ca. Il vuoto (il nulla) produce semmai orrore, non riso. • Queste note Queste note (appunti e citazioni) vanno scritte seriamente. Del comico conviene parlare con serietà altrimenti il discorso si disperde, diventa falso e inutile. Sull'assassinio di Aldo Moro si sono raccontate freddure e il fatto tragico non ha perso i suoi connotati di tragedia. Se si ride e scherza sul comico si annienta il discorso, si ottiene zero come risultato. Torte in faccia Un signore in frac e cilindro, una signora con cappello di piume e collana al collo, sono obiettivi ideali per la torta in faccia. Anche l'ambiente deve essere «alto» per dare forza alla trasgressione. La torta viene portata nel luogo della festa e i personaggi importanti e eleganti sono dentro la festa (la festa si trasforma in farsa per mezzo delle torte in faccia). Si ride nel vedere imbrattati di panna e crema i personaggi che in altro luogo umiliano il prossimo con la loro autorità e con il loro potere. Il riso che trasgredisce questa autorità sta dalla parte dell'umile che, ridendo del potente. ha la sua rivincita. Dunque il riso della torta in faccia, che appare fra tutti come il più innocente e gratuito, quasi un riso infantile, in realtà è un ridere sociale, ha una decisa connotazione «politica». Esso ristabilisce per un momento degli equilibri sociali perduti. segna la rivincita momentanea di una classe inferiore che copre di crema e di ridicolo quella superiore. La goffaggine del cameriere può essere autentica, ma l'inciampo è consciamente o inconsciamente premeditato e la torta andrà a colpire l'obiettivo giusto sempre e con precisione. La torta in faccia non perdona (probabilmente la torta in faccia è stata inventata da comici ebrei). Assenza e presenza Si ride «alle spalle» di qualcuno, in assenza dell'interessato. Il ridere alle spalle porta con sé il segno di una contraddizione: viene allontanato l'oggetto o ci si allontana dall'oggetto per farne argomento di riso (satira, parodia, caricatura, ironia), per ucciderlo metaforicamente. Una assenza o lontananza favorisce in questo caso il comico e la messa in opera dei suoi artifici più crudeli. Si può ridere anche di se stessi quando si è affetti da quella «malattia sconosciuta ai dottori del corpo e dello spirito» che si chiama ironia. E qui Aleksandr Blok descrive un'altra assenza: «Un uomo sghignazza. e non sai se, dopo averti lasciato. si avvelenerà con l'acido acetico, se lo rivedrai mai più. E a me, personalmente, fa ridere il fatto che quest'uomo, tormentato dal riso mentre racconta di essere stato umiliato e abbandonato da tutti, sia come assente; è come se non stessi parlando con lui, come se quest'uomo non esistesse; davanti a me sghignazza soltanto la sua bocca. Vorrei scuoterlo per le spalle, afferrarlo per le braccia, mettermi a urlare perché smetta di ridere su ciò che gli è più caro della vita. ma non posso. Anch'io sono vinto dal demone del riso; e anch'io non ci sono più. Non ci siamo più, nessuno dei due. Ognuno di noi è soltanto riso, siamo solo bocche che sghignazzano sfacciatamente» (L'intelligencija e la Rivoluzione). "Ma c'è anche un riso che non proviene dal comico. il «ridere in faccia» a qualcuno. il ridere coraggioso e amaro di fronte alla boria. alla prevaricazione. a tutte le forme di autoritarismo. In questo caso chi ride mostra i denti come potrebbe esibire un'arma (mentre il buffone sdentato non ride ma fa ridere). «Distruggete la serietà dell'avversario con il riso, e il suo riso con la serietà» (Gorgia da Lentini). Nel secondo caso suggerito da Gorgia la serietà diventa strumento dialettico per annullare il riso (di offesa) dell'avversario. Comico paralogico La finta logica può ottenere effetti comici quando la conclusione sia evidentemente «madornale». Il protagonista di un mio libretto per ragazzi afferma che. se una automobile con quattro ruote corre a cento chilometri all'ora. una automobile con otto ruote andrà a duecento chilometri all'ora. Il finto ragionamento porta a una conseguenza paradossale e il paradosso diventa comico per l'eccezionalità della conclusione. Altra autocitazione e altro paralogismo che questa volta utilizza la trasposizione di un enunciato fisso in termini impropri, è il teorema di Pitagora ridotto da una gallina ad uso delle galline in un altro mio libretto per ragazzi (Le galline pensierose): «La gallina disegnata sulla ipotenusa di un triangolo rettangolo equivale alla somma delle galline disegnate sui due cateti>. Il teorema di Pitagora, dice Bachelard, «ha un considerevole valore filosofico e può essere interessante mostrarlo in tutta la sua generalità». Che sia una gallina o un dromedario, la sua enunciazione «per eccesso» o «per estensione> ha valore filosofico e effetto comico parallelo. Anche la geometria. portata nel pollaio, può diventare comica. Anche la filosofia. L'ubriaco Perché è comico l'uomo ubriaco? Si può rispondere anzitutto che l'osservazione di un comportamento anomalo ci distanzia immediatamente dal soggetto, ci trasforma in spettatori. L'uomo ubriaco è protagonista di una infrazione e, nella sua anomalia, dà spettacolo. Ma l'ubriaco non si muove su un palcoscenico, le sue azioni non seguono un canovaccio, non sono prevedibili in nessuna direzione. L'ubriaco esprime soltanto una coscienza alterata, smentisce soltanto la propria personalità sobria. Il riso provocato dall'uomo ubriaco non è autonomo ma nasce dal confronto di due stati, di ebbrezza e di sobrietà, e dalla contraffazione (caricatura) involontaria del comportamento corretto (sobrio). L'uomo ubriaco contraffà movimenti e percorsi, si muove meccanicamente (come un burattino meccanico) compiendo gesti fuori misura. Contraffà il linguaggio impastando le parole, inventando espressioni gratuite, sconvolgendo il coordinamento sintattico, interrompendo il corso logico del discorso. Nella sua fantasia verbale incontrollata, l'ubriaco altera la gerarchia dei significati ma senza proporsi un obiettivo esterno da sbeffeggiare. Per quanto aggressivo possa apparire, l'ubriaco è vittima di una beffa ordita da lui stesso. In quanto vittima può essere comico negli atteggiamenti estremi e, nella moderazione. soltanto patetico. Comico picaresco Nel romanzo picaresco il furfante è di condizione servile e, secondo le regole, inganna e deruba il padrone. Ma può ingannare e derubare anche un altro servo concorrente, un altro furfante. In qualche caso il padrone può essere un mendicante o uno scudiero più povero del servo come nel Lazarillo de Tormes. li comico picaresco sembra dunque contravvenire talvolta alla regola che il comico è tanto più efficiente quanto più la vittima è altolocata e smentire la vocazione sociale del comico popolare. La letteratura popolare che smentisce se stessa. Riso liberatorio Chi ride non nega l'esistenza del dolore, ma si illude di avere scoperto la gioia, l'allegrezza. Riso liberatorio, si dice. Ma si dice anche «crepare dal ridere» o «morire dal ridere> e infatti. fuori di metafora, il riso può essere apoplettico e può liberarci del tutto, anche della vita. «Gargamella morì per la gioia» (Rabelais). VersounanuO!@~Jpettacolar Performance in Postmodem Culture edited by Miche( Benamou and Charles Caramello University of Winsconsin-Milwaukie, Coda press, 1977 pp. 194, dollari 5 La performance Galleria Comunale d'arte Moderna. I quaderni della sperimentazione, n. I La nuova Foglio Editrice, 1978 pp. 90, lire 2.000 High Performance Voi. I, n. I-2-3-4, 1979; Voi. III, n. l-2-3-4-5-6-1980 Luciano Inga-Pin Performance Happenings Action Events, Activities, Installations Padova, Mastrogiacomo editore, 1978 «La scrittura scenica» n. 20-21-22 Roma, Bulzoni editore, 1979-'80 Roselle Goldberg Performance Live Art 1909 to Present Thames and Hudson, Londra, 1979 pp. 130, sterline 2,95 Performance by Artists edited by Aa Bronson & Peggy Gaie Art Metropol, Toronto, 1979 pp. 316, us 18 Per!for!mance! Settimana della performance americana.Teatro Affratellamento Firenze, 1-6 amrzo 1980 (catalogo) pp. 90, lire 2.000 Giuseppe Bartolucci, Achille Mango, Lorenzo Mango Per un teatro analitico ed esistenziale Torino,StudioFormaeditore,1980 pp. 196, lire 14.000 L Verso una nuova spettacolarità L a discussione che in Italia e negli Stati Uniti (e generalmente in Europa) si sta svolgendo sulla nuova performance e sulla nuova spettacolarità non è soltanto teorica, ma anche pratica; infatti essa tiene conto dello stato di salute (o di malattia) della performance cosi come si è configurata dagli anni cinquanta in poi attraverso territori interdisciplinari e prendendo alla fine una propria fisionomia, in un contesto di compenetrazioni e dilatazioni di specifici artistici e di interventi soggettivi; ed altresl essa tiene conto del nuovo teatro così come si è allontanato via via dai luoghi e dai modi della tradizione e della sperimentazione complementarmente su per giù negli stessi anni cinquanta e di conseguenza alla fine prendendo anch'esso una sua fisionomia. Performances futuriste, russe editaliane, dada, surrealismo, bauhaus, live art america ed europa (dal 1909 ad oggi): Roselle Goldberg le ha descritte e catalògate così diligentemente per successione da lasciare più di un dubbio e di un sospetto sia appunto verso questo loro naturale ricambio e scorrere, sia verso il loro lascito qualitativo rispetto a ciò che è successo dagli anni cinquanta ad oggi. Infatti non importa oggi tanto andare alla ricerca di una giustificazione storica per la performance quanto di indagare sulla sua necessità soggettiva e sùlla sua esposizione mentale in un contesto di revisione dei dati, dei procedimenti, dei materiali ed elementi usati; non vale cioè tanto inseguire tracce e strade di un percorso extra (teatrale ed artistico) marginale seppur eccentrico rispetto alla tradizione, quanto esporre una pratica di comportamento e di realizzazione per persone-gruppi attraverso dati non soltanto interdisciplinari ma anche informativi (comunicazione-percezione). Il senso e la prospettiva della discussione che Schechner, Higgins ed altri critici ed artisti stanno svolgendo attorno al postmodern teatro ed alla postomodern cultura, sulla soglia degli anni ottanta, infatti è proprio quello di una ripresa di lavoroartisticoe cultu• raie in una accezione di post che contempli una messa in causa della usura della performance artistica e del nuovo teatro, all'interno di un discorso non storicizzante ma procedente per salti, e di una critica che non ne commemori semplicemente il tracciato e non ne segua linearmente lo sviluppo (come capita inevitabilmente e per didatticità alla Goldberg). Se noi seguiamo pazientemente la Goldberg infatti veniamo alle prese con materiali ed elementi di scompaginazione del teatro e delle arti, di tensioni culturali fatte saltare alla radice e riproposte diversamente, di rivendicazioni della vita contro l'arte e di avvolgimento di questa nei confronti della vita; e tuttavia ciò è visto e considerato in funzione di una dimostrazione maggiore, che è quello della nascita e dello sviluppo dei movimenti artistici, e non in funzione di una presa di posizione contemporanea nei confronti dell'eredità e del passaggio di questo materiale ai giorni nostri. Questo procedimento contribuisce ad acci;éscere la falsa idea di solito sostenuta e propagandata dai reazionari e dai conservatori che tutto è stato già svolto egregiamente dalle avanguardie storiche, e che qualsiasi loro ripresa non può che costituire un'imitazione, salvo varianti di periodi e di forma; ed inoltre impedisce all'autrice di introdursi in quei movimenti con una prospettiva e non per eredità appunto, su uno sfondo di mutamenti che non sono parziali e non sono di varianti soltanto. Tant'è: se c'era bisogno di volgere un occhio al passato, la Goldberg l'ha fatto modestamente e con onestà (e per un referente indeterminato e curioso la successione non è forse inutile). IL La contaminazione Più convenientemente due altri libri ci aiutano ad entrare nel modo della nuova performance e della nuova spettacolarità: una documentazione di Jiirgen Shilling: Aktionkunst, con un sottotitolo, identità di ane e di vita?; ed una raccolta di saggi a cura di Miche( Benamou e Charles Caramello dal titolo: Performance in Postmodem . culture. Giustamente lo Shilling da un versante europeo mette sullo stesso piano l'effetto dell'happening di Kaprowe deglialtriartistiannicinquanta con l'effetto-del Fluxus e dell'Actionismus sino ai nostri giorni. La fisionomia degli happenings è stata rappresentata da Michael Kirby e dallo stesso Allan Kaprow così distesamente e così puntualmente nei loro saggi oramai classici da non lasciare spazio almeno ad una informazione ulteriore se non forse ad un'analisi successiva; le loro definizioni di comunicazione e di processualità, di scomposizione gestuale e sonora, di indeterminatezza drammaturgica e di materialità di elementi, si sono via via disciolte e ricomposte in questi venti anni, senza subire danni sostanziali come informazione, e tuttavia non resistendo legittimamente a nuove manifestazioni di lavoro. Ciò che ancora sorprende di questo lavoro creativo (Kaprow) e critico (Kirby) è la naturalezza del procedere in mezzo a rivolgimenti di prodotti e a passaggi di specifici. su una contaminazione di teatro, pittura, musica, architettura, danza e su una traforazione leggera e profonda di arte e di vita per avvenimenti soggettivi e per richiami artistici. Ciò costituisce il nocciolo, a mio parere, di tutto questo ridiscutere di performance e di spettacolarità, ed è bene che risultino come matrici quelle serie di esperiell7.e di Cage, Rauschenberg, Kaprow, Halprin, Cunningham, Oldenburg, etc, in un contesto di reale sommovimento della scrittura scenica nel suo insieme e nei suoi particolari. Per la prima volta l'intervento artistico avviene democraticamente, ossia senza una definizione di movimento culturale prevaricante e senza uno specifico artistico che si assuma il compito di dare i segni fondamentali e di dominare quindi sulla scena (riflettersi sulla vita, o viceversa). Lo Shilling coglie questa nozione nella sua documentazione e la trasferisce al movimento Fluxus europeo, facendolo uscire da una tradizione artistica certamente molto più colta e resistente qual'è il corso dell'arte e della cultura europea, ed immettendolo però in un processo dove gli elementi ed i materiali pittorici, musicali, di danza, fotografici, cinematografici, teatrali, ambientali sono mobili e si confrontano, variano e si riflettono, su una serie di citaziom-mvenzioni (La Monte Young,DickHigginsG, eorgeBrecht, Georges Maciunas, Nam June Pakunias, Giuseppe Chiari, Walter Marchetti, Juan Hidalgo). Michael Benamou e Charles Caramello compiono un passo ulteriore: muovendosi in un contesto culturale di post (moderno-avanguardia-societàcultura) sono ingrado già di riconoscere in questo spiazzamento artistico determinato dalla performance (allargata ad una maniera di lavorare per interdisciplinarietà e per espansione) una delle ragioni di resistenza di fronte al ritomo della tradizione(per immobilità) ed allo sperpero della sperimentazione (avanguardia). Essi sono in grado di far discutere di scrittura letteraria, di uso del suono, di materiali per mass-media, di nuovi modelli, di nuove visioni, sulla traccia di esperienz.e che tra il settanta e l'ottanta hanno messo in crisi sia l'avanguardia (politico-formale) degli anni cinquanta-sessanta, sia la società tardocapitalista come espansione (stato postindustriale) tendenziale. Ne viene un intreccio sensibilmente diverso, i partecipanti al libro si chiamano anche Jean Francois Lyotard, di cui appunto si traduce L'inconscio come messa in scena, vi si delineano passaggi stretti dal colto al basso, l'arte (il lavoro) viene tendenzialmente riportata verso la vita (per riflessione), l'esperienza viene riguardata come copia, la guerrilla metropolitana sta dentro le righe delle scritture ma visibilmente proviene dal deserto. Insomma questa raccolta di saggi, al di là della sua professionalità tecnica, ha il merito di rivelare i traumi e i tradimenti di una sicurezza e di uno spargimento, di una disseminazione e di un capovolgimento, che rimettono in discussione le trasgressioni degli anni cinquanta-sessanta e comunque le sottopongono all'esame di una società industriale e culturale post. Ciò ci aiuta parecchio a capire questi ultimi dieci anni sotto l'ottica di un mutamento e di passaggi tra teatro-arti non soltanto in America ma anche in Europa [bisognerebbe ancora citare lo Shilling, per la ripresa che nel suo libro fa dell'azione europea di Beuys, Vostell, Nitsch e della linea austriaca, come anche risalire alla documentazione di Lea Vergine (ll corpo come lingUDggio, Prearoeditore,1974}per gli italiani Vettor Pisani, Gina Pane, Eliseo Mattiacci, Ketty la Rocca, etc.]. Chi ci aiuta a procedere dagli anni settanta in poi, dal punto di vista degli artisti, è un libro Performance by Artists, a cura di Aa Bronson e Peggy Gaie: sia nel produrre testimonianze di artisti (Acconci, Anderson, Beuys, Buren, Ontani, Palestine, Abramovic etc) sia nel disporre criteri e punti comuni di una postmodern performance. Siamo di fronte ad una tran-
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