ze con la Casa Bianca; L'Unità, in prima. Tra Carter e Schmidt contrasto sugli euromissili. L'esistenza della lettera. datata 13giugno, è stata anticipata dal settimanale tedesco Stern che ne definisce «aspri» i toni; i portavoce di Bonn smentiscono che i toni siano «aspri» e li definisce «amichevoli e pratici». mentre il Dipartimento di Stato si affanna a dire che vi è completa sintonia fra Bonn e Washington sugli «euromissili». Si torna a parlare di «malintesi». Mà come nascono questi «malintesi»? È istruttivo analizzare la pagina degli esteri sulla Stampa del 18giugno. Un titolo di testa a cinque colonne annuncia: Carter diffida Schmidt dal trattare con Mosca un rinvio dell'installazione dei missili Nato; l'articolo stesso riferisce che la notizia è smentita a Bonn e «implicitamente» confermata alla Casa Bianca (in forma anonima). A fianco. un articolo da Bonn è intitolato U cancelliere smentisce divergenze con l'America; ma nel testo c'è una conferma, sebbene implicita: «Due sono le interpretazioni che si fanno a Bonn: tanto il messaggio quanto la soffiata allo Stern sarebbero opera dei 'falchi' di Washington riuniti intorno a Brzezinski. i quali avrebbero prevaricato il presidente; l'indiscrezione avrebbe avuto il duplice fine di ricordare e agli elettori americani e agli alleati che il direttore d'orchestra è sempre il capo della Casa Bianca». Ma la danza delle notizie ufficiose r.on è finita. Questa volta tocca a Schmidt prendere la penna per scrivere a Carter. chiedendo di incontrarlo a Venezia prima dei lavori del vertice. Pochissimi i giornali che dispongono della notizia. La Repubblica del 19 titola in prima pagina Schmidt replica agli Usa sol suo viaggio a Mosca e il Corriere. in quinta. Schmidt ha chiesto a Carter un incontro chiarificatore; entrambi i giornali parlano di «irritazione» espressa nel messaggio. a proposito della precedente lettera di Carter. la cui responsabilità Schmidt addossa a Brzezinski. scrive il Corriere. Sono i giorni del soggiorno romano del presidente Usa. Le notizie seminascoste e semicomprensibili che segnalano l'effettiva dinamica politica in seno all'alleanza atlantica. cedono ora il passo ai titoli stentorei. Su una cosa tutti i giornali sembrano d'accordo: sull'allineamento italiano con gli Stati Uniti. vuoi per deplorarlo. vuoi per lodarlo. Ma Venezia incalza; già sabato 21 c'è l'atteso «incontro chiarificatore» fra il presidente americano e il cancelliere tedesco. La Repubblica dice Cartere Schmidt adesso sono più vicini. ma La Stampa parla di difficile incontro. L'attenzione si polarizza subito sul messaggio che Giscard annuncia di aver ricevuto da Breznev; poco dopo la stessa agenzia di stampa sovietica Tass annuncia un parziale ritiro di truppe dall'Afghanistan. Ciò toglie d'imbarazzo anche la stampa. che il 23 può annunciare che i Sette sono uniti nell'esigere il ritiro «completo e permanente» delle truppe sovietiche. Il 24 il salmo finisce in gloria: i titoli sono quasi tutti per il «nuovo piano energetico varato dai 'Sette Grandi'») (Il Tempo). per l'Occidente che intende «ridurre del 13 per cento in 10 anni la sua dipendenza dal petrolio» (Il Messaggero). per «l'austerità e carbone contro il ricatto del petrolio» (La Stampa). per «la sfida al ricatto del petrolio» (li Giornale). per le «misure anti-inflazione del vertice» ( li Giorno). In realtà le decisioni economiche del vertice sono poco più di aria fritta e costituiscono solo la ripetizione di giaculatorie già udite nei vertici precedenti. che più di questo avevano dato spazio ai problemi dell'economia. Solo pochi quotidiani hanno il coraggio di titolare sull'autentico nocciolo del meeting veneziano. unanimemente individuato nei problemi politici verso l'Est e verso il Medio Oriente. I giornali dei partiti di governo non temono di azzardare i toni ottimistici: Venezia riavvicina i Sette (Avat11i!); Venezia: Occidente più unito (Il Popolo). Il Corriere della Sera è più prudente e parla di Faticoso accordo per un dialogo unitario con l'Est. Decisamente «cattiva» la titolazione della Repubblica: Carternon convince l'Europa/È più saldo dopo Venezia l'asse fra Giscard e Schmidt/U cancelliere proporrà al Cremlino la moratoria nucleare. Su una linea non distante L'Unità che già il 23 apriva cosi la prima pagina: Una sola·via: il negoziato e che il 24 annuncia che A Venezia Giulia Niccolai solo Cossiga ha «marciato». Ma i colpi di scena non sono finiti: il 24. da Belgrado. è lo stesso Carter a giocare un tiro ai settori più oltranzisti dell'atlantismo. dicendosi pronto a esaminare un «accordo di transizione» per l'Afghanistan se le truppe russe si ritireranno. Apparentemente, il segnale di Mosca. con il ritiro di qualche unità dal territorio afghano. ha avviato qualcosa di simile a quel processo politico per una soluzione negoziata del problema afghano che è da sempre negli auspici di Schmidt e di Giscard. Il tanto biasimato incontro fra Breznev e Giscard a Varsavia potrebbe essere all'origine di questi sviluppi. È il risultato di una «divisione del lavoro» fra gli alleati atlantici. al di sotto delle divergenze? È il segno che la politica europea è ormai in grado di «trainare,. quella. ormai bloccata. dell'amministrazione Carter? Il 25. mentre i giornali riferiscono della nuova svolta. il Corriere della Sera fornisce l'ultimo colpo di scena. Ecco il titolo che apre la prima pagina: Si parla di una carta segreta di Breznev: la proposta di riunificare le due Germanie. Il Corriere non ha fatto altro che raccogliere questa notizia dal quotidiano tedesco Siiddeutsche Zeitung. il quale l'avrebbe a sua volta raccolta dal portavoce di Carter. Jody Powell. Sarebbe questo il fatto clamoroso che avrebbe spinto il presidente Agnelli attacca la politica di Carter Gianni Agnelli ha scritto sulla rivista americana Foreign Affairs, precisamente sul numero dell'estate 1980, un articolo, poi parzialmente tradouo in Italiano da L'Europeo (n. 26, datato 24 giugno). Foreign Affairs è organo del potentissimo Council on Foreign Relations. Stranamente, la presa di posizione assai netta dell'avvocato Agnelli, pur riferita da alcuni quotidiani, non ha mosso i commenti che altre volte hanno accompagnato le sortite del presidente della Fiat, nonostante apparisse come una chiave di lettura assai utile e tempestiva delle tempestose relazioni euro-americane. Eccone qualche brano più significativo, nella traduzione de L'Europeo. «( .. .) Stati Uniti e Unione Sovietica sono zone economiche di dimensioni cot11inentali,ricche di materie prime e di fonti d'energia, con una bassa densità di popolazione e un alto grado di awosufficienza economica. Per i paesi europei, invece, il commercio con l'estero costituisce una quota del prodotto interno lordo molto importante. L'Europa e il Giappone hanno bisogno di materie prime e risorse energetiche, I' Urss di tecnologie avanzate e di prodotti industriali; ciò determina fra queste economie condizioni di complementarietà che non esistono, nella stessa misura, fra le economie americana e sovietica. Di fatto lo sviluppo dei legami commerciali è stato assai più forte fra l'Urss e le potenze medie de/l'Occidente, in particolare Germania, Giap-" pone, Italia e Francia, che non fra le due superpotenze (...)». «( ... ) Un preciso esempio delle preoccupazioni di carattere politico è stata la decisione degli Usa e del Giapamericano a scrivere la sua famosa lettera a Schmidt. non il problema degli euromissili. Il 26 li Giornale riferisce che il portavoce del governo federale ha definito «fantasticherie» le notizie riportate dal Corriere della Sera. Alla fine di questa sintesi. pur sommaria. possiamo tentare di rispondere alle domande poste all'inizio. Quale «mappa» emerge nella stampa italiana? Fra i quotidiani «indipendenti», La Repubblica appare sempre più apertamente come il paladinp del «partito europeo»; in particolare la continua attenzione verso la politica di Schmidt e gli editoriali di Scalfari qualificano una linea sempre più critica verso gli Stati Uniti. sia sul terreno economico. sia sul terreno politico. Da ricordare i titoli sferzanti durante la visita di Carter a Roma, che hanno ribadito l'epiteto di «Bulgaria della Nato» coniato per l'Italia (per l'Italia di Cossìga in particolare). Nel commento Fedeltà americana o vocazione all'autonomia?, scritto il 20 mentre Carter era a Roma. Scalfari affermava: «Attorno all'intesa Parigi-Bonn sta nascendo per la prima volta una questione europea vera e propria. cioè una politica economica. una politica estera e_.in prospettiva. una politica militare europea. non necessariamente contrastanti. ma certo distinte dalla strategia dell'impero americano». L'Italia si comporta come il «bulgaro delpone di non collaborare con l' Urssnello sviluppo del grande potenziale di giacimenti di petrolio egas della Siberia orientale. Non voglio criticare lapolitica americana in que~'occasione, ma mi pare che il tempo abbia dimostrato che l'affare siberiano poteva esserepositivo dal punto di vista degli interessi sia americani sia occidentali in generale. Se fosse stato portato avanti, oggi sarebbe meno forte lapressione esercitata dal/' Urssper l'accesso, con metodi più o meno pacifici, al petrolio del Medio Oriente. Certo l'impresa presentava grossi rischi, sia politici sia economici, a causa dei 12 mJliardi di dollari che dovevano essere investiti nel progetto; ma la volontà politica dell'Occidente avrebbe dovuto avere la meglio su miopi considerazioni economiche, quali il presunto crollo dei prezzi internazionali del petrolio. Sono convinto che il fallimento dell'affare siberiano sia stato una grande perdita per la pace nel mondo ... ». <<.. Sulla base della mia direi/a esperienza in questo campo, e della mia concreta conoscenza di fatti e persone, io ritengo che, nell'insieme ed entro certi limiti, il commercio con l'Occidente incoraggi a crescere ali'interno della società soyietica di forze e punti di vista che si orientano naturalmente verso la ricerca di rapporti più pacifici con i( resto del mondo. Non è difficile identificare, in seno alla gerarchia del potere sovietico, quei gruppi economici e tecnocratici che tendono a rafforzare i legami con l'Occidente per ragioni economiche, allo scopo di sviluppare la tecnologia sovietica epiù in generale di compensare le carenze e le arretratezze economiche del/' Urss. Se queste persola Nato». ma ormai tutte le forze politiche devono fare i conti con la dissociazione fra i due termini tradizionali della politica estera italiana: fedeltà atlantica ed unità europea. «La posizione più difficile è quella dei socialisti. mentre il Pci punta ormai sull'europeismo tutte le sue carte revisionistiche. Che faranno adesso i socialisti ... si orienteranno verso il polo americano o verso quello europeo?» La Repubblica stessa aveva in qualche modo risposto il giorno prima, quando aveva titolato in prima· pagina: La CasaBianca puntasull'ascesa di Craxi. Se la posizione di Repubblica è ormai consolidata da tempo, le cautele e le arrampicate sugli specchi che aveva.mo osservato nella Stampa si sono andate intensificando, ma con un segno sempre più chiaro: quello che indica l'Europa. Per chi avesse qualche dubbio sulla nostra diagnosi, non resta che leggere l'editoriale non firmato (uno dei pochissimi apparsi nell'attuale gestione) pubblicato il 19 giugno, il giorno stesso dell'arrivo di Carter a Roma. Intitolato I due partiti, è di una chiarezza appena velata da qualche formula retorica. «C'è un fatto nuovo - vi si legge - ed è che si è incrinato o 1 appannato, dietro i problemi e le complicazioni delle due rive dell' Atlantico. quello sfondo rassicurante di un'alleanza europeo-americana compatta e solida. Ora. come risultato di molti ne e questi gruppi hanno un'influenza sulla politica sovietica (e probabilmente ce l'hanno), essa non può che essere tesa verso la distensione e la pace...». « ... In conclusione: un'Unione Sovieticariccasarebbe più motivata a non rischiare il suo nuovo benessere in un confronto con l'Occid,_ente.La rottura dei rapporti economici Est-Ovest indebolirebbe le forze politiche che sostengono la distensione e la collaborazione. I falchi sovietici perseguirebbero ancor più le loro politiche espansionistiche come unica soluzione per i problemi economici de/I'Urss. La scelta su cui si ricadrebbe sarebbe: armi, non commercio, come strumento di realizzazione. delle ambizioni ideologiche del1' Urss...». «... Data la diversa importanza che il commercio con il blocco sovietico riveste per i vari paesi occidentali, non è opportuno che i mutamenti di politica siano decisi unilateralmente da singoli membri dell'alleanza occidentale, senza previa consultazione e previo accordo fra tuui i paesi interessati. Oggi non sembra che esistano gli strumenti politici atti a garantire questo nuovo tipo di coordinamento delle politiche. E non è pensabile che il vuoto possa essere riempito solo dagli industriali. Le azioni unilaterali di qualsiasi genere che meuono gli altri di fronte al fallo compiuto e a una apparente scelta fra «lealtà» e «interessi vitali»_sonopericolose per l'unità dell'alleanza occidentale. La mancanza di una strategia del/'Occidente è oggi evidente. Finché questa sarà la situazione, la prima a beneficiarne sarà l'Unione Sovietica... ». avvenimenti politici, economici e militari, la stessa alleanza atlantica è diventata un problema.( ...) Ma la divaricazione era in atto da tempo: almeno dalla guerra del Kippur (1973) e dalla conseguente crisi petrolifera, tra i tenaci appelli americani a fare un fronte unito dei consumatori e le altrettanto tenaci propensioni europee a cercare dialoghi privilegiati con i produttori arabi. Poi la crisi del 'consenso atlantico' (elusa, bandita, compressa) si è accelerata in quest'ultimo anno, anzi in questi ultimi otto o nove mesi, durante i quali l'Europa occidentale ha subjto, come mai prima, le contemporanee spinte e controspinte delle due superpotenze ...Poiché tutto ciò ha portato. com'era irievitabile, a dispute anche accese, è invalso l'uso di distinguere, da questa parte dell'Atlantico e anche in Italia, un 'partito americano' e un 'partito europeo'. li primo sarebbe per dire sempre di sl ali' America o per considerare comunque e sempre prevalenti le ragioni generali della solidarietà su quelle del dissenso e della discussione. li secondo tenderebbe invece ad affermare, gradualmente ma irreversibilmente, l'autonomia dei punti di vista e degli interessi europei. Cosi formulata la distinzione, è chiaro a chi dovrebbero andare le preferenze. Chi non è per l'autonomia dell'Europa? Ma bisogna intendersi. Certo alcuni errori americani degli ul.timitempi sono apparsi sconcertanti, alcuni comportamenti di Washington, non preannunciati agli alleati, hanno messo a dura prova il filo-americanismo più radicato. Ed è sacrosanto il tentativo europeo di far capire agli Stati Uniti che una differenziazione di ruoli e di approcci, soprattutto verso il Terzo Mondo, è ormai indispensabile. Si può affermare che, come ogni processo di autonomia, quello dell'Europa deve scontare un certo tasso di conflittualità con il maggiore alleato». Il senso di questa citazione può esser chiarito ancor meglio leggendo l'im- • provviso articolo sulla prestigiosa rivista americana ForeignAffairs, firmato personalmente da Gianni Agnelli (ne diamo alcuni brani in riquadro). Certo è facile affermare che gli interessi industriali della Fiat in Urss spingono inevitabilmente verso la Ostpolitik del cancelliere Schmidt. Ma sono altrettanto noti i legami finanziari e politici che collegano gli Agnelli ai grandi gruppi americani, Rockefeller in testa. Iscriversi al «partito europeo» non è una scelta indolore per la famiglia Agnelli, né può essere una decisione presa alla leggera: come si è visto, giunge a «scontare un certo tasso di conflittualità col maggiore alleato». Ciò che appare certo è l'allineamento gruppo Agnelli-La Stampa-La Repubblica-L'Unità (Pci), in campo internazionale. Se è facile individuare la spina dorsale del partito «europeo» non è altrettanto facile individuare i contorni del partito «americano». Certo, li Giornale non manca una occasione per riaffermare il suo filo-americanismo. Ma per tutte le altre testate «indipendenti» nazionali le dosi si complicano, a cominciare dal Corriere della Sera. Un certo slittamento generale verso l'asse fra Dc (preambolista) e Psi (craxiano) rimane tutto da verificare e da analizzare meglio nella sua struttura. Ma le domande sugli schieramenti nella stampa e nello scacchiere politico italiano, fra partito «americano» ed «europeo». restano vaghe e indeterminate se non si risponde alla domanda di fondo sulla natura «tattica» o «strutturale» del contrasto Stati UnitiEuropa. L'analisi dei recenti avvenimenti di giugno fornisce elementi contraddittori. A tratti emerge una lotta sotterranea di rara violenza, che lascia supporre contrasti di interesse insanabili. A tratti sembra che il ruolo di qualche personaggio, anche se certo non isolato, come Brzezinski, basti a creare la maggior parte dei problemi e che, in realtà, l'amministrazione Carter soffra di uno stallo elettorale, senza il quale potrebbe giovarsi di una «divisione del lavoro» con gli Europei. Ma gli Stati Uniti, dopo le elezioni di novembre, saranno pronti ad accettare questa «divisione del lavoro», che implica una divisione di mercati e di potere? Lasciando per il momento aperti questi interrogativi, vale la pena di prendere atto degli argomenti che un recente articolo di Le Monde Diplomatique ha portato a favore della tesi di una lotta economica fra Usa e Europa sempre più acuta, destinata a risolversi in una lotta politica sempre più aperta (vedi riquadro). (
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==