CO .... "' .s ~ e:,_ e, CO °' .... Lf amicizia con Georges Bataille è stata per lei assai importante, lo ha ricordato molte volte ... «Sì, è un argomento notevole. Quando l'ho conosciuto, Bataille scriveva già ma non aveva ancora pubblicato nulla. Mi aveva parlato di uno scritto che aveva intitolato W.C., (Water Closed), ma non me lo aveva fatto vedere. Io ho provato immediatamente ammirazione per lui, già prima che si esprimesse letterariamente, l'ho considerato sùbito un temperamento straordinario e, in più, uno che aveva una cultura molto più estesa della mia. Quando io sono diventato surrealistalo conoscevo già e l'ho messo in contatto con Aragon, perché mi sarebbe piaciuto molto che anche lui diventasse surrealista. Ma non è andata, la cosa non ha quadrato, da ambo le parti. Bataille stesso era diffidente verso il surrealismo che considerava troppo idealista e d'altra parte ricordo che Aragon, e non Breton, riteneva che Bataille si era fermato, conservava uno spirito dada che ormai era superato. Insomma la cosa non ha quadrato. Il suo unico contatto con il surrealismo, agli inizi, è consistito nel pubblicare anonime, su La Revolution surréaliste, alcune Fatrasies precedute da una sua nota. Credo che d'altronde lo avesse fatto per farmi piacere. «In effetti non simpatizzava, perché, lo ripeto, tacciava il surrealismo di idealismo, e credo che questo lo ha detto chiaramente nelle sue polemiche con Breton. Pensava anche che il materialismo cui facevano riferimento era anche esso un idealismo. Tale polemica l'ha portata avanti sulla rivista Documents, quando ne era l'animatore. C'è un articolo intitolato Les bas materialisme et la gnose. Ci teneva ad insisteresul basso materialismo, poiché tutto sommato N e/ suo articolo «L'Esploratore cancellatore» (L'Europeo 11. 4), Italo Calvino ha scritto che Michel Leiris è «un temperamento scorbutico che pare faccia di tulto per apparire . scostante...», almeno a giudicare dalla scrittura. E a Parigi qualcuno si è stupito che lo scrittore mi abbia concesso un'intervista perché-dicono (ambiente Gallimard) - Leiris è difficile da avvicinare e non ama lasciarsi intervistare neppure in occasione dell'uscita dei suoi libri. Quanto a me, debbo smentire. La prima volta che l'incontrai, più di dieci anni fa, ebbi l'impressione che in quell'uomo minuto, vestito impeccabilmente di grigio, ci fosse un disagio. Quello del proprio corpo che, mi confessò, e del resto l'ha scritto più d'una volta, era da sempre uno dei suoi motivi d'inquietudine. L'ambiente poi non incoraggiava: piccolo, disadon:io, con le alte pareti smaltate di grigio e un arredo ordinario da ufficio un po' délabré. Dalla finestra a griglia affacciata raso terraproveniva una luce fredda e anch'essa grigiastra che rendeva decisamente severo e poco accogliente un insieme da cui, in modo evidente, era stato bandito qualsiasi elemento superfluo. Pensai al parlatorio di una prigione. Forse perché per arrivare là avevo attraversato lunghi corridoi tappezzati di scaffali che dietro le loro grate «rinchiudevano» dei reperti archeologici. Quella stanzetta era infatti lo studiolo di Leiris nei sotterranei del Musée de l'homme, dove per più di quarant'anni ha svolto il suo secondo mestiere di etnologo, che però, dichiara oggi, ha finito col coincidere con quello di scrittore, perché in fondo alcuni lavori di etnologia gli hanno permesso di «attingere direttamente al meravigliosq», per esempio quando si è occupato dei fenomeni di possessione presso gli Etiopi di Gondar, o della lingua segreta dei Dogons di Sanga. IntervistaaM.Leiris intendeva dire che il materialismo cui era legato era non tanto filosofico, ma più immediato e considerato in un senso più basso, scatologico. Cioè in quel senso polemico che Breton ha ripreso quando gli ha detto: Monsieur Bataille per il quale les matières sont la matière (gli escrementi sono la materia)». Comunque all'epoca di Contre-Attaque ci sono stati dei contatti tra Bataille e i surrealisti, e proprio in un momento di concreto impegno politia cura di Paola Decina Lombardi ni». Si parla di «rivoluzione reale» e di «presa del potere». In effetti qual era, a suo parere, l'atteggiamento di Bataille rispetto alla politica? «Breton, Eluard e altri avevano fondato un movimento che si chiamava, appunto, Contre-attaque, nel periodo di quella minaccia fascista, peraltro abbastanza seria, in Francia, negli anni 1934-'35. L'idea che presiedeva a Contre-Attaque era questa: i fascisti, le persone di destra sanno mobilitare la taille, benché lo abbia detto un po' alla leggera, desiderava per esempio che si celebrasse l'anniversario della decapitazione di Luigi XIV sullo stesso luogo, sulla piace de la Concorde. «Della politica si è interessatopiù da analista, direi più da sociologo, seguendo la situazione del momento, e poi cercando sempre di spiegarla. In questo senso, per esempio, va anche considerata la sua appartenenza al Collège de Sociologie, in cui si applicava ;;;::'::-:.li;r.,,JH.wORo. Punk WC V ...o 0- .... r.-1 ?foglio !quasi mensile Idi agit/azione dadaista? :_,r:.;r.;'J\._~· SEDE PROVVISORIA 226, rue du Faubourg Saint-Honoré 75008 Paris - Tél. : 227-96-90 ---~ --1' ~ -· C.C.P. Paris 1824 62. Adresse télégraph,que: Officouture 042. SIRENE 612035 76600015, • .a.:;~ -_ ::{.: dv D/ ../ ::::::0 U'ORDINE: ::::s :•lc::b:::\::cola~ ~• _/ ~ ~':'_~,) :OLLETTIYO ivan cattaneo, maurizzzio bianchi, ·' bruno e la sua ghenga, pugno, -\ ;...- \ -.~ ., ~~'\.. aolino ro .,>. ·';.--1.~ ~ ~. • ·, '. ~:'} Dudu, Milano 1977 co. È lui che apre il primo numero dei Cahiers de Contre-Attaque (maggio 1926) con un appello.« Front Populaire dans la rue». che vorrebbe ripetere l'esperienza del Fronte popolare. per portare ildibattito nella strada «dove è più presente l'emozione degli uomigente su dei miti, sanno fornirle dei miti e delle cerimonie che la elettrizzano, allora anche a sinistra sarebbe staro assolutamente necessario fare qualcosa del genere. Ma, questo è il mio parere, ed è per questo che non ho aderito, la cosa mi sembrava un po' utopica. Baali'analisi delle società moderne la nozione di sacré, come è stata definita dai sociologhi francesi e sopra/tutto da Marce/ Mauss. Barai/lesi interessava a quello che succedeva, ma questo non vuol dire che fosse impegnato politicamente. Gli è capitato di esserlo con IldifficileLeiris Credo che allora indovinasse i miei pensieri, perché mi venne in aiuto dichiarandomi subito la sua timidezza e il suo disagio nelle conversazioni, e ripetendosi quando aveva la sensazione che io non capissi. Afferrare tutto il suo discorso, infatti, non è facile, perché Leiris comincia una frase, si interrompe, la ricomincia e la rende un po' tortuosa per le numerose locuzioni e un intercalare continuo che sono la prova evidente di quel suo dichiarato impaccio. Oppure si allontana dal punto di partenza, lo liquida con una battuta, e segue dei fili che comunque finiscono col riportarcelo. Insomma giri e rigiri, proprio come tantipassaggi, o tante biffures, cancellazioni-biforcazioni, che nei suoi taccuini sono il segno delle «parecchie redazioni necessarie per arrivare a qualcosa di pressappoco soddisfacente». Biffures, scritto tra il '40 e il '47, è appunto il titolo del primo volume de La règle du jeu (Biffures, Fourbis. Fibrilles. Fréle bruit), che l'editore Einaudi ha pubblicato di recente nella traduzione, un vero capolavoro, di Eugenio Rizzi. Rifiutando l'ordine cronologico, tipico dell'autobiografia, Leiris che fin da/l'infanzia aveva sentito il gusto «delle cose del linguaggio» perché gli permettevano «di passare di meraviglia in meraviglia», in Biffures ha ricostruito dei frammenti del vissuto, ha esplorato se stesso organizzando il testo su temi suggeriti dalle parole, dal loro gioco. Ma, se l'associazione non ha nulla a che vedere con la scrittura automatica o con certe esercitazioni tipicamente surrealiste - Leiris è stato nel movimento fino al '29 - 1a111omenol'associazione può essere considerata «analitica». Già in L'Age d'homme (1930-35), il primo testo autobiografico, scriveva infatti: «Che gli esploratori moderni dell'inconscio parlino di Edipo, di castrazione, di senso di colpa o di narcisismo, non credo che aggiunga qualcosa a Paola Decina Lombardi quella che è l'essenza del problema (che a mio parere resta legata al problema della morte, all'apprensione del nulla e quindi rientra nella metafisica». E oggi ammette che la parte esplicitamente psicanalitica de L'Age d'homme gli sembra «molto debole, molto sommaria». Sua aspirazione costante è stata la poesia. Nel surrealismo ciò che lo attirò immediatamente, e che non ha mai rinnegato, era la volontà che vi si manifestava di «trovare nella poesia un sistema totale capace di inglobare l'immaginazione, il bene, il bello, il vero...». Simulacre (1925), Bagatelles végétales ( 1956), Marrons sculptés pour Jean Mirò ( 1962), rivelano una pratica dellapoesia in direzione surrealista, ma ciò che sin dall'inizio distingueva Leiris era il suo modo di usare le parole. A calligrammes, associazioni e allitterazioni dava spesso un significato corrosivo, un «peso», come nel glossaire reinve111ato (Glossaire j'y serre mes gloses, 1925-1939), oppure eseguiva uno scavo all'interno dell'espressione per scoprirci virtù nascoste e ramificazioni segrete, comunque una misteriosa navigabilità. Parola poetica era quella soggettiva, sensuale e corposa per visualità e sonorità, che attraverso rimandi e corrispondenze gli proponeva una serie di immagini legate in qualche modo alla sua esperienza. Liberato così da etimologie e significati d'uso, il linguaggio si trasformava in una specie di oracolo, quasi un filo per guidarlo nella Babele della propria interiorità e la poesia significava «haut-mal», cioè epilessia, stato di tra11See folgorazione, unica condizione per affondare in un «Sacré» (Haut-mal, 1943). Con lo stesso spirito Leiris traduceva fantasticamente in Aurora (/927-28) l'esperienza del suo viaggio in Egitto e Grecia, deformando i frammenti del vissuto e mescolandoli di continuo al sogno, al gioco verbale e ali'esplorazione i111erioreG. ià si manifestava infatti quella spiccata tendenza autobiografica che si chiariràmeglio auraverso l'esperienza psicanalitica, l'approccio ali'etnografia e alla sua metodologia. Ma con le «rodomontades», come Leiris definisce certe esagerazioni tipicamente surrealiste di Aurora (OR AURA, EAU-RO-RAH, OR AUX RA TS, HORRORA, O'RORA), in un certo senso si accomiatava dal movimento. Nel febbraio del '29, dopo un periodo in cui aveva già allentato i rapporti con il gruppo, rispondeva ad una lettera-inquisizione di Breton dichiarandosi, come parecchi altri, contro l'azione comune. Più tardi agli attacchi e alle accuse di essere uno di quegli intellettuali che usavano «gli espedienti più miserabili, per rientrare nelle grazie dei difensori dell'ordine ...» (li Manifesto del surrealismo, Dicembre 1929) replicò firmando Un Cadavre (1930), il violentissimo pamphlet contro Breton in cui, insieme a Desnos, gli rinfacciava di aver vissuto su dei cadaveri (Vaché, Rigaut, Nadja). Che nell'aria ci fosse un senso diffuso di «rappe/ à l'ordre» (e Cocteau, com'era sua abitudine, seppe sfruttar/o talmente bene da farsene ilportavoce) è un fatto, ma che per Leiris fosse qualcosa di ben diverso da ciò che imendeva Breton con quell'accusa, o tantomeno Cocteau, è un altro fatto. Significava infatti trovare un ordine dentro se stesso, un filo della propria vita che ormai, nonostante i rimandi, divemava necessariamente «age d'homme», età adulta. L'influenza e l'amicizia di Georges Barai/le aveva certamente la sua parte. La «mise à nu» che Leiris ha imrapreso in L' Age d'homme, e ha proseguito in La règle du jeu, la si ritrova, seppure talvolta mediata dalla finzione, in Barai/le. Le petit, L'histoire de l'oei~ ma soprattutto L'oeil pinéal sembrano rispondere alla stessa esigenza: raggiungere l'estremo limite del possibile, «quel piano di massacro in cui ogni Contre-Attaque, è vero, ma insomma mantenendo sempre un certo distacco». Qual era la posizione di Bataille rispetto al comunismo? «Non erafilo-sovietico. Riteneva che quel tipo di organizzazione, cioè la volontà di organizzazione di una soèie,tàa partire soltanto dalla produzione e da valori utili, significava approdare ad una specie di mutilazione della vita. Proprio con questo spirito ha scritto Notion de dépense, per dimostrare come è proprio il dispendio, il dispendio ingiustificato, che è veramente vivo, e proprio dell'uomo. Batail/e non soltanto era niciano, e questo lo si sa perché oltre ad aver dedicato un libro a Nietzche, lo cita molto spesso, ma era molto hegeliano. Aveva seguito dei corsi, frequentati peraltro da un certo numero di persone molto importanti, che Alexandre Kojève svolgeva su Hegel presso l'Eco/e des Hautes Etudes. Li aveva seguiti con una grande assiduità. A quel tempo una cosa era ben chiara per lui: tutto ciò che era utopia lo irritava. Per lui il comunismo era quello che si era realizzato in Russia, perché riteneva che èiò che conta è il comunismo storico e che, per esempio, essere rroskisra 11011 vuole diremolto perché è al di fuori della storicità del comunismo». Esprimersi letterariamente ha significato. sia per lei che per Bataille, la ricerca di una estrema autenticità. Tale esigenza comporta un rischio ... «Il rischio, non c'è alcun dubbio». Comporta anche una specie di autodistruzione? «In Batail/e no, c'è sempre una grande ambiguità. Quel che si può chiamare autodistruzione, quel che poi lui stesso, sul piano intelleuuale, ha chiamato la condizione di non-sapere, mediocrità viene cancellata». Oggi Miche/ Leiris sta mettendo a punto un nuovo libro, Le ruban au cou d'Olympia che è nuovo non soltanto perché è l'ultimo, ma perché, quanto a costruzione, è diverso dagli altri. Detesta infaui «rabacher», il detto e ridetto. Anche se si fonda sul/' esperienza vissuta, Le ruban au cou d'Olympia (/'0lympia di Manet) non ha assolutamente la pretesa di tracciare il ritratto del/' autore, è tessuto di sogni, di piccole « fictions», ma anche di brani decisamente realistici, magari di storie accadute per la strada, quasi l'elemento necessario per dare fondamento al resto. Proprio come il nastro di O/ympia! Se non avesse quel nastro al collo, sarebbe una dea o una ninfa, dice Leiris, non sarebbe una donna reale. Di questo testo me ne ha parlato qualche giorno fa nella sua stanza al Quai des Grands Augustins, la stessa di cui parla in Biffures. È una stanza spaziosa epiena di luce, «calda» ma essenziale. Si capisce subito che chi la abita non indulge al lusso. li /etto-divano è incassato in una libreria in cui si notano le opere complete di Bataille, Jarry, Genet, Quéneau, Prévert, Artaud e B/anchot. Sul lungo tavolo al centro della stanza i libri sono disposti in modo ordinato, come le poltrone agli angoli. Alcuni quadri importanti (Picasso, Juan Gris, Masson, Bacon, Giacometti) testimoniano non soltanto il suo amore per la pittura, ma certi legami significativi. Un po' più asciutto di allora, senz' altro più disinvolto, dal momento che nel corso di questi anni si è stabilita tra di noi una complicità una volta ammessa la reciproca maladresse; Miche/ Leiris anche questa volta mi ha dato lagioia di una conversazione che dura da tempo e di cui, in parte, sono testimonianza i brani che seguono, svolti più «à bat6n rompu» che come imerviste vere e proprie.
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