Alfabeta - anno II - n. 15/16 - lug.-ago. 1980

A Parigi un Comité Jntemational de Soutien per gli arrestatidel 7 aprile e del 21 dicembre ha redatto, nel corso del convegno «Marx oltre Marx», un appello. Quello che lascia perplessi dinanzi a questo foglio è anzitutto il fatto che si tratti di un appello. Probabilmente occorre fare un esame realistico sulla funzione degli appelli, dopo averne letti tanti. In particolare qui da noi gli appelli cosiddetti garantisti sono stati neutralizzati spesso da una strategia di risposta strisciante, disonesta ma efficace, articolata in quattro passaggi: i) gli appelli garantisti sono innocentisti; ii) essicoincidono (e come non potrebbe essere, per maledetta frequenza statistica) con un nuovo morto ammazzato; iii) poiché gli accusati sono appunto accusati di collusioni coi terroristi; iv) alloragli appelli «garantisti» sono favorevoli agli assassini. Questa argomentazione retorica viola naturalmente tutte le otto regole del sillogismo che ancora si insegnano ali' Università Cattolica. Ma poiché di questi tempi non ci si può fidare più neppure del!' Università Cattolica, anche le regole della logica minor sono sospettabili. Non è stata una buona stagione per gli amanti della ragione. A esercitarla, gli uni ti sparano e gli altri ti diffamano. Quando Balestrini, da lontano, rampogna gli intellettuali italiani rimasti in patria perché non si sarebbero agitati abbastanza, viene voglia di rispondergli, malgrado la comprensione per la sua difficile situazione: «beato te che non hai i nostri problemi!»·. Giocare in casa, nella squadra del buon senso, impone la sofferenza quotidiana di decisioni difficili, ~ cui basta un nulla per cambiare segno. È cioè difficile (per citare Fortini anni sessanta) essere astuti come colombe. D'altra parte anche il semplice equivoco dell'innocentismo toglie validità a • un appello: l'innocentismo, nelle vicende giudiziarie, è solo una propensione sentimentale, come la credenza nella metempsicosi o la speranza che , domani faccia bel tempo. Chi ha prove , documentabili di una innocenza non fa l'innocentista, fa il testimone (mestiere peraltro assai rischioso, pare); e chi non le ha, coltiva al massimo persua- , sioni morali. Si aggiunga che il manifesto francese citagenJ!ricamentecentinaia di incarcerati, e non si vorrebbe che, vedendo le cose da lontano gli amici francesi considerassero parte di questa schiera anche Curcio, Fioroni, Pecie Alunni, tanto per dire. Se così fosse si creerebbe una confusione pericolosa, e non è il momento giusto per alimentare confusioni. Semmai, è il momento, persino per i più puri tra i garantisti, di stabilire cosa si vuole garantire, e per chi. Una modesta proposta. Prima ancora di garantire i diritti costituzionali si vorrebbe garantito il buon senso, ovvero la coerenza logica. Cosa sta succedendo in Italia? Nel momento in cui, si dice, il terrorismo sta subendo fieri colpi e si profilano le prime incrinature (le diserzioni; i pentimenti, le confessioni) si è fatta strada una linea di condotta (futura) che riassumeremo sotto la formula di «amnistia», anche se le proposte sono varie, e variamente si parla di condoni, indulgenze, facilitazioni per chi voglia uscire dalla clandestinità. Il fatto interessante è che di questa linea di condotta non parlano più soltanto alcuni mediatori dell'estrema sinistra, ma uomini di governo e magistrati. Si tratta dunque di una tendenza generale, che qui non si vuole discutere né sotto ilprofilo politico né sotto quello giuridico: valutiamola come sintomo, orientamento, spia interessante di una atmosfera. Ora, come si può riassumere questa teridenza? In questi termini: «se c'è qualcuno che, terrorista effettivo e confesso, è disposto ad abbandonare la Chegent!t! di lupi? propria militanza terroristica, si passi sopra a un criterio di giustizia troppo astratto, e si addivenga a un compromesso». Benissimo, se ne può discutere. Ma nel vivo e nell'eccitazione di questa discussione si sta dimenticando che sono in galera da più di un anno delle persone che, sospettate, indiziate, accusate di terrorismo o di collusioni col terrorismo, non sono tuttavia terroristi confess~ anzi passano il loro tempo a definire la propria distanza dal terrorismo. E di questi non si parla più. Come se (e il paradosso non è una noGiuliaf!OGramigna Sandro Sinigaglia stra invenzione) siccome non sono terroristi, o per lo meno non sono confessi, non valesse la pena di perdonarli, o di venire loro incontro. Quando poi il modo di venir loro incontro non imporrebbe neppure una modificazione delle leggi esistenti: infatti quello che essi chiedono è un regolareprocesso. Il paradosso è tale che fa venire allamente una traduzione stranita ed ereticale della parabola del figliol prodigo: siccome costui è scappato di casa, se torna gli si ammazza il vitello grasso, mentre i fratelli che non erano fuggiti resteranno senza cena. Perdonare i peccatori, va bene, ma privilegiarli pare eccessivo. Siccome, si è detto, l'innocentismo è una pura disposizione psicologica, chi vuole che sia garantita almeno la logica deve esserepronto ad ammettere che, se le prove ci saranno, sarà acce11abilissima l'idea che Negri, Scalzane, Piperno e compagnia autonoma abbiano ucciso di mano propria o organizzato uccisioni, gambizzamenti, reti e coordinamenti clandestini di bande armate - o peggio, abbiano flirtato goliardicamente con il terrore. Ma, sempre alla luce del buon senso, sembra che non si sia ancora dato il dovuto rilievo a un dato interessante, che uno storico del futuro certamente dovrà registrare come discriminante per una storia dei movimenti rivoluzionari di questo secolo. Il dato è che i militanti di gruppi estremisti dell'ultimo decennio, in Italia, si dividono in due categorie: quelli che, arrestati, si dichiarano prigionieri politici, combattenti di un raggruppamento clandestino, e rifiutano avvocati e giudici; e quelli che, parimenti arreMarika Larocchi Maurizio Cucchi stati, si dichiarano estranei a ogni accusa e chiedono un processo. Non è credibile che i primi si comportino come si comportano solo perché sono più imbecilli dei secondi; evidentemente vi deve essere una differenza di stile politico. Quando i prefetti romani accusa- ' vano qualcuno di essere cristiano (il parallelo è puramente formale) usavano con una certa saggezza di una discriminante del genere: il sospetto cristiano che grida di non esserecristiano, molto probabilmente non è cristiano. Questa differenza, che si sta qui disegnando, non toglie nulla allepossibili e svariatissime imputazioni che possono essere rivolte agli arrestatidel sette aprile. Sta però di fatto che essi adottano uno stile politico diverso da quello dei terroristi confessi. Nessuno sostiene che questa differenza di comportamento li renda automaticamente degli agnelli: ma per lo meno li qualifica come lupi di una razza diversa dagli altri. Che genere, allora, di lupi? Ci sarebbe una risposta sgradevole: lupi peggiori degli altri, perché gli altri ammazzano e se ne assumono la responsabilità a loro rischio e pericolo (persino quando si pentono e danno la stura alle confessioni) mentre costoro sono colpevoli degli stessi delitti e in più non hanno neppure il coraggio di dire «sono stato io, mirate al petto». Ma se fosse così varrebbe la pena di saperlo subito. Perché se ci si trova di fronte a una formazione clandestina in cui i quadri intermedi si fanno arrestare insultando l'universo mondo, ma non tradiscono i capi (che invece negano tutto) mandando invece in galera altri quadri intermedi, allora nulla delle Na1111Ci agnone Cosimo Ortesra confessioni, poniamo, di Peci, deve esserepreso sul serio. Costui sta denunciando gente che non c'entra per salvare coloro che c'entrano. Si sono visti giochi del genere nella storia delle società segrete; racconta Diogene Laerzio che Zenone di Elea, arrestato dal tiranno contro cui aveva complottato, elencò tra i complici del complotto tutti gli amici del tiranno, mandandoli a morte e privando il tiranno dei suoi fedeli. Ma se è così sarebbe opportuno accorgersene in tempo. Se poi invece gli imputati del sette aprile non sono colpevoli di tanta doppiezza e, imputabili di tante cose, non sono imputabili di ciò di cui si dichiarano innocenti, allora sono davvero in un be/l'imbroglio: perché non potendosi confessare terroristi e non potendosi pentire, non potranno mai ottenere indulgenza. E per i prossimi dieci anni riceveranno visite in carcere da ex terroristi confessi e pentiti che circoleranno a piede libero, gratificati di un pacificatore colpo di spugna. L'intrico è grottesco, ma non è frutto di una invenzione letteraria: è già sceneggiato potenzialmente, è così possibile da essere di fatto reale. Siccome poi di questo si rendono conto anche i ragazzini, si aggiunge una seconda (o terza) offesa al senso comune, non più garantito.-Diciamo pure e senza ambagi che tra molti, tra i moltissimi che si vogliono garantisti, ci sono persone a cui le posizioni politiche di Negri, Sca/zone, Piperno e compagnia autonoma non sono mai piaciute, e· amerebbero vederle duramente confutate. Ma questo processo che non si fa, contribuisce a fare, per molti della giovane generazione, di ciascun imputato un mito, di cui tra non molto si porteranno i santini nel portatessere. E a molti questa evenienza mitico-politica non piace, e si vorrebbero garantiti contro questa eventualità. Ma è davvero possibile che chi è preposto a/l'amministrazione (o al controllo dell'amministrazione) della giustizia, non avverta questa situazione paradossale? Certamente no. Perch{i/ processo venga di/azionato, lo si intuisce benissimo: è che gran parte delle prove che vi potrebbero essere addoue sono di natura ideologica. Si tratteràdi definire quanto la teorizzazione della lotta armata possa venire equiparato alla sua organizzazione effettiva. E ormai tutti, compresi i più astrali e «liberali» tra i garantisti, sanno che la questione non potrà essere risolta secondo il principio liberali! che non si condannano le opinioni. In un'epoca delle comunicazioni di massa si imuisce che le opinioni non sono del tutto innocenti, come non è innocente Goldrake o la pubblicità delle sigarette. D'altra parte non si potrà neppure dire che le opinioni sono del tutto colpevoli, perché se si asserisce questo principio una volta, dopo non si sa più dove ci si potrà arrestare. Perché la storia insegna che le predicazioni di San Bernardo per le crociate hanno spinto molti crociati a massacrare gli ebrei lungo il cammino, e si potrebbe arrivare a imputare a una qualche autorità morale, che ha tuonato contro il peccato, l'assassinio di una prostituta. Al di làdei paradossi, il nodo è serio, si poteva non sollevarlo, far finta di niente, ma ormai, dopo l'istruttoria Calogero, il nido di vipere è scoperchiato, e già tremano le vene e i polsi ai giuristi, ai costituzionalisti, ai difensori delle libertà civili. Non sarà il timore di questo dibattito -che sicuramente metterà in questione iprincipi dellasensibilità liberale nata con l'habeas corpus - quello che sta bloccando tutti, persino i garamisti? Perché ormai siamo al dunque. O quelli del sette aprile sono terroristi, e allora dovrebbe venir fuori qualcosa, visto che si è riuscitia inchiodare persino un Donai Cattin. O sono colpevoli di incendi, intimidazioni e bastonature, e allora siano processati per questo. O sono colpevoli di istigazione all'insurrezione: e allora il processo sarà una ampia, forse tragica, discussione su cosa si intenda per reato di opinione, e metterà in crisi la stessa nozione di opinione - e si sfiorerà quella soglia impercettibile che divide (o unisce?) utopia e pratica sociale. Che una eventualità del genere faccia paura a tutti, è abbastanza evidente. Meglio se non vi ci fosse arrivati, perché sarà in questione la nozione borghese e liberale di libertà in un universo tecnologico in cui le opinioni circolano a ritmo diverso che nel settecento, e raggiungono tutti gli strati sociali. Ma ora non si può, per evitare questo doloroso dibattito (di cui non si intravvedono, e si paventano, gli esiti), commettere ingiustizia. Purtroppo questo processo si dovrà fare. Anche per le istituzioni, come per l'anima, bisogna perdersi per ritrovarsi.

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