Alfabeta - anno II - n. 13 - maggio 1980

la teoria ricardiana vi serva già. eccezionalmente. anche come arma offensiva contro l'economia borghese - si spiega con le circostanze del tempo. Da una parte. anche la grande industria stava appena uscendo dall'infanzia (...) Dall'altra parte. la lotta delle classi fra capitale e lavoro era respinta nello sfondo ( ...) La letteratura economica inglese di questo periodo rammenta il periodo d'entusiasmo aggressivo per l'economia politica in Francia dopo la morte del dottor Quesnay: ma solo come l'estate di S. Martino rammenta la primavera. Col 1830 subentrò la crisi che decise una volta per tutte. La borghesia aveva conquistato il potere politico in Francia e in Inghilterra. Da quel momento la lotta fra le classi raggiunse. tanto in pratica che in teoria. forme via via più pronunciate e minacciose. Per la scienza economica borghese quella lotta suonò la campana a morto. Ora non si trattava più di vedere se questo o quel teorema era vero o no. ma se era utile o dannoso. comodo o scomodo al capitale, se era accetto o meno alla polizia. Ai ricercatori disinteressati subentrarono pugilatori a pagamento. all'indagine scientifica spregiudicata subentrarono la cattiva coscienza e la malvagia intenzione dell'apologetica». e iò veniva scritto nel 1873. Due dei tre «grandi libri» del marginalismo. la Teoria de/l'economia politica di Jevons e i Principi di Menger. erano stati pubblicati da un paio d'anni. Il terzo. gli Elementi di Walras, stava per vedere la luce. Jevons. per restare in Inghilterra. accuserà Ricardo di avere «spinto il carro della scienza economica sulla strada sbagliata». rivendicando come «la vera linea della scienza economica» quella che «conduce da Srnith a Senior attraverso Malthus» e ponendo dunque il nascente marginalismo sotto il segno della continuità con l'economia volgare (e con quello che Marx chiama !'«elemento volgare» della dottrina smithiana). Continuità d'ispirazione, va precisato. assai più che d'impianto analitico. Sta tuttavia di fatto che il marginalismo è l'economia volgare del nostro tempo (un equivalente moderno dell'economia politica classica può essere visto nel nucleo critico del pensiero keynesiano). E che quando Graziani parla di una «scienza economica borghese» il cui tratto caratteristico sarebbe !'«individualismo metodologico». e fra i rappresentanti di questa «scienza» include due «economisti volgari» così tipici come Say e Senior. insieme con tutti i marginalisti. egli sta dando il titolo di scienza a qualcosa cui Marx l'avrebbe rigorosamente negato. Mi faccia la grazia. il lettore, di non pensare neanche per un momento che io stia sollevando un problema di ortodossia terminologica. È nel concetto. non meno che nell'espressione. che Graziani rifiuta la distinzione fra «scienza economica» («borghese» e no) ed «economia volgare». Criticare l'economia volgare in quamo volgare è ciò che egli chiama una «critica interna». una cosa di poco conto. che oscura la vera. grande distinzione cui bisogna attenersi: quella fra «economia borghese» ed «economia marxista». Quel che decide. insomma. non è la qualità della teoria: ma quella delle «radici ideologiche». Che la buona teoria economica potesse essere «borghese» è cosa che Marx. come si è visto, sapeva assai bene. Ciò che non poteva sapere è quanta cattiva teoria. economica e no, si sarebbe richiamata al suo nome. Ma mise le mani avanti proclamando: le ne suis pas marxiste. Neppure Graziani lo è («per quel che riguarda le etichette. di essere marxista non lo sapevo». ha scritto su Rinascita n. 11. 1980). Il suo atteggiamento, tuttavia. ricorda molto da vicino quello che è stato proprio del pensiero marxista al tempo della sfortunata battaglia contro il marginalismo trionfante. La centralità del problema del valore nellateoriamarginalistae l'analoga centralità riconosciutagli. per ragioni del tutto diverse, da Marx e dai suoi seguaci fecero apparire questo problema come il naturale terreno di scontro fra le opposte concezioni. l marginalisti concentrarono il fuoco sulla teoria del valore-lavoro. contrapponendo l'utilità al lavoro come «elemento costitutivo» del valore. I seguaci di Marx, quando non si persero per strada, fecero quadrato intorno alla vecchia bandiera. convmll. non meno dei loro avversari. che abbandonare la teoria del valore-lavoro equivalesse a riconoscerè l'esistenza di più «fattori della produzione», rinunciando così alla concezione del profitto come risultato dello sfruttamento. ossia dell'appropriazione senza equivalente di una parte del prodotto del lavoro. O ggi. fortunatamente. la discussione non è più cristallizzata lungo queste linee. che l'hanno fatta assomigliare molto a una disputa sulle essenze. Graziani ha un bel fare dell'ironia sul «1960. anno del nostro riEffettuato il primo trapianto del pancreas· Per la Prima volta in It.alia è stato effettuato 1·auto• trapianto del psncreas. L'operazione è avvenuta alcuni giorni or sono a GenO\'a su di un uomo di 43 anni, nato in provincia di Rovigo, dall'aiuto della clinica chirurgica dell'Università di Genova, prot. Umberto Valente. Il centro genovese per il trattamento delle malattie del pancreas è già pront'> PP.r effettuare. non appena giungerà l'autoriuazlone ministeriale, del trapianti veri e propri, cioè da cadnere ad ammalato. L'intervento di autotrapianto sl è svolto in condizioni ottimali del paziente e il decorso "post-operatorio è stato giudicato eccellente: in pratica, l'intero pancreas <corpo e coda) è stato tra• Piantato nel sottocutaneo della coscia destra ove è stata praticata una anastomosi <collegamento chirurgico) rra arteria splenica· e remo- ~ superflc1&tee fra vena splentoa e vena femorale superficiale. Punkreas, Bologna 1979 \L scatto». La verità è che soltanto in quell'anno è venuta una critica incontrovertibile del marginalismo. E che da allora. per la prima volta. la teoria dominante è sulla difensiva. Graziani rende omaggio alla «luce che. a dispetto dell'opera nefasta degli epigoni. illumina le nitide pagine di Piero Sraffa». Ma crede di ridimensionare la portata della critica (di Sraffa. non degli epigoni) al marginalismo rilevando che essa. dopo tutto. riguarda solo la «correttezza formale» della teoria criticata. Quale opinione egli abbia della «correttezza formale». ossia della coerenza interna. di una teoria si evince con chiarezza dal seguente brano. tolto dalla sua Replica a Salvati (Quaderni piacentini n. 72- 73; tutte le citazioni successive provengono dall'articolo su Alfabeta). «Chiaccordauna preferenza di principio alla teoria formalizzata si lascia guidare dalla forma. là dove dovrebbe discutere la sostanza; e chi si lascia guidare dalla correttezza formale. opta inesorabilmente per la teoria dominante. che è sempre Lapiù corretta e la meglio formalizzata (...) Ma chi giudica con questi criteri sta palesemente prendendo un granchio ( ...) Ricordiamo tutti la dotta disputa sorta fra Malthus e Ricardo: Ricardo si serviva di un modello formale ineccepibile. e. potendo dimostrare che la crisi. essendo tutt'al più accidente. non era certamente sostanza. dimostrava anche che una crisi vera e propria non si era mai presentata. Malthus non aveva modelli (...) Eppure oggi. chiunque scriva sulla teoria della crisi. dinanzi a Malthus si scappella. mentre su Ricardo sorvola con benevolenza». Ora. il fatto che una teoria sia internamente incoerente. che essa fondi le proprie conclusioni su procedimenti logici viziati. può talvolta non essere molto importante. Può avvenire. infatti. che quelle conclusioni risultino corrette. o approssimativamente corrette. NOI Cjz grazie a un fortunato elidersi di errori (sorretto. eventualmente. da un'intuizione). È il caso di Malthus. il quale condivide con Ricardo la premessa sbagliata: l'identità ex a111e fra risparmio e investimento; ma giunge. incoerentemente. alla conclusione giusta: la possibilità che la domanda ponga un limite alla produzione wrnplessiva. Qualcosa di simile può sempre avvenire. Ma per affermare che è davvero avvenuto abbiamo bisogno di una teoria logicame111ecoere111e. la quale conSpill on, Padova 1978 (particolare) duca alle stesse conclusioni dell'altra, o a conclusioni simili: è grazie a Keynes che siamo in grado di apprezzare quel che vi è di buono in Malthus e di cattivo in Ricardo (su ciò deve necessariamente convenire anche chi. come Graziani. contesta l'interpretazione di Malthus accolta poco sopra). Ben diverso è il caso che stiamo esaminando. La teoria logicamente coerente conduce a conclusioni incompatibili con quelle del marginalismo. E ripropone. come unica visione accettabile del processo economico. quella degli economisti classici e di Marx. basata sul concetto di «sovrappiù». m • -- Que t'ultima vIS1one può essere descritta nel seguente modo. Il livello del salario - sia esso riconducibile al tenore di vita tradizionale in ogni paese. alla situazione del mercato del lavoro o. più in generale. ai rapporti di forza fra le classi - si considera noto. anche se soggetto a variazioni. Ciò che resta del reddito una volta tolti i salari si distribuisce fra i capitalisti. La norma che regola questa ·particolare distribuzione - l'uniformità del saggio del profitto - opera attraverso il sistema dei prezzi. il quale si articola. a ciascun livello del salario, in maniera tale da garantire il rispetto della norma stessa. R adicalrnente diversa è la struttura della teoria marginalista. Si presuppone l'esistenza. per ciascun «fattoredella produzione»comeper ciascun bene di consumo. di una funzione di domanda e di una funzione d'offerta. Queste funzioni determinano simultaneamente. accanto alle quantità prodotte e ai prezzi dei beni di consumo. le quantità impiegate dei diversi «fattori della produzione> e i prezzi dei relativi «servizi>. L'impostazione stessa del problema postula dunque la tendenza del sistema a impiegare per intero la quantità di ciascun «fattore della produzione> che si rende disponibile al prezzo di equilibrio. È su questo aspetto - la capacità della concorrenza di garantire la piena occupazione - che si è appuntata la critica di Keynes. Che non ha tuttavia investito le basi della teoria marginalista della distribuzione. e ha perciò potuto essere facilmente riassorbita nella cosiddetta «sintesi neoclassica>. (Questa storia è narrata in un altro libro di Garegnani. Valore e domanda effettiva, Torino, Einaudi. 1979. e in particolai:e nella sua prima parte. che riproduce un articolo del 1964-65). Bene. C'era una volta la teoria economica. cjivisa in due campi fierarnen-, te avversi. che erano rispettivamente quello dei vincitori (i marginalisti) e quello degli sconfitti (quasi solo i marxisti. che contrastavano il predominio marginalista sulla base di un'ostinata fedeltà alla teoria del valore-lavoro). E oggi? Oggi quel che conta non è. come sembra credere Graziani. che «due teorie del valore, quella del valore-lavoro di Marx e quella del valore-utilità dei marginalisti, essendo ambedue erronee sul piano della logica formale, vanno ambedue al rogo». Quel che conta è che la coerenza interna della visione di Ricardo e di Marx può essere assicurata solo al di fuori della teoria del valore-làvoro, mentre la coerenza interna della visione marginalista non può essere assicurata in alcun modo. In questa differenza, che Graziani non sembra cogliere. sta tutto il significato di un'operazione che meno «pacificatrice» di così difficilmente potrebbe essere. M a vediamo più da vicino il contenuto della critica. Essa mostra che non è possibile concepire il capitale come quantità misurabile (e le tecniche produttive come ordinabili secondo I'«intensità di capitale») indipendentemente dalla distribuzione del reddito. Vengono meno. con ciò. le condizioni di pensabilità del capitale c<;>rn«efattore della produzione>. Cos'è. allora. il capitale? Un rapporto sociale. diceva Marx. E il vecchio Thornas Hodgskin: «Si è quasi tentati di credere che il capitale sia una specie di paro!~ cabalistica, come chiesa e stato. o un'altra di quelle espressioni generali invemate da coloro che tosano la restante umanità allo scopo di nascondere la mano che impugna il coltello da tosàre. (...) Perché una nazione possa avere del capitale fisso, dunque. e perché possa farne buon uso, mi pare siano necessarie soltanto tre cose fondamentalmente. In primo luogo, il sapere e l'ingegnosità nell'inventare le macchine.( ...) li secondo requisito per avere del capitale fisso è l'abilità manuale e la destrezza necessarie per attuare queste invenzioni. li terzo requisito è l'abilità e il lavoro necessari per usare questi strumenti dopo che essi sono stati fatti.( ...) Ma oltre alla conoscenza. all'abilità e al lavoro non esiste nessun'altra cosa sulla quale il capitalista possa fondare le sue pretese su una parte del prodotto> (Difesa del lavoro colllro le pretese del capitale, in I socialisti ricardiani, a cura di Andrea Ginzburg - del quale va segnalata la bella introduzione - Milano, Isedi, 1976. pp. 1 I2-14. Hodgskin è il principale fra gli autori cui Marx si riferisce quando rileva come nel decennio ,1820-30 «la teoria ricardiana (...) serva già. eccezionalmente. anche come arma offensiva contro l'economia borghese»). La demolizione del concetto di «capitale> •in quanto «fattore della produzione» segna. in realtà. la ripresa di quella «critica dell'economia politica> che Marx aveva indicato come il terna fondamentale del Capitale (anche se il sottotitolo Critica del/' economia politica' è misteriosamente scomparso nell'edizione italiana degli Editori Riuniti). Ma Graziani è così lontano dal sospettarlo. che può scrivere: «Una critica siffatta. proprio perché basata sull'accettazione dei principi di base, è la criticatipicadeisostenitoridelpensiero borghese. di coloro cioè che, volendo conservare l'impianto generale, quello che ingloba l'intelaiatura ideologica. si preoccupano di snidare gli errori di elaborazione, e di sostituire, sempre nell;arnbito delle medesime ipotesi di partenza, quei pezzi della costruzione che risultino viziati>. E qui mi fermo. Giudichi il lettore.

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