Apoteosi d~ll, superficie Harold Pinter Betrayal London, Methuen, 1978 Harold Pinter The Hothouse London, Methuen, 1980 John Lahr and Anthea Lahr (editors) A Casebook on Harold Pinter's ''The Homecoming" Davis-Poynter, 1974 Martin Esslin The Peopled Wound. The Plays of Harold Pinter London, Methuen, 1970 Guido Davico Bonino Il Teatro di Harold Pinter Torino, Martano, 1977 pp. 184, lire 6.000 La recente pubblicazione di nuove commedie di Harold Pinter. Betrayal (Tradimento) eThe Hothouse (La Serra; quest'ultima scritta nel lontano 1958 ma messa in scena e pubblicata solo in questi ultimi mesi) ci riporta al problema della vita interiore dei personaggi di Pinter: cioè all'assenza della loro vita interiore. I suoi personaggi non esistono. o non sembrano esistere. o non vogliono esistere. al di sotto dei loro codici di lingua e di comportamento. Essi sono ciò che dicono e ciò che fanno; consistono nel loro uso della loro lingua e del loro corpo. I personaggi di Pinter sono una apoteosi della superficialità. Rootes. in La Serra. è solo una carogna. Gemma, in Tradimento, è solo una adultera. Non c'è niente da aggiungere a questa schematica e anti-psicologica cartella clinica. Forse il problema è più complesso. Nonostante la volontà dell'autore di eliminare dal palcoscenico ogni traccia di pensieri intimi. di memorie e di desideri. questi continuano a riemergere, perversamente (o strategicamente: fingendo di opporsi alla volontà autoriale). Sotto l'epidermide c'è il cranio. come diceva Webster e conferma T.S. Eliot; e sotto il cranio c'è un po' di tutto, idee. emozioni. sentimenti. aspirazioni, istinti, passioni. In altre parole i personaggi continuano ad essere «a bit inner». «un po' interiori». Pinter è. a mia conoscenza. il solo scrittore contemporaneo che sia riuscito a trasformare la profondità e l'interiorità in un insulto. Gli amici di Alberi in Una serata fuori discutono sulla vita interiore dell'eroe e sulla differenza fra «a bit deep» («un po' profond<;>»e) «secretive» («segreto. chiuso»). Kedge In fondo lui è, come dire. un po' profondo. vero? Seeley Sì. è un po' profondo Kedge Chiuso Seeley (in tono irritato) Come sarebbe a dire. chiuso? Di cosa stai parlando? Kedge Dicevo soltanto che è un po' chiuso. Seeley Ma cosa stai dicendo? Che cosa vuoi dire, chiuso? Kedge Lo hai detto anche tu che è un po' profondo. Seeley Ho detto che era un po' profondo. Non ho detto che era chiuso.(') Ma il nemico giurato di ogni forma di vita interiore è Lenny nel Ritorno a casa che vuole sapere se la proposta di Ruth è una proposta. senza lasciare margine a equivoci o intenzioni inespresse.Durante il crudele scambio con Teddy. Lenny, secondo l'espressione del regista Peter Hall. «is taking the piss out of him» (2). cioè lo sfotte senza pietà. Lenny. il ruffiano. accusa Teddy. il fratello intellettuale. del più grave peccato: cioè di avere qualcosa dentro. di trafficare con la propria vita interiore. «Sai. mi sembra che tu sia diventato un po' scontroso da sei anni a questa parte. Un po' più scontroso. Un po' più interiore ... [A bit inner]... Meno socievole». L'aggettivo inner diventa offensivo poiché la innerness. la interiorità. è una sfida contro le leggi non scritte del vivere sociale che richiedono di non dire e di non pensare mai ad alcuna cosa correlata con la vita interiore. li cancro nascosto (the hidden imposthume (3) di Amleto) non è più locato in un punto speciale del corpo marcio dell'individuo o della società. come in Shakespeare. ma diventa l'equivalente della totalità della vita interiore. I personaggi sono superficiali e insondabili nella loro superficialità («Nichts ist unergriinlicher als die Oberflachlichkeit des Weibes». «Nulla è più insondabile della superficialità della donna». Karl Kraus). Nella conversazione col padre circa ilmomento della concezione. Lenny si fa burla del fatto che ci possa essere un retroscena emozionale o sentimentale (una emozione o un sentimento interiore) a monte dell'atto generativo: «Quella notte ... sai... quella notte che mi hai creato... quella notte con mamma. come è stato? Eh? Quando ero solo un lampo di desiderio nei tuoi occhi? Come è stato? Qual'era il retroscena? Insomma. voglio sapere i fatti veri circa il mio retroscena. Ecco. per Wedekind e Strindberg hanno incominciato a introdurre «una certa deficienza di comunicazione fra i personaggi- che non si parlano più tra loro ma si scavalcano a vicenda con i loro discorsi». Finalmente arriviamo a Cechov che inaugura il Teatro della chiacchiera (nella felice formulazione di Alberto Moravia). Esslin isola la promessa mortuaria di pace e di serenità che Sonia fa a suo zio nell'ultima scena di Zio Vania come il punto di compromesso fra una tradizione retorica. secondo la quale Sonia deve essere più eloquente sul palcoscenico di quanto non lo sarebbe stata nella vita. e l'esigenza di un discorso obliquo. che costringe la ragazza a fingere di credere a quello a cui non può credere. pur sapendo che nessuno crede che lei creda a quello a cui dice di credere (siamo qui vicini alla vertigine dantesca). Esslin ri-inventa brillantemente tremila anni di storia teatrale dal discorso alta chiacchiera. dal gioco aperto al gioco chiuso. dal linguaggio della confessione (i personaggi della tragedia greca sono come quaccheri costretti a confessare i loro peccati in pubblico) al linguaggio della strategia. Pure ",), - t-,.;." ~HAl'lt ~ .t,...t.., esempio. pensavi a me tutto il tempo. o ero l'ultima cosa che avevi in mente?» Nell'antologia critica sul Ritorno a casa. sia John Lahr che Steven M.L. Aronson suggeriscono che Lenny. conscio di essere bastardo, sta solo prendendo in giro il padre. reso cornuto dall'amico McGregor: ma il bersaglio delle frecce filiali rimane sempre la vita interiore. I personaggi di Pinter anelano a un mondo senza coscienza, non per paura che la coscienza ci renda codardi. come temeva Amleto, ma per paura che la coscienza ci renda coraggiosi. Inoltre. pensieri ed emozioni sono impegnativi e laboriosi. S econdo un certo angolo critico e storico la mendicità congenita dei personaggi di Pinter rappresenta un fenomeno nuovo nel teatro contemporaneo: gli eroi delle sue commedie sanno sfruttare a fondo il supremo dono della cultura, la capacità di mentire. Pure, il riferimento ad Amleto ci dovrebbe riportare alla mente il fatto che l'uso di un linguaggio ingannatore non è affatto nuovo nel teatro occidentale. SecondoMartinEsslin.che è statoil cronista ragionevole dell'irragionevole assurdo (si veda il suo The Theatreof the Absurd. London. Eyre & Spottiswoode. 1960 e il libro su Pinter citato in apertura). esiste una linea di sviluppo nel teatro europeo «da Sofocle a Shakespeare a Terence Rattigan» (sic) nella quale i personaggi sulla scena «si sono espressi più direttamente. con maggiore chiarezza e precisione di quello che avrebbero fatto nella vita reale». Poi i commediografi come questa interpretazione ignora l'ironia (o meglio le ironie. dell'autore del personaggio dello spettatore) senza la quale il dramma è sempre e solo una volgare metafora. A prendere in considerazione il ruolo e la funzione dell'ironia nel teatro occidentale. si viene a scoprire che il linguaggio teatrale è sempre stato strategico. Questo è il motivo per cui Amleto sceglie «an antic disposition». «un umore fantastico»: che è una licenza di inganno e una patente di autoinganno. Non per niente Shakespeare era per Kierkegaard il supremo ironista (mentre per Heine questo titolo era riservato a Dio). Secondo questa linea prospettica il palcoscenico diventa un territorio dominato da preoccupazioni strategiche. e il linguaggio teatrale un sistema di manovre. non uno scontro frontale. La scena costringe i personaggi a parlare in modo duplice. o subdolo. o menzognero. E lo scopo ultimo della tattica autoriale può essere sia la chiarificazione che l'offuscazione: entrambe sono parte integrante dell'ideologia teatrale. Questo lo sapevano purei nostriingenuiantenatichenon avevano letto la Traumdeutung o Sein und Zeit. Se il personaggio di un dramma dice «Mamma. dammi il sole!». la frase può essere preoccupante perché indicativa di una mente malata. Pinterè riuscito a trasferire l'area della preoccupazione dalla stravaganza di ciò che è anormale alla banalità di ciò che è troppo normale. Nel suo teatro lo sfruttamento di espressioni comuni ci fa venire il sospetto che solo un personaggio dalla mente malata potrebbe usarle. Il maggior campione di questi repellenti clichès è Goldberg nella Festa di compleanno. La sua soddisfatta. compiaciuta articolazione di questi marci frammenti tratti da un linguaggio dove non esiste né emozione né sentimento crea un personaggio a tutto tondo. osceno nel suo uso della lingua a un minimo comune denominatore. «Cultura? Non mi parlare di cultura! Cosa credi. era un uomo che sapeva tutto. Era un cosmopolita» «Scuola? Non mi parlare di scuola! Primo della classe in tutte le materie. E perché? Te lo dico io. McCann. te lo dico io. Mi segui? Segui il mio pensiero? Il segreto è imparare a memoria. E non mettere mai niente per iscritto» Solo Max nel Ritorno a casa. quando è sopraffatto dai ricordi nostalgici per la sua vita di famiglia. è capace di creare un simile sentill)ento di disgusto per l'angosciosa beanza dei suoi discorsi. Noi ridiamo della chiacchiera. del pettegolezzo. dei frammenti di conversazione insensata. delle «dimanne attesta per aria». perché le loro rivelazioni sarebbero troppo spaventose se le prendessimo seriamente (Heidegger è il pensatore moderno che ha osato ,..,, ., \ ~ guardare dentro l'abisso della Gerede. della chiacchiera. e Pinter è il suo rappresentante sulla scena teatrale). 11 dialogo di Una seracafuori. commedia di straordinario interesse di cui la critica si è a malapena occupata, è un campionario di orrori linguistici. La conversazione striscia limacciosa di pozzanghera in pozzanghera. oppure erompe in umide esplosioni come quelle di un bubble-gum. La commedia sarà anche. come vuole Davico Bonino. dedicata a una schematica ricerca d'identità, tema «sviluppato con sempre maggior ricchezza immaginativa in alcuni testi successivi» (per far tornare i conti del critico ci vuole sempre un progresso o un regresso); ma. quanto all'arte di riempire il vuoto con parole vuote. Una serata fuori non è suscettibile di miglioramenti. Gli scambi fra il vecchio seduto al caffè e gli amici di Alberi. o il dialogo fra le due dattilografe al ricevimento raggiungono una loro grandiosa oscenità nella turpe bassezza del registro linguistico. O si prenda la scena in cui Kedgee Seeleydiscutonouna partita di football: Kedge Ma a che gli serviva fare il suo gioco normale? Lui è un mediano sinistro. non un terzino sinistro. Seeley Sì. ma è un mediano sinistro di difesa. vero? Ecco perché gli ho detto di fare il suo solito gioco. on ti preoccupare di Connor. gli ho detto. Connor è un bravo giocatore ma non è poi tanto bravo. Kedge Eh. ma è bravo! Seeley Nessuno lo nega: è bravo. Ma non è tanto bravo. Insomma, non è un asso. Mi spiego? Kedge t veloce. Seeley t veloce, ma non è poi tanto veloce. Kedge (in cono di dubbio) Beh. non tanto veloce... Seeley E Levy? Era veloce Levy? Forse io sono il solo lettore o spettatore di Pinter che trova questo frammento di conversazione pauroso nella sua vacuità. La vuota chiacchiera possiede una pienezza esistenziale quando un commento sul tempo. o sui minuti avvenimenti della vita quotidiana. serve a nascondere una domanda fondamentale: «Ma lo sai che io esisto?» Oppure: clo esisto. E tu?» Sedge e Keeley sono al di là di questo tipo di chiacchiera per tenere a bada l'angoscia. Essi sono l'incarnazione del sogno/incubo heideggeriano: un linguaggio che ci parla invece di un linguaggio parlato da noi. La koinè della tribù attira i personaggi nella trappola di un ingannevole distinguo. La differenza fra «good» e «all that good». «bravo» e «tanto bravo». fra «fast» e «ali that fa,t». «veloce» e «tanto veloce». concede agli interlocutori un'illusione di libertà: libertà di scelta. di parola. di arbitrio. di lingua. Si illudono di essere al posto di manovra. mentre sono loro ad essere manovrati. Kedge e Seeley sono burattini il cui burattinaio è la lingua stessa; la loro parole è sottomessa a una langue perversamente vacua e futile. Nella vita di ogni giorno il linguaggio varia da un pieno godimento sensuale delle articolazioni vocali nella nostra bocca. del processo di fonesi nella nostra gola. del circuito cerebrale nel nostro sistema nervoso, alla produzione ripetitiva di suoni e concetti alieni. come se l'apparato vocale e il sistema concettuale fossero soltanto gli altoparlanti di un sistema di alta fedeltà a buon mercato. Al polo sensuale della lingua troveremo l'idioma erotico evocato da William Gass: «L'uso del linguaggio come se fosse un amante ... non la lingua dell'amore ma l'amore della lingua ... non quello che la lingua tocca ma quello che la lingua forma ... non labbra e capezzoli. ma verbi e sostantivi ... > O da Jean Genet: «Le motcouilles a une rondeur dans ma bouche». Al polo neutrale noi rimastichiamo la lingua dei morti. t come la gamma salivare nelle celebri metafore di Salvador Dali: «La bava immonda, antigeometrica del cane» vs. «La bava quintessenziale del ragno». La fonazione di Kedge e Seeley assomiglia a un sistema di ruminazione articolatoria: la loro saliva è immonda. Nelle loro bocche i due ragazzi masticano lo sputo disseccato che fu un tempo nella bocca di un idiota che aveva coniato quelle frasi: e le parole dell'idiota non significano niente. Il destino dei due giovani è il trionfo della fatuità: quindi è un destino tragico. Non possono godere del gioco del calcio perché abbiamo negato loro la capacità linguistica di esprimere la loro soddisfazione. Ancora una volta si dovrà citare Williams Gass: e Un'altra cosa che abbiamo fatto ai poveri: abbiamo tagliato loro la lingua... gli abbiamo concesso un linguaggio schifoso come le loro vite». Pinter rifiuta- giustamente a mio avviso- di dar voce ai loro suoni inarticolati secondo un vecchio modello populista: si è limitato a dare un pubblico a questi grugniti. Note ( 1) Le traduzioni da Pinter sono tulle mie. Non sono riuscito ad adoperare nessunadelleversionidi Elio Nissime Laura del Bono nella edizione Einaudi del teatro di Pinter. La loro traduzione segna un pericoloso processo di banalizzazione del testo pinteriano. a parte gli innumerevoli e imperdonabili errori. ( 1) Op. cii.. p. 14. (3) Secondo Francis Fergusson. •The hidden imposthume>. da Hamkt, IV, iv. 27. è la chiave per l'interpretazione del dramma (The Idea of a Theatre. Princeton U.P.. 1949. p. I IO).
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