Alfabeta - anno II - n. 9 - gennaio 1980

CAPPELLI <()> SAGGI CAPPELLI novità 5 SALVATORE SECHI LA PELLE DI ZIGRINO Storiae politicadel PCI. 6 GIANNI BAGET-BOZZO TESI SULLA DC Quale presente,quale futuro. nellastessacollana 1 GIANNI BAGET-BOZZO L'ELEFANTE E LA BALENA Cronache del compromesso e del confronto. 2 MARIO ISNENGHI L'EDUCAZIONE DELL'ITALIANO Il fascismo e l'organizzazione della cultura. 3 ANITA SEPPILLI LA MEMORIA E L'ASSENZA Tradizione orale e civiltà della scrittura nell'America dei Conquistadores. 4 DANIEL SINGER PRELUDIO ALLA RIVOLUZIONE 1968-1979: stagioni di conflitti. In libreria distribuzione PDE Accademia delle Scienze dell'U.R.S.S. STORIA D'ITALIA Volume 1° « Studi e documenti » pagg. 554 L. 18.000 ldomeneo Barbadoro IL SINDACATO IN ITALIA Dalle origini al congresso di Modena della Confederazione del Lavoro (1908) « Studi e documenti » pagg. 556 L. 18.000 Camillo Brezzi IL CATTOLICESIMO POLITICO IN ITALIA NEL '900 « Studi e documenti , pagg. 258 L. 7.500 Anna Bartolini GLI ALIMENTI TRA SALUTE E PORTAFOGLIO « Biblioteca del Calendario » pagg. 352 L. 6.000 Guido Fiorentino ENCICLOPEDIA DELL'INFORMATICA « Biblioteca del Calendario » pagg. 236 L. 4.000 Antonio D'Amico - Alba Rossi Dell'Acqua Piera Sacco ENCICLOPEDIA DELLA FISICA « Biblioteca del Calendario , pagg. 366 L. 6.000 TEllEDITORE VII EnricaNlle23 • 21133 111111 dall'area dei Cahiers du Cintma, dalla scuola di Bazin che viene una smentita radicale al discorso di Bazin sul cinema come linguaggio delle cose, dell'immediatezza del reale. Ma mentre il Godard dei secondi Anni Sessanta, quello di Deux ou trois choses que je sais d'e/le, de La chinoise e di Weekend, distruggeva lo sguardo fenomenologico per produrre un linguaggio totale, annettere al cinema nuovi territori, integrare la pratica cinematografica al processo rivoluzionario, il Rohmer di Perceval rompe l'impressione di realtà e l'identificazione possibile per garantire la separatezza, sottolineare l'estraneità, riconoscere le articolazioni della produzione e gli sbarramenti e le divisioni che la caratterizzano. Cosl il senso del cinema di Rohmer sembra rivelare nella scoperta della differenza del simbolico, dell'immaginario spettacolare dal reale e della loro implicazione organica con il vuoto e l'apparenza: una scoperta che, ovviamente è processuale, mai acquisita una volta per tutte, mai totalmente definibile, sempre segnata dalla struttura sfrangiata e fluida della differenza, ma ben radicata nelle opposizioni e nei significati prodotti. La differenza e il vuoto costituiscono in qualche modo il centro anche del primo filmdi Handke, che finora aldilà della sua più nota attività di scrittore aveva lavorato nel cinema soltanto come sceneggiatore di Wenders. Ma sono una differenza ed un vuoto che non operano direttamente sul piano del simbolico come rivelazione del suo statuto e del suo funzionamento, ma vengono contemplati sul piano del vissuto e sussunti nel simbolico attraverso l'operazione creativa. Il vuoto, la differenza di Die linkshiindige Frau sono la sospensione totale della convenzione sociale, l'affermazione radicale e imperturbata dell'opposizione tra il flusso dell'esistenza e il quadro dei rapporti sociali. Sono l'assenza dall'omogeneo, la lontananza incolmabile dai funzionamenti codificati, la fuga dalla parola mercantile come dalla parola ideologizzata. L'astensione dalla quotidianità normalizzata è la scelta per il vuoto come condizione della differenza, come abbandono all'imperturbato fluire del tempo. Qualcosa che sospende le implicazioni e le complicità con il presente e riscopre non tanto un'improbabile autenticità quanto una deriva logica e insensata nell'essere radicalmente oltre. «Questo deserto è una fata morgana», scrive Handke nella poesia Erschrecken. n deserto, il vuoto sono lo status dell'estraneità e dell'alterità possibili, sono la forma della fine come apertura ad una libertà segreta non antagonista, cioè differente. Nel filmdi Handke la soggettività si nega come proiezione sulla società formata, progetto di qualcosa, passaggio per l'oggettualizzazione, e diventa una trama sospesa, un ritmo che ha abolito la profondità e la superficie e risulta incommensurabile rispetto a tutti i modelli esistenziali diffusi. La soggettività non ha più né finalità, né obiettivi, non è più in nessun posto, ma diventa una epifania pura che spazza via ogni complicità e ogni illusione. Handke realizza questo discorso dilatando sino alla disperazione i tempi della narrazione filmica, inchiodando lo spettatore di fronte all'assenza, distruggendo l'orizzonte dell'azione, e facendo della soggettività insieme uno spazio insensato di autonomia ed una presenza oggettuale. È un'operazione linguistica in cui confluiscono in fondo reminescenze del linguaggio dell'école du regard più rigorosa, una idea della scrittura come tensione permanente, avventura romantica (un saggio di Handke è intitolato La letteratura è romantica) e la mobilità di un flusso linguistico lineare e vuoto, segnato dalla scoperta nel vuoto di una traccia nascosta del tempo. Cosi il rapporto con il vuoto diventa la condizione di una disautomatizzazione, di uno svincolamento esistenziale e linguistico che sono una delle forme possibili, oggi, del rifiuto dell'integrazione, della fuga, della deriva. E la fuga, la deriva, come forme radicali della differenza sono poi, in modo diverso, il nucleo diffuso dei film più rigorosi di Chantal Akerman e di Wenders, che rappresentano forse il livello di maggiore radicalità dell'avventura filmica degli Anni Settanta. Chantal Akerman e Wenders vengono dalla generazione del rock e del dopo 68, del passaggio dai Rolling Stones ai Sex Pistols, del femminismo ·e della fine del politico, della fine del femmi- • nismo e della simulazione generale, della fine dell'LSD e dell'eroina di massa, la generazione più dissennata e frammentata del dopoguerra, che ha abolito l'ordine del valore e gli ha sostituito l'estensione non-finita e angoscianìe delle superfici. Wenders è oltre l'utopia, oltre la sintesi trasgressiva, oltre imessaggi socializzabili, oltre l'eccesso e il pericolo. Nei film di Wenders non c'è più ideologia (propositiva) perché le ideologie sono tutte morte. Nella post-contemporaneità dei film di Wenders non c'è più spazio per nulla, e in primo luogo per qualsiasi tipo di trasformazione del mondo. I film di Wenders vengono dopo la fine, dopo la fine della fine. La fine dell'ideologia, la fine della modificabilità, la fine delle intersoggettività positive. Non c'è più dover essere, non c'è più messaggio. li simbolico registra la deriva permanente, è esso stesso forma di questa deriva. I flussi si espandono, circolano nel tessuto intersoggettivo, non rappresentano la realizzazione di un desiderio, né la sua esibizione collettiva, ma ne attestano semmai il tessuto schizoide, il procedere itinerante e nomadico. li nomadismo è infatti la costantè diegetica e linguistica dei film di Wenders. Non radicarsi significa non costruire, rifiutare gli schemi, le identificazioni, i programmi, le trasformazioni collettive, porre in atto «linee di fuga» (Deleuze), allargare i confini dell'esistenza. Significa scegliere per il soggetto, l'individualità contro i gruppi, per l'esistenza (e la sua filosofia) contro le socializzazioni (e le ideologie che implicano), assumere la struttura stessa della processualità come modulo di vita. li nomadismo è l'apertura totale, lo spostamento continuo degli investimenti, l'assorbimento temporaneo del reale, la deiezione nel mondo senza acquisizione di significati stabili. Non è . la ricerca dell'identità attraverso la dislocazione nello spazio, ma lo sfrangiamento dell'identità, la sua polverizzazione indolore. Muoversi, spostarsi significa non farsi catturare, non farsi ridurre a unità, non optare per l'essere ma per il divenire. N aturalmente il nomadismo di Wenders non è un nomadismo finalizzato. li viaggio non porta da nessuna parte, è un'altra forma dell'immutabilità: la presunta trasformazione che la dislocazione spaziale suggerisce non è altro che immutabilità ridefinita, conferma nelle diversità di superficie. Tutto è già accaduto e quel che accade, accade soltanto, è puro evento, senza riferimento al valore, senza significato. La differenza sta prima, nella scelta del viaggio, nell'-0pzione nomadica. Il divenire, come processo dell'immutabile, movimento dove non c'è nulla da mutare, è la differenza. Il nomadismo è la differenza. Ma dentro il nomadismo la differenza coniuga la continuità, distrugge ogni velleità di mutamento. Il viaggio è la contemplazione del mutamento degli spazi, l'apertura fenomenologica dello sguardo, lo spo: stamento dell'identità. Die Angst des Tormanns beim Elfmeter, Alice in der Stiidten, Falsche Bewegung, Im Lauf der Zeit. I personaggi di Wenders non cambiano perché non c'è nulla da cambiare, non c'è nessun miglioramento da attuare, non c'è nessun ideale da realizzare. Sono personaggi che non aderiscono alle cose e non le trascendono, che non hanno progetti esistenziali, non sono calati nell'immediatezza del reale e insieme non sono· estranei alla vita, che sono puro evento e insieme hanno una distanza infinita, incolmabile dall'evento; non sono altro che le cose che accadono loro e sono assolutamente aldilà di quelle cose; sono il flusso stesso degli eventi e insieme non sono neppure sfiorati dagli eventi. Sono un io sfrangiato, diffuso, disperso tra gli eventi, e insieme lontano da tutto, irraggiungibile dalle cose, nascostochissàdove,o, forse,addirittura assente. E il linguaggio cinematografico che li esprime, li produce, è anch'esso tutto fatto di eventi e di spostamenti, di dislocazioni nello spazio e di dilatazioni infinite del tempo. È un linguaggio insieme fenomenologico, che contempla la realtà («è innanzitutto il fatto di contemplare eh'! mi ha affascinato facendo film») e schizoide, che dissocia, divarica le cose, compone e scompone l'immagine spinto da esigenze contrapposte («trovo Die Angst un film completamente schizoide»). Cosi Wenders nel linguaggio e nella diegesi, nella Weltanschauung e. nell'azione filmica ci offre insieme il nomadismo e la schizofrenia, l'essere fuori e l'essere lacerato, lo scivolare sulle cose e il non avere nient'altro, che sono forse la forma esemplare e allucinata degli Anni Settanta. È il superamento della tragedia e dell'ideologia, il superamento della trasformabilità e degli idoli che caratterizzano la contemporaneità, il nostro essere senza illusioni e senza neppur più delusioni, dopo la fine. E questa è in fondo la stessa dimensione essenziale del cinema di Chantal Akerman. Certo Chantal Akerman resta ancora, soprattutto nei primi film, invischiata nell'ideologia e nella rigidità dell'affermazione d'una opposizione, come rigore utopico di un punto di vista di parte che è il punto di vista della donna. Ma l'assunzione del femminismo, la programmatica costruzione di una scrittura della donna ruotano poi attorno ad alcuni nodi che investono la nostra condizione epocale, il nostro essere nella frammentazione e nella catastrofe. Cosl il soggetto femminile non è proposto dogmaticamente e affermativamente dalla Akerman, ma sottoposto invece allo stesso sfrangiamento, da una disseminazione processuale che nega ogni possibilità di ricostituzione ideologica d'un soggetto unario (nella sua eventuale versione femminile). L'io è frammentato, sottoposto all'infinita frammentazione dello specchio, al gioco infinito delle maschere (le tu il elle). La cristallizzazione sociale è la morte, l'accettazione della soggettività definita diventa l'ergastolo dell'identità, il peso spazio-temporale del quotidiano la forma intrecciata della distruzione e della follia (Jeanne Dielman). La figura sociale, il ruolo diventano impossibili. Restano soltanto la fluttuazione degli istanti e la costanza della deriva, la predominanza delle cose che schiacciano l'io e il dissolvimento negli eventi. Il nomadismo, l'incertezza, la non identificazione dominano anche i film della Akerman. Ma in Chantal Akerman il viaggio è sempre viaggio, che riflette, ridefinisce l'orizzonte della donna e la centralità del rapporto conla madre. E il viaggio in News from home, inLes rendez-vous d'Anna, nello stesso Je tu il elle, è non solo la deriva senza tempo dei film di Wenders, ma la deriva e il ritorno, la dislocazione e la riflessione: non è mai un viaggio assolutamente vuoto e non finalizzato, ma ha sempre un polo, forse non centrale, ma certo ineliminabile. Tuttavia questa riemergenza di un centro nella speculazione della Akerman, non pregiudica la costruzione di filmassolutamente centrifughi, fondati sullo slittamento, sullo spostamento laterale progressivo. I film della Akerman (tranne Jeanne Dielman) procedono per flussi marginali, accumulano spazi periferici, lavorano sui vuoti, sugli eventi, sui materiali trascurati dal cinema commerciale. La Akerman opera sulle immagini scartate, sugli interstizi del reale, sui vuoti. «Io lavoro sulle immagini che sono fra le immagini... prendendo delle immagini che nel cinema in generale fanno parte delle ellissi, che sono le immagini più devalorizzate». Senza identità, senza oggetti determinati, senza storia, senza messaggio diretto, i film della Akerman come quelli di Wenders sono in qualche modo la fine della fine e il vuoto dopo la fine. Ma proprio perché tutto è fini. to e, in primo luogo, i criteri per classificare e giudicare la fine della tragedia e il superamento della catastrofe. E se c'è una lezione sulla forma attuale del simbolico da trarre da questo cinema (e da quello di Handke e di Rohmer diversamente) forse può essere cosi formulata: che nella deriva, nel nomadismo(mentaleenon), nella fluidità del vuoto e della differenza quello che sparisce, in primo luogo, è il funzionamento paranoico dei valori e della repressione, delle ideologie e dei codici. Dove la liberazione (ideologica) non è più possibile si apre forse lo spazio (o l'indicazione) per qualche itinerario, solo apparentemente minore, di libertà: nella marginalità e nella differenza.

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