Alfabeta - anno II - n. 15/16 - lug.-ago. 1980

Da un vertice all'altro A vevamo terminato il Giornale dei Giornali di maggio mentre giungevano le prime notizie del fallito raid americano in Iran. La questione iraniana aveva fatto emergere drammaticamente alla luce del sole il conflitto di interessi fra Stati Uniti ed Europa; si aveva ben ragione di credere che l'Iran fosse solo uno dei numerosi punti di attrito in seno all'alleanza occidentale. I due recenti vertici veneziani - quello dei Nove della Cee e quello dei Sette maggiori paesi industriali del campo occidentale - hanno costituito un nuovo banco di prova per misurare l'entità delle divergenze. Del resto, i due mesi trascorsi dal raid fallito non avevano mancato di portare nuovi elementi di contrasto. Le dimissioni di Vance, annunciate dopo il raid, mostravano che il punto di vista europeo trova importanti corrispondenze oltreatlantico, tanto importanti da imporre a Carter la scelta del «moderato» Muskie come successore alla guida della politica estera del- !' Amministrazione. L'improvviso incontro di Varsavia fra Giscard e Breznev sottolineava che in Europa non tutti sono disposti a lasciare l'iniziativa all'alleato americano, né a farsi condizionare totalmente da questo nei rapporti con i paesi del blocco orientale. Giungeva intanto la conferma del viaggio di Schmidt a Mosca, dove il cancelliere, pur con molte sfumature, non nascondeva più la propria volontà di aprire un negoziato per arrestare la corsa agli «euromissili». Né costituiva mistero il fatto che la Cee avrebbe fatto sentire alla riunione di Venezia la sua voce anche sulla situazione in Medio Oriente e sulla questione palestinese, sulle tracce della politica di Giscard, palesemente alternativa alla politica di Carter vincolata al negoziato israelo-egiziano di Camp David. In sostanza. non vi era un solo punto caldo dello scenario internazionale dove Usa ed Europa (quest'ultima sotto la spinta del tandem GiscardSchmidt) non si opponessero più o meno apertamente. Due sono le domande principali che possiamo porre all'analisi della stampa. La prima riguarda l'atteggiamento della stampa italiana. considerata come indice della posizione delle forze politico-economiche retrostanti. Già in occasione del numero su Stari uniti, Europa, Iran già citato, avevamo potuto notare l'imbarazzo e il disorientamento di una stampa poco abituata, fra atlantismo e conclamata vocazione europeista, a sviluppare una diagnosi critica e una visione politica autonoma. Sotto la superficie di questo imbarazzo, tuttavia, si osservava - dove chiaramente. dove fra le righe - una inevitabile polarizzazione fra «partito europeo» e «partito americano». I vertici di Venezia offrono ora l'occasione di una verifica di quanto allora osservato. La seconda domanda, certamente più difficile, riguarda il divario fra la natura effettiva del contrasto euroamericano e il modo di percepirlo e rappresentarlo che si riscontra nella stampa. Si tratta, come molti sostengono, di una di quelle parentesi di frizione «marginale» che inevitabilmente costellano la vita di una «libera alleanza»? Oppure la crisi euro-americana ha radici strutturali ed è inevitabilmente destinata ad aggravarsi? Per rispondere a queste domande, cominciamo ·a ripercorrere il diario della stampa da un vertice all'altro. È necessario partire qualche giorno a monte del vertice della Cee, precisamente dal 10 giugno quando a Washington c'è il primo incontro fra il ministro degli Esteri Colombo e il segretario del Dipartimento di Stato Muskie. In Italia sono appena stati resi noti i risultati delle elezioni amministrative. Il governo Cossiga sembra esserne uscito rafforzato. Cossiga sarà anche il presidente di turno della riunione Cee. Carter sarà in visita a Roma alla vigilia del vertice dei Sette paesi industriali. La fedeltà atlantica dell'alleato italiano fornisce un terreno di contatto prezioso agli americani. La Repubblica titola una corrispondenza di Brancoli Washington fa leva su Colombo per smussare i contrasti con la Cee ( 11 giugno). Brancoli cita l'agenzia Associated Press. secondo cui Carter avrebbe preferito addirittura rinviare il vertice veneziano «perché ci si rende conto che la divaricazione esistente può rendere controproducente il summit». Così Carter non sarebbe ostile a una iniziativa dell'Italia, paese Vertici ad,;Gienezia A cura di Index-Archivio Critico del/' Informazione. ospitante, per un rinvio. Tuttavia il rinvio non farebbe che palesare ulteriormente il dissidio atlantico, ciò che non può essere gradito a un presidente impegnato nella lotta elettorale. In alternativa, gli italiani potrebbero intervenire presso i partners europei per frenare l'attivismo: « Per la Casa Bianca - scrive Brancoli- si tratta essenzialmente di superare questo periodo con il minimo di danno, salvando il salvabile ...>. Anche l'Avanti! titola quel giorno Voci insistenti di un rinvio del vertice a sette. Ma altri giornali raccolgono indicazioni diverse. Il Giorno parla di Schiarita in vista Usa-Cee, e il Giornale afferma: Rientrano le preoccupazioni Usa per il passo Cee sul Medio Oriente, mentre Il Messaggero titola Muskie: è controproducente l'iniziativa Cee sul M.O. Il 12, all'indomani dell'incontro fra Colombo e Carter, i toni ottimisti si generalizzano. Lo stesso Messaggero titola ora: M.O. - sfumate le divergenze sull'iniziativa europea; Il Tempo ribadisce Incontro Carter-Colombo: superati i malintesi sul M.O. e La Stampa rincalza con Colombo ha chiarito in Usa i malintesi euro-americani. Compare qui uno dei vocaboli chiave della stampa di questo periodo: «malintesi». Europei ed americani non hanno interessi divergenti ed obiettivi diversi, semplicemente «non si capiscono». Così ogni incontro viene via via presentato come superamento dei «malintesi». In verità, diversi titoli rimangono ad indicare la permanenza di un certo nervosismo. Secondo La Repubblica è Ancora aperto il contrasto con gli Usa circa la posizione europea verso il problema palestinese. Il 12si apre il «vertice» Cee a Venezia. Il 13 i titoli di prima pagina mettono quasi tutti l'accento sulle divisioni tra i ove sul problema palestinese. Secondo Il Giornale, Giscardminaccia la rottura con la Cee per forzarla a riconoscere i palestinesi; secondo· Il Messaggero ci sono Contrasti fra i Nove ma passerà la linea Usa. La Repubblica parla di Un asse Schmidt-Giscard - Più autonomia da Carter e aggiunge Ma per ora Cossiga non vuole impegnarsi. Al di là delle previsioni. è facile constatare che l'esito è tutt'altro che scontato. Gli europei dovranno tenere conto dei moniti di Carter: già il 31 maggio il presidente Usa aveva detto a tutte lettere di essere pronto a usare il diritto di veto. se l'Europa avesse portato al Consiglio di Sicurezza dell'ONU una proposta tendente a modificare le precedenti deliberazioni delle Nazioni Unite sul problema palestinese. Ma né Giscard né Schmidt possono rinunciare ad una impostazione politica almeno diversa. se non contraria. alla linea che Carter sta perseguendo dopo gli accordi di Camp David. Il 13 i Nove raggiungono l'accordo su un calibratissimo documento che, tuttavia. afferma con chiarezza due cose fondamentali: il problema dei palestinesi non è un problema di «rifugiati» (come sostiene la famosa risoluzione 242 dell'Onu, cara a Israele e agli Stati Uniti) e l'Olp deve essere «associato» al negoziato (il vocabolo è scelto con cura: «partecipare» avrebbe avuto un senso troppo forte). In sostanza. dicono i Nove, l'Olp deve riconoscere Israele e simultaneamente Israele deve riconoscere il diritto all'autodeterminazione dei palestinesi. Inizia subito la danza delle reazioni diplomatiche e delle relative interpretazioni della stampa. Vale la pena di seguirla da vicino sui quotidiani del I 4 giugno. Corriere della Sera. Nel suo articolo Frescobaldi mette in rilievo che Cossiga. nella presentazione del testo alla stampa. «ha fatto di tutto per togliere alla dichiarazione della Cee sul Medio Oriente qualunque carattere polemico e di iniziativa concorrenziale verso altri tentativi di approdare a una risoluzione del conflitto medio-orientale. In particolare ... non come una alternativa agli sforzi compiuti verso lo stesso fine dagli Stati Uniti sotto il cappello della cosiddetta 'formula di Camp David'». Qui si aggiunge che la missione di Colombo operava in tal senso. E infatti il segretario di Stato Muskie. commentando a caldo il documento della Cee, comincia proprio dalla dichiarazione di Cossiga, di cui si dice «particolarmente compiaciuto». Ma lo stesso Frescobaldi scrive: «vale la pena di aggiungere. in contrasto con voci fatte circolare. che si sono battuti Verso una guerra fra Stati Uniti e Europa? Le Monde Diplomatique ha pubblicato nel suo numero di giugno un lungo articolo di Paul Chamsol, Les contradictions au sein de l'alliance atlantiq~e, ben documentato sul retroterra economico delle tensioni fra Europa e Stati Uniti, aspetto che solitamente la stampa italiana trascura sistematicame111enell'analisi dei problemi politici che si presentar.o via via. Per quanto non esente da pecche (qua e là sembrano emergere alcune incoerenze interpretative), l'articolo permette viceversa di tracciare un robusto quadro delle contraddizioni «strutturali» fra gli alleati atlantici, tale da autorizzare ipotesi estreme sulla loro dinamica futura. li punto di partenza della ricostruzione di Chamsol è dato dallapresenza sempre più aggressiva dell'industria della Germania Federale sui mercati internazionali e sul modo con cui l'economia tedesca ha reagito allo «choc petrolifero» del '73-'74 e alla conseguente recessione economica mondiale. Chamsol ricorda che nel 1977 la Rft si è assicurata il 42 per cento del mercato mondiale dei beni d'investimento, contro il I O per cento degli Stati Uniti. L'autore non teme di affermare esplicitamente, come sempre più spesso emerge nella letteratura specializzata, che la «crisi petrolifera» e la conseguente depressione della metà degli anni Settanta è stata pilotata dagli Stati Uniti per imporre un arresto alla pre: senza sempre più aggressiva dell'economia europea, soprattutto di quella tedesca. L'aumemo del prezzo del petrolio, vertiginoso ed improvviso, scrive Chamsol, avrebbe potlllo annullare la doppia avanzata della Rft ne/l'espansione commerciale e nella accumulazione di riserve monetarie: «Non avendo né petrolio, né materie prime, la Rft non avrebbe dovuto dilapidare le proprie riserve per pagare i nuovi prezzi? Così, le riserve tedesche sarebbero state trasferite rapidamente alle compagnie petrolifere e minerarie americane e britanniche, così come aipaesi dell'Opec e ad altri paesi del terzo mondo, fra cui molti avrebbero dislocato i propri fondi a Londra o a New York» Infine le esportazioni tedesche, più care, avrebbero trovato difficoltà a mamenersi sia sui mercati europei (salassati dal rincaro petrolifero) sia sui mercati del Terzo Mondo, che sarebbero ritornati a oriemarsi verso i rradizionali fornitori anglosassoni. Ma l'economia tedesca ha reagito molto meglio del previsto, conservando le sue posizioni in Europa e puntando tutte le sue carte sui paesi dell'Opec, dove ha conseguito sbocchi sempre più vasti:già nel 1978 la Rft aveva un attivo commerciale di 5 miliardi di marchi nei confronti dei paesi Opec. Per contro, gli Stati Uniti, che all'inizio degli anni Sessa/I/a erano il primo partner commerciale della Rft, incidendo per l' JJ per cemo del suo imerscambio, allafine degli anni Settanta incidevano solo per il 7 per cento, scendendo al sesto posto. «Attraverso il mutamento di centro delle sue esportazioni, la Rft tracciaattorno a sé un cerchio -l'Europa industriale, e il suo mercato, il Vicino Oriente e il suo petrolio - di una grande portata geopolitica. Aggiungendo l'Africa e le sue materie prime, si riuniranno in un insieme geograficamente coerente tu/ti gli ingredienti di una superpotenza economica a parte intera». Il Sistema Monetario Europeo è la ratifica dell'alleanza dei grandi gruppi europei auorno alla Rft, per stabilizzare i prezzi di mercato e le politiche sociali. Insomma, il tentativo anglo-americano non solo è fallito, ma ha provo-· cato una crescente unione europea e mediorientale auomo alla Germania. A questo pumo agli Usanon rimanevano che due strumenti: ricorrere nuovamente all'arma del petrolio e della recessione, come hanno fatto effeuivaa Venezia perché essa (dichiarazione) conservasse appunto il suo carattere. non solo i rappresentanti francesi, ma anche quelli, italiani, inglesi ed altri. In pratica le resistenze sono venute soltanto da olandesi e danesi>; e poco dopo: «Fonti diplomatiche... hanno espresso l'opinione che nonostante la cautela con cui i Nove hanno condito il loro linguaggio 'Camp David non esiste più'>. Dunque è vero tutto e il contrario di tutto. Il Giornale. Il titolo di prima pagina è netto: Gisard ha imposto la s112linea: l'Europa riconosce di fatto l'Olp. Giscard riparte «da vincitore>; «l'Europa_in pratica scavalca gli accordi di Camp David» e riconosce l'organizzazione che pochi giorni fa. attraverso Al Fatah, ha ribadito di volere la distruzione di Israele. La Stampa. Il titolo di testa mette in evidenza, oltre al documento sul Medio Oriente, il Duro documento sull'invasione afghana, in un evidente tentativo di recuperare un significato «atlantico» alle decisioni dei Nove. Il commento di Paolo Garimberti è intitolato L'Europa ritrova l'unità politica? La risposta è positiva, a favore di una «responsabilità autonoma per l'Europa nel gioco delle grandi potenze>. nel quadro di una spregiudicata «divisione del lavoro> con gli Stati Uniti. Le cautele del Giorno. del Messaggero e del Tempo si affiancano a quelle dell'Avanti! e. soprattutto, del Popolo, il quale dà meno rilievo alle decisioni dei Nove che ai lavori della direzione Dc e giunge a questa poco entusiasmante titolazione: L'Europa intende contribuirealla pace nel Medio Oriente. con il sibillino «occhiello> Deciso al vertice di Venezia l'invio di una mi,;. sione diplomatica per perfezionare la linea Cee. Non è difficile pensare che Dc e Psi abbiano d'occhio la ormai prossima visita di Carter in Italia. L'Unità titola invece Tra le spinte di Giscard e le pressioni Usa/Compromesso a Venezia, ma la Cee apre all'Olp: il documento sarebbe «non privo di formulazioni ambigue». ma si aggiunge che «il veto di Carter non è riuscito a bloccare la spinta oggettiva che impone all'Europa d'intervenire nella drammatica crisi in Medio Oriente•. mente nel 1979 e nel 1980, e contemporaneamente ai mezzi politici consentiti da un rinnovato clima di guerra fredda con l' Urss. Chamsol cita qui un finanziere americano che ha dichiarato a. Business Week: «Abbiamo deuo molto gemi/mente ai Tedeschi che li abbiamo aiutati, dopo la seconda guerra mondiale, a ricostruire questa meravigliosa economia. Poi, meno gentilmente, abbiamo ricordato che hanno ancora bisogno di grandi mercati per le loro meravigliose macchine utensili e che noi potremmo meuere dei dazi su di esse così come sulle auto giapponesi. E finalmente siamo stati molto grossolani, e abbiamo ricordato loro che si trovano infinitamente più vicini di noi alla Russia». Di qui nasce la lunga vicenda della bomba al neutrone e degli euromissili, di qui il contrasto sempre più aspro fra Usa ed Europa. Chamsol cita l'ammiraglio francese Sanguineui, che in una recente intervista ha detto: « Quando ero alla Nato, alcuni funzionari americani mi avevano esposto un ragionamento che mi colpì. Mi dissero amichevolmeme: 'Vedi, penso che noi americani saremo obbligati a prospe//are la distruzione dell'Europa. Perchésiete, e di gran lunga, il nostro principale concorrente economico». Questa la conclusione di Chamsol, di cui abbiamo potuto purtroppo riponare solo una piccola parte degli argomenti: «Le forze che vogliono mantenere la pace sono potenti e possono vincere. Ma bisogna capire bene lanatura del pericolo che minaccia oggi di mandare in peu.i la pace mondiale: lo sforzo tedesco di controllare le fonti d'energia del Vicino Orie,.te, le materie prime africane e il mercato europeo si scontra con il tentativo americano e britannico di ristabilire ad ogni costo una egemonia contestata. Già due volte in questo secolo, la dinamica di confli//i simili ha scatenato la catastrofe». Intermedia, ma anche un po' anodina. la posizione della Repubblica nella circostanza. Secondo Barbara Spinelli «c'è una discrasia evidente tra gli enunciati del documento e la parte operativa dell'azione europea>, dove i Nove «risentono delle pressioni esercitate dall'amministrazione Carter>; la Spinelli accenna alle reazioni negative delle parti in causa e delle superpotenze. ma aggiunge: cl veri interlocutori della dichiarazione europea non sono loro: sono in prima linea gli stati arabi moderati, che gli europei vogliono tenere strettamente agganciati all'Occidente in un momento contrassegnato dalla fragilità di Washington e 9all'aggressione sovietica nel sud ovest asiatico». Anche qui. dunque, più che una contrapposizione, fa capolino la «divisione del lavoro> fra le due sponde dell'Atlantico. Nei giorni successivi, da una parte continuano le emesse a punto> sulle decisioni dei Nove, dall'altra la stampa prepara la visita di Carter e il successivo vertice. Qualche testata ostenta un certo disinteresse, altre, come il Corriere della Sera presenta grossi titoli di testa come quello del 15: Suscita preoccupazioni negli Usa il 'ruolo autonomo' degli europei. Lo stesso giorno Il Popolo parla di Rinsaldata amicizia fra l'Europa e gli Stati Uniti e Il Tempo vicino anch'esso alla Dc, presenta in prima pagina una intervista all'ambasciatore Usa Gardner sotto il titolo Gardner: i ' ove' banno rafforzato la linea di Camp David. Per Il Giornale, invece, Tutti scontenti, anche l'Olp, del compromesso di Venezia. Emergono qui alcuni dei tratti più negativi dei quotidiani italiani in materia di politica internazionale: il «giudizio> presentato nei titoli e negli articoli prevarica continuamente l'esposizione informativa; così è assai difficile seguire sulla stampa le effettive reazioni delle diverse capitali, che il lettore deve andare a cercare faticosamente e tentare di tradurre ancora più fati0 cosamente dal linguaggio diplomatìco. Una impresa virtualmente impossibile che lo lascia in balia di titoli e impressioni sommarie. Cosl ad esempio, sulla prima pagina del Corriere del 16 si legge il titolo: Sia Begin sia Arafat respingono l'iniziativaeuropea; ora se la reazione molto dura di Begin giustifica. forse. il termine «respingere>. risulta mistificante equiparare la reazione dell'Olp che non «respinge> nulla. ma si limita a sottolineare le ambiguità e le insufficienze della posizione europea. riconoscendogli allo stesso tempo il valore di un passo in avanti (si veda in proposito Le Monde del 15 e del 17). Accomunando le posizioni israeliana e palestinese. come fanno Corriere e Giornale, si suggerisce che l'iniziativa europea sia abortita sul nascere e le si toglie ogni validità. Una maggiore pazienza e lucidità di informatori avrebbe voluto che la stampa italiana seguisse la duplice visita di re Khaled di Arabia a Bonn e di Hussein di Giordania in America. proprio per osservare il comportamento di quei paesi arabi «moderati> che gli europei ricercano come interlocutori. Nel caso dell'Arabia Saudita, qualche giornale ha riportato la posizione assunta verso la Cee: si veda il Corriere del 18 (Re Khaled a Bonn si dichiara disposto a collaborare per la pace con Israele) e La Repubblica del I 9 (Khaled a Bonn cerca l'intesa con gli europei). Nel caso di Hussein, è quasi sempre sfuggito che la Giordania si è sostanzialmente schierata sulle posizioni della Cee e che, soprattutto, la replica di Carter ha fatto scrivere agli osservatori di Le Monde che gli Stati Uniti potrebbero essere in realtà molto interessati a esplorare una via di uscita dal culo di sacco di Camp David (cfr. Le Monde del 19 e del 21). Ma l'altalena euro-americana continua il suo movimento. Dal 17 entra in scena una lettera che Carter avrebbe inviato a Schmidt, in vista del viaggio dello stesso Schmidt a Mosca. Oggetto: la proposta che Bonn intende avanzare per «congelare> l'installazione degli euromissili da ambedue le parti e per aprire la via ad un negoziato. C'è un'altalena anche di titoli: La Repubblica; in dodicesima pagina: Dura lettera di Carter a Sdunidt per condizionare la visita a Mosca; UJrriere della Sera, in prima: Anche l'incontro Bremev-Schmidt proyoca la diffi. denza di Carter, e in quinta: Amichevole il messaggio inviato da Carter a Schmidt; Il Giornale, in prima: Schmidt a Mosca - Smentite dil'ergen-

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