Alfabeta - anno II - n. 13 - maggio 1980

lo riJengo che ciò significhi insistere sulla inaccessibilità alla introspezione dei principi basilari della psiche, almeno di quelli che fanno parte della sua struttura ereditaria che, deve esseresottolineato, è intesa comprendere i fondamenti apriori delle funzioni mentali più alte, una concezione questa che può essere ricondotta a Kant e ai suoi predecessori razionalisti. È bene notare, comunque, che Kant assume una posizione chiaramente opposta riguardo alla accessibilità. Così, nella Critica della ragion pura egli sostiene la seguente posizione: «Tutte le rappresentazioni hanno una relazione necessaria con una possibile coscienza emprica. Perchése esse non l'avessero, e se fosse parimenti impossibile diventarne consci, ciò porterebbe praticamente all'ammissione della loro inesistenza». A dispetto di tali osservazioni, che senza dubbio possono essere estese considerevolmente, mi sembra ancora generalmente appropriato dire che l'accessibilità dei contenuti della mente, in teoria, è una dottrina ben stabilita che compare, sotto forme diverse, in varie correnti della nostra tradizione intellettuale. Mi sembra che lo studio del linguaggio suggerisca che essa deve essereabbandonata, perfino come punto di partenza. Non c'è ragione di supporre che noi possediamo un accesso previlegiato ai principi che fanno parte della conoscenza e dell'uso del linguaggio, che determinano la forma e il significato delle frasi o le condizioni del loro uso, o che mettono in relazione «l'organo mentale» del linguaggio con allri sistemi cognitivi. La seconda dottrina cui ho accennato è la credenza nella «uniformità» della mente. Certamente, si è tradizionalmente assunto che la mente consiste di facoltà separate: «memoria, immaginazione o fantasia, comprensione, sentimento, e volontà». Quello che intendo esprimere facendo riferimento alla dottrina della uniformità della mente è la credenza che le varie strutture cognitive si sviluppano in modo uniforme -cioè, che ci sono principi generali di apprendimento che soggiacciono a tutti questi sistemi, rendendo conto del loro sviluppo: «strategie di apprendimento pluriorientate», come sono talvolta chiamate, che si applicano «al di là dei singoli confini». In contrasto, si potrebbe propo"e che i vari «organi mentali» si sviluppino secondo modalità specifiche, ciascuno in accordo col programma genetico, allo stessomodo in cui si sviluppano gli organi del corpo; e non è certamente più verosimile che esistano quelle strategie di apprendimento pluriorientate che dei principi generali di «crescita degli organi» che rendono conto della conformazione, struttura e funzione del rene, del fegato, del sistema visivo, e cosl via. Tali sistemi possono esistere a livello di biologia cellulare, ma non c'è motivo di anticipare una teoria di livello più alto della crescita dell'organo generale. Piuttosto, sottocomponenti specifici del programma genetico, entrando in opera con la maturazione dell'organismo, determinano le proprietà specifiche di questi sistemi. Lo stesso può parimenti essere vero delle strutture basiche implicate nella nostra vita mentale. La credenza nella uniformità, in questo senso, è comune ad approcci differenti quali quelli di Piaget e di Skinner, nel campo della psicologia, ed è stata espressa da molti filosofi contemporanei sotto varie forme. Nel sistema di Piaget, la crescita del linguaggio nella prima fase è modellata su primitive «costruzioni sensomotorie» mentre lo sviluppo susseguente è determinato da principi generali di «assimilazione», «ricettività», e simili, chepure soggiacciono ad altri aspetti dello sviluppo cognitivo. Come ho già notato, queste proposte mi sembrano troppo vaghe per essere discusse appropriatamente. Sembra esserci ben poca ragione di supporre che i principi della grammatica o della grammatica universale abbiano degli stretti analoghi in altri sistemi cognitivi, sebbene si possa rimanere neutrali sul problema. Inoltre non sarebbe in alcun modo sorprendente se questo si dimostrasse essere il caso, allo stesso modo in cui non ci aspetteremmo che leproprietà fondamentali del sistema visivo siano riflesse nel linguaggio. Le sicure affermazioni del contrario, che sono prevalenti nella letteratura recente, mi sembrano sia dogmatiche che prive di sostegni empirici o di argomentazioni plausibili. La credenza nella «semplicità» delle strutture mentali è strettamente connessa alla dottrina dell'uniformità. Nel caso del linguaggio, sia linguisti che altri studiosi sostengono comunemente che i principi della grammatica non possono essere «troppo complessi» o «troppo astratti» ma devono riflettere proprietà del suono e del significato, o devono essere direttamente determinati in qualche modo da «considerazioni funzionali», aspetti dell'uso del linguaggio. Evidentemente, non ci può essere nessuna argomentazione a priori a questo scopo. A me sembra che il lavoro recente tenda a sostenere una visione alquanto differente: che le regole della sintassi e della fonologia, almeno, sono organizzate in termini di principi «autonomi» di computo mentale e non riflettono in nessun modo semplice le proprietà della «sostanza» fonetica o semantica o elementi contingenti dell'uso del linguaggio. Ci sono dibattiti classici che vertono su tali questioni. Consideriamo, per esempio, la controversia riguardo aiprincipi dellageometria e ali'organizzazione dello spazio percettivo nella recente filosofia moderna. Descartese Cudworth credevano che la mente fosse dotata dei principi della geometria euclidea quale proprietà a priori. Noi vediamo una figura irregolare come un triangolo (possibilmente distorto), una linea retta, un cerchio, e così via, perché le nostre menti producono queste figure come «esemplari», esattamente come «le essenze intelligibili delle cose» sono prodotte dal «potere conoscitivo innato». Nella frase di Kant, gli oggetti si conformano ai nostri «modi di cognizione». Per Hume, invece, niente potrebbe esserepiù certo che il fatto che noi non possediamo alcun concetto di «una perfetta figura geometrica» aldilà di quello che i sensi trasmettono: «Poiché lo standard definitivo di queste figure non è derivato da nient'altro che i sensi e l'immaginazione, è assurdo parlare di una perfezione aldilà di ciò che queste facoltà possono giudicare; perché la vera perfezione di qualsiasi cosa consiste nella sua conformità al suo standard» Perciò, i primi principi della geometria «sono fondati sulla immaginazione é sui sensi» e sono assai lontani dall'essere sicuri; e le nostre nozioni di figure regolari sono derivate dall'esperienza. Più in generale, «tutte le 'JOStreidee semplici nella loro prima comparsa sono derivate da impressioni semplici, che sono loro corrispondenti, e che esse rappresentano esattamente» e le nostre idee complesse sono formate dall'unione di queste idee semplici sulla base di somiglwnza,contiguilàe causalità(coneccezioninonimportanti,quali i colori mancanti). In questi passati dibattiti, le questioni sulla uniformità e semplicità scaturiscono in un modo assai interessante, per quanto, come ho sottolineato, il principio della accessibilità sembra essere generalmente accettato, con qualche restrizione. Infine, consideriamo brevemente come il linguaggio si colloca all'interno del sistema generale delle strutture cognitive. Sicuramente l'uso normale della lingua richiede l'accesso ad altri sistemi di conoscenza e di credenza. Abbiamo già notato come sia difficile -se non addirittura impossibile in teoria - distinguere traproprietà semantiche che sono semplicemente dipendenti dal linguaggio e altre che si co"elano a nostre credenze sul mondo naturale. Noi usiamo il linguaggio su un. sostrato di credenze comuni sulle cose e entro il quadro di un sistema di istituzioni sociali. Lo studio dell'uso de(la lingua deve occuparsi della collocazione del linguaggio in un sistema di strutture cognitive che comprendono sia la competenza pragmatica che strutture che sono in relazione a questioni di fatto e di credenza. Per arrivaread una più avanzata comprensione della natura generale della mente umana, dovremmo chiederci in quali campi gli esseri umani sembrano sviluppare strutture intellettive complesse in modo più o meno uniforme sulla base di dati limitati. Ovunque sia questo il caso, possiamo ragionevolmente supporre che un programma genetico altamente strutturato sia responsabile del risultato, e possiamo dunque sperare di apprendere qualcosa di significativo sulla natura umana studiando i sistemi conseguiti. Il linguaggio è un settore ovvio. Si potrebbe sostenere che l'interesse intellettuale maggiore dello studio del linguaggio risieda nel fatto che è un campo complesso, particolarmente suscettibile di studio, distintamente umano, e associato nel modo più intimo ad ogni aspetto della vita umana. Ci sono altri argomenti che potrebbero essere studiati in modo similare. Per esempio, gli esseri umani possiedono considerevoli abilità percettive in certi campi. Consideriamo il riconoscimento dei volti. Una persona può riconoscere un numero enorme di volti umani e può identificare la presentazione di un singolo volto sotto vari orientamenti. Questa è una impresa considerevole che non può essere ripetuta con figure di corrispondente complessità. Potrebbe essereperciò interessante cercare di elaborare una «grammatica dei volti» o persino una «grammatica universale dei volti», per spiegare queste abilità. Forse, ad un qualche stadio di maturazione, qualche parte del cervello sviluppa una teoria astratta dei volti e un sistema di proiezione che le consente di determinare in che modo un volto umano arbitrario apparirà in una datapresentazione. C'è una qualcheprova che il riconoscimento del volto è rappresentato neuralmente nell'emisfero destro e che questa rappresentazione neurale è differita oltre ilperiodo in cui il linguaggio è fissato nell'emisfero sinistro. A tutt'oggi questi problemi devono essere ancora studiati. Essi potrebbero essere sviluppati con profitto lungo le linee generali sopra delineate, massimamente allo stesso modo della facoltà di linguaggio. Ci sono poi altri sistemi, di tipo più distintamente umano, più illuminanti per quanto riguarda caratteristiche più profonde e più fondamentali della specie umana? Forsesi. Ad esempio, una curiosa proprietà della mente umana è la nostra abilità a sviluppare certe forme di comprensione matematica - specificamente, riguardo al sistema numerico, lo spazio geometrico astratto, la continuità, e --:.:ita ~'3.::-t?.è.ieiaca. -:-, !':.:::.to. ::u~! s:fa~i, ,..la:"!ore. ~:.n-e =.,,_e ·r"'.111?."'C, rè~.!(!.-".~!:~. Cd"'~ .• 1-t::'..,"Bh!","Uh~•;. "?°l":":2.s-;• =", ":ie.•:'! ··-:1: ':-ee"l :e.:-:2.- s-;• =". -! ;rj ~èl'!.$":~! ,:-!.it"';"';t!.CC~- a. &~"'~~~ '"':'e .-1:1 !".i ts e.-;-;r:v:e:-so 11•e "!;.,-:--::-:e ~a~se 3.• :t"?.--' .... 1~lle. sa- : :i 3•:-., ...-,1~ e ~:!.o~1ola."l"':e. - te~- -•-"°• ~s-:,~o :!".~ :--.i e·· -~-:i !:!""::-it-:e:-:.t:. ;o:_! :-~:~_i;t;~;;i"-;: :"":;_! ::. TeenageLobotomy, Pavia 1979 (particolare) ~US"i t:ttO <i.allo sba.l ...a:--er to accecar. ";e ~'!! :-i t":!o. nozioni connesse. È arduo immaginare che queste capacità possano essere spiegate direttamente in termini di selezione naturale. Non sembra molto verosimile che l'abilità a risolvere problemi nella teoria dei numeri sia stato un fattore della riproduzione differenziale. Probabilmente, queste capacità si svilupparono concomitanti ad altre che conferissero vantaggi a favore della selezione. Comunque questo possa essere avvenuto, è certamente possibile investigare la natura di queste capacità e cercare di scoprire lo stato base della mente che consente loro di svilupparsi com§ fanno. Sicuramente, queste capacità risiedono nel nucleo della considerevole abilità umana a sviluppare conoscenze scientifiche in certi settori. Il lavoro di Piaget e dei suoi colleghi è stato particolarmente suggestivo a questo riguardo. Queste applicazioni sollevano ulteriori questioni. Dove strutture intellettive complesse si sono sviluppate in un modo essenzialmente uniforme sulla base di una esperienza limitata, lì abbiamo speranze di trovare qualcosa di significativo sulla natura umana, poiché è naturale rendere conto del fatto in base ad assunti sullo stato base della mente; invece, è difficile immaginare una alternativa, a parte il puro e semplice accidente. In alcuni casi, le contingenze empiriche della vita umana possono bastare a rendere conto delle linee generali di sviluppo, ma il punto in cui è necessario postulare capacità stabili per organizzare l'esperienza è spesso non interamente apprezzato. La storia della scienza suggerisce esempi che potrebbero essere illuminanti. Epoca dopo epoca, le persone sono state capaci di costituire notevoli teorie esplicative sulla base di dati dell'esperienza molto limitati, spesso rifiutando gran parte dei dati disponibili su -oscurebasi intuitive via via che cercavano di costruire teorieprofonde e intellegibili. Inoltre, sebbene la creazione di una nuova teoriasia unaconquistadi unaminoranzadotatadi talento, è statopossibile attraverso la maggior parte della storia della scienza che altri, dotati di minor talento, comprendessero e apprezzassero ciò che era stato portato a termine. Le teorie che sono state costruite, considerate intellegibili, e generalmente accettate via via che la scienza progrediva, sono state largamente sottodeterminate dall'esperienza. Strutture intellettuali di larga portata sono state sviluppate sulla base di dati dell'esperienza limitata e (fino a poco tempo fa) assai degenerati. Applicando il paradigma prima suggerito, siamo portati a investigare le strutture innate della mente che rendono possibile l'impresa. Cos'è la «capacità che forma scienza» che ci mette in grado di riconoscere come naturali e intellegibili certe teorie esplicative proposte, e di rifiutare invece o semplicemente di non considerare un ampio contingente di altre teorie che sono non meno compatibili con ' i dati de/l'esperienza? Non parlo qui della conquista creativa, ma piuttosto della valutazione della conquista, comune abilità umana; l'abilità a riconoscere, con piena comprensione e piacere, che è stata prodotta una teoria esplicativa intellegibile. Parte di questa capacità che forma scienza deve essere una proprietà innata della mente. Ciò non significa affermare che tutta lapotenziale conoscenza scientifica ,.._::j) è «preformata» al momento della nascita. Piuttosto, lamente umana 7 è dotata di un certo insieme di principi che possono essere messi in ~ opera quando sono poste certe questioni, è stato raggiunto un certo li." /J livello di comprensione e sono disponibili certi dati dell'esperienza, ~ per selezionare una classe ristretta di teorie possibili. Forse questi,.._)? principi, anche. potrebbero essere fruttuosamente considerati come 7 uno schematismo generale che caratterizza la classe delle teorie A intellegibili, consentendoci dunque di sviluppare sistemi di credenza ~ e di conoscenza di grande portata e di grosso potere sulla base di dati limitati dell'esperienza. Evidentemente la portata e i limiti della conoscenza sono intimamente relati. Così, se ci sono principi che rendono possibile l'acquisizione di sistemi ricchi di conoscenza e di credenza, allora proprio questi principi limitano la classe di teorie accessibili. Analogamente, un insieme ricco di principi di grammatica universale ci consente di conseguire la nostra conoscenza estensiva del linguaggio sulla base di esperienza limitata, e, allo stesso modo, questi principi escludono lingue che violano i principi stessi, come inaccessibili alla facoltà di linguaggio (alcune potrebbero essere imparate, con sforzo, applicazione, e formulazione esplicita e verifica di ipotesi, per mezzo di altre facoltà della mente). È concepibile che polremmo scoprire i principi che sottostanno alla costruzione di teorie intellegibili, arrivando così ad un tipo di «grammatica universale» delle teorie scientifiche. E analizzando ~ questi principi, potremmo determinare certeproprietà della classe di teorie accessibili. Potremmo dunque sollevare la seguente questione: qual è la relazione intercorrente fra la classe di teorie umanamente accessibili e la classe delle teorie effettive? È possibile che l'intersezione di queste classisia assai ridotta, che poche teorie effettive siano accessibili. Non esiste alcun argomento evolutivo a favore del contrario. E neppure c'è alcun motivo per accettare la dottrina tradizionale, quale espressa da Descartes, che la ragione umana è uno «strumento uniwrsale che può servire per tutte le contingenze». Invece, è un sistema biologico specifico, con le sue potenzialità e limitazioni associate. Può risultare che sia stato un fortunato accidente che l'intersezione non sia nulla. Non c'è alcuna ragione particolare di supporre che le capacità che formano scienza proprie degli esseriumani o le loro abilitàmatematiche, consentano loro di concepire teorie che si approssimano alla verità in ogni (o qualche) dominio, o di intuire le leggi della natura. Potrebbe risultare,per esempio, che l'investigazione di ciò che gli esseriumani fanno, eperché, riposi aldilà della competenza umana, sebbene una scienza della natura umana possa essere in teoria costruita da un organismò biologico con differenti qualità di mente. Una conclusione pessimistica, ma non necessariamente falsa. Questioni similari possono esseresollevate riguardo alle arti. Certe condizioni sulla scelta e le disposizioni delle espressioni linguistiche caratterizzano i generi letterari intellegibili agli esseri umani, con valori estetici per gli stessi; altri no. Non è vero che ogni modo di organizzare i suoni sia un sistema umanamente accessibiledi musica. In questi e molti altri settori, è stata esplorata una certa gamma di possibilità per creare strutture di meravigliosa intricatezza, mentre invece altre non vengono mai prese in considerazione, oppure, se-- esplorate, portano allaproduzione di opere che non si conformano alle normali capacità umane. Noi non sappiamo realmente perché dovrebbe essereproprio cosi. Forse questi problemi sono, nondimeno, suscettibili di una indagine modellata sullo studio di quei pochi sistemi cognitivi che hanno svelato almeno una minima parte dei loro segreti. Come Marshall Edelson ha recentemente sottolineato in alcuni studi estremamente interessanti, Freud sollevò simili questioni nella sua opera classica. Edelson suggerisce che nel rendere «ésplicite le operazioni secondo le quali un sogno - un sintomo, una barzelletta, un mito, un'opera d'arte -viene costruito», Freud dette «uno dei suoi più grandi contributi alla psicoanalisi come scienza semiologica». Un sogno, nella concezione di Freud, non è «nient'altro che una particolare forma di pensiero» creata da principi che egli chiama «attività onirica», che costituisce «l'essenza del sognare -la spiegazione della sua particolare natura». Egli si propose il compito di «investigare le relazioni fra il contenuto manifesto dei sogni 'e i pensieri latenti del sogno, e di rintracciare i processi per i quali i secondi si sono mutati nel primo (...) il contenuto del sogno appare come una trascrizione dei pensieri del sogno in un altro modo di espressione, le cui caratteristichee leggisintattiche, è nostro compito scoprire comparando l'originale e la traduzione». È allettante tracciare qui un'analogia con le regole della grammatica, che correlano livelli svariati di rappresentazione linguistica. Non ci aspetteremmo di trovare le stesse rappresentazioni e gli stessi principi-di «trascrizione» in così diverse «forme di pensiero» quali i sogni e l'uso normale del linguaggio, ma non è del tutto irragionevole, ritengo, cercare una relazione più astrattafra i due sistemi come Edelson fa, portando avanti gli affascinanti suggerimenti di Freud. Ritengo che ·, egli abbia ragione quando suggerisce tutto ciò come un approccio appropriato a «una scienza semiologica per comprendere opere della mente dell'uomo così apparentemente diverse quali la poesia, la musica, la metafora e l'interpretazione psicoanalitica». Una tale «scienza semiologica» può risiedere non lontano dagli orizzonti della ricerca corrente. Certamente, c'è stato del lavoro suggestivo e assai insigne in parecchi dei campi che potrebbero cadere sotto una teoria generale della funzione simbolica, e parte di esso consapevolmente relato a idee sulla struttura del linguaggio umano, e anche qualche tentativo di sintesi generale Si potrebbe sperare di porre questo lavoro in relazione con studi in certa misura comparabili sul processo visivo - per esempio, sui sistemi analitici implicati nella identificazione degli oggetti tridimensionali sotto varie condizioni. Forse può esserepossibile delineare lo schema minimo di una psicologia cognitiva generale che cercherà di determinare "' le proprietà strutturali di «organi mentali» specifici e i loro modi di :: integra;,ione, di proporre degli universali biologici che governano -~ questi sistemi, ponendo così i fondamenti di una teoria significativa ~ dell'apprendimento umano in settori diversi. Concepibilmente, /'in- ~ tera gamma di problemi sulla natura della funzione, struttura, base ~ fisica, e sviluppo nell'individuo e nella specie può essere aperta ad e indagine per gli anni futuri, per svariati componenti della mente -~ umana. Con l'eccezionale successo delle sèienze biologiche nella E generazione passata, non è forse troppo sperare che i problemi ...., classici concernenti la natura della mente umana e i suoi prodotti ...., possano essere assimilati al corpo generale della scienza naturale i negli,anni che ci stanno davanti. ~ (traduzione di Luciana Brandi e Stefania Stefanelli) ""' <l:; ©Joseph Smith Editor - Yale University Press • New Haven si

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==