Luciano Erba Il nastro di Moebius Milano. Mondadori. 1980 pp. 142, lire 7,000 Maurizio Cucchi Le meraviglie dell'acqua Milano. Mondadori. 1980 pp. 92. lire 6.000 Antonio Porta Passi passaggi Milano. Mondadori, 1980 pp. 148, lire 7. 000 Pare che nell'ultima edizione del «,Viareggio» ! cand!dati a_llavittoria. per la seztoriedt poesia, fossero Erba e Sanguineti. Cucchi e Porta: nomi di autori che «esistono» con un loro peso rilevante, e che con tutta probabilità «resteranno». Nessuna delle rose finali di narratori, al «Viateggio» o in altro dei premi maggiori. ha potuto vantare quest'anno un'analoga alta densità di valori: questo a riprova di ciò che del resto tutti sanno e continuano a dire. che cioè Ja poesia, in Italia, continua ad essere assai più forte e vitale del romanzo, sia in una prospettiva storica che in una di attualità contingente. Visto che i concorrenti al premio avevano ciascuno un forte peso specifico e una precisa caratteristica storica. forse è stato bene rispettare. per cosi dire. un ordine d'arrivo appunto sul filo della storia, e quindi laureare Erba, che infatti «viene prima» in una cronologia reale e ideale al tempo stesso. Egli infatti caratterizza come meglio non si potrebbe una situazione anni' 50. da cui poi non si è allontanato di molto, riuscendo ad amministrarla con bella e saggia coerenza. passando anche attraverso una inevitabile parsimonia produttiva. In quel momento era necessario cominciare a prendere le distanze dall'ermetismo. ovvero da uno stile alto e sublime, senza contraddirlo del tutto. ma minandolo all'interno con buone dosi d'ironia. In sostanza. una situazione neocrepuscolare. perfettamente parallela a quella che a suo tempo aveva visto Guido Gozzano impegnato a fare il contropelo a d'Annunzio. Se si considera come esemplare di una tal~ volontà contrappuntistica il famoso effetto gozzaniano «Nice-camìcie». troviamo che Erba ce lo restituisce moltiplicato per dieci; per esempio. «cerniere» fa rima con «Rosalbe Carriere». o. al livello più ampio di una frase intera. il destino minore e intimista suggerito da una glicine viene dichiarato chiuso e inevitabile «come a Yalta il futuro dell'Europa». Il fatto stesso che il soggetto di questo paragone sia una glicine. con relative consonanze affettive. ci dice che la mira della poesia di Erba resta sempre di ordine intimistico. legato alla sfera della privacy. all'ascolto dei propri sentimenti e memorie; ma in luogo di tuffarsi in verticale entro un tale ambito. o di innalzarlo e sacralizzarlo con pronunce magiche Erba si guarda attorno e cerca di paragonarlo agli oggetti comuni. La prosa e la banalità fanno cosi il loro ingresso. anche se. non dimentichiamolo. ciò è rivolto alla maggior gloria dell'effetto crepuscolare-intimista finale. L'accostamento con l'oggetto pubblico, da cui eravamo partiti, funge insomma da correttivo. da ammicco verso noi lettori. ma per consentire di continuare a pascersi di queipiacermi inoric: omeunapersona ben educata che. sapendo di darsi a un suo vizio privato ufficialmente riprovevole. chiede scusa ai suoi interlocutori. ma nondimeno continua a praticarlo. Si può parlare anche di un atteggiamento per metà assorto in se stesso, per l'altra metà attento a quello che avviene fuori, e precisamente ad afferrare le cose di tutti i giorni. Su questo aspetto insisteva Anceschi quando Poesia forte appunto. nel cuore degli anni '50, coglieva in Erba e in altri i protagonisti di una «linea lombarda» che voleva riprender terra. dopo i voli stratosferici dell'ermetismo. uscendo fuori da un vocabolario e da una sintassi asfittici. Ma se oggi esaminiamo da vicino quegli oggetti «lombardi» (nell'accezione ideale dell'aggettivo. che ne suggerisce una solida concretezza), ci sorprende constatare quanto fossero datati; e non lo si dice in un difficile senso stilistico. bensì in quello di un assai più banale rilevamento sociologico. Il panorama che esce dalla produzione di Erba risulta. a cominciare dal punto di vista sociologico. tipico di un'Italia anni '50. anteriore allo sviluppo tecnologico. al boom. al decollo industriale e cosi via. Di qui gli ovvi limiti.ma anche un sapore di autenticità. se almeno commisurato a quella certa situazione (e Erba. come si diceva. ha avuto il merito di non «cambiare». di fermare ilsuo tempo a quell'ora magica. come se in seguito nulla fosse successo). F a sorridere oggi. in un'epoca di diffusi mezzi tecnologici. trovare nella sua poesia un «perso biplano». un «trillo di ciclista». i famigerati «strapuntini rossi» dei viaggi in pullman. e tanti tram. e soprattutto tanta ferrovia. perfino con tracce residuo della Illa classe. Del resto. entrato nell'ordine di idee di concretizzare in - un'immagine il volto dei vari paesi europei. ecco che Erba assegna all'Italia come correlato oggettivo «un signore in carrozza/ che tra Colorno e Rubiera/ si arresta davanti a una frasca/ paga da bere a tutti» (ma la «frasca» di lì a poco sarebbe stata condannata dall'estendersi dei bar e dei posti di ristoro dell'efficienza autostradale). La stessa cauta apertura all'esteriorità fisicasi constata anche nell'ambito degli indumenti: un po' sognanti e favolosi. un po' banali e standardizzati; ma. sia ben chiaro. di una banalità che resta malgrado tutto artigianale. e non presuppone certo l'esistenza della «Standa» o della «Rinascente». Renato Bari/li In questa direzione non si va oltre la «camicetta nuova di Mercedes> che è «di cotone mercerizzato». Certo è che le mises si pongono quasi sempre tra i nuclei più riusciti della poesia di Erba. in cui agiscono come centri propulsori; sfilano così i panama. le camicette. le giacche di velluto. le scarpe marrone «lucide come castagne»; e in ogni caso si può appunto registrare il compromesso tra singolarità, eleganza, buon gusto. e invece una punta di banalità (non si può dire ancora di kitsch. dato che in questo universo non esiste la banalità del grande numero). Così come restiamo in sospeso tra l'abbigliamento adatto alla grande città, e invece quello da campagna o da villegtenzione: «... non so/ se tornerà la vita/ perduta per disattenzione>. Una tensione. insomma. tra autenticità e inautenticità. dove. sia ben chiaro. se un rimprovero (ma soltanto storico) è da muovere a Erba, esso sta nel non aver insistito di più sull'autentico. nell'aver aperto con troppa cautela al banale. al quotidiano, di averli sorpresi nel punto in cui questi erano già troppo invasi dal sapore delle «buone cose di cattivo gusto>. troppo poco distanti dalla sfera del privato e degli affetti. I contrappunti sono deliziosi. ottimamente amministrati. ma un po' di corto raggio. Si avverte comunque un clima di serra che si pone prima del00t4 ~ J giatura. Altro lampante dato sociologico, questo: nella poesia di Erba non esiste ancora la coscienza della vita urbana. con la sua tensione dinamica. e neppure quella opposta della vacanza organizzata di massa. Restiamo in perpetuo nel limbo intermedio della «villeggiatura» consumata in zone discrete. prive di bellezze geografiche aggressive e molto pronunciate; e beninteso si tratta per lo più di ville di famiglia. dove si ritorna a ogni volgere di stagione. e che così si sono potute riempire di memorie dell'infanzia. Ora si tratta di riscoprirle. ma sempre cautamente e con pudicizia. con contrappunto ironico già indicato, e con la consapevolezza che c'è una marea montante di banalità alle porte, che tuttavia per il momento si può scon- -giurareusando la tattica di prenderla a piccole dosi (come l'impero romano faceva con i barbari. finché questi non travolsero la diga). E anche quando. tra un contrappunto e l'altro. tra le varie deliziate-ironiche descrizioni di ingenui abbigliamenti l'io recitante trova modo di inserire un suo pensiero. questo si svolge nel segno dell'ambiguità. C'è il momento dell'intimismo. della ricerca del tempo perduto: il momento dell'attenzione. potremmo anche dire; ma c'è pure quello opposto del perdersi nelle circostanze esteriori, nella disatl'arrivo del temporale; e questo consisterà nell'avvento della società tecnologica, industriale. urbana, o come altro la si voglia chiamare, con gli obblighi connessi di adeguamento. posti anche alla ricerca poetica. e con la risposta che verrà data dai «Novissimi>. M a ripetiamo. se limiti di inadeguatezza si devono riscontrare nella poesia di Erba, questi sono «storici>. e quindi comprensibili. giustificabili. Si resta invece perplessi quando limiti analoghi si ripresentano, ma vent'anni dopo, in un giovane poeta come Maurizio Cucchi. Il lasso di tempo trascorso avrebbe dovuto obbligarlo a tener conto di certi rivolgimenti avvenuti. e a recarne qualche traccia di consapevolezza. Viceversa. Cucchi continua linearmente il mondo di Erba, come se nulla fosse successo. come se li dividesse non un arco cronologico così intenso e laborioso. ma appena una breve stagione solare. Non si sa quindi. nel suo caso. se ammirarne l'indubbia maestria. maturità precoce. disinvoltura, fertilità. o invece deprecare l'inutilità, quasi il falso storico di una simile riedizione a distanza. L'unica possibilità potrebbe stare nel riconoscere un inevitabile esaurimento delle vie della ricerca. per cui i nuovi arrivati si vedono costretti a ripercorrere le strade già percorse dai loro antenati; ma anche in questo caso occorrerebbe un cenno di consapevolezza autocritica, e quindi, in definitiva. un raddoppio di ironia. In Cucchi invece viene meno quel tanto di ironia e di contrappunto che pure costituiva il fascino, e anche la giustificazione. dell'operazione Erba. l'alibi con cui questi riusciva a farsi perdonare le fornicazioni con materiali psicologici altrimenti «impossibili>. Cucchi insomma fa un uso diretto, di prima, impudico, di quegli stati d'animo crepuscolari da cui l'altro si sottraeva chiedendo scusa al lettore e facendo capire di sapere bene che al di fuori di essi esisteva l'«altro>. Il mondo di Cucchi è fatto tutto di paradisi dell'infanzia ove si consumano squisiti rituali. in un eterno paese delle vacanze in villa, tra animali domestici, parenti confortanti, nell'assenza quasi totale di stimoli sessuali espliciti. ma non senza una morbidezza diffusa, un pansessualismo lieve che carica di sé ogni cosa e circostanza. Sia ben chiaro che nel manovrare una simile tematica Cucchi è già maestro. rivelando un'impressionante bravura e sicurezza. La sua è, come dice il quarto di copertina del volume, una «sussurrata. strascicata, trascinante bellezza> che invade tutto e su tutto diffonde un tono omogeneo, privo di contrasti; sicché, sempre di quella dichiarazione di copertina (si sa che in questi casi l'Autore vigila, e quindi le frasi usate prendono valore di una dichiarazione di poetica) saranno da espungere. come non verificabili, gli accenni a una possibilità di tensione dialettica. Sì al «capillare intreccio di tremori>. sì alla «tenerezza>. no al «raccapriccio>. di cui proprio non si vedono tracce; si al «limbo estatico>. che però non riesce affatto ad essere anche «tenebroso>; e naturalmente, no alla strana coppia di padrini del tutto fuori dalle acque territoriali di questo universo. Gadda e Céline: basti constatare fra l'altro come il lessico di Cucchi sia sempre corretto, elegante, compatto. ignaro di dislivelli stilistici. Uri aggancio esteriore a Céline potrebbe suggerirlo il ricorso ai puntini di sospensione. tecnica comune ai due; ma non per niente nel grande narratore francese questi si congiungono al punto esclamativo. e stanno ad indicare gli acmi CHun parlato rabbioso che procede per urla. sempre al massimo del parossismo e deIJ'indignazione. In Cucchi invece essi introducono nel modo più efficace al compatto clima ovattato. sospeso, sommerso: sussurri, insomma. e non grida. Inoltre favoriscono il procedere dell'enumerazione. l'abbondanza dei dettagli. delle circostanze descrittive. di cui invece era cosi parsimonioso Erba; ma la parsimonia di quest'ultimo si motivava per il fatto che egli ben sapeva di dover contrastare ogni elemento patetico con un controelemento di sapore inautentico capace di ironizzarlo (e quindi a lui, semmai, pur in via molto ridotta. potrebbe convenirsi un riferimento al «lombardo Gadda» ). In Cucchi invece c'è il tirare avanti sempre sullo stesso registro: i puntini corrispondono a una specie di indice affettivo che conferma la sostanziale omogeneità di ogni nuovo elemento della catena discorsiva, nell'atto stesso di avvolgerlo nella debita atmosfera di dolcezza e morbidezza tonale. Ma torniamo indietro nel corso della storia, fino a quell'evento inevitabile che fu l'apparizione dei «Novissimi». a cavallo tra gli anni '50 e '60: inevitabile almeno come lo fu il passaggio del nostro paese da una fase provinciale e contadina a una industriale e affluente, tanto per continuare a giocare su un corrispettivo sociologicogrossolano, ma pur sempre efficace. Raccolte recenti di Sanguineti, BaJestrini e Porta, cioè di tre su cinque membri della pattuglia «novissima>, hanno consentito di misurare cos'è avvenuto di quelia rivoluzione ven-
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