Alfabeta - anno II - n. 12 - aprile 1980

tiva. Lei accenna al progetto del teatro delle fonti, ed è molto difficile parlarne, perché il rischio è di dire troppo, prima che il progeuo sia veramente avanzato. Non bisogna confondere il teatro delle fonti con il parateatro; il teatro delle fonti è qualcosa di diverso dal parateatro e ancora di più è diverso dal teatro dello speltacolo. Il lavoro sul teatrodelle fonti in un certo modo è il mio lavoro personale, 'privato'. Quando io ero ancora sludenle parlavo (in maniera· molto ingenua, bisogna dire, ingenua e compromettente, con un linguaggio intelleuualistico e sojis1ica10)parlavo dunque dell'uomo nell'universo e dell'uomo di fronte aifenomeni naturali, e del fatto che l'uomo dovesse mettere a confronto il proprio corpo e il proprio ambiente, la mente e le forze che lo circondano, come se tutto ciò fosse un'altra ecologia. Non usavo queste parole, ma questa era l'idea. Oggiposso parlare del teatro dellefonti, ma forse in maniera un po' troppo impressionista. Io sento che nella nostra condizione umana noi siamo chiusi da due muri. C'è un muro dentro di noi che ci separa diciamo da/le nostra energie dimenticate, le energieche applichiamo nella vita solo per una piccola parie del nostro potenzia/e. Se ne può parlare in maniera più scientifica indicando i diversi emisferi del cervello e cose del genere, ma non lo posso dire io, bisogna rivolgersi agli specialisti. Quel che so per la mia esperienza vissutaè che ci sono energie dimenticate e bloccate dentro di noi, e che esse sono assai potellli. «L'altro muro è invece davanti a noi, ed è il muro che ha murato i nostri organi percettivi. È come avere delle fine!tre e scoprire un giorno che vi hanno costruito una casa proprio dava111ip, roprio a contatto. La finestra esiste ancora, ma il muro si i111erpone fra voi e il mondo. Questo muro riguarda dunque i nostri organi di percezione e il modo in cui utilizziamo le nostre capacità inte/lettua/i. Ce ne serviamo per nominare le cose, e dunque osserviamo i nomi invece dei fenomeni. I bambini, che non hanno ancora sofisticato questi processi, vedono. Noi invece stiamo veramente perdendo la nostra capacità di percezione. È come una specie di pe/licola che chiude la nostra percezione. Ciò è stato certamente come un prezzo che abbiamo pagato per costruire la nostra civiltà e per sviluppare /'i111e/lettoL. 'inte/letto è certamellle qualcosa di molto importante, come un computer assaipotente, ma noi non l'abbiamo utilizzato nel modo migliore. Dunque i nostri sensi sono coperti da una specie di pellicola. « Dal pulllo di vistadel poeta, questo è molto più facile da dire, come ha fatto Blake parlando di pulire la porta della percezione, o come Dostojevskij nei Fratelli Karamazov, quando il vecchio Zosima racconta la storia di suo fratello giovane che è mortalmeme malato: già condannato a morte lui si chiede perché non si è mai accorto di vivere in paradiso. I suoi sensi erano stati sbloccati da/l'imminenza de/la morte. « Dunque, un muro dentro di noi e un muro davanti a noi, 1111 muro che ci separa dalle energie nascoste e l'altro che ci separa da/la percezione diretta. Ora la chiave è questa: i due muri sono uno solo. Questa ipotesi di lavoro è il punto di partenza del teatro de/le fonti. Ma quando io parlo del teatro de/le. fonti in maniera del tutto elementare e semplice come sto facendo, lo faccio partendo da/le tecniche de/le fonti. Ci sono de/le tecniche de/le fonti, che sono statesviluppate in certeculture da molte generazioni. Per seguire un metodo 'sciemifico' bisogna ben precisare il campo de/la ricerca. Di quali tecniche de/le fonti parlo? O, se vogliamo porre la domanda in maniera più scientifica, quando parlo di tecniche de/le fonti, che genere di tecniche inglobo? La mia rispostaè: le tecniche che sono a/lo stesso tempo drammatiche ed ecologiche. Drammatiche nel senso che non sono comemplative, ma che sono radicate in ciò che è dinamico, realizzato in azioni (questo vuol dire etimologicamente 'drama'), e che perciò sono palpabili. E 19/fi,~ Depero, Autoritratto con pugno futurista ( /9/ 5) d'altro canto sono talmente connesse con la percezione che si può dire che sono ecologiche, perché situano sempre l'uomo di frome a/le forze de/la nalLlra». Seicantateinottava Luigi P llisar 1) [ki biiyiik nimetim var: biri zevce, biri yarim ... Chiaro l'occhio, co/loquio e costante mezzo, nostro? Coltivazione de/l'ànimo, incarna, giùngere a conoscenza. Senza seguire, astrazione, cercarlo (.... siamo lontani ....). E indicàto palmo de/la mano, stessa facililà nel tiro, cuoio non conta, spiegàto che signìfica. Non si può raggiùngere, guadagno o pèrdita, capìta l'azione (... ne siamo lontani ...), rumore di quella cascata. Oh, potessi rivederla! .... frutto silvestre che, 110, non si vende. 2) Yenibahar seli. Di primavera la notte, vorrei senza scopo, atto, nella mano fatta a guancia/e e solo per il sogno senza più ubriachezza nè torpore, insieme, lontano, contaminato amore di pena, addoloranti brume di porto. Chi il figlio degli umani?.... Pìccolo, no: chièdere se agli spiriti o ai sacrifici della sabbia, scìvoli, (nebbie della gonna) fiorita vetta dell'a/lòra caldo vento, adèmpiere la mattina, o morire la sera senza rimpianto. 3) çember tegèti. Eppure non avevo pregato, imperversasse spietata tormenta sulle foglie, pìccole, sera che viene, ge/àta.... Sul mare lontana, vista ne/la nebbia, punto minùscolo, scòrger/a, supino: sopra, la sua testa che dòndola. Promessa sicura: gelo del mattino, prega ancòra; oh, come brilla il profilo! ... nùvole veloci, ansia opprime, ostruita da rocce la vìa che al di là apre chiaròre..... .. Ràpida com'è, la corrente, questa notte non hai dormito. 4) Tehlikeli madde! ..... Diviso torrente, al grido de/la tòrtora, trapèla con tristezza lo sguardo, luna già distante ne/l'alba. E assorbe la sabbia l'ùltima rugiada dove sonno pacàto nè dimenticanza nè rassegnazione. Mia vita, nessuno scampo, corvi che vedo, tanti, profondo da/le fessure va/Ione della stanza, se andare a lungo, amata diviene, affliuo viso; luna a tristezza conduce, per una sola noue, breve come canna. Amare ancòra? nebbia già si alza. 5) Otuz çiçekler. iiç çiçekler ... senin için ... bugiin ... Asciutto non ancòra, acquazzone, crepùscolo basso. Maniche zuppe, potessi separare, filo di perle rotto, fiacca l'esistere. Muti colori e modi, bagnate e ribagnate, ècco. Roccia al largo, invisibile e ignola. Dunque, dormire, àbili stesi o butlàti, notte di brina e non canta il gri/lo. Mai asciutto, pòpolo minuto di un mondo effimero, io sul co/le dimòro: donna, oggi, tu. Inchiostro, mano tinta, notte .... E sòtfiano i venti, distante nebbia, co/lo-so/levato in dolore. 6) .... Siiziip. siiziipte, ey huri .... Autunno o inverno? La be/la, piccole barche, visione. Funi e remi su/la spiaggia, sormita e ubriaca, distesa mia ùmida nudità, calma, poche ore fa amante; neve sui campi, lustranti dolci àliti, segno di attesa. I/ vecchio te/lo cadente, inùtile, di giòvani àlberi marci tristezza... Oh, Casa da/le Mille Pieire! .... Nessuna offerta recàta, non me solo, la stoffa distesa scioglie. Ràbbioso, rabbioso vento a scòtere sonno di anni, fiwrstrappàto geme nuovo fiore. dic. '79-gen.' 80 Tutto ciò ha qualche rapporto con la magia? «Non si tratta di magia, ma di ecologia. Ho evitato la parola magia perché con essa è forte il rischio di trovarsi in una specie di zuppa confu.sadi fatti differenti. Dunque tecniche drammatiche ed ecologiche, a/lo stesso tempo. Dato che i due muri sono uno, il drammatico e l'ecologico appartengono a una sorta di continuum. Quali tecniche tradizionali possiamo osservare? Ci sono le tecniche dei Misteri, come i Misteri antichi. Sepassiamo aifenomeni de/le culture negro-africane, come certe tecniche vudu, queste sono assai vicine a que/le dei misteri. D'altra parte abbiamo anche ciò che si è sviluppato da queste basi, cioè le tecniche di visitazione, que/le che permettono di essere visitati da/le forze, cioè de/le specie di stato di trance; e ce n'è diverse, specialmente ne/le culture de/l'Africa nera e dei Caraibi. Le tecniche africane hanno particolarità di tipo esistenziale, mentre nella cultura balinese le particolarità sono soprattutto espressive. Per chiarire, l'aspetto ecologico (il passaggio fra ciò che è l'uomo e quel che appartiene a tutto il 'mondo vivente'., come dicono gli indiani d'America) è molto più marcato ne/le tecnicheafricane. Ci sono poi le tecniche come que/le di Bauli, una specie di yoga che è a/lo stesso tempo drammatico, musicale, in azione. E certe tecniche che si pongono giusto a/la frontiera fra il teatroclassicogiapponese Noh e lo Zen, dove non si può dire se si trattadi teatro o di qualcos'altro, perché i due aspetti sono presenti. «Si possono studiare le differenti tecniche de/le fonti ed è appassionante. Col gruppo imernazionale con cui io ho realizzato la prima tappa del teatro Poesie Giovanni Raboni L'appartamento I. Passa, dicono, le giornate de/le fonti, ci siamo confrontati con certi fenomeni di questo genere. Ma l'obietlivo non è questo. Non .sono le tecniche de/le fonti che sono essenziali per noi, perché le tecnichede/le fonti appartengono a certe civiltà, a certi popoli. Bisogna conoscerle stimandole. Noi altri siamo condizionati dal nostro contesto. Quel che io cerco dunque non sono le tecniche de/le fonti, ma le fonti delle tecniche, qualcosa di primario che è tanto evidente e radicato ne/l'essere umano, quanto il fatto di avere braccia e gambe. AJ/ora esiste qualcosa che è elementare: lefonti di tutte queste tecniche de/lefonti. Questo è l'obbietlivo del teatro de/le fonti, perché esso nasce proprio al momento che si prendono in considerazione i due muri, que/lo dentro di noi e que/lo davanti a noi, e si capisce che sono uno. Se si tratta di 1111 solo muro e si vuol fare una breccia in esso, la brecciatocca ne/lo stesso tempo il drammatico e l'ecologico. «C'è bisogno in questo lavoro di una speciale precisione. E ciò richiede che la gente esterna che partecipa lo faccia non solo per condividere la nostra esperienza, ma anche perché è necessario avere dei 'tester', 11011 solo dei testimoni ma dei verificatori, per garantire l'oggettività del lavoro. Questa ricerca va condivisa anche perché si riferisce a problemi molto inquietanti per lagente in questo periodo. Dobbiamo dunque, passo dopo passo, partendo dal seme di questo gruppo internazionale che ha incominciato a lavorarci, a/largare /entame111eil lavoro e confrontarlo con persone esterne interessate a questa ricerca drammatico-ecologica che cerca di perforare il muro de/l'energia e de/la percezione. li primo passo in questa direzione lo faremo l'estateprossima». con addosso un pigiama, una vestaglia. A chi gli consiglia d'uscire, di muoversi, altrimenti i muscoli, a/la sua età, si atrofizzano, le giunture, si bloccano, risponde con un dolce, lento sorriso. 2. Caverna, bunker, mucosa, spolverati libri che nessuno leggerà né scompiglia, grande schermo millimetrato de/la concentrazione, del/'introiezione - e dovrebbe spegnerlo, vestirsi, arrischiare le ossa nell'aria confusa, piena di pò/line? 3. Va piano piano a/la finestra a vedere se nevica ancora, se continua nel buio luminoso, là fu.ori l'infantile disastro del mondo. Dall'altare nell'ombra Tendo l'orecchio: è mai possibile? il sibilo acido, strappato di mia madre che muore ... e soffi, schiocchi d'amido, lampi d'argento da/l'altare de/le siringhe, ne/l'ombra ... Ma no, è la mia gatta che dorme, è il suo respiro pesante, pastoso di nonna, e io vorrei darle tutto, frugare nel/'ombra, rovesciare del camuffato altare di palissandro i cassetti uno per uno, ah tu/lo, i bei coralli rosa, i co/letti di pizzo, la bofte di lacca con le rondini, di lunghi guanti coprire le sue zampe pelose se solo(memoria,memoria,come mi fai cilecca) ricordassi il nome della via, il numero, il piano e dove nella casa, nell'ombra, nella penombra, la porta, la porta, la finestra, il buco... marzo 1980

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