messi al bando ... Per questo esigo, nell'analisi di un sogno, che ci si liberi da tutta la gamma dei giudizi di certezza, che si tratti come certezza assoluta la minima possibilità che un fatto di qualsiasi tipo sia accaduto nel sogno» (Opere, voi. III p. 472). Sentiamo la ripresa lacaniana: «Cartesio dice: Sono sicuro, poiché dubito, di pensare, e, poiché io penso, sono. Allo stesso modo Freud, là dove dubita, è sicuro che lì ci sia un pensiero, il quale è inconscio, cioè è un pensiero che si rivela come assente.( ...) La dissimmetria tra Freud e Cartesio non sta nel modo di procedere iniziale della fondazione della certezza del soggetto, ma deriva dal fatto che in questo campo dell'inconscio, nel campo del pensiero che si rivela come assente, il soggetto è a casa sua. Ed è lì che Freud invoca, quando ha a che fare con altri, l'io penso attraverso cui si rivelerà il soggetto. Insomma, di questo pensiero Freud è così sicuro di trovarlo lì, da solo ma con tutto il suo io sono, che basta, ecco il salto, che qualcuno pensi al suo posto» (p. 36 e 37). Un bel salto, non c'è che dire. È il salto dall'inconscio costruito da Freud all'inconscio costruito da Lacan: da un inconscio in negativo, ancora alle prese con il conscio, ad un inconscio non diremo in positivo, ma un inconscio etico, come discorso dell'Altro. Del suo passaggio attraverso Cartesio Lacan ci darà altre prove. Due anni dopo nel suo ultimo Ecrit (La scienza e la verità) ripropone sia il tema della divisione tra verità e sapere, come divisione specifica del soggetto della scienza, sia, passando per Aristotele, il tema della verità come causa. Della esperienza cartesiana rimarrà nel successivo Lacan la spinta inesorabile alla costruzione di quella categoria, decisamente nuova rispetto a Freud, di reale. Per ora, nel 1964, le cose stanno così: «Cartesio coglie il suo io penso nella"enunciazione e non nell'enunciato dell'io dubito, perché nell'enunciato e non nell'enunciazione si trova ancora tutto quel sapere che deve essere messo in dubbio. (...) Dirò che Freud fa un passo in più: il dubbio fa parte del testo. Il che indica che Freud pone la sua certezza, la Gewissheit, solo nella costellazione dei significanti quali risultano dal racconto, dal commento, dall'associazione, poco importa la ritrattazione. ( ...) Tutto fa significante. ( ...) Non dico che Freud introduce il soggetto nel mondo, perché il soggetto, in quanto distinto dalla funzione psichica, che è un mito, è Cartesio che lo introduce. Dico che Freud si rivolge al soggetto per dirgli questo di nuovo: Qui, nel campo del sogno, tu sei a casa tua. Wo es warsoli ich werden » (p. 45). Eccoci ritornati a Freud, voi. Xl, e arrivati proprio al capolinea dell'Es e delle sue pulsioni, dopo essere partiti dalla psicoanalisi, se è una scienza, e staremo quasi per concludere allora è una scienza per finta. È certo che se il Seminario Xl fosse uscito ai tempi di Freud voi. VIII (1976) (intitolato Introduzione alla psicoanalisi e degnamente aperto dalle Pulsioni e loro destini), il giro avrebbe potuto essere più breve. Ma sorprendentemente il giro più lungo ci avvicina di più a questo seminario, che presenta la pulsione come qualcosa di circolare, che si chiude sul proprio oggetto-causa, l'oggetto a: L (a) dove era l'Es ... Seguendo questa logica circolare si può tentare un altro giro, un'ulteriore espansione della catena scienza/scienza delle pretese (pulsioni)/pulsioni. Dobbiamo ancora ritornare indietro alla Interpretazione dei sogni (voi. III, p. 202) dove sul proprio caso Freud ci riferisce che fino all'età di due anni bagnava il letto. E siccome il pulsionale, a differenza dall'istintuale, non va sans dire,_ aggiunge che «essendone rimproverato consolai mio padre promettendogli che gli avrei comperato a Neutitschein un bel letto nuovo, rosso». Non seguiremo il biografo ufficiale lungo la sua linea, in un certo senso ortogonale alla nostra, essendo la linea dell'acqua, cioè la linea della pulsione urinaria / «non uscirà mai niente di buono da questo qui»/«vediche esce qualcosa»/ambizione. Certo che arrivati al 1931, nella sovrabbondanza delle cose uscite dalla penna di Freud, arrivati alla Acquisizione del fuoco, e sembra cosi tardi, ci si accorge che quel che doveva uscire era già uscito e che di nuovo c'è solo la conclusione del giro: il «dio truffato», cioè la pulsione. «L'oscurità della leggenda di Prometeo e di altri miti ignei è accresciuta dalla circostanza che il fuoco doveva apparire ai primitivi come qualcosa di analogo alla passione amorosa, come un simbolo della libido. Il calore irradiato dal fuoco evoca la stessa sensazione che accompagna lo stato di eccitazione sessuale, e la fiamma rammenta, per forma e movimenti, il fallo in attività» (p. 105). Si conclude, con il mito, un discorso .iniziato come discorso sulla pulsione, ribadendo che «la dottrina delle pulsioni è, per così dire, la nostra mitologia. Le pulsioni sono entità mitiche, grandiose nella loro indeterminatezza» (p. 204). A questo punto, tra mito della pulsione e pulsione del mito, si apre in Freud una sottilissima differenza, che si può riempire come si vuole. Le allegorie familiari freudiane vanno bene tutte. Freud è Prometeo, il fuoco è il letto rosso, la punizione degli aèi l'imprecazione del padre. Lacan invece ci prova con un suo modo decisamente non biografico, il modo della finzione, con la quale, essendo unica e categorica, si permette il lusso di sostenere un intero discorso scientifico «per finta». Come il mito della lamelia. «Ogni volta che. si rompono le membrane dell'uovo da cui uscirà il feto in via di diventare un neonato, immaginate per un momento che s'involi qualcosa che si possa fare sia con un uovo che con un uomo, e cioè l'- hommelette, o la lamella ... La lamella ... è la libido in quanto puro istinto di vita, di vita immortale ... E appunto ciò che è sottratto all'essere vivente, in quanto sottomesso al ciclo della riproduzione sessuata. Ecco di che cosa sono rappresentanti le sue figure. Il seno. per esempio, rappresenta bene questa parte di se stesso che_l'individuo perde alla nascita, e che può servire a simbolizzare il più profondo oggetto perduto» (p. 220). Insomma, per Teenage Lobotomy, Pavia 1979 concludere col mito: «La libido è l'organo essenziale per capire la natura della pulsione» (p. 209): che è di morte. «Qui si sovrappongono due mancanze. Una deriva da quel difetto centrale intorno a cui ruota la dialettica dell'avvento del soggetto al proprio essere nella relazione con l'Altro ... Questa mancanza riprende l'altra mancanza, che è la mancanza reale, anteriore, da situare nell'avvento del vivente: è ciò che il vivente perde come vivente per il fatto... che, in quanto soggetto al sesso, è caduto sotto il dominio della morte individuale. Capite quindi come, per la stessa ragione per cui il vivente sessuato è indotto alla sua realizzazione grazie all'inganno, la pulsione, la pulsione parziale, sia fondamentalmente pulsione di morte, e in se stessa rappresenti la parte della morte nel vivente sessuato» (p. 209). A Ilora tutte le pulsioni sono formato uni? Si chiuderebbe finalmente così l'insopportabile dualismo di Eros e Thanatos, su cui poggia il Disagio della civiltà? Lacan si è anche preso dell'idealista per questa sua passione per l'Uno. In pratica dice (e continuerà a dire fino ai tempi del nodo borromeo): fondiamo il due sul ~re; il due, inteso come secondo posto, sulla alternanzaa doppiosensobianco-nero-bianco. Sarebbe come dire: fondiamo ogni numero sul successivo, ogni n su n +I. Ma di che uno deve trattarsi, per puntellare una logica cosi incerta?· «La discontinuità, ecco dunque la forma essenziale in cui ci appare l'inconscio come fenomeno, discontinuità in cui qualcosa si manifesta come vacillamento. Forse che l'Uno è anteriore alla discontinuità? Non lo credo, e tutto quello che ho insegnato in questi ultimi anni tendeva a far virare questa esigenza di un uno chiuso - miraggio a cui è legato il riferimento ad uno psichismo da contenitore, sorta di doppio dell'organismo in cui risiederebbe questa falsa unità. Voi vorrete accordarmi che l'uno introdotto dall'esperienza dell'inconscio è l'uno della fessura, del tratto, della rottura» . Sorge qui una forma misconosciuta dell'Uno, l'Uno dell'Unbewusste (p. 27), che situa l'inconscio sulla linea delle acquisizioni e delle perdite, dei miti dell'acqua e del fuoco, di Orfeo ed Euridice, giù giù fino alle larve nutrite di sangue e alla sete bruciante di verità che anima tutta l'opera di Freud. Ma una psicopatologia del bere non si può fare senza riferirsi alla funzione del darla da bere e, in ultima analisi, alla funzione del padre, a quella sublime finzione che sola permette di dare un nome all'altro sesso. Ecco, Padre, il leuo rosso! Chi lo dice? li sogno dell'altro, il sogno con cui Freud apre il VII capitolo dell'Interpretazione, non mancando di avvisarci che si tratta di un bi-sogno, cioè di un sogno raccontato, risognato e così riraccontato. «Il padre, cedendo al sonno, vede sorgere l'immagine del figlio, che gli dice: Padre, non vedi che brucio? Di fatto, il suo cadavere sta bruciando realmente nella stanza accanto. Perché allora sostenere la teoria che fa del sogno l'immagine di un desiderio, partendo da un esempio in cui ... proprio una realtà, quasi fosse ricalcata, sembra strappare il sognatore dal suo sonno? - (...) Vediamo emergere qui, quasi per la prima volta nella Traumdeutung, una funzione del sogno che in apparenza è seconda: il sogno non soddisfa in questo caso che il bisogno di prolungare il sonno ... La questione che si pone è: Cos'è che sveglia? Non è forse nel sogno un'altra realtà? Non c'è forse più realtà in questo messaggio: Vater, sichst du denn nicht, das lch verbrenne? che nel rumore per cui pure il padre identifica la strana realtà di ciò che avviene nella stanza accanto? Non passa forse in queste parole la realtà mancata che ha causato la morte del figlio? Il sogno perseguito non è forse l'omaggio alla realtà mancata? Realtà che non può più darsi se non ripetendosi indefinitamente, in un risveglio indefinitamente mai raggiunto? (...) «Ii>ov'èla rea!Jà in questo accidente? S"e non Ìiel fatto che qualcosa si ripeta. e di più fatale, per mezzo della realtà, della realtà in cui il vecchio, che era incaricato di vegliare il corpo del bambino. resta ancora addormentato. Se Freud con meraviglia vede qui confermata la teoria del desiderio, è segno che il sogno non è solo un fantasma che adempie un voto. Infatti nel sogno non si sostiene che il figlio viva ancora, ma il figlio morto prende il padre per un braccio, a'troce visione, e designa un aldilà del sogno, in cui il desiderio si rende presente tramite la perdita dell'oggetto (...) «Solo nel sogno può prodursi questo incontro veramente unico... perché nessuno può dire·cos'è la morte di un figlio, se non il padre in quanto padre, vale a dire nessun essere cosciente. Infatti la vera form~la dell'ateismo non è Dio è morto :- pur fondando l'origine della funzione del padre nella sua uccisione, Freud protegge il Padre -, la vera formula dell'ateismo è che Dio è inconscio» (p. 59). La formula, fosse pure to be used once only, serve bene a inquadrare l'ateismo di Freud: di quest'uomo vecchio e malato, che pur dichiarandosi ateo, continua a scavare nel campo dell'Altro congetture su congetture alla ricerca di un nuovo Mosè. Ci si può limitare a rammentare l'osservazione di O. Mannoni: nei tre saggi del Mosè non una sola volta Freud cita il lavoro, costruito e coerente, di K. Abraham: Amenofi IV: contributi psicoanaliticialla comprensione dellapersonalità e del culto monoteistico di A ton (1912). Abraham, più giovane di Freud di ventun anni, mori per questa mancanza di riconoscimento? È un fatto che Freud non oltrepassò mai le colonne di Mosè 1 e Mosè 2, Mosè dell'acqua e Mosè del fuoco: aldilà si stendevala terra di Abramo, che rimarrà terra ignota per Freud. Abramo, a differenza di Mosè, che interessò Freud anche nella versione michelangiolesca, non suscitò l'attenzione di Freud se non una sola volta, e di sfuggita, durante l'analisi dell'Uomo dei lupi, là dove si tratta dei sentimenti ambivalenti dei figli verso il padre. La terra di Abramo sembra quella che si configura al di là di Freud, nello spazio di indicibile che irriducibilmente resta tra padre e figlio. EIS piazza Torricelli 4, 56100 Pisa CARLA BENEDETTI Una trappola di parole Lettura del "Pasticciaccio" Sezione di Letteratura italiana diretta da Carlo A. Madrignani L. 4.000 •.• ....................... . DOMENICO CORRADINI Quando una societa' non muore L. 5.500 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • VIRGILIO MURA La teoria democratica del potere· Saggio su Rousseau Collana Scienze umane diretta da Domenico Corradini e Gianfranco La Grassa L. 4.000 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • FRANCO A. CAPPELLETTI Una teoria per la politica Althusser nella cultura francese contemporanea Collana Filosofia e ... diretta da Remo Bodei e Domenico Corradini L. 4.000 Editori Riuniti Marina Cvetaeva, Boris Pasternak, Rainer Maria Rilke IL SETTIMO SOGNO. LETTERE 1926 Prima edizione mondiale A cura di K. Azadovskij, Elena e Evgenij Pastemak; edizione italiana a cura di Serena Vitale; traduzione di Serena Vitale e Joyce Fischer. Un folgorante romanzo epistolare: I'• eccezionale • storia d'amore di tre protagonisti della poesia del Novecènto. • I David ■• L. 5.500 Pa Kin IL GIARDINO DEL RIPOSO Traduzione e cura di Vilma Costantini Finalmente in Italia, dalla Cina di oggi, un capolavoro della letteratura mondiale. • I David •, L. 4.500.
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