Alfabeta - anno I - n. 8- dicembre 1979

Università Cattedre «Qu~1l~@,~;gf;.fgc~,io ••• » Ecco le domande di Alfabeta ai docenti: I) Di quali discipline siete titolare e dove. 2) Quale corso farete quest'anno. 3) Eventuali sottocorsi, seminari e altre iniziative didattiche. 4) Quali gruppi di ricerca saranno eventualmente in funzione, sia legati ai corsi che indipendenti. 5) Quanti collaboratori avete e che tipo di servizio didattico complessivo viene offerto agli studenti. 6) Cosa verrà richiesto agli studenti (esami, esercitazioni ecc.). 7) Quali libri base dovranno conoscere (eventualmente: il prezzo, la reperibilità). 8) Per quali ragioni (pedagogiche, scientifiche, ecc.) avete scelto i temi del corso. 9) Perché ritenete che tali temi siano da trattare oggi all'università. l O) Previsioni sul numero degli studenti e sulle loro risposte. Paolo Fabbri I nsegno Comunicazioni di massa alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Bologna, corso di laurea DAMS, istituto di Comunicazione e Spettacolo, sez. Comunicazione. Programma: (i) una introduzione generale e succinta ai problemi della cultura di massa in prospettiva semiotica; (ii) un corso particolare sulla Sfinge. Una iniziazione alla «ricerca sul segreto» nella teoria e nelle pratiche comunicative. Il progetto viene da un interesse insistente per una tipologia dei discorsi trasmessi dai mass-media e per la loro efficacia manipolatoria. Una semiotica orientata verso la struttura agonistica della comunicazione (corso 77/78) ed il suo potere di trasformazione passionale (corso 78/79) è incuriosita dai modi di formare simulacri di verità: di come il discorso gioca alla verità o come la verità viene giocata nel discorso (seminario sulla falsificazione 77/78). La forma e la funzione del segreto (e delle altre modalità dette veridittive: vero, falso, menzogna) è proposta dai segni e dai discorsi, non commisurata ad un referente esterno. Quanto in un testo è formulato o informulato va dunque letto nelle marche discorsive e nelle tattiche di enunciazione a diversi livellidi complessità (anche un silenzio può dissimulare un'informazione o indicare un segreto o simularlo). Ma il segreto è anche un «affare» pragmatico: il far sapere del testo, la sua dimensione cognitiva (cognito/incognito) non si esaurisce nei tratti linguistici, ma può predisporre una circolazione di segreti tra emittenti e riceventi caratterizzati da diverse distribuzioni del sapere e da disegni cognitivi diseguali. Un'informazione, simulata o dissimulata, diventa segreta solo se esiste un interesse e una passione dell'Enunciante e dell'Enunciatario a ottenerla o a perderla: il segno criptico è sempre per qualcuno (destinatario, depositario); può durare fino alla tomba ma è sempre sulla punta della lingua. Un'ossessione, privata e scusabile, per i segni e la lingua visti non solo come 'bits' di informazione ma come atti e patemi, ci fa pensare che sia questa la via maestra per intendere la «persuasione» e qualche fenomeno vicino (l'efficacia simbolica, gli effetti di obbiettività e di verosimiglianza, e cosi via). Q ualche specificazione. I concetti, rigorosi e minuscoli, della linguistica (la descrizione dei presupposti, degli impliciti e delle implicature) saranno iscritti in una semantica discorsiva meno miope, che ha fatto della teoria narrativa un modello servizievole per una teoria dell'azione (degli atti linguistici e segnici). L'intento, non l'esito, è una (macro) sintassi della comunicazione furtiva che - se non dà il segreto di fabbrica dei segreti- provveda almeno la traccia di una tipologia enunciativa (ad es., le graduali occultazioni che vanno dal sottinteso al taciuto) ed enunciazionale (ad es., le combinazioni e le manovre dei punti di vista linguistici o delle prospettive visive). L'informazione incognita viene rappresentata come un oggetto modale (che regge e modifica una proposizione) trasformabile secondo percorsi veridittivi orientati (il segreto può diventare menzogna e verità, ecc.); questo oggetto circola tra gli attanti del testo secondo configurazioni da tipificare. Un segreto (su una situazione o su un'azione, o su un altro segreto) possiamo acquisirlo e perderlo, possiamo liberarcene o esserne privati, ci può essere attribuito come è possibile appropriarsene; in tempi (la questione dell'opportunità}, modi e aspetti (altro è rivelare, altro lasciar trapelare) differenti. Un testo (dalla propaganda alla scienza) è insomma un dispositivo di informazione e un dispositivo di disinformazione; come siamo partecipi o esclusi (per tatto o per inganno), da chi e per chi, dalle «combinazioni» delle modalità e degli oggetti cognitivi? Gli ectoplasmi della teoria dell'informazione (emittenti e riceventi) si materializzano in una tipologia di 'mediums' (bifida a piacere); attori, semanticamente investiti, della comunicazione criptica: spie e confidenti, informatori e infiltrati, complici, compari e clandestini singoli e collettivi (v. la società segreta eia sua struttura, definita rigorosamente dalla progressiva partecipazione e dal graduale accesso al segreto). Queste figure di agenti segreti sono passabilmente contemporanee, eppure la società dei media di massa, definita strutturalmente dal consumo massiccio dei discorsi e dei segni, ha una teoria della comunicazione perfettamente essoterica (non esoterica). Non si limita a naturalizzare l'arbitrario dei sistemi segf!iCi,la loro costitutiva menzogna, ma si acceca su ogni codice ermetico e sulle relative manovre ermeneutiche. Preso nelle opposizioni vero/falso, chiaro/difficile, il segreto è oggi diventato impensabile e impossibile (o almeno insostenibile e riducibile) nell'ideologia di una società di massa. Che ogni segreto sia un segreto di Pulcinella è un'ipotesi che ci sembra senza necessità. Al contrario; dovrebbe essere possibile, e forse utile, una doppia tipologia,sociale (nel ventaglio del tempo e dello spazio), delle comunità diversificate secondo i modi di distribuzione del segreto; semiotica, secondo l'atteggiamento culturale nei confronti del segno criptico. Altre culture hanno pensato la lingua e i segni come sistemi divinatori, spazi di decifrazione di misteri non esauribili. (La nostra opzione è implicita} e i interessa molto come la moderna illusione di trasparenza comunicativa sia remunerata dalle (innocenti?) passioni esoteriche dell'enigmistica e dell'occultismo. Il corso si propone di pedinare questa passione. per il testo criptico nei placidi enigmi dell'evidenza massmediatica. Apriremo un dossier per incrementare una tipologia dei generi della cultura di massa: (i) i generi della sfinge, (v. il consumo abbondante e ideologicamente casto (?) di rebus e crittogrammi, parole incrociate e indovinelli), (ii) i romanzi di spionaggio e le storie 'gialle' e di mistero. Li supporremo forme stilizzate di comportamenti sociali «naturali» la cui copiosa stilistica appanna le altre scienze umane. Si sa che si fanno più tropi e segreti al mercato che nei libri; descriverne i tratti semiotici non è dunque diverso dal render conto del consumo massiccio di questi generi «minori». Dal retrovisore della paraletteratura si può guardare alla terra incognita del sociale. Un seminario sui romanzi di spionaggio sarà tenuto da M. Wolf e collegato al suo sottocorso sull'«interazione strategica» (Goffman e gli etnometodologi). Un seminario è aperto a colleghi e ricercatori che portino sostanze di contenuto ad una ricerca orientata verso i suoi aspetti formali: A. Abruzzese (romanzi gialli}, J. Baudrillard (~egreto e seduzione), H. Damish Fernando Grillo Como, Villa Olmo, Autunno Musicale, ouobre I979 (maschere), L. Marin (astuzie del narrare}, P. Violi, G. Manetti (crittografie}, P. Virilio (segreti di guerra}, sono tra gli invitati. Su problemi particolari dei linguaggi massmediatici M. Garriba terrà un seminario sui problemi di «enunciazione nella scrittura cinematografica», M. Castellana sul «testo musicale nei mass-media». Sono previsti due gruppi di ricerca interdisciplinare (i) sul «linguaggio della moda> con icolleghi L. Pignotti e M. Wolf, (ii) sui «metodi semiotici», l'abituale seminario diretto da U. Eco con altri ricercatori della sezione di comunicazione. Llinsegnamento di Comunicazioni di massa ha un assistente ordinario, attualmente incaricato di Linguaggio radio-televisivo(DAMS}, molti esami, parecchie tesi e diversi amici: è tutto. Dimenticavo: le lezioni sono cattedratiche anche se temperate dall'uso «riflessivo» sulle strategie di autorità e d'influenza del discorso didattico; non dimenticheremo ad es., in un corso sul segreto, che la pedagogia è anche mistagogia, iniziazione al mistero. Sono egualmente possibili esami orali e la discussione di relazioni scritte. È normale il formarsi di gruppi di lavoro: la mancanza di esercitatori titolari è ovviata da mezzi di fortuna (è accaduto nel '77 per il gruppo sulla falsificazione e nel '78 per lo studio dei «war games»). Programmi individuali sono benvenuti nei limiti delle letture del docente e presentati in apprezzabile anticipo. È gradita la conoscenza dei testi (tutti reperibili in lingua italiana) di J. Baudrillard (sociologia), di E. Goffman (teoria dell'interazione}, di A. J. Greimas (semiotica). Altri libri ed articoli sono proposti in funzione della piega del corso. La scelta del tema è piuttosto speculativa: segue o accompagna lo sviluppo delle ricerche in semiotica. M'illudo però che interrogarsi sui giochi di linguaggio che il discorso mette a segno serva, riflessivamente, a trarre dalle pratiche socio-comunicative dei diagrammi per la loro interpretazione. Mi piace anche credere che il segreto sia di una certa attualità contingente in questa società che sembra avvolgere i media e dipenderne sempre di più. Segreti di stato e professionali, militari e industriali, economie sommerse, fondi neri e segreti bancari, spionaggio politico e industriale, provocatori ed infiltrati, ostaggi e sequestrati (le prigioni statali e mafiose si chiamano «segrete>) ci meravigliano almeno quanto l'esistenza di combinazioni e «intelligenze», comunicazioni riservate, rapporti confidenziali e discreti, documenti sibillini, gerghi ermetici, ecc. In Italia per es., la lotta tra organizzazioni e servizi segreti ha trasformato ogni chiaro segno in cifrato disegno; se la cifra non è scritta nel testo vi è iscritta dall'interpretazione. Quando il testo più limpido si fa il più sospettabile, interrogatori e torture diventano pratiche semiotiche per ottenere confessioni e rivelazioni. Ne troveremo esempi. D i qui l'occasione di qualche domanda (dove è possibile porla oggi se non a tavola o all'università?}: fino a che punto la guerra del segreto contribuisce a togliere ogni credito alla comunicazione? Se la struttura d'una organizzazione è funzione della partecipazione al segreto, c'è dunque correlazione fra flagello burocratico e protezione dall'infiltrazione e dalla fuga di notizie? Quando il potere pretende la totalitaria visibilità della società civile non finisce per trasformarla in una società segreta (nera, sommersa)? Che ogni società abbia una scorta fissadi segreto che può spostare e deformare, ma non azzerare e nemmeno ridurre? E se il socius fosse attraversato non tanto da flussi di informazione quanto da strategie di mascheramento e di simulazione? Sono i segni che girano, facendo supposizioni, intorno al segreto che invece sta al centro e sa come farli girare? Il potere dunque non sta nel controllo del sapere, ma nella sua capacità di sequestrarlo, di metterlo sotto segreto? La semiotica vorrebbe frugare il doppio fondo di questa forza mascherata: probabilmente ci vorrà l'anno accademico 1980/81. Molto segreto è destinato a restare tale, ma attenzione: molto è anche scritto tra le righe, in inchiostro simpatico, nel testo. È un esame complementare: verranno quindi gli studenti che vorranno. Non è il solo incerto né il più grave ormai di questo mestiere (credo proprio che mestiere sia un calco di ministero su mistero). Augusto Graziani D ocente di Politica economica e finanziaria, Facoltà di economia . e Commercio, Università di Napoli. Nell'anno 1979-80 svolgerò un corso istituzionale di Politica economica, volta ad introdurre lo studente ai terni principali della disciplina. Gli argomenti trattati prevedono fra l'altro: oggetto della politica economica, obiettivi dell'azione pubblica, strumenti di intervento, politica dell'occupazione, politica monetaria, obiettivo della stabilità monetaria, problema della bilancia dei pagamenti, sistemadei pagamenti internazionali. Un eventuale seminario su: cl problemi dell'economia italiana»,da attivarsi se si formerà un numero adeguato di partecipanti (il corso da me svolto è collocato nelle ore serali, ed è rivolto a studenti lavoratori; ciò rende meno facile l'attivazione di seminari collaterali). L'Istituto di economia, al quale il mio insegnamento fa capo, prevede per quest'anno lo svolgimento di un seminario di Istituto su: «L'evoluzione della teoria monetaria nell'ultimo ventennio>. Alla mia cattedra non sono addetti collaboratori fissi. Per accordi raggiunti nell'ambito dell'Istituto, tutti i collaboratori dell'Istituto vengono di anno in anno adibiti a lavoro didattico presso le singole cattedre a seconda delle esigenze. Prevedo che anche quest'anno un collaboratore svolgerà un ciclo di esercitazioni. Inoltre io stesso, nonché un altro collaboratore, siamo disponibili due volte alla settimana in Istituto per studenti che desiderino delucidazioni in merito allo studio per la preparazione dell'esame. Lo studente deve sostenere un regolare esame al termine del corso. Gli studenti che hanno frequentato e preso parte attiva alle esercitazioni sostengono l'esame più sotto forma di colloquio e discussione che come interrogazione. Libri di testo consigliati: a scelta uno dei seguenti manuali: - Graziani-D'Antonio-Vinci, Problemi emetodi di poliJicaecorwmica, Napoli, Liguori, lire 7.500 - F. Cotula e G. de' Stefani, La politica monetaria in Italia, Bologna, Il Mulino, lire 12.000 - H. Johnson, Economia monetario, Bologna, Il Mulino, lire 4.000 11 programma, come tutti i programmi della Facoltà è stato coordinato dal Consiglio di Istituto e successivamente da una apposita Commissione di Facoltà. In relazione al corso di Politica economica, che è un corso impartito da tre docenti, è stato stabilito che due dei tre corsi avessero ad oggetto i principi istituzionali della disciplina. Di tali corsi istituzionali, l'uno viene svolto in ore mattutine, l'altro (quello tenuto da me) in ore serali (ore 19). Il teno corso di Politica economica è riservato a studenti che seguano il corso come corso avanzato, avendo già superato un esame della medesima disciplina, ed ha come oggetto un programma monografico. Nell'anno 1979-80, il programma del corso avanzato sarà dedicato ali'Analisi economica regionale. Poiché, come ho detto, il mio corso ha per oggetto i principi della Politica economica, non ritengo necessario motivare il contenuto del programma in modo particolare. Gli studenti che seguono il mio corso sono 40-50. D loro numero è stabile nell'intero corso dell'anno. L'interesse mostrato per i temi trattati è molto vivo. GiacomoManroni V a premesso che il Conservatorio di musica non è istituto di grado universitario. Seppur per taluni aspetti equiparato alle Accademie d'arte,essoè rimasto di fatto una scuola di tipo professionale che peraltro - unica salvo errore nell'ordinamento scolastico italiano - non consente al termine degli studi (diploma in strumento, in composizione, direzione d'orchestra e simili) l'iscrizione all'università a chi lo desiderasse. In quanto scuola professionale - anzi sarebbe forse più esatto definirla «artigianale> -, essa consente l'iscrizione di studenti in numero assai limitato per ciascuna classe, per legge non più di undici; intendendosi per classe un insegnamen-

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