Cunningham1~,.rn!lanza i clusiva Calvin Tomkins lbe Bride and the Bachelors. Five Masters or the Avant-Garde. Ducbamp, Tmguely, Cage, Rauscbenberg, Cunningham New York. Viking Compass Books, 1968 James Klosty Merce Cu.naingbam Edited and with an Introduction by James Klosty. Contributions by Carolyn Brown, Viola Farber Slayton, Yvonne Rainer, Douglas Dunn, Paul Taylor, Richard Nelson, Lewis Uoyd, John Cage, Gordon Mumma, Earle Brown, Pauline Oliveros, Christian Wolff, Robert Rauschenberg, Jasper Johns, Lincoln Kirstein, Edwin Denby. New York, Saturday Review Press/E. P. Dutton & Co Inc.. 1975. Merce Cunningham Notes on Cboreography New York, Something Else Press lnc., 1968, dollari 8,65 N el 1952, al Black Mountain College del North Carolina, il musicista John Cage, stimolato dalla lettura di Artaud e dalle descrizioni del Teatro Dada offerte da Schwitters, allestisce uno spettacolo basato su un sistema di relazioni casuali tra eventi artistici differenti. Secondo un criterio di assoluta libertà organizzativa e col solo vincolo della simultaneità spaziotemporale, nell'accumulazione di musica, danza, pittura e poesia si determina il primo grande happening della storia. Mentre John Cage declama una conferenza, Mary Caroline Richards e Oiarles Olsen si avvicendano nella lettura dei loro poemi; nel frattempo David Tudor suona il pianoforte, e a un'estremità della sala spiccano le tele bianche di Robert Rauschenberg, che è intento a far suonare vecchi dischi su un antico grammofono. Attorno e in mezzo a tutto questo, Merce Cunningham improvvisa movimenti di danza. Gli spettatori sono ripartiti in quattro triangoli di sedie, coi vertici diretti verso un centro vuoto. Lo spazio, anch'esso concepito come oggetto interagente rispetto all'evento spettacolare, richiede un'utilizzazione completa: l'azione occupa gli angoli, gli interstizi, perfino il soffitto, su cui vengono proiettati dei film. Il pubblico si trasforma in elemento spaziale, compreso nell'azione totalizzante. La performance del Black Mountain College segna la prima fondamentale rottura con la nozione di settorialità disciplinare. Cage dimostra apertamente la possibilità di un dialogo tra entità autonome e autosignificanti. Ea chi lo accusa di aver tradito la musica per il teatro, risponde affermando che la musica è già teatro: «E il teatro non è che un'altra parola per designare la vita,.. In tal modo il teatro equivale a un mondo, anzi, al mondo: non è altro che l'irrealtà del reale che, data in spettacolo, diventa il reale. La tradizionale formula di Shakespeare: «Tutto il mondo è un teatro,., subisce dunque una radicale inversione. Insorge cosi, all'inizio degli anni '50, la negazione dello spazio formale e delle convenzioni temporali; la negazione dell'uomo. inteso come personaggio descrivibile in chiave psicologistica. e iò che conta sono gli oggetti, le azioni, le parole usate anch'esse non per il significato a cui rimandano, ma di per sé, come oggetti. L'happening diventa la-parodia del senso comune, la denuncia di una pretesa realtà oggettiva che non può sussistere, in quanto non esistono significati ai quali l'opera sia rinviabile. La realtà viene provocata al solo scopo di suscitarne un'altra, l'unica possibile. La smitizzazione della suddivisione delle arti, connessa a quest'inversione di senso nella concezione di spettacolo, investe inmodo massicciol'estetica occidentale. Insieme al «nuovo teatro,., si sviluppano una «nuova pittura», che va dall'«action painting> fino alla «pop art,., ed un «nuovo romanro,._ Già con Joyce, la letteratura aveva cominciato a prendere atto della soppressione dell'analisi psicologica: la lingua è realtà in sé, le parole sono oggetti autosignificanti. La vicenda della «nuova danza» am~ricana, legata a quella del suo geniale iniziatore Merce Cunningham, risulta indissolubilmente connessa a questi sviluppi. Cunningham è il primo coreografo a proclamare il verbo dell'assenza (assenza di trama e di personaggi) a vantaggio del movimento, inteso come segno di per sé espressivo, che prescinde da qualsiasi delega strumentale al significato da esprimere. Il corpo non racconta storie, né col corpo è operabile una differenziazione dei ruoli, in quanto esso si defmisce come pura dimensione geometrica che si muove nello spazio. E mentre la «pop art,., assumendo dal quotidiano i suoi simboli estetici, denuncia provocatoriamente l'inesistenza di un diaframma tra arte e realtà, Cunningham fa della propria materia, il gesto, l'elemento inclusivo degli accadimenti casuali. 11 coreografo restituisce consapevolezza ritmica e armonica ad una semplice avanzata trasversale, o ai bruschi cambiamenti di direzione dei danzatori che si incrociano come la folla per le strade di Manhattan, e perfino alle pause di immobilità, che evidenziano la realtà del movimento nella stasi, come per una sorta di riflesso dell'estetica del silenzio in musica. Nel più assoluto rigetto dell'estetica esclusiva che caratterizzava il balletto classico, la danza inclusiva inaugurata da Cunningham si definisce come evento visivoche filtra e ricompone la naturalezza motoria, fondandosi sul solo cri-. terio organizzativo del pieno sviluppo di una coscienza volumetrica del corpo nel suo rapporto con i corpi e con l'ambiente. Il movimento, quindi, divenuto esclusivamente oggetto, rifiuta non solo ogni concezione figurativa della danza (gli estetismi artificiali del balletto classico), ma anche qualsiasi istanza drammatica: cosi da negare con altrettanta convinzione l'ispirazione di tipo fondamentalmente espressionista su cui era sorta la «modem dance» anni '40 di Martha Graham e Doris Humphrey. La negazione radicale di Cunningham, infatti, investe in primo luogo il richiamo al simbolismo psicoanalitico che aveva caratterizzato la fase storica iniziale della danza modema statunitense, concentrata prevalentemente sull'esplorazione della psiche umana intesa come stimolo primario dell'espressione corporea. Danzatore solista nella compagnia di Martha Graham fino al 1945, all'inizio della sua carriera indipendente, Cunningham formula la sua sfida al passato liberando il movimento da qualsiasi reminiscenza psicologica,per ridefinirlo come realtà cinetica autonoma. Ed è in base a questo suo «nuovo formalismo» che il coreografo va alla scoperta del corpo come entità pura, scevra dal soggettivismo della dimensione umano-espressiva: la danza, riformulata in questa logica di autosignificazione assoluta, instaura necessariamente un rapporto di dialogo esclusivo con gli altri elementi dell'evento spettacolare, musica e scenografia. I fattori non si condizionano a priori, ma interagiscono sempre in una relazione di casualità reciproca, perché solo l'imprevedibilità di un rap1,>?rtocircolare tra i diversi elementi (danza, suono e immagine), ha il potere di creare una situazione che trascenda ogni individualismoespressivo. In tal modo, lo spettacolo formula una sintesi linguistica che nega qualsiasi gerarchizzazione espressiva, e si trasforma in un libro di equivalenze simultanee in cui l'effetto provocato dall'azione comune rivela quell'unificazione involontaria di agenti diversi che risulta come l'unica possibile realtà: nella logica dell'happening, il reale non va rappresentato, ma va provocato di continuo. Per questo Cunningham può affermare che «danza e musica non hanno in comune nient'altro che una suddivisione temporale» e che «la loro unica relazione è il fatto che si trovino a coesistere nella realtà scenica». e on questo ribaltamento della concezione tradizionale della danza, da sempre intesa come interpretazione o visualizzazione della musica, Cunningham elude qualsiasi volontaria sincronizzazione del gesto con il suono: l'incontro è libero e pluridirezionale, e la simultaneità resta l'unico condizionamento possibile. Il dialogo, dunque, è irmanzitutto lo spazio: come afferma John Cage, «l'indipendenza delle differenti arti è la condizione del loro spazio». E a proposito della sua lunga collaborazione con Cunningham: «Fin dal 1952, i danzatori della compagnia di Merce non si attengono più a una sincronizzazione qualsiasi dei loro gesti con i suoni. Dividiamo lo stesso tempo, e questa spartizione non danneggia nessuno. Le prove, pritna degli spettacoli, si possono fare separatamente». L'unione è raggiunta nella più assoluta autonomia: «Con Merce ci siamo sempre trovati d'accordo nel riconoIl carmzzon.-,cRapporto confidenziale•. Bologna, Galleria d'Arte Moderna, giugno 1978 scere alla danza cosi come alla musica il diritto allo spazio, che presuppone semplicemente la possibilità di una simultaneità. Cunningham ha liberato la danza dal suo assoggettamento a ciò che non le era proprio. Ed è questo che ci ha permesso di continuare a lavorare insieme». Oltre a John Cage, Cunningham collabora con numerosi-compositori contemporanei, da David Tudor a Gordon Mumma, da La Monte Young a Toshi Ichiyanagi. Per l'ambientazione scenografica, altro fattore interagente nell'evento spettacolare insieme al suono e al gesto, Cunningham fa ricorso a Robert Raushenberg, Jasper Jhons, Andy Warhol, Frank Stella, Robert Morris, Neil Jenney. Come per la musica, anche l'immagine pittorica può fondersi nell'insieme solo fondandosi sul presupposto dell'assenza di una correlazione a priori con gli altri fattori. L'occhio dello spettatore viene cosi stimolato ad errare in un'atmosfera d'indeterminatezza che sviluppa poli di energia diversi e convergenti: il caso presente determina un incontro che è definito da differenti autonomie. A partire dal '74, l'esperienza coreografica di Cunningham si compone quasi esclusivamente di Events: lo spettacolo nasce innanzitutto tenendo conto dello spazio in cui avviene. L'Event non equivale a un'improvvisazione: la coreografia è composta il giorno stesso della rappresentazione, con estratti di opere di repertorio o con pezzidi opere incorso di preparazione. Questi diversi materiali coreografici vengono selezionati e ordinati in funzione degli ambienti: garages, lofts, gallerie d'arte, palestre, teatri. Lo spazio, punto d'incontro necessario per il dialogo tra le realtà interagenti, resta il fulcro della ricerca coreografica di Cunningham: un presupposto che condiziona lo sviluppo di tutta la nuova danza americana anni 70. In Notes on Choreography, che è il testo fondamentale di Cunningham, il lettore viene condotto nel viaggio del coreografo attraverso lo spazio. Note e appunti, sovrapposti a schemi grafici e disegni, dimostrano come il procedimento compositivo scopre sempre nell'ambiente il suo modo di esistere: che, dunque, non è mai oggettivo. ma sempre· presente. Partendo, come Cage, dalla convinzione di una equivalenza assoluta tra il processo creativo e il risultato, Cunningham presenta il proprio lavoro svolgendone graficamente le potenzialità dinamiche intorno e accanto alla visualizzazione del risultato ottenuto (le fotografie delle danze alla cui preparazione si riferiscono gli schemi grafici). Come di fronte a un Event, il lettoie è continuamente costretto a errare tra dati simultanei, che spesso non hanno alcuna apparente relazione tra loro (come le considerazioni sul rapporto tra le differenti arti insieme alle riflessioni sui problemi della cinetica), ma che svolgono, comunque, il ruolo di sottolineare incessantemente la relazione circolare che presiede all'utilizzazione dei diversi materiali. La numerazione delle pagine è abolita: quasi a dire che i frammenti si ricompongono in un'armonia indipendente da progetti anteriori, e che non prevede neppure la successione temporale. l, esperienza, insegna Cunningham, non è mai unidirezionale: esperienza reale ed esperienza scenica, che sono la stessa cosa. «Se si ha la capacità di guardare alla complessità di elementi che nella danza hanno luogo insieme alla musica o ad altri eventi - afferma il coreografo - allora la danza stessa può presentarsi come un'esperienza, con cui si deve entrare in contatto. Attraverso quest'esperienza la nostra sensibilità può essere aperta al mondo che <;icirconda: ed è quanto, a mio parere, tutta l'arte contemporanea può fare». Il ruolo di Cunningham come maestro dell'arte contemporanea in genere, al di là del suo specifico ruolo di rottura in ambito di composizione coreografica, trova l'analisi saggisticapiù acuta in un testo di Calvin Tomkins, The Bride and the Bachelors, edito nel '68. Imponendo modalità originali d'approccio tra l'artista e la sua espressione, Cunningham, come Tomkins più volte sottolinea, ha messo in atto la liberazione compiuta di una dimensione essenziale del potenziale creativo. Rompendo gli argini della secolare nozione di specializzazione estetica, cosi come altri quattro grandi maestri di questo secolo (Duchamp, Tinguely, Cage e Rauschenberg), Cunnigham ha aperto gli occhi di un mondo sul mondo. Per quel che riguarda invece la sua funzione insostituibile di santone-iniziatore di tutta l'odierna corrente d'avanguardia nel teatro di danza statunitense, risulta illuminante la ricca serie di spunti, analisi e ritratti che James Klosty ha raccolto in Merce Cunningham, un testo del '75 dove si trovano riuniti, a fianco delle notazioni di Cage, Mumma, Rauschenberg ed altri collaboratori del coreografo, i contributi scritti di alcuni tra i maggiori esponenti della «newdance» americana, come Viola Farber. Yvonne Rainer e Douglas Dunn, tutti formati alla scuola di Cunningham: una scuola che non ha mai inteso imporsi come un condizionamento, ma che, al contrario, si è sempre costituita come fondamentale stimolo per lo sviluppo degli interessi personali di ogni singolo performer. Il sistema di Cunningham infatti, tende a svolgere un tipo di didattica del tutto inedita, fondata su presupposti differenti rispetto a qualsiasi anteriore tecnica di addestramento alla danza. Cunningham, semplicemente, «informa» il corpo del danzatore, rivelandogli, nella composizione, un'infinità di frammenti e nozioni impossibili, atte a fungere da spunti minimali per l'esplorazione individuale. Con Cunningham, dunque, la tecnica si trasforma in sistema di relazione, volte a stabilire un'infqrmazione corporale attenta e raffinata; ed è soltanto per il tramite di quest'unica condizione che la nuova danza può determinare il corpo come momento reale di passaggio: il passaggio del movimento nella sua dimensione più liberamente espressiva. P.S. Le citazioni di Cage sono tratte da: Per gli uccelli, Multhipla 1977.
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