Diaridoi Lo scenario 1979-80 S criviamo questa nota intorno al 1Oluglio. I tempi tecnici della rivista ci impongono di staccarci dalla stretta attualità e ci permettono di guardare con un po' di respiro ai dodici mesi trascorsi. Che cosa è mutato nella stampa italiana e nell'ambiente in cui opera? Un anno fa (Alfabeta, settembre 1979) cominciavamo così un bilancio dei primi sei mesi del 1979: «Gli editoriali di fine d'anno portano titoli sul 'riflusso' e sulla 'restaurazione'. In gennaio le prime pagine dei quotidiani sono dominate dalle stesse tematiche Calvi, Rizzoli, Agnelli: un nuovo capitolo del «romanzo italiano» . L'incriminazione, ai primi di luglio, del banchiere Roberto Calvi (truffa, false comunicazioni, illegale ripartizione degli utili, esportazione illegaledi capitali) si è inserita in una ragnatela di fatti che coinvolgono anche il gruppo Agnelli e il gruppo Rizzo/i. È un nuovo capitolo del «romanzo italiano»: ma questa volta lascia intravvedere i contorni della lotta fra le frazioni del capitalismo italiano, e, probabilmente, non solo italiano. I lati oscuri non mancano, ma ci sono anche molti indizi illuminanti. Riproduciamo qui un articolo di Giancarlo Coreano che sintetizza fatti e retroscena della vicenda, seguito da un articolo di interpretazione politica - di tono insolitamente duro - apparso sulle pagine economiche dell'Unità. Mani di velluto di Giancarlo Coreano (Il Manifesto, 9 luglio 1980). «Quando l'avvocato Gianni Agnelli, così misurato di solito, nei rapporti con i giornali che non sono suoi, ha sparato bordate pesanti contro ilgruppo Rizzo- /i e il settimanale economico Mondo, è cominciata la corsa alle supposizioni. Che cosa nasconde il blitz polemico del presidente della Fiat, subito dopo I' assemblea dei suoi azionisri, nei confronti del maggior gruppo editoriale italiano? Si è andati indietro nel tempo, almeno di un anno, quando sul Corriere.della Sera uscì un articolo in cui correva, non tanto sotterraneamente, l'accusa di manovre Fiat in borsa per mettere le mani sull'immobiliare Pesenti, in buoni affari con Roberto Calvi, amministratore delegato del Banco Ambrosiano. «Come è noto, l'Ambrosiano è una delle banche più esposta finanziariamente verso il gruppo Rizzo/i, tanto da contare parecchio nel consiglio di amministrazione di questa società. La Fiatsmentì seccamente qualsiasi tipo di interessamento sia per l'impero Pesenti sia per quello Rizzo/i, ma a dicembre, dopo altri movimenti pesanti in borsa sul titolo Fiat, si parlò di una partita decisiva in atto fra le due fazioni in campo in casa Rizzo/i: il vecchio ceppo manageriale, cioè la famiglia Rizzo/i e il direttore generale Bruno Tàssan Din, e i capi fila delle banche creditorie da Calvi a Berlusconi, da Prisco ad Ortolani. « Venne fuori, a livello di supposizione, che la Fiat, la quale vantava ancora un credito verso il gruppo e con un forte peso sulla linea economica delle maggiori testare Rizzo/i, era partita armi in mano contro l'area di influenza del Banco Ambrosiano utilizzando il buon rapporto con Tassan Din. Un periodo di bonaccia, caratterizzato dal- /' espliciro appoggio del Corriere della Sera allalineaAgnelli durantela bagarre per i 61 licenziamenti alla Fiat, poi l'improvvisa esplosione della bomba del Mondo. Il settimanale sparava in copertina una immagine della Fiat da far saltare i tavoli in corso Marconi: 8 mila miliardi di indebitamento, 500 miliardi di perdite nel solo 1979. Con una rapidità inconsueta, abbandonando il vecchio costume di lasciarperdere quando è al centro di chiacchiere e accuse, il presidente della Fiat respingeva che ritroviamo in testa alla gerarchia dell'intero semestre gennaio-giugno: la crisi politica interna, il terrorismo, la rivoluzione iraniana e le sue conseguenze (reali o pretestuose) sulla situazione energetica mondiale, il conflitto 'intersocialista' nella penisola indocinese. Lo scenario 1979 è già fissato nei suoi termini essenziali». Si potrebbe dire, da un certo punto di vista, che questi elementi dominanti nel gennaio del J 979 non solo hanno caratterizzato i sei mesi successivi, ma l'intero 1979 e permangono al centro dello scenario 1980. La lunga crisi di governo del 1979 è sfociata in agosto nell'amministraziol'attacco epassava a sua volta all'offensiva: dietro la 'sparata' del periodico milanese -affermava Agnelli -c'è una manovra speculativa al di là dei limiti dell'accettabilità. Si arrivava così alle querele per diffamazione grave, oggi di fronte alla magistratura. « Bisogna però, per avere un quadro meno approssimativo della situazione, tornare indietro di diecigiorni. Con l'uscita, cioè, sulla Repubblica di notizie allarmanti (o allarmistiche?) per l'Ambrosiano in relazione alla fuga del paDentro e fuori il cancello due. /azzinaro Genghini, il giornale romano scrivevacheGenghiniavevaun debito di 93,4 miliardi nei confronti della banca di Calvi, che presentava così una forte esposizione. Poi la Stampa pubblicava in prima pagina a quattro colonne lanotizia del ritiro del passaporto allo stesso Calvi. Circola voce che i due articoli erano in qualche modo ispirati da Torino per dare una lezione esemplare a un banchiere giudicato troppo intraprendente. «Si è aggiunto che muoversi contro Giornale dei Giornali ne Cossiga, segnando il passaggio dai governi di «unità nazionale» al neocentrosinistra. Il terrorismo è sempre al centro della scena, e le vicende tortuose dell'antiterrorismo (dal 7 aprile all'affare Peci-Donat-Cattin-Isman-Russomanno) assumono un rilievo crescente. La rivoluzione iraniana continua a costituire uno dei fattori decisivi delle relazioni internazionali. La «crisi energetica» n. 2 (fraudolentemente attribuita ai fatti iraniani) si è abbattuta sull'economia occidentale, dove, nel frattempo, la recessione partita dagli Stati Uniti si va allargando a macchia d'olio. Calvi vuol dire prendersela con Rizzo/i o almeno con il clan finanziario che lo controlla. E allora? Lo scontro FiarAmbrosiano porterebbe fra l'altro in superficie una lotta durissima in corso nel gruppo Rizzo/i, con Tassan Din in difficoltà insieme con la famiglia già interamente proprietaria, mentre il consorzio bancario - Calvi Ortolani soprattutto - si appresterebbe a gestire quasi rutto il potere facendo valere i suoi ingenti crediti, ipotizzaci secondo alcuni in centinaia di miliardi... ». Una matassa intricata dietro le accusealbanchiereCalvi di s.g. (L'Uni• tà, 5 luglio i 980). «Non è facile disrricarsi nella girandola dei pacchetti azionari, scalate e controscalate, sgambetti, finanziarie di comodo e società ombra fra i confini italiani, la Città del Varicano, Nassau, Vaduz e Panama in cui è sceneggiata la vicenda che ha portato alla incriminazione di Roberto Calvi. Ci sono di mezzo illeciti vari, guerre finanziarie condotte senza scrupoli,. esportazioni di La guerra cino-vietnamita è durata poco, pur lasciando strascichi nella penisola indocinese; ma il suo posto è stato preso dall'intervento sovietico in Afghanistan. Le malefatte del «socialismo reale» alimentano il nuovo clima di guerra fredda. Intanto è caduto anche il «mito> cubano e gli orfani ormai non si contano più. Il riflusso, annunciato· con grande clamore attorno al Capodanno del 1979, è disceso sulla terra ed abita fra di noi: si attende l'elezione di Reagan alla Presidenza degli Stati Uniti per completare lo scenario. I fatti e gli sviluppi che abbiamo finora ricordato forniscono uno schema valuta - quelle vecchie contestare ora dalla magistratura al preside/Ile del Banco Ambrosiano e quelle nuove pesantemellle insinuate, come manovre dirette contro la lira, dal Corriere della Sera, del gruppo Rizzo/i, certo non privo di 'debiti' verso l'asse Calvi-Pesenti, nei confro111di ella Fiat e non dissipate dalle smentite diramate da Torino. Ma probabilmente c'è sotto qualcosa di molto più grosso: una lotta a coltello in seno alle classi dominanti per ridisegnare l'assetto del potere economico. • « Calvi, e chi è legato con lui, è certamemeunodeibandoli-non è deuoche ve ne sia solo uno - di quesra matassa illlricata e ormai purule111a.Dire Calvi e Banco Ambrosiano significa tirare in ballo un intero impero bancario ed assicurarivo (con 'nomi' che vanno dalla Banca cattolica del Veneto al Credito Varesino, alla Toro assicurazioni di Torino, i111reccihe vanno dall'impero Pesenti alle finanze vaticane, 'album di famiglia' in cui figurano persino Sindona e il golpista Cavallo). Basta dare appena sufficiente ai futuri cbigini> di storia. Ma possono servire a qualche osservazione sul modo di informare della nostra stampa. Se è vero che lo scenario dell'ultimo anno e mezzo è rimasto stabile nei suoi tratti essenziali, allora ci si può aspettare che si indaghi per scoprire ciò che lo determina, i nessi che si istituiscono fra eventi apparentemente lontani fra loro. I diversi elementi dello scenario fanno parte di un quadro di interdipendenze da analizzare e da spiegare, oppure sono un cumulo di evenienze, di titoli in prima pagina collegati solo da qualche rapporto di banalità? Raccontare giorno per giorno i fatti, basta a far un'occhiata al consiglio di amministrazione della Centrale, la finanziaria che agisce da braccio secolare dell'Ambrosiano, per individuare i segni di una non casuale aggregazione. Ci sono il cementiere Carlo Pesenti, il 're della carta' Giovanni Fabbri, il leader dei pote111issimiindustriali bresciani del tondino Luigi Lucchini, Alberto Grandi, che ora è sì passato ai vertici dell' Eni, ma rappresentava il cordone ombelicale con la finanziaria Bastogi. « Di questo gruppo si è parlato come • di drappello di punta di una nuova 'lega lombarda', di 'santa alleanza' tra uomini e gruppi economici che hanno sempre operato sul versante più conservatore, quando non apertamente reazionario, dello schieramento finanziario e politico italiano. I soldi non puzzano, e quando ce ne sono in ballo tanti è anche facile che capiti di essere spregiudicati e di giocare su più tavoli. Ma questa, per intendersi, è stata l'anima del disegno politico che a cavallo tra lafine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70-all'indomani dell'autumw caldo e dellaspallata che esso aveva rappresentato - puntava sulle 'maggioranze silenziose', finanziava anche direttamente fascisti e formazioni di destra, tendeva a contrastare espegnere ogni apertura, anche 'tecnocratica' in seno alla Dc lombarda e a creare le condizioni per una pericolosissima convergenza tra le forze moderate e quelle apertamente reazionarie. « Da allora molta acqua è passatasotto i pomi. Non sono mai stati completamente dissipati i sospelli che questa geme avesse qualcosa a che fare con la grande epoca dell"eversione nera', così come non cessano di inquietare le 'voci' di qualche collegamento con il terrori- • smo 'rosso' e i suoi ancora imperscrutabili 'santuari'. Metodi ed obiettivi non possono più essere quelli di un decennio fa. Sulle ceneri dei potentati di un tempo -dei Sindona, degliArcaini, della 'vecchia' speculazione edilizia-sono nati e sono ingrassati nuovi imprenditori d'assalto, i nuovi 'Brambilla', i 'fenomeni' tipo Berlusconi. La Lombardia non è più solo 'proprietà privata' della Dc e delle sue correnti e quindi più ambiziose, più spericolate, più complesse sono diventate le ambizioni di manovra politica. Ma non può sfuggire qua1110questa 'lega lombarda' sia congeniale alla filosofia del 'preambolo'. «Il perdurare del conflitto con l'altro grande polo del potere economico lombardo e nazionale, la grande finanza 'laica' di cui la Banca Commerciale può rappresentare un simbolo; l'accentuarsi dei confliui di interessi con gruppi rivali sul piano finanziario come gli Agnelli - di cui la rissa Rizzo/i-Agnelli è un sintomo abbastanza vistoso - il fatto che anche i nuovi disegni e le nuovemanovreincontrinoostacolidifficili da sormontare nella durezza reale della crisi e nella combauività e forza, politica e sindacale, del movimento operaio, il fatto stesso che non sia facile mellere i morticini nell'armadio, stanno però ad indicare che non tutti i giochi sono fatti».
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