Alfabeta - anno II - n. 18 - ottobre 1980

non utopica, in quello che noi chiamiamo il secondo strato dell' Ethica, -e questo rende unica ed anomala lafilosofia di Spinoza nel suo secolo. Gli interpreti che tanto insistono sull'identità della descrizione spinoziana e di quella hobbesiana dello Stato di natura, insistono sull'ovvio, cioè su ciò che è comune nel secolo, la scoperta del carauereantagonistico dell'accumulazione capitalisticaa fronte dell'utopia unitaria che l'aveva messa in moto. Ma non colgono invece l'alternativa che si consuma sul comune terreno di una ftlosofia dell'appropriazione e l'opposizione radicale che vi si determina, per cui Spinoza è l'antihobbes per eccellenza. Egli mantiene il tema dell'appropriazione come tema centrale ed esclusivo, rifiuta di stravolgerlo in un orizzonte di interessi egoistici, - conseguentemente nega e rifiuta lo strumento escogitato da Hobbes per traslare il conce/lo di forza produ11ivain quello di rapporto di produzione, vale a dire il conce/lo di obbligazione, ed utilizza il contrai/o sociale - in una prima fase solamente, d'altronde-come schema di unprocesso costitutivo (anziché come motore di una traslazione di potere). Inoltre Spinoza nega la distinzione società civile-Stato, quest'altra finzione funzionale all'ideologia del rapporto di produzione. Per Spinoza la società costruisce al suo interno le funzioni di comando, queste sono inscindibili dallo sviluppo dellaforza produlliva. Potenza contro potere. Non a caso questo pensiero di Spinoza doveva apparire «acosmico» a quel grande icastico funzionario della borghesia che è Hegel! Hegel vede, e vede giustamente, la forza produttiva della sostanza spinoziana come fondamento assoluto della filosofia moderna: «Spinoza costituisce un tale punto cruciale per la storia della filosofia moderna che si può di fallo dire che si ha solo scelta tra l'essere spinoziani e il non essere filosofi del 1u110».Ma, d'altra parte, nella misura in cui Spinoza tiene fermo ilpunto di vista della forza produttiva, nella misura in cui non cede al sordido gioco della mediazione, ecco la cinica conclusione di Hegel: «Spinoza morì il 21 febbraio 1677, nel suo quarantaquauresimo anno d'età, consunto da una tisi di cui aveva lungamente sofferto, - in accordo con il suo sistema nel quale anche ogni particolarità, ogni singolarità svanisce nella totalità della sostanza». Un tempo, si sapeva di lottare, nella filosofia: erano in gioco alternative che mordevano il problema della reazione o del progresso, del dominio borghese e della schiavitù proletaria: questo almeno val la pena di so11olinearea commento. E la falsificazione è, nella lolla, uno strumento consueto. Orientalismo della filosofia spinoziana: che buffonata! Estinzione della particolarità e della singolarità nell'assoluto! Certo, nell'assoluto della forza produlliva Spinoza cista fino infondo, così come Machiavelli stava nell'assoluto del/' antagonismo che fonda il processo rivoluzionario del comunismo: ma non certo per estinguersi vanamente, per indicare bensì - Machiavelli Spinoza Marx - l'unità del proge110umano di liberazione a frome della mediazione borghese. Da Machiavelli hanno 1ra110il machiavellismo, da Marx il marxismo: come per lo spinozismo, hanno 1en1ato,senza grande fortuna, di farne scienze subordinate della towlità borghese del dominio. Quando, al contrario, in Machiavelli è il radicamento civile e repubblicano della categoriadel poli1ico che risulta in termini fondamentali! E, in Marx, il tema del comunismo amicipa e fonda la descrizione dello sviluppo capitalistico e ca1egorialmentelo definisce come sfrut· tomento! In ogni caso, Machiavelli Spinoza Marx, rappresentano nella storia del pensiero occidentale l'alternativa irriducibile ad ogni concezione della mediazione borghese dello sviluppo, di ogni subordinazione delle forze produ11iveai rapporti di produzione capitalistici. Questo «altro» corso del pensiero filosofico va tenuto preseme come sfondo essenziale di ogni filosofia dell'avvenire, - questo «pensiero negativo», che percorre iconoclastico i secoli del trionfo della metafisica borghese della mediazione. La cosa che più colpisce, quando si studia la collocazione di Spinoza, dentro e contro lo sviluppo seicentesco del pensiero filosofico, è il fallo che lasua metafisica, pur percepita come selvaggia, non riesce tuttavia ad essere scartata. Ed è così che, se da un lato il cartesianesimo e poi il grande empirismo preilluministico cominuano nel loro sforzo di costruzione della mediazione borghese dello sviluppo, dall'altro i problemi politici e me1afisiciposti dal pensiero spinoziano non riescono ad essere cancellati, anzi, debbono sempre essere in qualche modo controllati. Non è ques10 il luogo per identificare gli elementi specifici di queste operazioni di controllo: bas1erebbe, come è stato d'altra parte ben fallo, seguire sul versame metafisico il rapporto Spinoza-Leibniz, come uno dei più importami punti di questo intreccio. E qui cogliere l'impossibili1à di chiudere Spinoza e la concezione me1afisicamente fondamentale della forza produuiva entro un sis1ema - se i ripetuti approcci leibniziani possono essere in tal modo definiti - che non finisse per concedere alla concezione costitutiva uno spazio molto più ampio di quanto in realtà si fosse disposti a dare. Oppure, sul versante poli1ico, ricos1ruire la fa1icosa genesi del diriuo pubblico dello Staio moderno, dove il contrauualismo hobbesiano, generalmente egemone e - più tardi - for1unato nel suo incontro con la forza dell'inversione metafisica del rousseauismo, non riesce tu11aviaad esseremai in grado -se non appunto al livelli di massima astrazione mistificante - di distruggere, di cancellare la potenza costitutiva dell'is1anzadi socialità, di quel momemo costitutivo e costituzionale, di quella resistenza a111iassolutis1icac,he il pensiero di Spinoza tanto violememente rivendica. È come se la ftlosofia seicentesca avesse un bordo oscuro, nutrito per nascondere il suo peccato originale: il riconoscimento della ca1egoriade/I'apQuesto testo propriazione come fondamento 1radito della ftlosofia moderna - che un continuo lapsus rivela. Spinoza è il lato chiaro e luminoso della filosofia moderna. È la negazione della mediazione borghese e di lutte le finzioni logiche, metafisiche e giuridiche che ne organizzano l'espansione. È il tentativo di determinare la cominuità del proge110rivoluzionario dell'umanesimo. Con Spinoza la filosofia giunge per la prima volta a negarsi come scienza della mediazione. C'è in Spinoza come il senso di una grande anticipazione sui secoli fuJuri e l'intuizione di una verità così radicale della propria filosofia, da impedirne comunque non solo l'appiattimento sul secolo ma anche, talora sembra, il confronto, il paragone. In realtà non lo capiscono e lo rifuggono. Leibniz stesso, in una /e11erache trai/a di ottica e prevede una certa conoscenza, appella Spinoza come «medico». Cosa curiosa: medico, emendator, mago, Spinoza va rige11a10in quella generazione premoderna con cui già Descartes giovane, e tutta la cultura controriforma/a, ca110/icae pro1es1ante,che fosse, pre1endeva di aver fa110 definitivamente i conti, - rinascimentali, rivoluzionari, maghi, in disuso. A me Spinoza richiama piuttos10 Shakespeare: un impianto drgmmatico che non assume significali dal di fuori, bensì dal suo interno produce la forma dramma1ica o lo scontro logico come espressione della propria potenza, come dimostrazione di un rivoluzionario ed indipendeme aggancio alla terra, - nel caso di Spinoza una potenza che si vuole come prefigurazione della liberazione. In assoluto. Misura e dismisura dell'opera spinoziana, integri1àdel concetto di appropriazione, raffigurazione del me1odo come costituzione: i contemporanei, coinvolti nella definizione della mediazione borghese dello sviluppo, non possono concepire ciò se non come anomalo e selvaggio. E invece si tratta dell'unica, 1101f1inta, /e11uradel travaglio realedi quel corso s1orico,nella sua pregnanza di motivi antagonis1ici e .rivoluzionari. Per l'avvenire! Men/re tu/lo il pensiero di un secolo è piegato sulla sconfi11a,fino al punto di fissarla nei grandi ludi metafisici del cartesianesimo e nel lucido opportunismo del «libertinage»; mentre il pensiero del meccanicismo si applica alla ricostruzione dell'immagine del potere, alla costruzione delle sue tecniche specialistiche di dominio e, con ciò stesso, si dedica ad un'opera di cancellazione delle esperienze rivoluzionarie; e quando la filosofia è tu11aintesa a dare esistenza ali'essenza mediatoria della civiltà borghese: «pénsiero negativo» è in questa situazione il pensiero spinoziano, in quanto critica e distruzione degli equilibri della cultura egemone, - cultura della sconfitta e della mediazione. La definizione del pensiero negativo - si sa - è sempre relativa. R pensiero spinoziano è apologia della forza produttiva. Un pensiero negativo pieno di sostanza? 11testo di Toni Negri che qui presentiamo L'anomalia selvaggia, è il VI0 capitolo dell'omonimo libro, dedicato al pensiero di Spinoza, che sarà nelle librerie alla fine di Novembre per conto della Feltrinelli. Questa anticipazione è stata resa possibile dalla gentile concessione del- !' Autore, da noi sollecitato in questo senso. La nostra richiesta non è nata solo dal proposito di dare rilievo all'opera di uno studioso che ha saputo conservare una continuità di lavoro scientifico malgrado la sua nota situazione giudiziaria (preoccupazione del resto superflua, data l'attenzione - non sempre «innocente» - con cui sono stati accolti i recenti lavori di Negri), quanto dall'interesse manifestato per questo testo da tutti coloro che, m Italia, e in Francia, hanno avuto la possibilità di leggerne il manoscritto (la cui stesura definitiva risale al marzo scorso). uno «scoop» editoriale, quanto quello di offrire un adeguato spazio di dibattito sul significato teorico-politico e sul valore scientifico di questo rinnovato impegno di egri nei confronti dei grandi sistemi filosoficidel Seicento (a Da questo punto di vista l'anticipazione di un estratto, sia pure ampio, di un'opera articolata e complessa, potrebbe comportare qualche rischio: per esempio quello di dare una chiave di lettura parziale e riduttiva del libro, o quello di determinare dei pre-giudizi sul suo valore complessivo. Per quanto riguarda il primo, pensiamo che la scelta del VI capitolo offra ampie garanzie (I'Autore l'ha motivata, infatti, affermando che si tratta di «una specie di sunto interno allo sviluppo del discorso: abbastanza riassuntivo da far comprendere il tipo di sviluppo della ricerca, abbastanza interno allo sviluppo della ricerca da non apparire un riassunto»). affronta la materia filosofica (e che rimane immutato sia che si tratti di un articolo che di un libro) è per sua natura tale da provocare pre-giudizi, nel senso che è tale da imporre ad ogni lettore uno «schieramento> intellettuale. essuno del resto si attende da lui un pensiero «puro>: tutti possono facilmente immaginare che la sua lettura di Spinoza si propone di costringere i filosofi, come qualsiasi altro lettore, a prendere posizione su una sostanza politica prima che metafisica. Se i morti sapessero a Elio Filippo Accrocca Se i morti sapessero quanto noi vivi li stiamo a pensare! se i morti sapessero quanto i vivi i veri vivi li stanno a pensare credete voi che non resusciterebbero? se i morti sapessero quanto ci mancano quanto ci occultano ci piagano ci inibiscono se i morti sapessero quanto ci opprimono credete voi che avrebbero acce/lato di morire così in frel/a così a tradimento tanto in silenzio? se i morti sapessero quanto ci hanno lasciandoci mortificati o!fesi dilaniati storditi deturpati violentati assuefatti credete voi che riposerebbero mai in pace? Perciò è bene che i vivi e i morti non si rivedano più nemmeno per un attimo. L'obiettivo di questa anticipazione non è quindi tanto quello di realizzare lo e la morte Io e la morte ci conosciamo bene molto bene. So quando scherza quando esagera e quando proprio è diventata insopportabile. Spesso la mando via con delicatezza con discrezione le faccio notare sorridendo che sono stanco e che 10111è0 il sonno arre/rate a volte devo ricorrere ai calci e diventa come diventa una donna innamorala: dolce accondiscente premurosa. Ci capita più d'una volta di brindare insieme alla salute e lei mi fa l'occhiolino è sincera: per un po' non mi stuzzicherà con fastidi con le sue odiose trovate: influenze malinconie bronchiti. Quante volte abbiamo insieme passeggiato parlato del più e del meno sognato vagheggiato! fra noi non ci sono segreti false premure menzogne scuse vanti lusinghieri. Perciò io so bene quando farà sul serio. Quando mi vorrà sempre con sé non ci saranno pianti. S. Toma Inutile trovare un rimedio Inutile trovare un rimedio una segreta fonte sorgiva a una mente acrobata malsana inutile girare girarsi girovagare imporsi la luce o l'annientamento un fiato mi perseguita da 1empo un fiato grosso di cadavere. Eppure ancora riesco a gustare la luce del vento le sue flue d'argento cangianti tra i rami mentre sfocia nel sole ancora so leggere le stelle la dolce tremenda luna serale le primizie invadenti delle s1agioni. E allora che fare? una cosa sola mi sciupa la morte: sarei dovuto morire prima di procreare. Rispetto al secondo, non esistono garanzie di sorta: Io stile con cui Negri Alla deriva Alla deriva c'è sopra11u110il mare il mare vero l'annientante malinconia delle alghe morte alla deriva ci sono i sogni della sera le ultime voci dei fondali profondi. Non posso esser vivo e ricordare i morti non voglio esser vivo se devo ricordare i morti da vivo non si _vive se ci accompagnano i morti e l'ossessione della loro esistenza. Alla deriva c'è invece il mare il mare aperto infinito alla deriva c'è finalmente la vita filtrata digerita c'è la leggerezi;a del corpo vuoto. Canzone notturna Quando morirò io mi sentirò bene lo stesso e fresco e semplice come una volta. Quando il colpo alla tempia mi ucciderà io starò ancora più bene conserverò sempre il mio odore selvaggio e sfiderò il vento con l'identico stile di questa sera d'inverno. S1aròsempre e bene comunque. Anche da morto io sarò un ribelle uno strano tipo giacché non c'è altro modo o/ire la morte di curare i rimorsi i dispiaceri la noia dei soprusi le bru11ezzele violenze i capogiri della vi1a. Mi sentirò bene anche da morto epuroe semplice ribelle.

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