di aggiungere, sottrarre, e risistemare i testi in nome della «leggibilità», e così l'ignaro lettore non ha modo di sapere quanto è dovuto a Heidegger (manoscritti e Nachschriften) e quanto alla creatività dei curatori. Per esempio, la recente edizione dei Prolegomena zur Geschichte des Zeitbegrifft (una prima stesura di Sein und Zeit, argomento del corso del 1925) omette il cruciale termine greco phronesis, un importante chiarimento aristoteletico del concetto di Heidegger del «prendersi cura», a pagina 419, riga 32, anche se gli Nachschriften di Simon Moser (p. 446) e quelli di Helena Weiss (p. 564) attestano che Heidegger aggiunse questo importante chiarimento il 30 luglio mentre stava discutendo la fiaba di Igino Inoltre ci sono dei paragrafi spostati (il terzo paragrafo a p. 27 5 è stato trasferito da pag. 276, riga 20; le righe I8-20 di pag. 349 sono state spostate: prima seguivano la riga 26 in quella stessa pagina) e così via. Forse come autore di queste opere non si dovrebbe indicare semplicemente Heidegger ma, come nei libri americani scritti da campioni sportivi illetterati, bisognerebbe dire «Martin Heidegger con tale e tal'altro». Queste questioni possono sembrare poco importanti agli studiosi italiani. Durante i miei contatti coi filosofi italiani negli ultimi cinque anni, sono rimasto enormemente impressionato dalla loro capacità di padroneggiare i testi e, cosa ancora più importante, di andare oltre i testi seguendo un'interpretazione creativa. Il lavoro di Sini, Vattimo, Vitiello e altri è, sotto questo aspetto, superiore all'approccio più legato al testo dei loro colleghi americani. Forse gli americani si preoccupano maggiormente dell'accuratezza del testo per due ragioni: primo, perché abbiamo dovuto lottare con le traduzioni che ci hanno propinato Harper e Row (a meno di leggere correntemente il tedesco), e, secondo, perché abbiamo avuto a che fare con letture di Heidegger teologiche, esistenzialiste e neo-kantiane fatte passare come ciò che ha veramente detto, mentre in realtà queste interpretazioni si basano su una lettura superficiale del testo originale. In ogni caso, se le traduzioni di Heidegger ci devono essere presentate come parole di Heidegger, non importa in quale lingua, devono assolutamente avere un precisofundamentum in re. Ma se la res ipsa è confusa come questi volumi della Gesamtausgabe allora il gioco non regge. È un'illusione credere che i filosofi si costruiscano il loro pensiero tutto nella testa senza riferimento ai testi e alla tradizione. Whitehead ha scritto (in modo inesatto ma efficace) che tut-. ta la filosofia non è altro che una nota a Platone, e Heidegger in effetti ha detto che tutta la metafisica non è altro che una nota ad Aristotele. È importante, perciò, avere un testo della tradizione il più accurato possibile, compresi i testi con cui Heidegger «distrugge» la tradizione. Basta pensare a quello che per decenni ha significato per gli hegeliani un'edizione approssimativa delle lezioni di Hegel, o a quello che è stato per la teoria marxista del nostro secolo la scoperta dei primi manoscritti parigini di Marx. Ma a quale fine possono servire queste Opere Raccolte così abborracciate? Alcuni studiosi di Heidegger sembrano contenti di avere un qualunque testo del Maestro, indipendentemente dalla sua dubbia provenienza o vicenda editoriale. E, tenenedo conto delle supposte indicazioni di Heidegger per questa Gesamtausgabe, sembra che una «rivolta del consumatore» non cambierebbe niente. Nel frattempo, il bar è aperto. Come lo preferite il vostro Heidegger? Liscio o corretto con un tocco di editing? (Traduzione di Stefania Berto/a)
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