a Vaucanson per dar vita al suo automa flautista. statua lignea che, suonando dodici motivi diversi. aveva suscitato l'ammirazione dei salotti parigini e meritato, nel 1734, l'encomio dell'Académie des Sciences. E non c'è anima che tenga: come, per La Mettrie, non si può risalire all'origine delle cose, come è indifferente, ai fini della serenità umana, che Dio esista o non esista, cosi le «facoltà» dell'anima dipendono dall'organizzazione fisica, e «anima» è un termine vano, di cui non possediamo alcuna idea. La macchina diventa il tramite che ricongiunge l'umanità all'animalità. È referente analogico, modello esplicativo, proposizione sillogistica, che restituisce autonomia all'organico, e cancella la frattura teologica tra le forme inferiori e quelle superiori di vita. Si configura nella sua qualità di strumento, polemico e offensivo, utile a La Mettrie per dichiarare che la transizione dall'animale all'uomo non è violenta. Più ancora: al di là della cultura e dell'immaginazione che ne caratterizzano la socialità, e lo avvantaggiano, è per l'uomo un onore essere ricompreso nella classe degli animali, cui è certamente inferiore in quanto a istinto. I giochi le astuzie e gli espedienti che la Gesammelte Werke Voi. I: Der Mann ohne Eingenschaft (trad. it. L'uomo senza qualità. Torino, Einaudi, 1957-'62; 1972 2 pp. 1481. lire 25.00); Voi. Il: Prosa und Stiicke. Kleine Prosa, Aphorismen. Autobiografisches. Essay und Reden. Kritik. Hamburg. Rowolt. 1978 pp. 4105. D.M. 176 Tagebiicher Hamburg, Rowolt, 1976 pp. 2456, D.M 460 (2 voli.) I I La storia di questo romanzo ''viene~ dire che la storia che in esso s1 doveva raccontare non viene raccontata», scrisse Musil dell'Uomo senza qualità. Come dire che qui si racconta l'impossibilità del racconto. Di quell'ordine narrativo che consiste nel poter beatamente dire: «Dopo che fu successo questo, accadde quest'altro» e che è come l'infilare un filo. quel famoso filo del racconto di cui è fatto anche il filo della vita, attraverso tutto ciò che è avvenuto nel tempo e nello spazio. Ma questo pacificante filo, col quale persino le bambi'naie calmano i loro piccoli, e sul quale forse in campagna, ci si illude ancora di poter infilare gli eventi - scriveva Musil - in città, si è disperso. poiché qui ctutto è già diventato non narrativo. non segue più un filo ma si allarga in una superficie infinitamente intessuta». Non si tirano più le fila disperse nell'eterogeneità degli avvenimenti cittadini. come non si tirano più le fila nel cervello di Moosbrugger. il folle. E l'Uomo senza qualità è la storia di queste fila che si disperdono in una superficie infinitamente intrecciata. come dire di un racconto che si fa tessuto. cioè. alla lettera. testo. Ma quello del racconto non è l'unico filo. C'è il filo della vita. c'è il filo dei discorsi che seguono un filo, c'è il filo della Storia che-segue un corso. Tutti quanti - a detta di Musi! - «accorciamenti prospettici dell'intelligenza». linee unidimensionali. successioni semplici. ordini univoci. nominazioni esaustive. E chi infila il filo attraverso la molteplicità degli eventi facendone racconto. discorso. storia. scienza o ideologia è sempre lui. l'uomo con le sue «qualità» e le sue prospettive ben salde. il soggetto. Solo che da qualche tempo- notava Musi! - soggetti e prospettive si moltiplicano vorticosamente senza ritegno e con loro i discorsi. le ideologie. le natura insegna tanto rapidamente agli esseri inferiori. l'uomo deve faticosamente apprenderli. Così accade per la sessualità - una delle insistenze di La Mettrie - di fronte alla quale l'umanità. a differenza delle bestie, «si nasconde come se si vergognasse di provare il piacere e di essere fatta per la felicità». L'aspettativa di chi apre l'Homme machine credendo-di trovarvi la mappa del funzionamento dei meccanismi umani, è destinata ad andare delusa. A La Mettrie non interessano schemi illustrativi e istruzioni per l'uso. Non si cura di mostrare come scattino ingranaggi, ruotino pulegge e come le leve vincano resistenze. li meccanicismo descrittivo che penseremmo di veder pervadere il suo trattato sull'uomo, non c'è. C'è, per contro, qualcos'altro. La Mettrie assolda la macchina per gettare nella mischia una visione del mondo, e guerreggiare con quelle avversarie. Vuole sminuire l'umanità, liberarla dal primato cui teologia e spiritualismo l'avevano incatenata; sottrarle lo scettro, e farle riconoscere la parentela animale d'appartenenza. Su un piano parallelo, la materia non ha più bisogno di chiedere ad altri il principio della propria esistenza e le cause della propria organizzazione, ritrovandole in sé. Conseguentemente, le scienze della vita e la pratica medica - cui La Mettrie era dedito - non richiedono più legittimazione alcuna dalla Rivelazione. e possono «conoscere» i corpi animati senza interferenze di nessun genere. Questo. in definitiva. premeva asserire al materialismo settecentesco. Un progetto ambizioso: privare l'uomo dell'anima. istituire raccordi strutturali con la macchina, e· restituirgli l'immagine animale da quella riflessa. Un progetto che. abbandonata l'intermediazione del meccanicismo, solo un secolo più tardi giungerà ad esecuzione, non senza scatenare, insieme con l'ostilità della comunità scientifica, i turbamenti del senso comune. Anche nella sua veste analogica, la macchina dunque non riesce a nascondere la propria natura subordinata di strumento. L'intero snodarsi dell'intreccio uomo-macchina-animale non trova esaurimento in se stesso, ma ostinatamente rinvia e allude ad altro. La Mettrie ne fa l'uso che abbiamo visto. Hofstadter non è da meno. E con lui tutti coloro che, a partire dagli anni Trenta del nostro secolo, hanno preso a cimentarsi con quei dispositivi tecnici i quali, mimando l'intelligenza dell'uomo, sembravano mutare tutta quanta la costellazione dei nessi classici tra l'orgoglio e il suo artefice. Dietro gli interrogativi tendenti a problematizzare la natura delle Thinking Machines. è venuta affacciandosi una serie di opzioni. più profonde e quasi sempre inconfessate. relative al dominio e al controllo. Ancora una volta si è parlato della macchina pensando all'uomo. al suo posto nella natura e nella società. D allo spazio matematico entro cui il teorema di Godei aveva vigore, la generalizzazione è dilagata. Hofstadter ne amplia la risonanza, a tal segno da voler affrontare la questione della presunta incapacità dell'uomo a comprendere i propri mecca- • nismi mentali. La strana circolarità che sarebbe al centro dell'intelligenza umana pone ipoteche sulla effettiva concepibilità di una coscienza che agisce come una fuga a più voci. Che l'autore trovi «meravigliosa» quella figura musicale, non conforta. E neppure tranquilizza. a paragonarli con l'uomo zoomorfo di La Mettrie, che gli animali di Hofstadter - la tartaruga, il granchio, la formica- siano antropomorfi e intrattengano il lettore nei dialoghi. Anzi, tutto ciò insinua il dubbio che l'edificio barocco, la selvaggia proliferazione di segmenti argomentativi tanto eterogenei da disorientare, mirino in ultima istanza ad un unico fine. Vediamo quale, azzardando un'ipotesi. 1 calcolatori si presentano come gli esseri più inflessibili, più privi di passione. più schiavi delle regole, di fronte ad un'intelligenza umana che non s'accontenta del finito, ma proietta se stessa in un incessante gioco di specchi. Ecco allora che l'elogio della mente - tanto «superiore» e complicata da sfuggire spesso a precise determinazioni - giustifica appieno l'uso dei computers e la crescente loro rilevanza nelle procedure decisionali della società contemporanea. Grande davvero. - quest'intelligenza che ha saputo produrre attrezzature così sofisticate: ma un po' «strana», non riducibile ai trastulli meccanici. Più affidabili, questi ultimi. più sicuri e controllabili. Nulla costa concedere incommensurabilità e irraggiungibilità alla mente dell'uomo, purché si lasci indisturbato chi è alle prese con un'altra forma di intelligenza, inferiore sl, ma quanto più efficiente. Vedemmo La Mettrie reclutare l'- homme machine allo scopo di imporre una nuova dissezione, atea e materialistica, del corpo e degli abiti umani. Vediamo ora un qualunque esperto di «computer science» - non scandalizzi l'accostamento - restituire all'uomo unicità ed alterità rispetto ai precipitati materiali della sua virtuosità tecnica. Ammesso che ce ne fosse stato bisogno. logica apparente e senso del discorso dimostrano ancora una volta di non coincidere. Nulla di preoccupante. Basta saperlo. La tessituradiMusil scienze e le fedi. Anzi è proprio per questo vorticoso moltiplicarsi prospettico da cui si dipartono innumerevoli fili che - forse anche per via di quel famoso «aumento degli scambi» di cui parla nel romanzo Amheim, l'industriale che di scambi se ne intende - circolano. confluiscono e si intersecano in interrelazioni mutevoli e incessanti, che tutto si spande oggi in un tessuto sterminato. Tanto da sembrare talvolta simile alla legge del sogno, oppure un 'edizione aggiornata di quella metafora originaria magico-mistica, ripresa anche dai romantici, ove la vita è un rimando analogico totale. Ma come vivere e come scrivere in un mondo ridiventato tessuto, senza uscirne. rimuovendolo, lungo l'univoca catena di «prima che, dopo che» o «a causa di, ecco che» del racconto o delle spiegazioni teoriche esaustive? È il problema che Musi! tenta di risolvere immergendosi nel tessuto, assumendone la prospettiva multipla; e da Il risucchiando, deflagrandole, tutte quante le prospettive univoche, le ingenue dei racconti ma anche le più sofisticate di discorsi e saperi, attirandole in quello spazio «più saggistico» - Claudia Monti sospeso fra narrazione e spiegazione e che «considera un oggetto da molti lati diversi senza mai comprenderlo tutto» - del romanzo-saggio. Ove anzi l'ingenuo e patetico discorso dell'io concreto, il racconto, è quello già battuto in partenza da tanti più autorizzati e più autorevoli discorsi cui appartengono ormai. assai più che a colui che li vive, eventi e esperienze; come l'incidente forse mortale del passante, nel primo capitolo, appartiene a plurimi fili e ordini impersonali - statistiche sugli incidenti automobilistici, corsa troppo lunga dei freni, assistenza sanitaria - piuttosto che all'umile filo della sua vita. li testo di Musi! disfa tutti i fili del linguaggio-mondo, gli stereotipi linguistii;:i «non solo della lingua, ma anche di sentimenti e impressioni» che costituiscono il Kitsch della realtà, risucchiandoli nel tessuto dal quale si sono fittiziamente isolati e ripetuti poi sempre uguàli. fino a irrigidirsi nelle «parole identiche a se stesse», nelle «allegorie congelate» della nostra vita. Perché la parola-mondo che sembra «identica a se stessa», cioè «reale» e come la realtà quello che è e poche PompeoBorra, Le amiche (o Composizione). 1923 (Biennaledi Venezia,1924). storie. è invece solo «analoga a se stessa». quello che è ma anche innumerevoli altre cose in cui può ad ogni istante trasformarsi: un mondo o parola «possibile». Come quel mondo-parola di Dio che Dio fa «pensando che potrebbe benissimo farlo diverso» e non intendendolo per nulla «alla lettera, bensì come un'immagine, un'analogia, un modo di dire», ma che gli uomini invece hanno preso alla lettera irrigidendolo in una soltanto delle sue possibili interpretazioni, nell'univoca realtà. E continuano a prenderlo alla lettera anche ora che il circolare vorticoso delle parole in tanti eterogenei discorsi torna ad alludere al loro carattere analogico, non certo nel senso in cui è analogica la parola di Dio, in un senso ben diverso, che tuttavia, strutturalmente. vi somiglia. M usil, dal suo spazio saggistico, frantuma le parole-mondo irrigidite nell'interpretazione letterale, le smonta nei loro meccanismi ideologici; slittando ironicamente di prospettiva in prospettiva e spostandole incessantemente di contesto, spezza i nessi obbligati che le inchiodano ad una identità, per riaprirle alle loro proteiformi, inesauribili possibilità. Lo fa anche nei saggi talvolta, come con la parola «stupidità» nel Discorso sulla stupidità (Shakespeare & Company, I 979): bello, eppure se confrontato col romanzo-saggio, assolutamente spento nel suo predicare sulla polivalenza di una parola, piuttosto che farla emergere da sè scagliando la parola in un vortice di discorsi diversi di personaggi diversi che automaticamente ne catalizzano valenze diverse. Mischiando, spostando, voltando e rivoltando le parole di tutte le ideologie, i saperi, le mode, i discorsi del potere e di chi lo contesta, quelli di avanguardia e di retroguardia, specialistici, politici, metafisici o mistici, Musi! ne svela, sotto i rigidi isolamenti e le ostili separazioni, insospettata analogie, correlazioni e collusioni: un loro segreto rincorrersi e rinfrangersi in quel tessuto di rimandi sterminati che fanno cosi spesso rassomigliare proprio il moderno alla cangiante metafora originaria, o al Dio che parla per analogie, o al mobile testo originario della vita. Cosa però che il moderno non è. Perché è invece «una specie di budino nervoso» che per via dell'immane produzione di vicende e discorsi che circolano, si uniscono, si sciolgono, si intrecciano e si scambiano senza sosta, «ad ogni scossa tremolava tutto». Il problema di Musi! - «eroico», come diceva lui - è allora quello -di vivere e di scrivere stando dentro al mobile testo-tessuto, senza uscirne lungo uti filo univoco, masenza neppure disperdervisi e andarvi alla deriva: scelta oltremodo insensata tanto più se il fluttuante tessuto, oltre che l'intrecciarsi scintillante della vita inarrestabile. è anche il «budino nervoso» degli inarrestabili scambi. E senza neppure disperdervisi allegorizzandolo o delirandolo in una di quelle che Musi!considerava pseudo-alternative, in realtà mimetiche ripetizioni dell'esistente, cioè le alternative totali delle avan- "' guardie. Lui le «saggia» tutte le alterità, la follia, i segni che si scuciono e ridive,ntano magici mimando l'itinerario linguistico di certe avanguardie (Hugo Bali, per esempio), l'idiozia o il • dionisiaco; ma, da quell'inflessibile - e tavolta insopportabile-cacciatore delle «illusioni umane» che è, non concedendo e non concedendosi mai nulla, le molla tutte, anche quell'ultima, l'unica alterità vera forse, l'unica presa sul serio certo, tanto amata e seducen- - te. ripresa e accarezzata: la misticaconcava-femminile-implosiva.
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