Alfabeta - anno II - n. 13 - maggio 1980

Linguaggeioconoscenzianconscia Noam Chomsky L o studio del linguaggio fa pnrte della biologia umana. Nello studio di qualsiasiorganismo o macchina, possiamo distinguere tra l'analisi astrattadei principi secondo i quali esso opera e lo studio della realiuazione fisica dei processi e dei componenti postulati nell'analisi astratta. Così, lo studio della percezione visiva potrebbe condurre all'ipotetica strutturazione di certi componenti astratti - per esempio, i rivelatori di tratti - che entrano in questo sistema. Una ricercaulteriorepotrebbe rivelare il meccanismo fisico che entra in relazione con le·condizioni astratte postulate. !::f.!ll!2.. • n utomatismo si uò tentare di determinare il suo roramma ad un livello astratto oi roce ere a a ricerca e1 rmc1 i meccamc, e e re izzano i ro ramma astratto. ossiamo ire e e lo stessoprogramma è rappresenta I e secon o configurazioni molto diverseper disegno e costituzione. Nello studio degli esseri umani, una ricerca direttamente sperimentale nei meccanismi fisici è generalmente impossibile per l'esistenza di un'etica della sperimentazione o, più semplicemente, per il poco tempo a disposizione. Perciò il livello astrattodella ricercaè gravato da un peso eccessivo. È importante capire, però, che non si tratta, qui, di asserzioni di principio: non c'è nessun problema filosofico specifico di questo tipo di ricerca come risultato delle limitazioni degli esperimenti fattibili. Problemi simili sorgerebbero anche nello studio di un settore inorganico che per qualche ragione non potesse essere isolato. Si può parlare dello studio delle capacitàintellettuali dell'uomo e del loro funzionamento come dello studio della mente, senza che questo implichi ché esiste una res cogitans come una «seconda sostanza» separata dal corpo. Si può anche tentare di analizzare le basi fisiche della mente, nella misura in cui questo è possibile. Come possiamo procedere all'analisi delle proprietà del linguaggio? Per chiarire il problema, possiamo riferirci al compito, meno controverso, di studiare la struttura fisica del corpo. Un approccio razionale potrebbe essere quello di scegliereun sistema fisico ragionevolmente limitato -un organo del corpo -e tentaredi determinare la sua natura. Fatto questo in un certo numero di casi, si può procedere ad un più alto livello di analisi e chiedersi come interagiscono gli organi, come crescono e si sviluppano, come funzionano nella vita dell'organismo. Consideriamo il tipo di problemi che ci potremmo porre intorno ad un organo del corpo - dicia1noun occhio, o più ampiamente, il sistema visivo considerato come organo. Potremmo organizzare la nostra ricerca secondo le seguenti linee: 1. a. funzione b. struttura c. base fisica d. sviluppo nell'individuo e. sviluppo evolutivo Cosl potremmo chiederci (a) che cosa fa il sistema visivo, a quale scopo serve nella vita umana. Cercheremo poi di determinare (b) i principi secondo i quali è organizzato e opera. Date alcune caratterizzazioni della struttura del sistema visivo a tale livello astratto, potremmo cercare di stabilire (e) il meccanismo fisico che si congiunge allecondizioni di (b), chiedendoci come i principi struttura/i e gli elementi postulati si realiuano di fatto nel sistema fisico del cervello. Vogliamo anche sapere (d) come il sistema arriva ad assumere la sua forma matura, come la natura e l'educazione interagiscono nella crescita de/l'organo - un problema, questo, che può essere posto a livello astratto di studio della mente o rispetto allo studio fisico del cervello. E infine, potremmo cercare di scoprire (e) come gli aspetti geneticamente determinati de/l'organo, stabiliti in (d), arrivino ad essere quello che sono, secondo le specie. Considerando questi fondamentali problemi riguardo al sistema visivo, notiamo che l'organismo si trova, a/l'inizio, in uno stato geneticamente determinato comune alle specie, che, in principio, possiamo ignorare. Esso passa attraverso una sequenza di stati finché raggiunge uno stato finale maturo che, successivamente, subisce solo cambiamenti marginali. Pare che questo «stato stabile» venga raggiunto abbastanza presto nella vita. Ma benché l'organo della visione sia già allora essenzialmente fissato nella sua struttura, si può ancora «impararea vedere» in nuovi modi nel corso della vita, per esempio applicando quella conoscenza che si raggiunge più tardi, o anche attraverso l'allenamento a nuove forme della rappresentazione visiva nelle arti, come nel cubismo. Come disse Ralph Cudworth, un filosofo platonico inglese del diciassettesimo secolo: «un abile ed espeno acquerellistaosserverà molte eleganze e finezze artistichee saràsommamente compiaciuto di svariati tocchi e ombre in un quadro, che un occhio profano non può discernere affatto; e un artista della musica che ascolti un gruppo di bravi musicisti che suonano una eccellentecomposizione, sarà estremamente incantato da molte armonie e tocchi a cui un orecchio volgare sarà totalmente insensibile». La psicologia razionale classica stabin che era la mente, non l'occhio o l'orecchio fisico, responsabile di questi più sottili meriti. Oggi, pochi negherebbero che qualche tipo di cambiamento fisico sottosta, per esempio, alla capacitàde/l'abile ed esperto acquerellista di percepire molte cose che sfuggono all'occhio comune, ma è ragionevole considerare questi arricchimenti come basati su un'interazione de~'organo della vista - l'occhio e la corteccia visiva - con altre componenti del sistema cognitivo nel suo complesso. In anni recenti si è svolta un'interessall/e attività di ricerca sulla natura e lo sviluppo degli organi della visione, attività che è estremamente suggestivaper lo studio di strutture cognitive paragonabili a quelle del linguaggio. Studi sul sistema visivo dei mammiferi hanno fatto progressi nel determinare i principi strutturali de/l'organizzazione (I. b) come le loro basi fisiche (1. e), e nello stabilire le proprietà geneticamente determinate dello stato iniziale (I. d). Un compito ulteriore della ricercaè quello di determinare come lo stato iniziale geneticamente determinato si sia sviluppato nel corso della sua evoluzione (I.e), ma questo, evidentemente, è un problema di ordine molto diverso. È qui che sorge in maniera significa1iva il problema della funzione (I. a). Nessuno suppone che i bambini imparino ad avere occhi capaci di vista perché essi sono utili per soddisfare questa funzione; la funzione degli occhi è quella di vedere, ma questa osservazione non è un co111ributointeressante allo studio ontogenetico. Piuttosto, mi sembra che sia nel contesto di (I. e) che il problema funzionale trova il suo reale interesse. Supponiamo allora di studiare il linguaggio secondo il modello di un organo del corpo, sollevando i problemi (I. a)-( l. e). Consideriamo brevemente questi problemi uno per uno. Qual'è la funzione del linguaggio?Si ritienefrequentemente che la funzione del linguaggio sia la comunicazione, che il suo «scopo essenziale»sia quello di rendere capaci le persone di comunicare le une con le altre. Si ritiene inoltre che solo col considerare questo scopo essenziale si può scoprire il senso della natura del linguaggio. Non è facile valutare questa questione. Che cosa significa dire che il linguaggio ha uno «scopo essenziale?» Supponiamo che nella tranquillitàdel mio studio io stiapensando a un problema, usando il linguaggio, e anche scrivendo ciò che penso. Supponiamo che qualcuno parli onestamente, semplicemente per un senso di integrità, pienamente consapevole, comunque, che i suoi a.~coltarorsii rifiuteranno di comprendere o anche di considerare ciò che sta diéendo. Consideriamo una conversazione informale condo/la con il solo scopo di mantenere delle relazioni amichevoli casuali,senza particolareal/enzione ai suoi contenuti. Sono, questi, esempi di «comunicazione»? Se è così, che cosa significa «comunicazione» in assenza di ascoltatori, o con ascoltatori che si ritiene siano completamente apatici, o senza nessuna intenzione di comunicare, o di modificare credenze o attitudini? Mi sembra dunque che o si deve privare la nozione di «comunicazione» di ogni significato, oppure si deve rifiutare il punto di vista secondo cui lo scopo del linguaggio è la comunicazione.Mentre si afferma comunemente che lo scopo del linguaggio è la comunicazione e che non ha senso studiare il linguaggio separatamente dalla sua funzione comunicativa, non c'è nessuna formulazione di questa credenza, per quanto io ne sappia, da cui seguano proposte sostanziali. Lo stesso si può dire dell'idea che lo scopo essenziale del linguaggio sia quello di raggiungere certi fini strumentali, di soddisfare bisogni, e così via. Sicuramente il linguaggio può essere usato per tali scopi - come anche per altri. È difficile dire quale sia «lo scopo» del linguaggio, ad eccezione, forse, de/l'espressione del pensiero, una formulazione del resto abbastanza vaga. Le funzioni del linguaggio sono svariate. Non è chiaro che cosa potrebbe significare l'asserzione che alcune di esse sono «centrali» o «essenziali». Più produttiva sembra la proposta secondo cui considerazioni funzionali determinerebbero il carattere delle regole linguistiche. Supponiamo che si possa dimostrare, per esempio, che una regola dellagrammatica inglesefacilita una strategiapercelliva per l'analisi della frase. Abbiamo allora il fondamento per una spiegazione funziona/e della regola linguistica. Sorgono però diverse questioni, anche prescindendo totalmente dal problema de/l'origine della strategiapercettiva. La regola linguisticaè un vero universale? Se è così, allora l'analisi funziona/e è rilevante solo a livello evolutivo; il linguaggio umano deve avere tale regola, o una analoga, in virtù di una proprietà della specie. Supponiamo, al contrario, che la regola linguistica debba essere appresa. Possiamo ancora mantenere la spiegazione funziona/e, ma ora avrà a che fare con l'evoluzione. dell'inglese. Cioè, quell'inglese sviluppatosi in modo tale da accordarsi con questo principio. In ambedue i casi, la spiegazione funzionale si applica al livello evolutivo -sia l'evoluzione dell'organismo, sia quella del linguaggio. Il bambino non acquisisce la regola in virtù della sua funzione più di quanto egli impari ad avere un occhio a causa dei vantaggi della vista. La seconda questione basilare (1. b) è quella che merita la discussione più estesa, ma in questa sede dirò ben poco. Non posso tentare di delineare in poche parole le risposte che sono state date al problema «Qual è la struttura astrai/adel linguaggio?» o agli interrogativi che ne scaturiscono. Se il lavoro degli ultimi anni si avvicina in qualche modo al suo scopo, allora possiamo dire che una lingua è generata da un sistema di regole e principi che entrano in complessi calcoli memali, in modo tale da determinare la forma e il significato dellefrasi. Queste regoleeprincipi sono largamente inconsci e vanno oltre il potere della consapevolezza potenziale. La nostra perfetta conoscenza della lingua che parliamo non ci dà nessun accesso privilegiato a questi principi; dunque non possiamo sperare di determinarli con l'imrospe.zioneo la riflessione «dal di dentro». Corrispondentemente, non c'è alcun fondamento per stipulazioni dogmatiche come sul grado o la qualità della complessità o astra11ezzache è «consentita» in una teoria <!ellastruttura linguistica, così come una tale dottrina a priori sarebbe fuori luogo nello studio del sistema visivo o di un altro organo del corpo. La parte più intricata degli studi sulle strutture del linguaggio è quella che verte sugli universali linguistici, ossia sui principi che pertengono molto generalmente al linguaggio come fenomeno di necessità biologica (non logica). Data la ricchezza e la complessità del sistema grammaticale di una lingua umana e /:uniformità della sua acquisizione sulla base di un'evidenza limitataespesso degenerata, può sussisterequalche dubbio sull'esistenza di principi universali altamente restrittivi che determinano lo schema generale di ogni lingua umana e ugualmente, forse, gran parte della sua specifica strullura. Determinare questi principi è il problema più profondo della linguistica contemporanea. Consideriamoancora il modello del sistema visivo. Lavori recenti hanno portato allaconclusione che «lo sviluppo del sistema nervoso è un processo fortemente condizionato da un programma genetico [-] il programma genetico permei/e una serie di realizzazioni possibili, e l'esperienw individuale intervienu s,,10 per spuificnze --=::: quale sia la realizzazione effettiva» (Grobstein e Chow). Per esempio, un neurone individuale ha un orientamento specifico fissato, ma il programma genetico determina la serie entro la quale esso può esserefissato <:[aelis'perienza. Similmente, le proprietà generali della visione binoculare sono determinate geneticamente, ma il controllo preciso del gioco delle immagini che entrano dai due occhi è fissato sulla base dell'esperienza visiva. Conclusioni analoghe sembrano potersi stabilire nel caso del linguaggio umano. Anche qui, pare che il patrimonio biologico limiti nettamente il corso della crescita linguistica, o comunque ciò che è chiamato, con qualche imprecisione, «apprendimento linguistico». Per rendere conto della rapida transizione a uno stato stabilmente uniforme sulla basedi un'esperienza abbastanza limitata, dobbiamo postulare 11110 stato iniziale geneticamente determinato che «permette ww seriedi realizzazioni possibili» e, per di più, una serie adeguatamente ristrel/a,in cui l'esperienza individuale interviene «solo per specificare qu,1lesia la realizzazione effettiva». Ci sono buone ragioni per supporre che lungo lo sviluppo della specie umana l'abilità di acquisire il linguaggio sia rimasta invariata entro limiti ristretti, a prescinderedallapatologia. Possiamo assumere che uno stato iniziale fissato e altameme restrittivo sia posseduto da rulla l'umanità. Pare che lo stato iniziale del bambino comprenda già i principi generalidellastruuura linguisticanei suoi deuagli, offrendo così uno schematismo ricco e complesso che determina il contenuto dell'esperienza linguisticae lo specifico linguistico che si sviluppa alle condizioni limitate date da/l'esperienza. Se la restrizione iniziale è sufficientemente severa, al bambino saràpossibile conseguire un sistema di grande complessità sulla base di dati limitati, dati sufficienti a regolare tuue le possibilità tranne una sola o poche. Dunque egli conoscerà lalingua compatibile con lasua limitata esperienza, anche se 1101s1i effeuuera1111c0oncretamente rapporti di generalizzazione, astrazione, induzione e tuui quelli simili che pongono in relazione il sistema raggiunto nello stato finale con i dati dell'esperienza. La Versounagramm,~!if~ra.~lla conoscenza I I saggio che viene qui presentato è il per grammatica universale si inlende intesa come «grammatica universale» nuti manifesti del sogno, secondo 11110 ti politici, degli aspe/li più tecnici della testo di una conferenza tenuta da quell'insieme di do/azioni genetiche del sapere umano. Se al suo interno la strategialinguisticaancora in gran par- sua Jeoria.Anche se è possibile ammelNoam Chomsky nel novembre 1976 che costiluiscono la base necessariaper grammatica linguistica propriamente te sconosciuta. La «scienza semiologi- tereche, per quanto riguarda il versante presso la Washington School of Psy- lo sviluppo del linguaggio nel bambi- della è destinata a giocare un ruolo ca» che vieneauspicata da Chomsky in linguistico, è proprio quest'ultima a ::: chiatry e raccolta nel volume dello no. Non sarà inutile ricordare infat1i chiave, proprio a causa dellepossibilità questo saggio si configurerebbe dun- rappresenlare il contributo più innova- ~ stesso Chomsky, ancora in corso di che la tendenza, riproposta anche in di formalizzazione che essa presenta, que come un tentativo di simesi genera- rivo dello studioso, tu/lavia una più ·~ stampa, dal titolo Rulesand Represen- questo saggio, a considerare lo studio tutlavia contributi determinanti a questi le dei reciproci rapporti tra le singole approfondila conoscenza degli aspetli e:,_ tations. Si tra{tadunque di una riftes- della facoltà linguistica in modo analo- fini possono essere offerti dallo studio at1ivitàsimboliche presenti nella mente meta/eorici della sua riflessione, oltre ~ sione che si pòne in un'ottica più vasta go allo studio di qualsiasi altro organo delle arti, viste anch'esse come a11ività umana, in perfeua coerenza con la sua ad evitare taluni fraintendimenti che si °' di quella della teoria grammaticale in del corpo umano, si colloca perfetta- simboliche, connesse al funzionamento visione di una Jeoriascientifica del fin- sono diffusi negli ultimi anni, e nono- ~ senso stretto, ma non nuova per il fin- mente nel quadrò più ampio di una mentale; e, di contro, tali ricorrenze guaggio intesa come correlazione tra stante i limiti inerenti a questa come ad ·.;, guista americanò: infatti, è ormai noto ricercapsicologica orientata, negli Stati potranno essereanalizzate solo a parti- differenti sistemi cognitivi. altre teorie altamente specializzate, po- g:> anche in Italia il contributo dato da Unili, allastrutturazione di una scienza re da ciò che è noto grazìe agli siudi Per concludere, vorremmo notare trebbe offrire un contributo validoper i E Chomsky al chiarimento dei presuppo- esatla dell'uomo. sulla mente umana. In questa prospet- come Jroppo spesso le traduzioni ira- dibattiti che anche da noi si svolgono '.'.:! sti teoriciper uno studio scientifico del- Si delinea in questepagine, perquan- riva, anche l'attività onirica acquista un liane dell'opera di Chomsky abbiano attorno a/l'irrisolto problema della :: /'acquisizione del linguaggio, implican- to ancora allo stadio di una potenziale rilievo in quanto processo di simboliz- trascuratomolta parte del suo pensiero conoscenza umana. !: ti una stretta correlazione tra acquisi- linea di tendenza, una sorta di progetto i.azione, cioè di «traduzione» dei con- certamente degna di maggior rilievo, a ~ zione e grammatica universale, dove di scienza generale della conoscenza, tenuli latenti dell'inconscio nei conte- tutto vantaggio, se si escludono gli seri/- -!:; ._ ______________________________________________________________ __,.;

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