Alfabeta - anno II - n. 18 - ottobre 1980

Mensile di informazione culturale ottobre 1980 Anno 2 Lire 1.500 Lollnan Lagra111111atica Poesia 1980 Spedizione in abbonamento postale gruppo 111/70 Printed in Italy Spinoza Laperformance Strategiedeleo111ico Lacrisi taliana GLENGRANT il puro whisky dipuro maltod'orzo. R. Faccani: Lotman, i segni del potere * B. Placido: Vizi privati e pubblica TV M. Porro: Pratica e grammatica*A. Dal Lago: Altri giochi *G. Almansi: Apoteosi della superficie L. Malerba: Strategie del comico* G. Bartolucci: Verso una nuova spettacolarità N. Tranfaglia: La crisi italiana*R. Barilli: Poesia forte*Testo: T. Negri: Spinoza, l'anomalia selvaggia N. Lorenzini: I sogni corporali della parola * E. Franzina: Campagne meridionali Poesie di S. Torna *Giornale dei Giornali: Osservazioni sul metodo Immagini di G. Bamchello * Lettere

le immagini diquestonumero Gianfranco Baruchello Le immagini di questo numero appartengono a Gianfranco Baruchello. E, in altro senso, a Henri Martin. Esse sono 1ra11ei,nfaui, da un volume - praticamente mai circolato in Italia - che i due autori-critici-artisti (chi può distinguere, anzi chi vuole distinguere ormai?) hanno realizzato nel 1978 col titolo Fragments of a Possible ApocaIypse, cioè « frammenti di unapossibile Apocalisse», per la Mu/thipla edizioni. «Appartenere» è un termine quanto mai esallo per descrivere non tanto la proprietà artisticao il copyright di queste opere, quanto piullosro la loro paternità intelleuuale. Esse costituicono, infatti, una ipotetica sezione di un altreuanto ipotetico dialogo senza fine fra un pitlore (appunto, Baruchello) e uno scritlore (appunto, Martin). Lo scri110re ha per cosl dire, riscriuo e ricombinato le immagini del/'artista in modi non previsti e non progeuari da~'artista medesimo, e quest'ultimo ha asua volta rivisua/izzaro le parole dello scriuore per comestualizzarle, estenderle ed espa11derle. Un dialogo senza fine, pertanto, non perché - o non solo perché - esso rimanga aperto a nuovi apporti diversi nel futuro, ma sopra11u11p0erché essosi qualifica ora come aperto, in un continuo gioco di possibili riscrillure e riconce11ua/izzazioni dell'immaginario, in un delirio di rinvii all'altrui fantasia. Sommario Remo Faccani Lotman, i segni del potere (L'incidenza dei modelli duali nella dinamica della cultura russa, fino a tutto il Se1tece1110d,i Ju. M. Lotman e B.A. Uspenskij; Il discorso orale dal pu1110di vistadellastoria dellacultura - Sulla funzione del discorso orale nella vita culturale nell'epoca di Puskin -La novella del capitano Kopejkin - La maschera verbale del Bavoso, di Ju. M. Lotman; Tesi sullo studio semiotico della cultura, di Lorman e altri; Testo e co111es10d,i Ju. M. Lorman) pagina 3 Beniamino Placido Vizi privati e pubblica TV (Studi sul conceuualismo, di M. Praz; She stoops to conquer, di O. Goldsmith; Mademoiselle de Maupin, di T. Gautier; Collezione articoli de «l'Unità» e « l'Espresso») pagina 4 Manio Porro Praticae grammatica (Una lingua di tuui. Pratica, storia e grammatica della lingua italiana, di M. Corti - E. Manzoni - F. Ravazzo/i; La lingua e il nostro mondo. L'italiano come si è formato, come lo usiamo, di F. Sabatini; Didallica de/l'italiano, di M. L. Alrieri Biagi; Per una didattica interdisciplinare nella scuola media, a cura di M. L. Alt ieri Biagi - E. Pasquini - F. Speranza) pagina 6 Dello in termini semiotici, il percorso creativo di cui qui diamo testimonianza è una sorta di «semiosi illimitata», in cui ciascun segno è l'interpretante di un altro segno, indipendentemente dalla natura (verbale o visiva in questo caso) della materia de~'espressione. li dialogoprende posto in uno spazio che sta al limite fra la più fredda razionalità e la creatività più sfrenata. Operazione conce11uale,essanon rifugge in nessun momento la concreta realizzazione figurativa: descrizione e figurazione si rincorrono così all'infinito, traendo l'una vita/ùà dall'altra. Operazione arbitraria, e la cui dichiarata convenzionalità istituisce codice, essatrova ruuavia matrici e motivazioni in un individuatissimo - e individuatissimo - principio di piacere. li riferimento ad una operazione semiotica non è, in ogni modo, casuale. La poetica stessa di queste opere è visibilmente intenzionale: far riferimento esplicito alla comunicazione interpersonale come matrice di un lavoro della famasia, e nello stesso tempo richiamare una vera e propria teoria della comunicazione estetica in quanto forma dell'interazione fra artista e pubblico (anche se in questo caso il pubblico è un artista, che di volta in volta riconquista ilsuo ruolo di artistaproduuore di messaggi). La filosofia di questi interventi comunque implica la possibilità che un Luigi Malerba Strategie del comico pagina 7 Giuseppe Bartolucci Verso una nuova spettacolarità (Performance in posrmodem culture; La perfomance, Galleria Comunale d'arte Moderna; High Performance; Performance Happe11ings Action Evenrs, Activities, Installations, di Luciano Inga-Pin; La scrittura scenica; Performance, Live Art. 1909 to Prese111d,i R. Go/dberg; Perun teatro analitico ed esistenziale, di G. Bartolucci-A. Mango - L. Mango) pagina 8 Guido Almansi Apoteosi della superficie (Betrayal - The Horhouse, di H. Pinter; A Casebook on Harold Pinter's «The Homecoming», J. Lahr and A. Lahr editors; The Peopled Wound. The Plays of H. Pinrer; li teatro di Harold Pinter, di Guido D. Bonino) pagina 10 Toni Negri Testo: Spinoza, l'anomalia selvaggia pagina 11 Alessandro Dal Lago Altri giochi (Les jewc et /es hommes, di R. Caillois; Where the Action is - Espressione e identità, di E. Goffman; La 11a1uradel gioco e della famasia, di G. Bareson pagina 15 Renato Barilli Poesia forte (Il nastro di Moebius, di Luciano Erba; Le meraviglie dell'acqua, di M. Cucchi; Passi passaggi, di A. Porta) pagina 16 Niva Lorenzini I sognicorporalidellaparola (Srracciafoglio, di E. Sangui11eri;Passi passaggi, di A. Porta; Le meraviglie dell'acqua, di M. Cucchi; Ora serrata retinae, di V. Magrelli; Blackout, di N. Balestrini) pagina 17 Nicola Tranfaglia La crisi italiana pagina 19 qualsiasi lettore in ogni momento possa inserirsi nel dialogo, possa essere lui il destinatario, e di nuovo il mi/lente, di una nuova comunicazione: il fatto è che l'opera d'arte necessita in ogni caso di una reazione, questa o un'altra non importa. «Opera aperta»? No, forse soltanto riflessione metalinguistica sul- /' opera aperta. Infine, un'ultima osservazione. Dicendo del dialogo, del rapporto comunicativo interpersonale che si instaura fra due individui (scrillore e pi11ore) abbiamo implicitamente souo/ineato la loro ricerca di un terreno comune di comunicazione, di un corpo di elementi intertestuali fra i quali viene stabilila una coerenza. Come avviene, in questo caso, la ricerca di coerenze? In primo luogo mediante operazioni di riduzione: queste opere sono innanzitutto una sorta di lessici, con i quali di volta in volta si fanno composizioni e nei quali si inseriscono le innovazioni. Lessici falli di segni, repertori di frammemi mnemonici, quasi un diario de~esperienza quotidiana ridoua ai minimi termini per una sua intellegibile trasmissione. Pau/ Klee, certo. E in più, calligrafie, rinvii, memorie, una sorta di segretario galante per immagini, un abbecedario della fantasia. Emilio Franzina Campagne meridionali o.e. (La riforma agraria in Calabria, di P. Pezzino; Lotte per la terra e comunisti in Calabria -Lotte per la terranel Mezzogiorno 1943-1953, di P. Cinanni; Campagne e movimento comadino nel Mezzogiorno d'Italia dal dopoguerra ad oggi, di AA. VV; Le campagne del mezzogiorno tra fascismo e dopoguerra. li caso della Calabria,di P. Bevi/acqua) pagina 20 Giornale dei Giornali Osservazioni sul metodo A Cura di lndex-Archivio Critico dell'Informazione pagina 22 Poesie Salvatore Torna pagina 14 Lettere Lettere di CarlaRiccardi e di Federico La Sala pagina 5 Le immagini Gianfranco Baruchello alfabeta mensile di informazione culturale Comitato di direzione Nanni Balestrini, Maria Corti, Gino Di Maggio, Umberto Eco, Francesco Leonelli, Antonio Porta, Pier Aldo Rovaui, Gianni Sassi, Mario Spinella, Paolo Volponi Direttore editoriale Gino Di Maggio Redazione Omar Calabrese (redattore capo) Vincenzo Bonazza. Maurizio Ferraris. Carlo Forrnenti. Bruno Trombetti (grafico) Art director Gianni Sassi Redazione, amministrazione Multhipla edizioni, 20137 Milano. Piazzale Martini. 3 Telefono (02) 592.684 Composizione GDB fotocomposizione via Commend4a1.Milano,Tel. 544.125 Tipografia S.A.G.E. S.p.A .. Via S. 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Lotman,isegnidelpotere Ju. M. Lotman. B.A. Uspenskij «Rol' dual'nych modelej v dinamike russkoj kul'tury (do konca XVlll veka)» [L'incidenza dei modelli duali nella dinamica della cultura russa (fino a tutto il settecento)]. in Trudy po russk.oj i slavjanskoj filologii, xxvm. Literaturovedenie, TGU. Tartu 1977 (= RDM) Ju. M. Lotman «Ustnaja ree' v istoriko-kul'turnoj perspektive» [Il discorso orale dal punto di vista della storia della cultura), in Lingvistiéeskaja semantika i semiotika, L Semantika nominacii i semiotika reéi, TGU. Tartu 1978 ( = URIKP) Ju. M. Lotman «K funkcii ustnoj rec1 v kul'turnom bytu puskinskoj èpochi» [Sulla funzione del discorso orale nella vita culturale dell'epoca di Puskin]. in Lingvistiée skaia semantika i semiotica, ll. Semiotika ustnoj rea TGU. Tartu 1979 (= FURP) Ju. M. Lotman «Povest' o kapitane Kopejkine (rekonstrukcija zamysla i idejno-kompozicionnaja funkcija)» [La novella del capitano Kopejkin (ricostruzione di un progetto d'intreccio e funzione compositiva delle idee artistiche)). in Trody po makovym sistemam, Xl. Semiotika teksta. TGU. Tartu 1979 (= PKK) Ju. M. Lotman «Recevaja maska Sljunjaja,. [La maschera verbale del Bavoso], in Vtorit\- oye modelirujuséie sistemy. TGU, Tartu 1979 (RMS) V.V. lvanov. Ju. M. Lotman. A.M. Pjatigorskij. V.N. Toporov. B.A. Uspenskij Tesi sullo studio semiotico della cultura. a cura di M. Grande. trad. di A. Summa. Parma. Pratiche Editrice. 1980 (= TSC) pp. 72. lire 2.000 Ju. M. Lotman Testo e contesto. Semiotica dell'arte e della cultura. a cura di S. Salvestroni Bari, Laterza. 1980 (= TEC) pp. XLIV-234, lire 12.000 Jurij Michajlovic Lotman è nato il 28 febbraio 1922. a Pietrogrado. in una famiglia ebraica. Dal '42- c'informa la Piccola Enciclopedia Letteraria sovietica - è membro del partito comunista. e dal '63 è professore di letteratura russa all'università di Tartu. in Estonia. Già Tartu-che conta forse centomila abitanti. e sorge non lontano dal Peipus. il lago in cui affondavano. tra lividi zatteroni di ghiaccio. i cavalieri teutoni dell'Aleksandr Nevskij di Èjzenstejn - fornisce un bell'esempio di quelle «rinominazioni» studiate anche da Lotman e da Uspenskij: altalena di nomi. di «battesimi» e «ribattezzamenti». che celebra l'alternarsi dei padroni~ le alterne zampate della Storia. La città fugrad" (gorod")Jur'ev" (il «castello di Jurij. di Giorgio». dal nome cristiano del principe Jaroslav di Kiev. che l'aveva fondata nel I030). fino agl'inizi del Duecento. quando passò nelle mani dei tedeschi e divenne Derpt. Tornò ai russi verso la metà del Cinquecento. e rimbalzò poi a lungo tra polacchie svedesi.Ai primidel Settecento Pietro il Grande la risucchiò dentro i confini russi. E intanto Derpt s'era allungato in Dorpat. Ma il nome della città fu nuovamenteJur'ev dal 1893 al 1917. D'altra parte. Lotman vive oggi nel cuore di un'Estonia che. con il suo milione e mezzo di abitanti. rappresenta - in Urss-il più folto dei nuclei finnici del Baltico sçampati all'infiltrazione germanica e. soprattutto. all'espansione slava. Nella regione leningradese. gl'izori sono ormai ridotti a un migliaio di unità; i vodi. a meno di cento. In territorio lèttone rimangono trequattrocento livoni... Quello dei rapporti interculturali è. del resto. uno dei temi prediletti di Lotman (e di Boris Uspenskij). E principalmente a Lotman e Uspenskij son dovute le TSC. le cosiddette Tesi del I 973. Qui. a costituire l'interesse di fondo degli autori è la maniera in cui determinate culture (e le culture slave. nella fattispecie) vedono e rappresentano se stesse. si «automodellano». e la maniera in cui-dal proprio interno. attraverso il prisma dell'immagine che coltivano o vogliono dare di sé - conformerl_y, . . - Remo Faccani posito che non entrino in vigore». agli ukàz zaristi che nella Russia del Settecento vietavano la pratica delle «bustarelle» («per lottare contro le 'bustarelle'. sarebbe bastato far applicare le leggi esistenti. anziché promulgarne di nuove. identiche alle vecchie»; ma quel che importava al governo era «il fatto della promulgazione di una legge. non già la sua applicazione»). Agli abitatori dello spazio «extraculturale» è talvolta negato persino il possesso (o il pieno possesso) della parola. Mercanti e avventurieri di ovgorod fin dall'XI-Xll secolo avevano raggiunto e varcato la «Pietra». ossia gli Urali. Ma le tribù ugrofinniche stanziate sulla Pecora e ad oriente . , -, ,,.- , . • ............ i .......... ,, • cepiscono e «modellano» lo spazio culturale esterno. che è sovente. per antonomasia. spazio «extraculturale». fluttuante nella terra incognita e nebbiosa del caos. del disordine. dell'anomìa. o prigioniero di un'«organizza- :zione diversa». quindi estranea. inammissibile. E c'è subito da precisare che l'«automodello» di una cultura non è raro che incarni una forma assai ambigua di «autocoscienza»: può essere (e molte volte lo è) falsa coscienza di una classe egemone. strategia e manipolazione attuata dal Potere o finalizzata al Potere. Si pensi- per valersi di un esempio significativo proposto da Lotman - al caso delle «leggi promulgate col prodi questo fiume restavano. per il cronista medievale russo. dei «popoli muti». cioè «incapaci di esprimersi». «privi di un linguaggio comprensibile (e. dunque. realmente umano)». A ll'internodella tradi:zioneculturale russa. segnata da fratture così programmaticamente radicali come le riforme di Pietro il Grande e la Rivoluzione d'Ottobre. non sorprende l'attenzione di Lotman (e di Uspenskij) per l'antitesi «vecchio - nuovo» in quanto dicotomìa assiologica. in quanto linea divisoria che attraversa e taglia in due un sistema di valori. Nella storia della cultura russa. scrivono Lotman e Uspenskij (RDM). «ogni nuovo periodo». si tratti del passaggio al cristianesimo della Russia di Kiev. sullo scorcio del X secolo. o del regno di Pietro (l'analisi dei due autori si arresta alla fine del Settecento. ma è chiaro che potrebbe venir estesa ben oltre questa data). «mira a rompere in maniera nettissima col periodo precedente». Si direbbero «caratteristiche» della Russia. «nelle sue diverse epoche». le «tendenze reazionarie e progressiste». e mai quelle «conservatrici». L'opposizione «vecchio - nuovo» è così pregnante. «attiva e carica di significato». agli occhi dei depositari della cultura russa. fra la conversione al cristianesimo e le riforme di Pietro. che finisce .. , .... ,--·' ..... ) , , , .. ·: . per inglobare e annettersi «altre opposizioni fondamentali» («Russia - Occidente». «cristianesimo - paganesimo». ecc.). La «nuova» Russa cristiana. con i suoi «uomini nuovi». può addirittura venir contrapposta alla «vecchia»Bisanzio(cristiana).e secoli prima che questa fosse espugnata da Maometto II. (Io aggiungerei che talvolta. per esempio in un .testo epico medievale come il Canto di Igor'. la designazione di «vecchio» sembra voler contrapporre a un tempo «nuovo». «storico». un passato ch'è ormai rifluito in una _speciedi tempo «mitico». Tuttavia. i rapporti fra il «nuovo» e il «vecchio» restano molto più ambivalenti di quanto si crederebbe. Solo il persistere del «vecchio» contribuisce a far percepire il «nuovo» come tale. a consolidarne lo statuto; e, d'altra parte, il mettere l'accento sulla «novità» è un modo di esorcizzare la sopravvivenza del «vecchio». Così, in Russia, «si potevano conservare forme precristiane di comportamento». proprio in quanto forme di «anti-comportamento» riconosciuto. «legalizzato». Queste trovano un loro posto nella «nuova» cuitura cristiana. grazie al «rovesciamento speculare» delle funzionì che erano chiamate ad assolvere. bai punto di vista della cultura russa. il paganesimo - sinonimo di «religione altra ed estranea» e il cattolicesimo-simbolo di «vecchia fede» cristiana - potevano anche finire per identificarsi. Sicché nulla impediva al metropolita cinquecentesco Makarij di attribuire ai «pope» cattolici questo singolare «jus primae noctis». uscitoparrebbe - dai recessi di un qualche paganesimo vero o verosimile: «La primissima notte il pope giace con la sposa nel sacrario. dietro l'altare, sopra un tappeto. e fa il segno di croce sulle vergogne femminili e le bacia. E dice : mi fosti madre e adesso mi sei moglie. E giace con lei ...». Ciò che qui ed ora è vietato. altrove (nel tempo. nello spazio) e in un altro universo religioso può (e deve) essere consentito. Il «nuovo». così. non si limìta a incorporare il «vecchio»: lo genera. Più tardi. e in particolare nella seconda metà del secolo XVIII. con la predicazione dell'eresiarca Avvakum - che difese fino al martirio. fino al rogo sulla piazza di un villaggio dell'estremo Nord. la tradizione cristiana russa. contro il restauro filologico dei testi sacri e della liturgia voluto dal patriarca di Mosca. Nikon -. «vecchio» prende il significato di «vero, autentico. originario». mentre «nuovo» equivale a «falso. diabolico. pagano». La «nuova fede» e il «nuovo Cristo» delle riforme di Nikon non sono che «apostasia» e «Anticristo». E il mondo «altro». «estraneo» torna a fondersi in una massa indistinta e indistintamente peccaminosa. Proclamava Avvakum: «Noi siamo ortodossi; ed ecco (invece) la puttanesca sagacia della chiesa di Roma e dei suoi bastardi. dei polacchi e degli uniati di Kiev. e di questi nikoniani di casa nostra ...». Il regno di Pietro e il Settecento rimetteranno in auge ·la «novità». Si riparlerà di «nuova Russia» e di« nuovo popolo» (russo). Ma già nel suo articoloHistoria sub specie semiotica e. del 1974 (ora tradotto in italiano nel volume La semiotica nei Paesi slavi. a cura di C. Prevignano. Feltrinelli. Milano I 979). Uspenskij ha analizzato il modo in cui Pietro il Grande usò la tradizione cuiturale russa. ricorrendo a tutta una serie di «anti-comportamenti». di «inversioni speculari». quasi alimentando di proposito le «aspettative escatologiche dei tempi». le fantasie di chi sospettava in lui I' Anticristo: «L'avvento del!' Anticristo - nota Uspenskij- era atteso per il 1666; ma poiché non s'era verificato. si cominciò ad attenderlo per il 1699 (1666+33= 1699). E a_ppenaqualèhe giorno prima dell'inizio di quell'anno» (l'anno nuovo in Russia cominciava allora il primo di settembre). «Pietro rientrava ... dal suo primo viaggio all'estero» (e quasi immediatamente, con i suoi fedelissimi. si diede a sforbiciare le barbe ventose dei boiardi russi. a strappargli di dosso i venerandi caffetani...). Insomma.affermanoLotman e Uspenskij. «la nuova cultura russa (pospetrina) è assai più tradizionale di quel che non si ritenga solitamente». Essa «era costruita non tanto sui modelli della cultura 'occidentale' (benché oggettivamente fosse sentita come 'occidentale'), quanto piuttosto sul tracciato strutturale 'capovolto' della vecchia cultura». Un curioso episodio di questa «europeizzazione soggettiva» del costume russo settecentesco fu

la comparsa dhtn istituto «assolutamente impossibile» nella Russia pre-. petrina: i cosiddetti «harem padronali», tenuti in genere da possidenti «illuminati». occidentalisti, neniici convinti della «crassa ignoranza> e del- )'«arretratezza» dei propri connazionali. Il fatto è che «una cultura viva non può costituire una ripetizione del passato: è giocoforza che produca sistemi e testi nuovi sul piano strutturale e funzionale. Eppure non può non contenere in sé la memoria del passato». Quanto alla cultura russa, secondo Lotman e Uspenskij, essa (perlomeno fino a tutto il Settecento) ha avuto di specifico una sorta di insistente moto pendolare: il prevalere di una tendenza soggettiva a rimuovere drasticamente il passato acuiva più che mai la percezione del legame oggettivo con esso. e. viceversa. !'«orientamento sul passato» s'accompagnava di fatto all'oblio della «tradizione reale». in favore di un'«antichità» tutta mentale e «chimerica». e ome giustamente ci ricorda Simonetta Salvestroni (TeC), Michail Bachtin, interpellato nel 1970 dalla rivista Novyj mir ( e la sua risposta è confluita nell'ultimo volume sovietico di scritti bachtiani, tstetika slovesnogo tvorcestva [Estetica della creazione letteraria]. Izdatel'stvo «Iskusstvo». Moskva 1979). salvava pochissimo - quasi niente - degli studi letterari sovietici più recenti. dominati dalla «paura del rischio investigativo". dalla «paura delle ipotesi»; e metteva. dentro quel pochissimo, «il filone rappresentato dai giovani ricercatori che fanno capo a Ju. M. Lotman». L'eccezionalità dei lavori di Lotman e della sua «scuola», a detta di Bachtin (che si riferiva ai primi quattro fascicoli dei Trudy po znakovym sistemam [Ricerche sui sistemi di segni), la pubblicazione dell'università di Tartu giunta ormai al suo undicesimo quaderno), stava nel fatto che essi «non scorporano la letteratura dalla cultura», che essi «mirano a intendere i fenomeni letterari nell'unità differenziata di tutta la cultura di un'epoca». Per parte sua, licenziando gli scritti della sua ultima raccolta italiana (TeC). Lotman non esita ad affermare: «Alla base dei lavori inclusi nel volume c'è la convinzione che fra l'universo culturale e il singolo testo, che si realizza in un sistema di cultura proprio come testo. esista un rapporto di isomorfismo». Naturalmente, «il microtesto elementare è la parola»: la parola, infatti, rimane )'«elemento primo» della cultura. mentre questa è data da «un insieme di parole (di testi)». Siamo dunque più che mai sul terreno dei cosiddetti «sistemi modell(izz)anti secondari» (a quanto sembra. la dizione. un po' sommaria ma «pratica», fu coniata da Vladimir Uspenskij. il fratello matematico di Boris, ancora negli anni cinquanta). La cultura però. avverte Lotman. «non è un deposito di idee e di testi già pronti. ma il meccanismo vivo della coscienza collettiva. Nello stesso tempo essa forma l'involucro intellettuale della vita che si svolge sulla terra. L'intelletto collettivo può agire solo se è inserito all'interno di esso». Ma Lotman, in questo suo nuovo libro, dà forse il meglio di sé là dove la preoccupazione di cogliere e definire i «modelli semiotici generali della cultura» si disegna in filigrana o galleggia dentro l'analisi dei testi. di precisi segmenti di vita culturale. Un ottimo esempio di scandagli e ricostruzioni di tal genere è il saggio sulla «poetica del comportamento quotidiano» nella cultura russa settecentesca. LIprimo Settecento. dice Lotman. fu sottto il segno di «un variegato disordine dei mezzi lessicali». che «accentuava il senso dell'importanza stilistica non solo degli strati della lingua. ma di ogni parola presa separatamente» (e non solo del comportamento in generale. «ma anche di ogni singola azione»). preludendo ai «rigidi ordinamenti classificatori» che. ver o la metà del secolo. investiranno. oltre al campo strettamente letterario. tutto l'ambito della cultura sociale. Il secondo passo. nella «semiotizzazione del comportamento». fu la «creazione degli stili» nella sfera delle norme che regolavano la vita quotidiana. Cosicché «il modo di parlare. di camminare, di vestirsi» divenne l'emanazione inconfondibile del posto che. «nella polifonia della vita quotidiana». ogni individuo occupava. e doveva occupare! Sappiamo (e sull'argomento si è soffermato anche Lotman. in altri suoi scritti) che più di un ukàz imperiale. nel corso del Settecento. stabili. ad esempio, quali dei quattordici «ranghi» in cui erano raggruppati tutti i membri delle famiglie poste al servizio dello Stato (nell'esercito e• nella burocrazia). potevano indossare i broccati «con ricami in oro e argento». o i broccati stranieri «da non più di quattro rubli il braccio». «da non più di tre rubli,., «da due rubli» ecc. In Russia. conclude Lotman. la «poetica del comportamento» di dissolse negli anni quaranta del secolo scorso. «con gli ultimi romantici» (da parte degli scrittori realisti si ebbe «un'ostentata esclusione di questa categoria»). ma per risorgere «nella biografia dei simbolisti. e poi. nel 'costruttivismo'. nel 'teatro per un sol.o attore', nel 'teatro della vita' e in altri fenomeni culturali del XX secolo». Nell'elenco bisognerebbe naturalmente inserire i futuristi. un po' tutti «minacciati dalla propria biografia». come di uno di loro - Velimir Chlebnikovebbe a scrivere Jurij Tynjanov. Ma c'è di più. Sono ben noti gli influssi settecenteschi sulla poesia futurista; e tuttavia sorprendono alcune affinità tra la zaum'. la poesia «trasmetale» di un Chlebnikov. di un Aleksej Kruèenych. e i gerghi. le forme maccheroniche usate in certi ambienti e in certi gruppi sociali russi. tra Sette e Ottocento. e studiate anche da Lotman (FURP). La sensibilità (caratteristica del primo Settecento. del suo «variegato disordine» lessicale) per la «parola· presa separatamente» sembra proprio trovar riscontro in qualche tentativo futurista («trasmentale») di far del russo quasi una lingua isolante. La zaum'. poi. è inconcepibile fuori della cornice. fuori del contesto di una «poetica generale del comportamento» (o del- !'«anti-comportamento> ). Al secolo XVIII si richiama.un altro articolo di Lotman. dedicato alla «maschera verbale» di Sljunjaj (il Bavoso). un personaggio grottesco di una «scherzotragedia» di Ivan Krylov (1756-1844). Attraverso lo scilinguato. ciangottante Sljunjaj. Krylov si fa anche beffe del modo di parlare degli scegoli- i cicisbei. i damerini dei salotti russi di fine Settecento-. della loro pronuncia «tenera». in cui. fra l'altro. alle palatali /z/ e /si venivano sostituite le dentali corrispondenti/z'/ e/s'/. mentre il suono /j/ rimpiazzava le liquide /IJ e /r/: tratti che denunciano. benché Lotman non lo rilevi. una regressione al linguaggio infantile. Lotman scopre la fonte di queste bizzarrie fonetiche di Sljunjaj nella parlata degl'incroyables. i damerini francesi dell'epoca del direttorio e del consolato («Savez-vous. dit l'incroyable. une histoi-e singu-ière qui vient d'a-iver au théat-e Moliè-e...»). E si potrebbe dire che Krylovvoglia co ì sottrarre la «stranezza,., !'«alterità» degli scegoli allo spazio culturale russo e consegnarla allo spazio esterno che «si meritano»: quasi una loro simbolica esplusione. L o spunto per il suo romanzo-poema. Le anime morte. fu suggerito a Gogol' da Puskin. come tutti sanno. Alle picaresche «avventure di Cièikov» Gogol' volle però affiancare una Novella del capi• tano Kopejkin. È la storia di un ufficiale che ha perduto un braccio e una gamba nelle campagne antinapoleoniche. si riduce alla fame. cerca inutilmente di ottenere una pensione dal governo zarista e si fa bandito nelle steppe del Volga. La censura si accanì sul racconto; ma per vederlo stampa• to. Gogol' si piegò a tagli e a ritocchi. lo riscrisse più volte. cocciutamente. Eppure si tratta di un'appendice che. per tanti storici letterari. è del tutto avulsa dal «corso fondamentale> del «poema» gogoliano e solo «meccanicamente» è inserita nel suo testo. Lotman. splendido indagatore e analista di processi creativi, dimostra che cosi non è. « elio sviluppo delle idee artistiche - egli afferma - c'è una logica. e una nuova idea è generalmente la trasformazione di una qualche variante di partenza». Durante l'ultimo periodo della sua vita, Puskin escogitò molteplici varianti di un «archi-intreccio» che tornava periodicamente ad affascinarlo: quello di un «brigante-gentiluomo» russo. Lo spunto offerto a Gogol' non poteva venire che di là: dall'esuberante groviglio di quelle intuizioni. di quelle schegge narrative. Nelle carte di Puskin. che era solito prender nota di tutto. che pensava (e inventava) «sulla carta» (come dice Lotman). non v'è traccia di schemi. di progetti che rinviino scopertamente alle Anime mone. E non ha senso congetturare su fanto• matici abbozzi puskiniani che sarebbero andati perduti. Al contrario. importa saper cogliere il giusto meccanismo della «trasformazione». il filo-i molti fili - d'Arianna che. palesi o sotterranei. dissimulati. si diramano dall'«invariante di partenza» e riconducono ad essa. Tirando le somme dell'analisi di Lotman. scopriamo che )'«archi-intreccio» puskiniano. debordando, riversandosi nell'immaginazione e nella narrativa di Gogol'. ha_prodotto due partiture e due eroi - Cièikov e Kopejkin - che sono in definitiva com• plementari fra loro. Kopejkin è «l'eroe delle guerre antinapoleoniche». un eroe romantico-popolare con tutti i crismi. Cièikov è il parodistico «eroe della copeca» (kopejka. in russo); ed è anche un grottesco. caricaturale «masnadiero romantico». «pers.onaggio demoniaco». Napoleone (Anticristo) redivivo. Perciò. nulla di strano (vien fatto di concludere) che la censura se la prendesse tanto con l'orgoglioso Kopejkin. Dentro la sua ribellione «inventata». «fittizia». echeggiavano ribellioni ter• ribilmente reali. di cui la memoria del Potere conservava le cicatrici. E le steppe. il Volga restavano - per la memoria collettiva. folclorica - il grembo inesauribile di epici brigantaggi. di indomite guerre cosacche e contadine (quelle di Sten'ka Razin. Emel'jan Pugaèev). (Già dopo la Rivoluzione. nei giorni della NEP. dei suoi amari fasti. anche il mitissimo Chlebnikov - futurista nutrito di succhi remoti e folcrorici - avrà un soprassalto «alla Kopejkin»: «Ehilà. gaglioffi di mercanti,/ vento nella capoccia! / In pelliccioto pugaceviano / cammino attraverso Mosca!/ Mica per questo è così alta/ la nostra volontà di giustizia./ perché fra zibellini e trotta· tori / si lancino schemi dalle slitte. / Mica per questo senza risparmio / è scors.o il sangue del nemico. / perché ogni venditrice / si metta perle alle dita. / Non digrignerò i denti / lungo notti d'insonnia; / vogherò- canterò/ sopra il Don - sopra il Volga!. ..>). Parlando delle circostanze in cui Puskin avrebbe «donato» a Gogol' lo spunto per Le anime mone. Lotman non ha dubbi che si sia trattato di una trasmissione orale. Su quello spunto Puskin dovette imbastire un'improvvisazione briosa e appassionata, che Lotman ricostruisce a grandi linee, con tocchi sapienti. Ma il problema del rapporto «scrittura-oralità> è affrontato da Lotman in maniera assai più diretta sulle pagine di una nuova pubblicazione tartuense. rivolta esplicitamente alla «semiotica del discors.oorale» (e tirata in sette-ottocento esem• plari): Ligvististiceskaja semantika i semwtika [Semantica e semiotica della lingua). In un suo primo scritto (URIKP) Lotman pone i termini generali del problema. Dopo aver ribadito che i testi «non costituiscono una summa culturae. ma soltanto una parte di essa». e che «soltanto l'esistenza di non-testi permette di individuare, sul loro sfondo. un insieme di testi> capace di definire una data cultura. egli afferma: cl testi sono ciò che viene introdotto nella memoria collettiva della cultura. ciò ch'è soggetto a conservazione. e deriva che la lingua dei testi dipende sempre dal meccanismo memorizzante. In una società prealfabetica. essa esigeva delle limitazioni supplementari di tipo mnemonico. avvicinandosi evidentemente alla struttura della poesia. dei proverbi. degli aforismi. Il sorgere della scrittura fece sì che la lingua dei testi venisse a identificarsi col discors.oscritto. e quella dei non-testi. col discors.oorale». E ancora: «Il discors.oscritto è discreto e lineare. Il discors.oorale tende a una struttura non-discreta, al continuum. Esso si allontana dalle costruzioni logiche. per accostarsi a quelle iconiche e mitologiche...». Lotman. in un secondo articolo (FURP). recupera sparsi. screziati frantumi del discors.o orale dell'età puskiniana; rintraccia i focolai che produssero queste forme espressive sospinte poi ai margini. trascurate anche dagli studiosi. e ricostruibili per indizi. con pazienti montaggi. E. di nuovo. Lotman s'immerge nella storia. Altri prestigiosi ricercatori sovietici legati alla «scuola di Tanu» - Vjaèeslav lvanos. Vladimir Toporov - sono attratti dal «genere». ossia dagli archetipi. dagli universali della cultura. ma a sedurre Lotman è la «specie». sono i concreti fenomeni culturali. nella loro complessa. polivalente unicità. Viziprivatei pubblica TV Mario Praz Studi sul concettualismo Firenze. Sansoni 1946. pp. 307 Oliver Goldsmith She stoops to conquer ( 1773) a cura di Tom Davis London. New Mermaids. 1979 Théophile Gautier Mademoiselle de Maupin ( I 835) Paris. Garnier-Flammarion. 1966 René Berger La telefissione Roma. Edizioni Paoline. 1979 pp. 260. lire 3500 «L'Unità» collezione completa per gli articoli di Francesco Maselli «L'Espresso» collezione completa per la critica televisiva di Sergio Saviane A ).Per aver presentato («condotto» si dice in gergo) qualche programma televisivo culturale. assistito da qualche successo (successo: presso chi? Ma presso i parenti. i vecchi genitori. gli amici: quale altro successo conta: nella vita. nella televisione?). mi è stato chiesto di dare una mano a definire. descrivere. elencare le qualità che ci vogliono per proporrè un buon programma culturale televisivo. I programmi televisivi di genere culturale sono la croce- si sa- della Televisione. Bisogna farli. perché la Rai-Tvè un ente di Stato. E poi. anche il popolo. si sospetta. li vuole. Ma tendono a venire fuori. chissà perché. sempre noiosi. Con la conseguenza che la Televisione (di Stato) tende a risolvere i problemi producendoli con una mano e relegandoli a tarda seratl! con l'altra. In questa Televisione di Stato si Beniamino Placido adotta. magari senza saperlo. la filosofia del Senatore Fanfani. il quale disse una volta. riferendosi a non so quale marachella politica dei suoi avversari: «Chi l'ha fatta la ricopra» (alludeva evidentemente a quell'altra produzione - corporea - di cui tutti temono lo sgradevole odore). La Televisione di Stato fa i programmi «culturali». e poi li ricopre. ficcandoli in orari dove nessuno li può vedere. Cosi l'onore (se non anche l'odore) è salvo. Si dà il caso purtroppo che io non sappia (e non abbia) nulla delle qualità che occorrono a fabbricare un programma culturale televisivo interessante. Ma so (ed ho) certamente qualcuno dei difetti indispensabili. Proverò ad elencarli. I) Bisogna essere ignorami: solo un conduttore (o presentatore) veramente ignorante - e proporzionalmente interessato al contatto delle cose nuove - può trasmettere al pubblico la passione. l'eccitazione dell'apprendimento. Solo mantenendosi ignoranti non si daranno per scontati certi passaggi. certe notizie. certe informazioni. Perché non saranno scontati nemmeno per noi. Grave - e persistente - errore della Televisione di Stato quello di affidare la preparazione dei suoi programmi culturali a persone informate. a volta addirittura colte. Che sanno già tutto. Che hanno letto tutto. (A volte. si dà il caso. hanno anche già scritto tutto). Che snocciolano le informazioni cuitu• rali come i sacrestani di una volta biascicavano in chiesa le giaculatorie: senza che nessuno dei fedeli li sentisse. né si curasse di seguirli. Una certa dose di ignoranza in televisione dovrebbe addirittura essere imposta con la forza. Per esempio. una Commissione giudicatrice dovrebbe accertare che chi aspira a manipolare materiali culturali davanti al teleschermo ignora del tutto - e definitivamente - l'aggettivo «emblematico». Mediamente parlando. l'intellettuale chiamato a far cultura in televisione ritiene che si faccia cultura (o divulgazione culturale) in televisione dicendo che una certa tal cosa è «emblematica» di una certa qual altra. Ma l'aggettivo «emblematico» fa tanto male alle trasmissioni culturali quanto la peronospora alle viti. L'aggettivo «emblematico» usato dai presentatori culturali della televisione con la stessa irresponsabile leggerezza con cui gli agricoltori sfaticati irrorano di anticrittogamici le pesche. rivela in chi lo usa una ignoranza radicale (probabilmente irrimediabile) di ciò che la televisione è. Perché l'agget• tivo «emblematico» è il contrario dell'aggettivo «televisivo». In uno splendido vecchio libro (uno dei pochi. pochissimi libri di cui la

Commissione giudicatrice pretenderà la conoscenza dai candidati) Mario Praz spiega ciò che un «emblema> è. Un «emblema> è. almeno tendenzialmente. un disegno. un geroglifico. una figura. Che rappresenta direttamente ciò che vuol dire. Che non allude non accenna non rinvia ad altro. E invece «emblematico> viene usato io televisione proprio per rinviare. accennare. alludere ad altro. Ma la Televisione (non importa se di Stato. privata o pirata) non può rinviare. né accennare. oé alludere ad altro. Com'è scritto io tutti imanuali ad essa dedicati (particolarmente bene nel trattattello di René Berger). il linguaggio televisivo non è interessato dall'«arbitrario del segno>. Cioè. non può indicare la neve con tanti «segni> arbitrariamente diversi. «Neve> in italiano. «neige> io francese. «snow> in inglese. «Schnee> io tedesco. Sicccome è fatta di immagini e ooo di parole. o la TV ti dà l'immagine della neve (che è quella ll. che è quella che è) o ooo te la dà. O te la fa vedere. o non te la fa vedere. La televisione è come la legge. secondo il vecchio brocardo medievale: «ubi voluit. dixit>. Se la legge vuole imporre o proibire qualcosa. deve dirlo: esplicitamente. Se la televisione vuole dire qualcosa. deve mostrarlo. esplicitamente; non rinviare «emblematicamente> ad esso. Se tu hai qualcosa da comunicarmi. caro il mio presentatore (o curatore. o conduttore) televisivo. dillo. O altrimenti è meglio che tu taccia per sempre. Una volta accertata la presenza di questo difetto - l'ignoranza - che è io qualche modo riassuntivo. che è insomma (come dire? ma sia la prima e l'ultima volta) «emblematico> di tutti gli altri. la Commissione deve accertare la presenza del secondo: 2). Bisogna essere gravati da un robusto senso di colpa. E questo senso di colpa deve essere ugualmente vivo e palpitante io due direzioni: verso l'esterno, verso l'interno. All'esterno: nei confronti dei teleutenti io regola con il pagamento del canone (che ha - come è noto - una certa tendenza ad aumentare). È per loro che egli parla e produce. «conduce> o «presenta>. È per loro. non per i suoi colleghi: di Università. di scuola o di scuderia. Non per i trecentomila lettori (taglio attraverso le medie) della Repubblica, dell'Espresso, di Panorama. E nemmeno per i seicentomila lettori del Co"iere della Sera. E nemLa verità è due Devo a mia volta, ma senza apocalittici appelli, invitare Luperini a nuovi controlli, oltrea Roma e Firenze (anche a Firenze, però, sarà bene ritornare: fa Biblioteca Nazionale sembra possedere solo cinque numeri del Fanfulla tutti successivi al I 878) e, in particolare, a Pavia, dove LaBiblioteca Universitaria possiede, unica tra le Biblioteche lombarde, l'intera annata I 878 del Fanfulla. Qui potrà verificarel'esattezza e l'onestà dei dati da me forniti per Rosso Malpelo(v. G. Verga, Tutte le novelle. Milano, Mondadori, 1979 e Alfabeta. n. 15116, luglio-agosto 1980), non inventai~ dunque, con diabolica precisione filologica, né in alcun modo manipolati. Allego, intanto, Lefotocopie delle testate dei quattro numeri del 2 e del 4 agosto (due per ogni data: 208,209 per fa prima, 210, 21 I per La seconda) comi! documento incontestabile della mia verilà, chiedendo, qualora fosse ùnpossibile riprodurle, che il comitato direttivo e fa redazione me ne rendano testùnonianza attraverso fa pubblical.ione di questa lettera. Ma questa volta fa verità è pirandelfianamente multipla inperfetto parallelo con l'esistenza di molteplici esemplari d~li stessi numeri del Fanfulla. in lllltoidentici tranne che nelle date, risufmeno per i i... (ma quanti sono?) lettori di Alfabeta. Sono loro. questa massa immensa di impiegate. impiegati. sfaccendati. biscazzieri. salumieri. infermieri. geometri. chirurghi. camerieri. avventurieri e capitani d'industria. casalinghe e fattucchiere che pagano il canone. pagano anche lui. E bene che l'intellettuale assoldato dalla televisione si senta invadere da un certo senso di colpa nei loro confronti: a misura che non riesca ad interessarli. La cosa non può che essere produttiva. culturalmente parlando. La Commissione giudicatrice di cui sub 1)accerti dunque che questo senso di colpa c'è. Ed accerti poi che sia rivolto anche - e soprattutto - all'interno: «noli ire foras. in te ipsum redi. io interiore homioe habitat veritas». In verità. la verità che abita nel profondo del cuore dell'intellettuale medio non è una verità. è un pregiudizio: grosso e robusto come un cancro. Come i liberali conservatori dei primi del secolo di fronte al suffragio universale. essi temono che questa enorme massa deprima ilgusto. abbassi il livello medio delle aspettative. corrompa la cultura. Altrimenti. come spiegare il fatto che nei confronti della cuitura di massa (e del suffragio universale) l'iotellettuale ha preso tanto spesso delle «toppate>? Anzi: ha preso quasi sempre delle «tappate>. Anzi. il suo impulso primo. immediato. è sempre e soltanto quello della «tappata>. Un esempio. e una lettura d'obbligo: la «Préface,. a Mademoiseffe de Maupin di Théophile Gautier (1835). Persino in questo piccolo gioiello - di lucidità. di ardimento intellettuale. di eleganza. - la «toppata> c'è. e non è piccola. Gli intellettuali di oggi pensano (suvvia non lo neghino!) nel profondo del loro cuore che la TV corrompe il gusto della lettura. si oppone alla lettura dei giornali? Ebbene. Gautier pensa dei giornali del suo tempo (da poco «inventati>) ciò che gli intellettuali del nostro pensano della TV. «Le journal tue le livre. comme le livre a tué l'architecture>. Questa non la sapevamo. che il libro ha ucciso l'architettura. Ma sappiamo. dal prosieguo del discorso di Gautier che i giornali dovrebbero essere aboliti. E le notizie allora? Beh: le notizie dovrebbero essere diffuse da annunciatori a cavallo. con insegne e bandiere. Già. ma questi imbonitori. per polato forse di edizioni diverse del giornale o più semplicemente di diversa composizione delle testate. Il Fanfulla. come avevo già ricordato, usciva, non sistematicamente a numeri «doppi> (ovvero due numeri consecutivi con fastessa data, soprattutto in coincidenza con fa domenica); ora, estendendo l'indagine alfe altre annate si trova che sono anche qui numerosi e spesso cosl variamente distribuiti che neppure le stesse copie lombarde (v. Biblioteca del Risorgimento e Feltrineffi) corrispondono. Se qualcuno studierà mai i romanzi dell'appendice del Fanfulla sappia, ad esempio, che lepuntate I 7, I 8, I 9 di un raccontopubblicato nel I 877, Il marito di Livia di Luisa Saredo, per chi consulti il giornale a Pavia risultano edite domenica 18 febbraio (n. 45) e lunedì I 9 (nn. 46 e 47), per chi faccia altrettanto a Milano domenica 18 febbraio (nn. 45 e 46) e martedì 20 (n. 47). Proprio come Rosso Malpelo nella raccoltapavese risulta pubblicato il 2 e il 4 agosto, in quella romana dal 2 al 5. Certo viene da chiedersi, in tanta ottocentesca varietà, che date portavano per quei numeri gli esemplari parigini che il giornale annuncia in vendita al «Kiosko» (sic) 213, Boulevard des Capucines. Sarà un buon pretesto per vacanze intelligenti a Parigi? Carla Riccardi L'ultima moda: simulazione e impostura Marshaff McLuhan, Understanding Media. McGraw-Hilf Book Company, New York, 1964 (trad. ila/. di E. Capru,fo, Gli strumenti del comunicare. Il Saggiatore, Milano, 1967); Guy Debord, La société du spectacle. Paris, 1967 (ed. pirata ila/., 1974); Jean Baudrilfard, A !'ombre des majorités silencieuses ou la fin du socia!. Utopie, 1978 (trad. ila/. di M.G. Camici - P. La/li, All'ombra delle maggioranze silenziose ovvero la morte del sociale. Cappelli, Bofgona, 1978); °Jean Baudrilfard, Simulacri e impostura. Capter liberamente mostrare le insegne. disinvoltamente sventolare le bandiere. non cavalcheranno certamente «a pelo». Avranno bisogno di sella e speroni. Ma gli speroni non sono nati con il cavallo... Sono stati inventati e adottati tardi. molto tardi. Ora. a pensarci bene. è sicuro che l'invem:ione (e l'adozione) degli speroni non :ia ucciso la cavalleria. quella vera? Non era meglio prima. quando ... Eccetera. eccetera. Quando si comincia il discorso da questa parte. non si sa mai dove si andrà a finire. 3) Bisogna essere immaturi, nonché inferiori, regressivi, infami/i. Vale per la presenza televisiva la legge del comico. Per ridere. dobbiamo sentirci «superiori» a chi ci fa ridere. sia egli Totò. o Peter Sellers. o Macario o anche Woody Allen. Non bisogna intimidire il pubblico televisivo (specie quello che ha pagato il canone) con la propria mutria seriosa. Bisogna lusingarlo. vezzeggiarlo. ammiccargli richieste di complicità che possono essere anche (deliberatamente) vili: cercare la sua solidarietà contro le cose e le parole difficili. contro quegli intellettuali che la fanno così complicata ... E questo non per cedere ai suoi istinti peggiori. Al contrario. per dominarli. per dominarlo. È un «reculer pour mieux sauten. un prendere la rincorsa per saltare meglio. Come le mogli di un tempo che. ben sapendo in cuor loro di essere superiori all'uomo di casa (e grazie! quando mai la donna non è stata naturalmente superiore all'uomo?). ma tenute a fingere il contrario. comandavano facendo finta di essere comandate. «She stoops to conquer»: ella si piega. si umilia per conquistare. commedia inglese della Restaurazione (Oliver Goldsmith. 1773). è un altro dei pochissimi testi obbligatori per quest'esame. Se ci pensate bene la televisione. in una casa. è proprio come la moglie «antica>: intanto ci sta sempre; poi è sempre pronta ad essere accesa. attivata; poi appena accesa si mette a chiacchierare: e informa. smussa. consola. racconta. distrae ... B ). Ultima lettura suggerita. anzi calorosamente consigliata. quella delle annate dell'Unità e dell'Espresso. Per la ricerca degli articoli sulle comunicazioni di massa e sulla televisione. rispettivamente di Francesco Maselli e di Sergio Saviane. Indispensabili perché si tratta di pelli, Bologna 1980; Mario Pernio/a, La società dei simulacri. Cappelli, Bologna, 1980. «Gli astronomi guardano soltanto luci passate. Non esistono altre luci alle quali possano guardare. Questa luce passata di stelle estinte o remote fu emessa molto tempo fa e ci raggiunge solo ora• (G. Kubler). A 8, a 11, a 20, a 25 anni di distanza, in tutti i lavori sopra elencati (e altri) non una parola, e tuttavia... Gilnther Anders, Die Antiquiertheit des Menschen. Milnchen, 1956 (trad. ital. di Laura Daffapiccola, L'uomo è antiquato. li Saggiatore, Milano, I 963): n mondo come fantasma e come matrice. Cap. I - 11 mondo fornito a domicilio I. Nessun mezzo è soltanto un mezzo (p. 105); 2. Oggi il consumo di massa ha un andamento «solistico»; Ogni consumatore è un lavoratore a domicilio non stipendiato che coopera alla produzione di massa (p. 107); 3. La radio e lo schermo televisivo diventano il desco familiare di segno negativo; la famiglia diventa un pubblico in miniatura (p. I I O); 4. Gli apparecchi, togliendoci la parola, ci trasformano in minorenni e subordinati (p. 112); 5. Gli avvenimenti vengono a noi, non siamo noi ad andqre v_ersodi loro (p. 114); 6. Dato che il mondo ci è fornito in casa, non ne andiamo alfa scoperta; rùnaniamo privi di esperienza (p. 118); 7. Il mondo fornito in casa è un mondo familiarizzato (p. 120); 8. Le fonti dellafamiliariuazionel;'universodemocratico. Familiariuazione e caratteredi merce. Familiarizzazione e scienza (p. 124); 9. La «familiarizzazione» è una forma di mascheramento dell'alienazione stessa (p. 126); 10. Se l'alienazione sia ancora in sviluppo (p. 130). Cap. II - Il fantasma 11. Il rapporto uomo-mondo diventa unilaterale, il mondo, che non è presenchiarire un punto. anzi di definire un confine. Promuovendo l'ignoranza. che in qualche caso (nel nostro) è una virtù «funzionale». non si intende affatto incoraggiare l'analfabetismo (che è una mutilazione un difetto. sempre). E Francesco Maselli e Sergio Saviane sono due esempi perfetti. oltrettutto simpatici. si vorrebbe dire addirittura (se non fosse stato poco fa severamente proibito). «emblematici». di analfabetismo. Analfabeti non nel senso che non sappiano leggere e scrivere. Certo che sanno leggere e scrivere (quanto a far di conto. sinceramente non so). Analfabeti non nel senso che non leggono la rivista Alfabeta. La stanno leggendo. proprio in questo momento. Leggono -questa e tante altre riviste. E scrivono. scrivono e hanno tante altre virtù. Leggono e rileggono Proust. Thomas Mann. Joyce. Pavese e Kafka. Conoscono alla perfezione gli scritti senili di Ennio Aaiano e quelli giovanili di Marx. In che senso «analfabeti». allora? Nel senso che hanno letto tutti i libri. preso tutte le lauree. frequentato tutte le scuole. Meno - stranamente - la scuola elementare. Come sia accaduto. non saprei dire. ma cosi è. Se cosi non fosse saprebbero che la scuola elementare. dove appunto si combatte. si contrasta l'analfabetismo. ha - e non da oggi. ma sin dai tempi dell'Italia umbertina - una caratteristica essenziale al suo funzionamento. Deve essere una scuola dell'obbligo. Dell'obbligo: ·perché altrimenti a scuola. chi ci andrebbe? Nessuno. O perché non vuole (è il caso di Pinocchio) o perché non può (è il caso del pastorello sardo. protagonista di Padrepadrone. al quale ilpadre rammenta. autorevolmente. che lui a scuola non ci deve andare. deve andare a pascere le pecore). La scuola. finché si può. la si evita .. Ma chi ha veramente voglia di sedersi fra due banchi stretti a imparare le tabelline pitagoriche. quando ci sono tante altre cose più divertenti da fare? Però lo Stato. sapendo che la conoscenza delle tabelline pitagoriche è essenziale alla costruzione di quelle competenze che sono indispensabili al funzionamento della vita sociale. si veste d'autorità (fa benissimo a farlo). ed obbliga i genitori riottosi a mandare i figli fra i banchi della scuola dell'obbligo. Perfetto. pensano Francesco Maselte né assente, diventa un fantasma (p. 131); 12. Rappresentazione e oggetto rappresentato alla TV sono sincroni. La sincronia è la forma di atrofizzazione della presenza (p. I 33); I3. Digressione: Sguardo retrospettivo su una passione estinta. Chi disperde la propria auenzione abita soltanto nell'attimo presente. Gli apparecchi producono schizofrenia artificiale. L'individuo diventa un «divisum» (p. 1/6); I 4. Tutto quel che è reale diviene 'fantomatico, tutto quel che è fittizio diventa reale. Le nonne ingannate sferruzzano per i fantasmi e vengono educate all'idolatria (p. I 42); I 5. Le storie di spettri del giorno d'oggi: mondo fantasma e mondo si scontrano. Unfantasma ricattato (p. 147); 16. Con il suo piccolo formato la TV trasforma ogni avvenimento ir.una scena popolata di ninnoli (p. 150). Cap. III - La notizia 17. Teoria pragmatistica del giudizio: chi è informato è libero, poiché dispone di cose assenti; non è libero, in quanto, invece della cosa, riceve soltanto il suo predicato (p. 155); I 8. Le trasmissioni obliterano la differenza tra cosa e notizia. Sono giudizi camuffati (p. 158); I 9. Le merci sono giudizi mascherati, I fantasmi sono merci. I fa111asmisono giudizi mascherati (p. 160). Cap. IV - La matrice 20. li totale è meno vero della somma della veritàdellesue parti. La maschera realisticadei moduli fissi mira ad uniformare l'esperienza (p. 163); 2 I. La creazione dei bisogni. Le offerte sono i comandamenti del giorno d'oggi. Le mercisonoassetatenoi con loro (p. 169); 22. li primo assioma dell'ontologia economica: l'esemplare unico non è. Digressione sulla fotografia (p. 176); 23. Secondo assioma dell'ontologia economica: «Ciò che non si può utilizzare non è». 24. I fantasmi non sono soltanto matrici dell'esperienza del mondo, ma matrici del mondo stesso. La realtàconsiste nella riproduzione delle sue riproduzioni (p. 184). li e Sergio Saviane (e tutti cploro che essi «emblematicamente» rappresentano). Analogamente. la Televisione di Stato. sapendo quanto è importante presentare non Orietta Berti. ma Pavese e le sue Langhe. fa dei programmi in questo senso. Fa programmi seri. culturali. impegnati. Sì. ma chi dà alla Televisione di Stato l'autorità di mandare i carabinieri casa per casa ad accertare che i cittadini vedano il programma sulle Langhe di Pavese. invece di cambiare canale. o di spegnere il televisore. o di uscirsene addirittura di casa per tornare a riempire i cinema e le pizzerie. Chi? Ecco come la mancata frequentazione della scuola elementare fa un brutto scherzo agli intellettuali «emblematici» (chiamiamoli così) impedendo loro di vedere la differenza fra Scuola di Stato e Televisione di Stato. Che c'è. E non è piccola. Voglia o non voglia. la Televisione di Stato. se vuole imporre la visione dei suoi programmi culturali deve affrontare (e battere) la concorrenza delle alternative che il telespettatore ha a disposizione. Non è detto che non si possa fare. Si può fare. si può tentare. Non si può fare. non si può nemmeno tentare mandando sullo schermo un professore. pronto a raccontare che le Langhe sono «emblematiche» della condizione umana ... Non è detto che questo abbassi il livello. deprima la cultura. ecc. Questi sono pregiudizi da vecchio conservatore giolittiano (anzi. nemmeno: Giolitti il suffragio universale l'ha dato). La democrazia del suffragio universale non è meno ricca e meno nobile della democrazia ateniese del V secolo. Di cui peraltro sappiamo solo per sentito dire. Mica c'eravamo. Di certo sappiamo solo che c'erano gli schiavi. È semplicemente diversa. Funziona in modo diverso. Cerca di ottenere in modo diverso le stesse cose. E altrettanto si dica della comunicazione culturale fatta attraverso la televisione. Non è una lezione universitaria. Non ha lo stesso pubblico attento (anche perché già pensa all'esame). Non ha le stesse finalità. Non può avere la stessa struttura. Ma gli intellettuali «emblematici» (sarà anche perché hanno fatto tutte le scuole. meno quella elementare) queste cose elementari naturalmente non le sanno. Per questo è doveroso invitarli - con amorevole pazienza. come si fa con i bambini delle scuole elementari -. a pensarci. Cap. V - Un tuffo in questioni d'ordine più generale •Lasciatemi sembrare, fino a che non divento• (Mignon) «Lasciatemi diventare. fino a che non sembro• (A.) 25. Cinque conseguenze: li mondo è «su misura». Il mondo scompare. li mondo è post-ideologico. Vengono foggiati sempre soltanto quelli che sono già foggiati. L'esistenza in questo mondo non è libera (p. I 89); 26. La difesa tragicomica. L'uomo odierno si crea resistenze artificiali a scopo voluttuario (p. /94); 27. Ancora una volta: il reale come riproduzione delle sue riproduzioni. La metamorfosi dell'attrice V. in una riproduzione della sua riproduzione (p. I 98). «Non viviamo nell'età del surrealismo. ma in quella dello pseudo-realismo; nell'età dei camuffamenti. che si camuffa da età delle rivelazioni• (G. Anders). Dalla vitanella caverna (Platone, La Repubblica, VII, 514 e ss.) alla vita nellemetropoli (e non solo in queste) il passo è più corto di quanto non sembri: « ... ormai viviamo in un mondo per il quale non hanno valore il 'mondo' e l'esperienza del mondo, ma il fantasma del mondo e il consumo di fa111asmi: questa umanità è ora l'effettivo mondo contemporaneo con cui dobbiamo fare i conti» (Anders, p. I 1). Come affrontare e/o uscire da questa dimensione «medianica» (da· medium) questo è il grosso problema - oggi. L'indicazione di Platone non è che ci possaessered'aiuto, né mollo L'é• change symbolique o il valzer de la séduction di Baudrillard. Il nodo e la soluzione stanno forse nel sondare meglio la 'logica' e le possibilità del paradosso (il Mentitore: «io sto mentendo»), questo «vero eproprio tallone di Achille della nostra concezione logico-analitica-razionale' del mondo» (P. Watzlawick). Federico La Sala

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