Alfabeta - anno I - n. 8- dicembre 1979

Sperimentali-g'a'aJtensione'' Pierpaolo Pasolini Desaizioni di desainoni Torino, Einaudi, 1979 pp.481, L. 7.000, (e cfr. Scritti corsari, Milano, Garzanti, 1975, p. 303, lire 3.000) Franco Fortini clntellettuali e uova Sinistra> in: Questioni di frontiera Torino, Einaudi, 1977 pp. 350, lire 4500 Elio Vittorini «La ragione conoscitiva» in: OMenabò 10 (a cura di Italo Calvino), Torino, Einaudi, 1967 p. 127, L. l.500, esaurito (e cfr. Vittorini, antologia a cura di Giovanna Gronda, Milano, Mondadori. 1979, pp. 529, lire 4500) Ludovico Geymonat «Sulconcetto di 'crisi' della razionalità «scientifica» in: Scienza e realismo Milan<. Feltrinelli, 1977 p. 181 lire 6.000 S iamo nell'80 e cominciano i licenziamenti in fabbrica, nella grande crisi epocafe del capitalismo che sopravvive a se stesso, dopo aver circondato e ridotto ogni socialismo in un paese solo alla sua Nepe alla corrosione dei principi. E dunque oggi la lotta di classe- o meglio, la contraddizione - torna ad essere una «episteme», oppure una «legge>,fra vari interrogativi. Alcuni intellettuali ritengono cosi; altri no; siccome non sono una classe, ma un'appendice critica delle classi, e non sono l'universale, c'è una differenziazione più o meno celata e sfumata fra loro. Intanto risulterebbe che anche il partito comunista storico non è l'universale, e questa acquis.izioneproblematica viene usata da taluni a dire che esso è addirittura un errore, per i suoi fini... E intanto l'autorità assoluta, chiesastica e papale, mira con operazioni organizzative disciplinari e canzoni di massa a riprodurre lo spirito gregario che rende plebi le masse, invece che soggetti sociali. Ora, in questa fase di confusione o di scacco, siamo tutti poco credibili, intellettuali in genere, marxisti e anche matematici; chi più chi meno, tuttavia. E si può ammettere una propria continua e viva problematicità; oppure sostenere su base empiristica il «fallibilismo» come principio, magari con sufficienza verso chi non lo professa. Tutte queste sono ovvietà che è bene ricordare. Ed è utile forse indagare, in una ricostruzione indicativa, alcuni elementi del processo in corso. Storia intellettuale precedente Una serie di recensioni per un arco di tempo ha un certo valore di elaborazione sofisticata, che diventa rivelativo per il recensore; ora, mentre a riguardo di Pasolinidà fastidio l'agiografia di taluni, l'utilizzo di altri per i propri comodi, e anche la benevolenza dubbia e tardiva, si può leggere di lui Descrizioni di descrizioni; in attesa che si rilegga e valuti a distanza il suo testo (su cui Fortini del Poeti del novecentodiffidando di Fortini meno che degli altri - ci dice che nell'oscillazione pasoliniana prevale, nella tenuta testuale, piuttosto la parte dialettale e misticizzante). La Descrizione è un libro composto da Graziella Chiarcossi (cugina di Pierpaolo, che viveva con lui e la madre). Contiene recensioni dal 26.11.72 al 24.01.75, talora tagliate brutalmente dal Tempo. Pierpaolo diceva che si riposava e si liberava, con un libro e la macchina da scrivere accanto, dal cinema ossessivoe romano che lo risucchiava. I rilievi da farsi sulla Descrizione sono vari; li accenniamo, pur volendo poi privilegiarne uno, per il nostro discorso. C'è anzitutto il lavoro recensivo come tale, a volte acutissimo, utile ai coetanei e ai più giovani. Citiamo in modo microscopico: Calvino: una scrittura «a briglie sciolte>, dove però eia cura disinteressata dell'eleganza non è tradita mai un momento»; e «le tecniche dell'ambiguità», dove «il senso è come un'eco in una valle piena di grotte»; e «una folle ideologia multipla, che contesta ogni possibile logica della ragione, e soprattutto quella dialettica, e al cui fondo c'è il platonismo»... (stupefacente questa pagina 37). E Sciascia: «una sottile metafora degli ultimi trent'anni di potere democristiano, fascista e mafioso», «metafora profondamente misteriosa, come ricostituita in un universo che elabora fino alla. follia i dati della realtà». (Siamo nel '75; e in più, a nostro avviso, insorge l'esigenza che a leggere il caso italiano si adoperi anche dagli scrittori l'analisi strutturale, mentre si è usata - fraintendendo lo stesso Engels - la chiave letteraria). Si può leggere la Descrizione come esercizio di un metodo critico; scoprendo, come hanno fatto assai seccamente e a vuoto nelle loro recensioni E. Golino e V. Saltini, che è un metodo critico connesso frequentemente alla psicanalisie che la psicanalisi è usata rozzamente. Ora, dico io, il rapporto di Freud coi testi letterari artistici non si coglie bene nei suoi scritti su tali temi; è difficile; ed è vero che Pasolini avrebbe dovuto conoscere l'indagine, per esempio, di Gombrich (Freud e la psicologia de~'arte), colla sua tesi di rapporto fra le motivazioni inconsce e le strutture formali; con un flusso psicanalitico svizzero intorno al 191 O. La critica è sempre descrizione; e attraverso il 'clic' o sorpresa profonda nella lettura, che a poco a poco arriva a cogliere un minimo indizio caratterizzante e rivelativo, si procede sino alle attribuzioni (che nella Stilcritica sono sempre un metodo indiziario, per cosi dire, quale quello oggi riproposto da Carlo Ginzburg storico). Ora, la disciplina interpretativa di Pasolini, non solo per le opere letterarie ma per la realtà, proviene da qui, come dimostra la terminologia ricorrente nei suoi scritti. È una vecchia disciplina. Con effetti singolari di precisione e insieme di limite metodologico in Pasolini. Le recensioni sono quasi tutte letterarie. E non mancano solo gli scrittori del nuovo ciclo, eccetto Manganelli, manca anche Fortini, e per Vittorini la citazione è casuale trattando profondamente ilcaso di Fenoglio ipervalutato. Mettiamo ora in evidenza il nucleo principale del libro, secondo noi. È proprio l'ostilità tendenziosa stretta verso i nuovi fenomeni letterari e culturali dei primi anni 60, che vengono più oltre legati astrusamente da lui con quelli contestativi del '68. È un'ostilità continua, dichiarata e declamata, per essa non occorre ilclic. Prendiamo una sola formulazione breve: «due discese di barbari (orde di piccoli borghesi marchiati dal fascismo), costituite dalla neo-avanguardia e dal Movimento Studentesco». Quanto è romano Pierpaolo in questo. E non si illudano Barilli né Ferretti né altri settariamente, per vanagloria o per riprovazione, di fondere la neo-avanguardia e il sessantottismo! Qui Pasolini impazzisce per della doppiezza populista-cattolica di Pasolini, verso una posizione simile espressa incredibilmente dal Pci). Si riscatta cogli articoli coraggiosi e classistidegli anni 7.01.73- 18.11.75,contemporanei dunque alla Descrizione; altro versante. Coraggiosi e vivi anche se di tutto accusano il «livellamento industriale» senz'altra prec1S1one. Contengono con chiarezza stupenda l'affermazione che non vi è stata rottura ma continuità dopo la resistenza: «la continuità tra fascismo fascista e fascismo democristiano è completa e assoluta»; e la rottura infatti, nella periodizzazione stessa, compete alla circolazione di marxismo nella nuova sinistra, a cui di fatto Pasolini in ritardo (con un buon rapporto più o meno esplicito con Adriano Som, a quanto mi disse, e coi radicali quindi) aderisce più oltre. È ancora.doloroso per me non averlo rivisto allora. Scrivendo dopo anni questo articolo, in risposta anche alle sue passionali accuse verso di me come partecipe, per mie ragioni dichiarate ogni volta, della «neo-avanguardia» e quindi della «contestazione» che ha poco a che fare con quella, voglio cogliere anche un aspetto rivoluzionario del suo arcaicismo apocalittico, a tratti evangelizzante, incapace di capire più avanti o di capire i problemi storici del partito comunista nel novecento (nascosti e mistificati tanto a lungo). È là dove Pasolini, in contrasto con Camon, dice che «le civiltà contadine ... non sono soltanto cattoliche> e «non sono nazionali», avvicinandole al Terzo Mondo (p. 269 degli Seriai corsari). Le masse contadine sono infarti quelle l-i111cesM. Vitti «Concerto dialogo di lco Parisi• Cumu, Villa 0/mu, A11111111M1101sica/e,ottobre Jl./71./ Freud contraddittorio verso espressionisti e surrealisti e tuttavia suggeritore delle avanguardie. Ma in una valutazione superficiale si ignora che il rilievo di tipo psicanalitico di Pasolini è piutto to connesso alla sua dominante formativa, che è la Critica Stilistica, e particolarmente Spitzer in sede di metodo (curato in Italia da Schiaffini presso Laterza), oltre che Contini e Longhi. È noto che Spitzer congiunge il tratto di stile, come deviazione linguistica dalla norma, con !'«etimo spiriturale» dell'autore, attraverso una nozione di «trauma» di evidente intendenziosità chiusa, col suo io fondato suUospecchio... Siamo nel '73 e '74, sono passati dieci anni e Pasolini non decifra, va a ritroso. Eppure da questa ossessione lo riscatta, nel libro che esaminiamo, la sua passione letteraria: nessuno legge meglio di lui la realtà colla chiave letteraria (stilistica); facendo con tale strumento errori, anche, disastrosi. Ed è noto come Pasolini si riscatta dall'essere «reazionario di sinistra», come dissedi sé, e dunque conservatore insieme che rivoluzionario, quasi fosse possibile (con anticipo, da parte che occupano i municipi in nome di qualche cosa di assurdo, come Santa Rosalia nel meridione; ma il fare è più importante del dire, per un marxista, a dover scegliere. Mi sembra che anche questa consapevolezza fosse presente in Pasolini. Ora apriamo in un dettaglio uno dei libri degli intellettuali della nuova sinistra, cosi poco recensiti; scegliamo il più giustamente autorevole nella tradizione letteraria-culturale recente, Franco Fortini, che ha pari importanza di Pasolini, con tutt'altra divergente onda di argomenti, precisazioni, rifiuti. Citiamo una semplice osservazione, ad apertura, per l'anno 1972. «La crisi di autorità che sembra colpire gran parte degli intellettuali della Nuova Sinistra non ha solo un aspetto negativo. Essi sono la minoranza che fra il 1960e il 1967 ha preparato ilmateriale ideologico della contestazione studentesca, della critica al Pci e della ripresa operaia: ed è normale, nonché previsto, che quelle medesime persone si siano mostrate incapaci a condurre un'azione politica di massa. La maggior parte di essi è stata allontanata dalla parte più illuminata della scena (...). Quelli che sono attivi nella presenza politica hanno probabilmente una vocazione specifica e si dispongono a diventare dei politici professionali, nel senso migliore o peggiore della parola> (p. 132). Qui Fortini fa riferimento a sé e ad altri, e ancora ad altri: fra i quali ci troviamo Luperini, Di Marco, iomeno giovane, e qualcuno del versante avanguardistico, Balestrini... Pochi davvero hanno scelto questo tipo di rigore e di tensione. Fortini proviene dal Politecnico e dai Ragionamenti, anche da Officina; e quindi dai Quaderni rossi (con assai diverse componenti) e dai Piacentini. È stato il primo in Italia, dell'estrazione letteraria, a contraddire il marxismo italiano del dopcguerra riferendosi al «materialismo dialettico> e non solo a quello cstorico» cosiddetto. Ha esercitato come intellettuale una chiave antistalinista stretta (mentre a mio avviso è migliore la differenziazione da sviluppare fra Lenin e Stalin). Di recente è critico di quelle teorizzazioni e ricerche che ritengono cdi poter prendere alloggionel egativo> scivolando cioè oltre il discrimine netto dei francofortesi stessi; non è un negazionista in rischio di versarsi in ogni sbavatura, per dissenso, come è di moda oggi; è un dialettico negativo. Orbene, non fa confusione fra la generazione di nuova avanguardia soltanto letteraria-artistica e quella del 68 (che si riunisce alle precedenti e seguenti avanguardie intellettuali-politiche). Tuttavia è tendenziosissimo pure, contraddice le manifestazioni espressive avanguardistiche, si dice neo-classico... A me pare giusto ciò che.Luperini in un recente scritto (Belfagor, 31 marzo '79, p. 193) dice del Fortini neo-classico: «il classicismo è assunto (quando è assunto) non come innocenza o evasione o ricerca di purezza, ma, tutt'al contrario, per far stridere passato e presente e per tale via eUitticamente parlare del futuro: tende a un atteggiamento strabico e ironico o comunque, consapevolmente, doppio». Il problema di rapporto fra marxismo e avanguardie di arte e letteratura è aggrovigliato. E negli anni 60 si è svolta anche la ricerca semiologica, entro l'asse strutturalista: in un corso travolgente, importante, pur con gli aspetti logotecniciche Cases ha indicati. E con l'inconveniente che le avanguardie con maggiore rilievo novecentesco sono spesso quelle artistiche, che la semiologia ancora non legge; mentre c'è una soglia moderna della poesia, che è «simbolista», di cui tutti si nutrono, anche quando ripescano più indietro (se non si tratta di analfabeti). Oconffitto di tendenza A questo punto dobbiamo dare un altro chiarimento di fondo, prima di muovere qualche proposta, in essa includendo altri riferimenti attivi. Il termine di «tendenza» significa in generale nel marxismo una componente che può prevedibilmente emergere nel processo strutturale (per es. il monopolio rispetto alla fase concorrenziale) lasciando vivere le forme produttive anteriori come subalterne e funzionali. Ma in senso critico letterario ha un altro valore; è posto in una

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