Alfabeta - anno I - n. 8- dicembre 1979

Meneile di informazione culturale Dicembre 1979 Numero 8 - Anno I Lire 1.000 Redazione. amministrazione Spedizione Multhipla edizioni in abbonamento 20137 Milano postale Piazzale Martini 3 gruppo 111/70 Telefono (02) 592. 684 Printed in ltaly GLENGRANT ilpuro\\bisky di puro malto d'orzo. M.Corti:Delmetodo,er farmalele P-G.9icnuelturali• I~ CalvinoS: eunanotte il' invernounnarratòre • L. Ge onat: ColorecalcoloC• attedreP: . bbri, A.Graziani,G.ManzoniG.Scalia, V.Strada • F.LeonettiS: perimentalismo • . "a tensione"•Lelettere • L.Bentivogio: Cunninghamla,danzainclusiva • L.Berti: Lariscossdaelpolitico•M.Santamb~io· eG.Usberti: I mondis, epossibili•G.J. GoodmanIn: tervista J.K.Galbraith • GiornaldeeiGiornali: I licenziamenti. allaFiat * T.DalavecurasD:ibattito • sull'inflazione • FotodiS. LelliMasotti • Poesiedi • R.Copioli • P.Mauri: Il serpente ilpescecan • M.Sbisà:Giocarae Montecatini Valdo ~,jield cOnc part of the matter> New York, maggio 1979

CAPPELLI <()> SAGGI CAPPELLI 1 GIANNI BAGET-BOZZO L'ELEFANTE E LA BALENA Cronache del compromesso e del confronto. 336 pagine,L. 5.500 2 MARIO ISNENGHI L'EDUCAZIONE DELL'ITALIANO Il fascismo e l'organizzazione della cultura. 472 pagine,L. 7.500 3 ANITA SEPPILLI LA MEMORIA E L'ASSENZA Tradizione orale e civiltà della scrittura nell'America dei Conquistadores. 156 pagine,L. 5.000 4 DANIEL SINGER PRELUDIO ALLA RIVOLUZIONE 1968-1979:stagioni di conflitti. 284 pagine,L. 6.000 5 SALVATORE SECHI LA PELLE DI ZIGRINO Storia e politica del P.C.I. 320 pagine,L. 6. 000 In libreria distribuzione POE Corso di sociologia in 12 fascicoli, L. 12.000 (anche In due rate) Con quest'Iniziativa - che si deve a un gruppo di giovani e qualificati studiosi, già da tempo Impegnati in attività di animazione sociale- la sociologia esce dagli Istituti universitari per diventare come volevano Isuol grandi fondatori: (COlnte,Marx,Durkhelm, Weber, Pareto, ecc.). patrimonio di tutti. Il corso presenta Informa semplice e chiara- ma anche cri11caed Impegnata- Igrandi temi della sociologia contemporanee a un vasto pubblico di Interessati. La trattazione è centrata sugli argomenti di maggior Interesse e di più vasta attualità. Alleprime dispense, dedicate ai concetti analitici fondamentali e al processo di sviluppo storico della società, seguono Infatti dispense di sociologia del lavoro, sociologia dell'educazione, sociologia della cultura, sociologia dello sviluppo, ecc. Altre dispense sono dedicate alla condizione femminile, al problemi del giovani, all'emanclpazlone sociale, ecc. mentre dispense più •teoriche» affrontano I rapporti fra sociologia e storia, sociologia e psicanalisi, sociologia e psicologia sociale, ·sociologia ed ecologia, sociologia e antropologia culturale. Corso di Antropologia Culturale In 12 fascicoli, L. 12.000 (anche In due rate) L'antropologia culturale, da «scienza delle società primitive»,si avvia a divenire sempre più una vera e propria «coscienza della società occidentale» e, come tale, è destinata a uscire dal chiuso mondo accademico per diventare patrimonio di tutti. Proprio per divulgare l'Importante patrimonio di conoscenza, la nostra casa editrice ha assunto l'Iniziativadi pubblicare un corso a dispense, curate, Informa chiara e accessibile, da noti docenti universitari o giovani studloel. Ogni dispensa, a carattere monografico, affronta uo argomento teorico (come momenti di storia del pensiero antropologico, antropologia e colonialismo, antropologia e culture subalterne, antropologia e marxismo, storia, sociologia, psloologla, ecologia, ecc.) o analizza un significativo aspetto della vita contemporanee (come la famiglia, la condizione della donna, le devianze, I dislivelli di cultura, la medicina, ecc.). L'opera si raccomanda per l'Insegnamento delle scienze sociali nelle scuole, alle Iniziative socioculturali aperte al nuovi fwmentl, come Icorsi di formazione professionale o le 150 ore, e a tutti coloro che vogliono leggere con occhi cri11ciIl mondo contemporaneo. Corso di Economia Politica In 12 faaclcoll, L. 12.000 (anche In due rate) L'economia politica, cosi com'è correntemente p, ~ appare sempre più come una disclpllna dlfllcllmente collegabile al problemi reell e riNl'VIIIII a pochi esperti. Ciò non stupi-, conaldenlndo l'Incidenza pollttca che polrebbe avere una dlffuaa comprensione di fatti economici. Mentre I testi dlsponlblll riguardano, In larga mleure, Il dibattito accademico pluttoeto che I problemi posti ogni giorno dana realtà, nuovi strumenti di conoscenza aono ampiamente richiesti, da perte soprattutto di operai e studenti, ma anche di numerosi Insegnanti medi a unlvenaitllrl,che vogliono completare la loro attività didattica seguendo le Indica· zlonl avanzate dal movimento democ:ratlco e sindacale. Atale eeigenzll cerca di rispondere Ilnostro conso, che si deve a un gruppo di giovani e qualificati studloel, da tempo Impegnati nell'attlvltà sociale e,polltlc:a.Redetto Informa tale da potersi rivolgere a quanti vogliono cominciare a comprendere l'economia, Il corso affronta I problemi posti dalla produzione capltallstlca, a partire dagli aspetti relativi alla merce, al denaro, al prezzi, alla forza.lavoro, al salarlo e al profitto, per arrivare al temi dell'accumulazione, dell'Imperialismo, della crisi e dell'Inflazione. Corso di Formazione Marxista In 12 faaclcoll, L. 12.000 (anche In due rate) Un'Introduzione al marxismo, precisa e accurata, affidata a un'6qulpe di studloel didatticamente eepertl e socialmente Impegnati. Un'Indispensabile strumento di riappropriazione culturale, scevro di ogni dogmatismo e di ogni settarismo, nella tradizione del marxismo più vivo ed Impegnato. Utllesia a chi già conoeca Ilmarxlamo e voglie approfondirlo cri11camente,sie a chi si accosti per la prima volta alla più viva correnta culturale e politica del nostro tempo. Le richieste, accompagnate-dal relativo Importo, vanno Indirizzate alla casa editrice. Edizioni Celdem, ViaVal Pasalrla, 23 00141 ROMA· Tel. 842837 Leimmagini diquestonumero La contaminazione dei linguaggi di Silvia Lelli Masotti Le fotografie di Silvia Le/li Masotti che illustranoquesto numero svolgono un tema ben preciso: la contaminazione dei linguaggi artistici in talune occorrenze aJtualidello spettacolo. Musicisti, danzatori, teatranti di avanguardia appaiono protesi nella ricerca di oltrepasssare i limiti prefissati aipropri generi,per «inventare»nuove modalità di porsi di fronte ai testi di cui si fanno interpreti e al loro pubblico. Due costanti risultanoda questefoto, messe in luce con grande perizia, ma anche con discrezione, da Silvia Lelli Masotti. La prima è l'altissimogrado di professionalità di questi interpreti, condizione necessaria, anche se non sufficiente, per andare al di là del consueto e dell'usato; la seconda è il riferimento al corpo, che si vuol liberare dalla gabbia dei gesti e degli schemi imposti da una tradizione ripetitiva e consolidata. Musicisti come Giancarlo Cardini, Sommario Maria Corti Del metodo per far male le pagine culturali pagina 3 Italo Calvino Se una notte d'inverno un narratore pagina 4 Ludovico Geymonat Colore e calcolo (Enciclopedia Einaudi, Voli. I-VII) pagina 5 Cattedre: «Quest'anno faccio... » Rispondono: P. Fabbri, A. Graziani, G. Manzoni, G. Scalia, V. Strada pagina 6 Francesco Leonetti Sperimentalismo "a tensione" (Descrizioni di descrizioni, di Pierpaolo Pasolini; Questioni di frontiera, di Franco Fortini; La ragione conoscitiva, di Elio Vittorini; Sul concetto di 'crisi' della razionalità scientifica, di Ludovico Geymonat) pagina 10 Paolo Mauri Il serpente e il pescecane (Il serpente - Dopo il pescecane - C'era una volta la cittàdi Luni -La storia e la gloria, di Luigi Malerba; Intervista sul folle e il saggio, di Ronald D. Laing) pagina 12 Lapo Berti La riscossa del politico (Il politico, a cura di Mario Tronti; Società e Stato nella filosofia politica moderna, di N. Bobbio e M. Bavero; RecastingBourgeois Europe. Stabiliza- .tion in France, Germany and Italy in the Decade after World War I, di Ch. S. Maier; Il politico e le trasformazioni, di Giacomo Marramao) pagina 13 Le Poesie Rosita Copioli Poesie pagina 16 Le finestre George. J. Goodman Intervista a J. K. Galbraith pagina 15 Marina Sbisà Giocare a Montecatini pagina 20 Le lettere Lettera ad Alfabeta di Felice Piemontese pagina 21 Fernando Grillo, Frances M. Uitti; danzatori come Steve Paxton e Lisa Nelson, Va/daSetterfield, Simone Forti e Peter Van Rjper, teatrantidel gruppo Il carrozzone di Firenze e il Maniac Production di Stoccolma, hanno in comune entrambe queste premesse. Il percorso interno di queste immagini - colte in varie città d'Italia e del mondo - si snoda perciò lungo un filo programmatico, pur nella singo/arilà e diversità degli esecutori, e persino delle «scuole» che stanno alle loro spalle, che appare comune. E qui la consapevolezza culturale della fotografia ierve da guida al lettore, aiuta a coglierel'intenzionalità sottesa a «spettacoli» pur cosl canonicamente «vari». L'obiettivo - o chi sta dietro di esso - si fa Mentore, aggiunge e intercala il proprio discorso a quello degli interpreti, viene a costituire, anch'esso, un esempio di contaminazione. Teo Dalavecuras Dibattito sull'inflazione M.S. (Intervista a J. K. Galbraith, di G. J. Goodman; Un rimedio borghese e democratico - Se arriva la stretta, di Claudio Napoleoni; Siamo tutti nemici dell'inflazione? A parole,forse. Ma nei fatti?, di Paolo Force/lini) pagina 14 Leonetta Bentivoglio Cunningham, la danza inclusiva (The Bride and the Bachelors. Five Masters of the Avant-Garde. Duchamp, Tingueley, Cage, Rauschenberg, Cunningham, di Ca/vin Tomkins; Merce Cunningham, di James Klosty; Notes on Choreografy, di Merce Cunningham) pagina 17 Marco Santambrogio e Gabriele Usberti I mondi, se possibili (Lector in fabula, di Umberto Eco; Universi di discorsi, di Andrea Bonomi; Individui e mondi possibili, a cura di Daniela Silvestrini) pagina 18 Giornale dei Giornali I licenziamenti alla Fiat a cura di Index-Archivio Critico dell'informazione pagina 22 Le foto Silvia Lelli Masottì La contaminazione dei linguaggi alfabeta mensile di informazione culturale Comitato di redazione Nanni Balestrini, Maria Corti, Gino Di Maggio, Umberto Eco, Francesco Leonetti, Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, Gianni Sassi, Mario Spinella, Paolo Volponi Coordinatore Nanni Balestrini Art director Gianni Sassi Grafico Bruno '.frombetti Direttore editoria/e Gino Di Maggio Redazione, amministrazione Multhipla edizioni, 20137 Milano, Piazzale Martini, 3 Telefono (02) 592.684 Composizione GDB fotocomposizione via Commenda 41, Milano, Tel. 544.125 Tipografia S,A,G.E. S.p.A.,Via S. Acquisto 20037 Paderno Dugnano (Milano) Distribuzione Messaggerie Periodici Abbonamento annuo L. 9.000. estero L. 12.000 (posta ordinaria) L. 15.000 (posta aerea) Inviare l'importo a: Multhipla edizioni, Piazzale Martini 3, 20137 Milano, Conto corrente postale n. 59987206 Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 281 del 1975. Responsabile G. Di Maggio SOCIETÀ DI POESIA PER INIZIATIVA DELL'EDITORE GUANDA t sin troppo noto che lo squilibrio. sempre pia vistoso. tra «domanda• e «offerta> di libri di poesia italiana ha progressivamente ridono il numero delle case editrici disposte a pubblicarli. Prendendo atto di questa situazione. t sembrato necessario a un gruppo di amici. riuniti per inizia• riva dell'editore Guanda. ,ricercare soluzioni di• verse. efficaci da un punto di vista culturale e autosufficienti da un punto di vista gestionale ed economico. È così nata la •Società di poesia> per sottoscrizione di quote da parte di tutti coloro - poeti. critici. operatori culturali. rappresentanti del mondo editoriale. semplici appassionati - che hanno a cuore la conoscenza e la diffusione deUa . poesia italiana. La e Società dì poesia> si t costituita il 3 marzo. a Milano. con l'assemblea fondativa dei soci - circa duecento- che hanno eletto il consiglio di amministrazione e il comitato di lettura con il compito di scegliere i testi- in numero di sette - da pubblicare nel i 979: L'uscita dei primi quauro volumi ~ prevista per la prima settimana di giugno. La •Società di poesia> intende inoltre porsi come punto di riferimento organizzativo e come centro propulsore di iniziative.sul tema della poesia contemporanea. sia italiana che straniera. Per questo la •Società di poesia> ha dato vita al cOub amici poesia> con l'intendimento di riunire attorno alla casa editrice tutti coloro che. anche senzaesserne soci. intendono seguire la sua attività. sostenere le sue iniziative. porsi oome centro organizzativo dì manifestazioni - a livello loc:a.Jc. in sede nazionale o a carattere internazionale - per una maggiore· e più qualificata conoscenz.a della poesia. VIA TURATI 6 • 20121 MILANO CEDOLA ABBONAMENTO CLUB AMICI POESIA OeNdero entrare a far parte: del CLUB AMIO POESIA e verserò la quota per il 1979. di L 20.000::□ con as.sqno bancario O amtrasscgno. al riccvimcnto dei primi volumi La mia adesione al CLUB mi dari diritto: - a ricevere gratuitamente i sette libri pubblicati daD.a societl di Poesiamtroil 1979; - a partecipare:gratuitamente a tutte le manifestazioni orpnizz:ate o parrocinatc daD.a SOCIETÀ DI POESIA: - a cs.scrc: cosaantementc informato sulla attmtl della SOCIETÀ DI POESIA. NOME ......................................... . VIA ............................................ . CITTÀ ......................................... . NOVITÀ R. Scholes - E. Rabkin FANTASCIENZA Storia-Scienza-Visione Una straordinaria esplorazione alla scoperta di capolavori trascurati dalle storie della letteratura. • Peter Szondi INTRODUZIONE ALL'ERMENEUTICA LETTERARIA I compiti dell'ermeneutica letteraria nella straordinaria esposizione dell'autore di T coria dd dramma moderno • LINGUADISCORSO SOCIETÀ saggidi Jakobson Lévi-Strauss Barthes Kristeva Ruwet Grumbach Metz Todorov Vernant ].E. - ].C. Milner Un esaurientepanorama sullo stato de/la ricerca nel campo de/la linguistica e de/la semiologi,, Distribuzione-POE mnna lwia

Delmetodoperfarmale lepagin1Co,~ulturali N ella primavera del 1937 così Robert Musi! iniziava una famosa conferenza, tenuta a Vienna su invito della Federazione Austriaca del Lavoro ed edita da noi (in Carte segrete, n. 4 del 1967, indi a volumetto nel 1979 presso la Shakespeare a. Company) col titolo Discorso sulla stupidità: «Signori e signore, chi al giorno d'oggi abbia l'audacia di parlare della stupidità corre gravi rischi: la si può interpretare infatti come arroganza, o addirittura come tentativo di disturbare lo sviluppo della nostra epoca». Questo perché, secondo_Musi!, la stupidità rassomiglia molto !Il cosiddetto progresso, e poiché non vi è chi non sia costretto ad ammettere che il mondo di progressi continua a vederne, la cosa può dare da pensare. Per esempio, quando mai i giornali quotidiani e i periodici hanno posseduto tecniche di stampa perfezionate come le odierne? E, in effetti, quando mai sono stati, salvo rare eccezioni, scadenti come adesso e per l'appunto attraversati dalla sottile onnipresenza di qualcosa che non ha assolutamente a che fare con il significato vero di ciò di cui si parla? Certo non pare esista un diretto rapporto di causa ed effetto fra le rotative tecnicamente perfezionate e il gran calo di livello dei messaggi, ma vi è lo stesso obliquo, anguillare e nefasto rapporto che quotidianamente riscontriamo fra il potere economico e la cultura. Cosi può accadere che le pagine culturali abbiano l'aria di essere genericamente vacue, mentre chi vi scrive di per sé non lo sarebbe. Conviene allora accostarsi all'oggetto per vedere un poco che cattivo uso ne viene fatto e con quali strumenti; il discorso può essere proficuo, soprattutto se verrà continuato nei prossimi numeri di Alfabeta; mentre infatti molto è stato scritto e anche bene sulla lingua dei giornali da parte di ottimi storici della lingua, non pare che altrettanto sia stato fatto sulla specifica teoria e metodo per fare male i giornali. Né è facile stabilire se i nessi che cogliamo fra i cattivi usi di una pagina e quelli di un'altra sono veramente dovuti a un'unità di intenti e scaltrezze sottesi, a un modello pseudoculturale egemone, o se, come è anche probabile, all'uguaglianza di esiti non corrisponde un'uguale operazione sòtterranea o sovrastante; al limite in qualche caso può anche esservi sotto una disarmante sprovvedutezza o il fastidio verso l'intelligenza; si sa che l'intelligenza fa andare facilmente in bestia quelli che non l'hanno. Infine le carenze conscie o inconscie della stampa, l'ingenuità e la malafede, il dilettantismo e tutto il resto che ci fa pensare «qui qualcosa non va», sono intessuti e collegati con altro che negativo non è, che è onesto tentativo di espressione e di denuncia da parte di oneste menti, sicché non è possibile emettere giudizi totalizzanti, come non è possibile emetterli sull'università, sulla ricerca scientifica, sull'editoria, insomma su tutte le aree culturali del paese, questo strano paese che è diventato l'Italia. Si possono invece isolare alcune direzioni e alcuni processi molto pericolosi, e denunciarli. Proviamoci un po'. U n primo rilievo che faremmo è di tipo strutturale e non riguarda quindi solo le pagine letterarie e genericamente culturali. Nella prospettiva dei quotidiani e dei settimanali, cioè da qoello che Uspenskij chiamerebbe «il punto di vista della pagina giornalistica»,il mondo si configura come una serie di primi piani: la persona o l'evento più importante sono sempre quelli che si vedono in primo piano nel momento in cui il giornale è stampato, mentre non lo saranno più probabilmente il giorno dopo quando il giornale trova qualcosa d'altro da mettere in primo piano. In altre parole, non è che si parli sempre delle cose più importanti, è che le cose di cui si parla diventano sempre le più importanti; un rovesciamento di ruoli che giova moltissimo all'informazione guidata, pilotata cioè dal potere economico o politico. Vediamo i riflessi di questo fenomeno nelle pagine letterarie o, comunque, dedicate alla vita dei libri, e non immediatamente a quella degli uomini. Qui il punto di vista del primo piano si rivela alquanto più incongruo e porta ad almeno due tipi di conseguenze deleterie. Lnprimo luogo il bisogno di impegnare un'attenzione viva ma momentanea del lettore porta a confondere la notizia con l'informazione, a trasferire cioè nell'ambito della realtà culturale il criterio pertinente alle pagine della cronaca: essere i primi a dare ogni volta una notizia nuova. Orbene, in un'era di vivi ima, a volte mostruosa attività comunicativa come la nostra, bisogna ricordarsi che creare equivalenza fra due cose fra cui c'è solo somiglianza (notizia e informazione) può generare pericolose confusioni e vuoti culturali. Essere i primi a dare il nome di uno che ha sparato, è giustamente un'aspirazione della cronaca di un giornale; ma se esce un libro, conta molto più parlarne acutamente che parlarne per primi. Veniamo a qualche esempio pm concreto: in Italia accade che, fra gli innumerevoli congressi delle innumerevoli discipline esistenti, ve ne siano alcuni di alto livello e tali da fare avanzare il sapere, metti in ambito filosofico, letterario, medico, semiotico ecc. Che cosa interessa in genere ai giornali e settimanali? Essere i primi ad annunciare il futuro o incipiente congresso; quali ne siano poi gli esiti, quali i gio che sembra portarli allo stesso livello, privo cioè di quei segnali, di quegli elementi distintivi del discorso che servano al pubblico non specializzato però probo, che vorrebbe apprendere dall'informazione giornalistica quali sono in definitiva i libri dell'annata che contano e quindi da acquistare, magari attraverso qualche laborioso risparmio, dati i prezzi a cui i libri sono saliti. Ciò che ostacola l'operazione necessaria, e anche equa dal punto di vista sociale, del distinguo è il fatto che, per vari motivi dell'ordine pratico, le pagine culturali parlano più agevolmente e con più frequenza dei libri effimeri ma rumorosi (di invenzione o di saggistica), che non dei duraturi ma non circondati da rumore. Qualcuno di questi motivi? Intanto i libri di consumo (per farne un bel mazzetto variopinto vedi le tabelle di graduatoria dei più venduti offerte dai vari giornali) si leggono e recensiscono più in fretta degli altri perché sono per il recensore meno impegnativi; in più la recensione procura degli attestati di buona condotta a giornale e recensore da varie parti, giurie dei premi letterari, case editrici dove imperversa il dio Fatturato che non dà tregua e pace ai poveri dipendenti dellUfficio Stampa incollati al telefono, in vista del traguardo delle centomila copie. Non va poi sottovalutato il fatto che l'autore di un tale genere di libri, dal punto di vista della presenza in un primo piano del giornale, funziona benissimo; e come no? Perché il giornale dovrebbe perdere tali occasioni? Se ne deduce allora, amara riflessione, che nel meccanismo di una civilSte,·e l'11x101e1 Lis11Ne/s011,Bolog1111,Gulleri11d'Arte Moc/er,111g, i11g110I <J7<J contributi più nuovi, cioè il discorso serio e informativo a cose fatte, questo no!J li riguarda perché non fa notizia. A questo punto è lecito postillare che l'informazione culturale incomincia a significare il suo opposto. Coi libri può capitare qualcosa che è addirittura bizzarro: per esempio, uno conosce delle brave persone che scrivono su un settimanale, le incontra per strada e consiglia loro di dare un'occhiata a un libro che gli pare assai notevole. Si sente chiedere a bruciapelo: «Quando uscirà?»; risponde: «È uscito da un mesetto». Controrisposta: «Oh no, noi non parliamo dei libri già usciti». Manca lo spazio per una descrizione particolareggiata di varie e colorite, quasi suggestive forme di malessere dell'informazione. E passiamo all'altro tipo di conseguenze derivanti da quello che abbiamo chiamato il punto di vista del primo piano applicato in ambito di pagine letterarie. Ilgiornale abitua per sua natura a considerare le cose su tempi brevi, brevissimi e, di conseguenza, a trattare come se fossero prodotti affini dal punto di vista dell'informazione i testi di consumo, e sono molti, la cui futura scomparsa è fuori discussione anche nella mente del recensore intelligente, e i testi che non si consumano, cui peniene una mis\lra temporale molto diversa. Quello che è improprio non è che si parli degli uni e degli altri, il che è anzi compito di una pagina letteraria, ma che spesso se ne parli con un linguagtà consumistica è l'oggetto di consumo a dettare legge al suo recensore. In altre parole, l'autore del libro da centomila copie, le pagine letterarie se le prende in affitto vita natural durante. A d evitare il conseguente avvento di un comune crepuscolo si vorrebbero avanzare alcuni desiderata: in questo momento difficile per il paese, in cui tutto sembra fuori di posto, dovremmo, in quanto intellettuali, sforzarci di cominciare a mettere al loro posto i libri liberandoci, quel tanto che è possibile, dalla sintomatologia del consumismo, dando cioè un carattere di compito sociale al nostro lavoro. In Italia, ad esempio, vi sono ottime editrici, che da molti anni fanno sul serio cultura scientifica e artistica, i cui testi sono regolarmente ignorati dalla stampa, perché intorno ad essi non vi è fracasso pubblicitario, non ci sono telefoni che squillano da mattina a sera: metti la Ricciardi o Antenore o le edizioni della Crusca (chi, per esempio, ha parlato di quel delizioso libro che è Lacomposiziondeelmondo diRistoro d'Arezzo, il primo testo di divulgazione scientifica scritto in volgare, e non in latino, nel secolo XIII, significativo archetipo della nostra letteratura scientifica, uscitonelle edizioni appunto della Crusca? E chi mai parlerà di quell'altro testo della Crusca, da poco uscito, il volgarizzamento genovese così suggestivo e a tratti indicibilmente spassoso dei Dialoghi di san Gregorio?) La questione naturalmente è ben più complicata; spesso il potenziale recensore dei libri culturalmente importanti, siano creativi o di saggistica, letterari, filosoficio scientifici, viene a incontrare presso alcune redazioni (non tutte, grazie a Dio) supplementari difficoltà in quanto gli è proposta o imposta un'idea di pubblico che nulla ha a vedere, au fond, col pubblico reale. Esiste infatti una curiosa propensione, presso vari organi di stampa, ad attribuire agli abitanti della penisola italiana, quando si presentano come massa di lettori, «pubblico» del giornale, caratteristiche antitetiche a quelle che si è soliti attribuire al lettore singolo: il pubblico, per definizione interna a certi giornali, ha il meraviglioso attributo di non disporre dei mezzi per pensare; e perciò di trovare interessanti solo quelle cose che mai interesserebbero un lettore singolo intelligente. La funzione di questa «idea del pubblico» è di fare da catalizzatrice nei riguardi di un certo tipo di prodotti e di discorsi che si muovono soltanto alla periferia dei fatti culturali, alludendovi magari qualche volta ma, per carità, con molta discrezione. Come dire che si crea, in termini di logica modale, un «mondo possibile» di lettori un po' fatui, un po' svagati, comunque passivi sempre; esi fadi tutto per sovrapporre l'immagine di questo mondo possibile a quello dei lettori reali. Fino a qual punto può essere spinta la logica, se va in mano al potere, economico o politico che sia, o tutti e due insieme! Su questa strada ovvero con questo salutare modo di pensare si può giungere ad un ambìto sbocco finale: il giornale popolare; e coerentemente al processo descritto si arriva a una n<YZiondei giornale popolare per fare il quale sembra che la partecipazione del cervello abbia a rimanere una cosa pur sempre piuttosto vaga. Il giornale popolare si fa con il sussidio dell'occhio, dell'orecchio, della cinepresa, ma con la testa andiamoci piano. È quindi veramente il momento storico dell'Occhio, a proposito del quale rinvio a un pertinente intervento su Paese Sera del 20 ottobre scorso di Gianfranco Corsini dal titolo Il pop casereccio dell'«Occhio». lvi Corsini, posti a confronto i giornali popolari inglesi Daily Mirror e Sun, ma soprattutto il Mirror a cui l'Occhio si è ispirato, con quest'ultimo, mette a fuoco da un lato la scarsezza di notizie del giornale italiano rispetto al modeUo inglese, dall'altro il fatto che l'Occhio invece di rimandare a libri, siano pure popolari, rimanda al video; cioè a differenza della stampa popolare inglese non riporta i lettori allo «scritto> o a un visivo nuovo, ma si allontana da tutto ciò a favore, guarda caso, della TV. Il problema della diffusionedella cultura fra le masse è in Italia ben lontano dalla soluzione; gli intellettuali dovrebbero preoccuparsene; esistono per questo. E sempre più si allontana la soluzione, coi giornali popolari che ci capitano. Altra difficoltà in cui si imbatte il recensore, oltre a quella dell'idea di pubblico impostagli, è la pochezza dello spazio, che lo obbliga sempre a una prestazione ridotta: sulle pagine letterarie la media di spazio concessa è fra una cartella e mezzo e due; non di più, perchè ciò sottrarrebbe spazio alla gran foto di un bel corpo femminile o al ritratto in genere meno bello di un ministro indaffarato a salvare in extremis qualcosa, immagini varie ma deputate tutte a dare a quel tal pubblico sopra descritto una sensazione fisica di sicurezza, come il ritratto del generale dell'arma dietro la scrivania di un maresciallo in caserma. Tale scarsezzadi spazio per trattare di quella abbondante cosa che è un libro non può non procurare al recensore l'impressione penosa che gli si porti via un po' della sua identità; il che avviene in effetti. Certo qualche eccezione c'è e fa sempre piacere; al limite ci sono anche due o tre intellettuali di grande rinomanza a cui, magari per pigrizia redazionale, viene conferita addirittura una funzione di prezzemolo nella cucina giornalistica italiana: accade cosl che alla stessa persona si chieda oggi un parere sul terzo mondo, domani sul sesso o sul linguaggio dei poeti, sui precari, su un festival del cinema, sulla fame nel mondo o sul futuro della letteratura e via di seguito. Mirabili rari esemplari in cui si riunifica il tutto solitamente disperso nei meandri del vivere e del pensare. Vi è poi lo scabroso terreno delle scelte linguistiche e stilistiche, dove in genere l'autore dell'articolo è responsabile in proprio, soprattutto responsabile della sua eventuale oscurità. Essere chiari nella scrittura dovrebbe costituire per chi scrive sui giornali prima di tutto un dovere pubblico, oltre che di genere letterario; e qui sta il vero senso della divulgazione, dire cose difficili in modo facile e mai cedere alla tentazione del viceversa. Anche noi di Alfabeto su questo abbiamo da riflettere. Vi è inoltre un pericolo più sottile e ben stigmatizzato da Nigel Dennis allorché scrive (in Cane d'identità, ed. Einaudi, p. 132): «L'uomo qualunque che ha letto i giornali e ascoltato gli uomini politici si abitua ad esprimersi in termini privi di significato». Questa mancanza di significato può voler dire tante cose: che sotto gli enunciati c'è davvero il vuoto (cosa che capita) oppure che uno si dà da fare con un formulario stereotipato che non fa nessuna presa sul reale, ma purtroppo a lungo andare è assorbito dai lettori; oppure che la realtà incomincia a svanire nella mente dell'articolista ed allora egli ricorre a simboli, a temicismi e a complicate formule per riafferrarla; in questo caso l'oscurità investe prima la sua visione della cosa o del problema che il suo linguaggio. L'esperienza mostra che spesso l'oscurità è inversamente proporzionale all'età di chi scrive. Qualunque sia, insomma, nei casi specifici la diagnosi, il danneggiato dal male dell'oscurità non è il malato, bensl il pubblico dei lettori. Per questo solo il male è abbastanza grave. R icapitolando, si sono indicati alcuni degli aspetti negativi della stampa come servizio sociale, nel complesso noti, sicché non si può attribuire a quanto abbiamo detto tanta importanza da ricavarne una morale della favola; pur tuttavia, se gli intellettuali non vogliono darsi al giardinaggio e finire coltivando rose, devono ricordarsi che fanno parte della languente realtà descritta e soprattutto possono essere lentamente ridotti al silenzio con un'arma invisibile, segreta: rendereungiornale cosi piano che un intellettuale non ce la faccia più a collaborarvi, non trovi quel minimo di dialogo, di confarsi l'uno all'altro che ci deve essere fra un giornale e i suoi collaboratori. Quanto si è qui descritto potrebbe espandersi dal singolo foglio quotidiano a disegno universale; ma per questa volta fermiamoci davanti alle edicole.

Seunanotted'inverno unnarratore Caro Angelo Guglielmi, «a questo punto farei a Calvino due domande», tu scrivi, ma in realtà sono parecchi gli interrogativi, espliciti o impliciti, che tu poni a proposito del mio Viaggiatore, nel tuo articolo su Alfabeta n. 6, intitolato appunto Domande per Italo Calvino. Cercherò, per quanto posso, di risponderti. Comincerò dalla parte del tuo articolo che non pone interrogativi, cioè in cui il tuo discorsocoincide col mio, per poi individuare i punti in cui i nostri sentieri si biforcano e cominciano ad allontanarsi. Tu descrivi molto fedelmente ilmio libro e soprattutto definisci con precisione i dieci tipi di romanw che vengono successivamente proposti al lettore: « ... In un romanzo la realtà è imprendibile come la nebbia; in un altro gli oggetti si presentano con caratteri fin troppo corposi e sensuali; in un terw è vincente l'approccio introspettivo; in un altro agisce una forte tensione esistenziale proiettata verso la storia, la politica e l'azione; in un altro ancora esplode la violenza più brutale; e poi in un altro cresce un sentimento insostenibiledi disagioe di angoscia. E poi c'è il romanzo erotico-perverso, quello tellurico-primordiale e infine il romanzo apocalittico». Mentre la maggior parte dei critici per definire questi dieci incipit ne ha cercato dei possibili modelli o fonti (e spesso da questi elenchi di autori saltano fuori nomi a cui io non avevo mai pensato, cosa che richiama l'attenzione su un campo finora poco esplorato: come funzionano le associazioni mentali tra testi diversi, per quali vie un testo nella nostra mente viene assimilato o affiancato a un altro) tu segui quello che è stato ilmio procedimento, cioè di propormi ogni volta un'impostazione stilistica e di rapporto col mondo (attorno alla quale poi lascio che naturahnente s'addensino echi di memoria di tanti libri letti), impostazione che tu definisci perfettamente in tutti e dieci i casi. In tutti e dieci i casi? Guardando meglio, m'accorgo che gli esempi che dai sono solo nove. C'è una lacuna, marcata dal punto fermo e dall'«E poi...» che corrisponde al racconto degli specchi (In una rete di linee che s'intersecano), cioè a un esempio di narrazione che tende a costruirsi come un'operazione logica o una figura geometrica o una partita a scacchi. Se vogliamo anche noi tentare l'approssimazione dei-nomi propri, potremmo rintracciare il padre più illustre di questo modo di raccontare in Poe e il punto d'arrivo più compiuto e attuale in Borges. Tra questi due nomi pur distanti possiamo situare quanti autori tendono a filtrare le emozioni più romanzesche in un clima mentale di rarefatta astrazione, guarnito spessodi qualche preziosismo erudito. In una rete di linee che s'intersecano è stato da altri critici messo molto in rilievo (forse troppo?) mentre è l'unico che tu dimentichi. Perché? Perché, dico io, se tu l'avessi tenuto presente, avresti dovuto tener conto che tra le forme letterarie che caratterizzano la nostra epoca c'è anche l'opera chiusa e calcolata in cui chiusura e calcolo sono scommesse paradossali che non fanno che indicare la verità opposta a quella rassicurante (di completezza e di tenuta) che la propria forma sembra significare, cioè comunicano il senso d'un mondo precario, in bilico, in frantumi. M a se tu a1mnetti questo, dovresti riconoscere che il libro del Viaggiatore tutt'intero risponde in qualche misura a questo modello (a cominciare dall'utilizzazione - caratteristica di questo genere - del vecchio topos romanzesco d'una cospirazione universale dagli incontrollabili poteri, - in chiave comico-allegorica, ahneno da Chesterton in poi - retta da un proteiforme deus-ex-machina; il personaggio del Gran Mistificatore che tu mi rimproveri come una trovata troppo semplice è in questo contesto un ingrediente quasi direi d'obbligo), modello in cui la prima regola del gioco è «far tornare i conti» (o meglio: far sembrare che i conti tomino mentre sappiamo che non tornano affatto). Il «far tornare i conti» per te è soltanto una soluzione di comodo, mentre può ben essere vista come un esercizio acrobatico per sfidare - e indicare - il vuoto sottostante. _ Insomma, se tu non avessi saltato{ o cancellato?) il «romanzo geometrico» dalla lista, una parte delle tue domande e obiezioni sarebbe venuta a cadere, a cominciare da quella sull'«inconcludibilità». (Ti scandalizzi perché io il minimo vitale il romanw della nebbia la ricerca della pienezza I I I Italo Calvino in letteratura che è un'altra cosa. Meglio dire che qui non si tratta del «non finito» ma del «finito interrotto», del «finito la cui fine è occultata o illeggibile», sia insenso letterale che in senso metaforico. (Mi pare che da qualche parte dico qualcosa come: «viviamo in un mondo di storie che cominciano e. non finiscono») 2) Sarà proprio vero che imiei incipit s'interrompono? Qualche critico (vedi Luce d'Eramo, // manifesto, 16 settembre) e qualche lettore di palato fino sostengono di no: trovano che sono dei racconti compiuti, che dicono tutto quello che dovevano dire e a cui non c'è nulla da aggiungere. Su questo punto io non mi pronuncio. Posso solo '- _d_eil_;_,::_:~_;_~_~_:n_i_za_.J erio corposa ~ rivolto rivolto verso il verso il ~:E;~~ fuolri interpretativo ,~----'·----,I la storia l'assurdo il romanzo politico-esistenziale 1-----'-----. l'identificazione il romanzo cinico-brutale l'estraneità I I che con Ludmilla Calvino, se pure inconsapevohnente, conduce un'opera di seduzione (di adulazione) verso il lettore medio, che poi è il vero lettore (e acquirente) del suo libro, prestandogli alcune delle straordinarie qualità della insuperabile Ludmilla?». Di questo discorso la cosa che non mi va giù è ilse pure inconsapevolmente. Come: inconsapevohnente? Se ho messo Lettore e Lettrice al centro del libro, sapevo quel che facevo. Né mi dimentico neanche per un minuto (dato che vivodi diritti d'autore) che il lettore è acquirente, che il libro è un oggetto che si vende sul mercato. Chi crede di poter prescindere dall'economicità dell'esistenza e da tutto ciò I . l'angoscia il romanzo dell'angoscia lo sguardo che scruta «concludo» e ti chiedi: «Che si tratti d'una disattenzione del Nostro?». No, ci ho fatto molta attenzione, invece, calcolando tutto in modo che il «lieto fine» più tradizionale-le nozzedell'eroe e dell'eroina - venisse a sigillare la cornice che abbraccia lo sconquasso generale). Quanto alla discussione sul «non finito»- tema sul quale dici cose molto giuste in un senso letterario generale - vorrei per prima cosa sgombrare il terreno da possibili equivoci. Due punti soprattutto vorrei fossero più chiari: 1) L'oggetto della lettura che è al centro del mio libro non è tanto «il letterario» quanto «il romanzesco», cioè una procedura letteraria determinata- propria della narrativa popolare e di consumo ma variamente adottata dalla letteratura colta - che si basa in primo luogo sulla capacità di costringere l'attenzione su un intreccio nella continua attesa di quel che sta per avvenire. Nel romanzo «romanzesco» l'interruzione è un trauma, ma può essere anche istituzionalizzata (l'interruzione delle puntate dei romanzi d'appendice al momento cuhninante; il taglio dei capitoli; il «facciamo un passo indietro»). L'aver fatto dell'interruzione dell'intreccio un motivo strutturale del mio libro ha questo senso preciso e circoscritto e non tocca la problematica del «non finito» in arte e I I la trasparenza I l'oscuro il romanzo logico-geometrico ,-.--~--~ nell'uomo nel mondo I il ro~anzo ~ della perversione I le origini il romanzo telluricoprimordiale I la fine del mondo I I dire che in partenza volevo fare dei romanzi interrotti, o meglio: rappresentare la lettura di romanzi che s'interrompono; poi in prevalenza mi sono venuti dei testi che avrei potuto anche pubblicare indipendentemente, come racconti. (Cosa abbastanza naturale, dato che sono sempre stato più un autore di racconti che un romanziere) 11 naturale destinatario e fruitore dèl «romanzesco» è il «lettore medio» che per questo ho voluto fosse il protagonista del Viaggiatore. Protagonista doppio, perché si scinde in un Lettore e in una Lettrice. Al primo non ho dato una caratterizzazione né dei gusti precisi: potrebb'essere un lettore occasionale ed eclettico. La seconda è una lettrice di vocazione, che sa spiegare le sue attese e i suoi rifiuti (formulati in termini il meno intellettualistici po55ibile, anche se - anzi, proprio perché- il linguaggio intellettuale va stingendo irreparabilmente sul parlato quotidiano), sublimazione della «lettrice media» ma ben fiera del suo ruolo socialedi lettrice per passione disinteressata. J:: un ruolo sociale cui credo, e che è il presupposto del mio lavoro, non solo di questo libro. J:: su questa destinazione al «lettore medio» che tu appunti il tuo a-fondo più categorico, quando chiedi: «Non è il mondo finisc.e il romanw apocalittico il mondo continua che essa comporta, non ha mai avuto il mio rispetto. Insomma, se mi dai del seduttore, passi; dell'adulatore, passi; del mercante in fiera, passi anche quello; ma se mi dai dell'inconsapevole, allora mi offendo! Se nel Viaggiatore ho voluto rappresentare (e allegorizzare) il coinvolgimento del lettore (del lettore comune) in un libro che non è mai quello che lui s'aspetta, non ho fatto che esplicitare quello che è stato ilmio intento cosciente e costante in tutti i miei libri precedenti. Qui si aprirebbe un discorso di sociologia della lettura (anzi, di politica della lettura) che ci porterebbe lontano dalla discussione sulla sostanza del libro in questione. M eglio tornare alle due domande principali intorno alle quali prende corpo la tua discussione: l) per il superamento dell'io si può puntare sulla moltiplicazione degli io?; 2) tutti gli autori possibili possono essere ridotti a dieci? (Sintetizzo così solo per pro-memoria, ma rispondendoti cerco di tener presente tutta l'argomentazione del tuo testo). Per il primo punto posso solo dire che l'inseguire la complessità attraverso un catalogo di possibilità linguistiche diverse è un procedimento che caratterizza tutta una fetta della letteratura di questo secolo, a cominciare dal romanw che racconta una giornata qualsiasi d'un tizio di Dublino in diciotto capitoli ognuno con una diversa impostazione stilistica. Questi illustri precedenti non escludono che mi piacerebbe raggiungere sempre quello «stato di disponibilità> di cui tu parli, «grazie al quale il rapporto col mondo possa svilupparsi non nei termini del riconoscimento ma nella forma delle ricerca>; però, almeno per la durata di questo libro, eia forma della ricerca> è stata ancora per me quella - in qualche modo canonica - d'una molteplicità che converge su (o s'irradia da) un'unità tematica di fondo. Niente di particolarmente nuovo, in questo senso: già nel 1947 Raymond Queneau pubblicava Exercises de style in cui un aneddoto di poche righe è trattato in 99 redazioni differenti. Io ho scelto, come situazione romanzesca tipica, uno schema che potrei enunciare cosl: un personaggio maschile che na"a in prima persona si trova a assumere un ruolo che non è il suo, in una situazione in cui l'attrazione esercitatada un personaggio femminile e l'incombere dell'oscura minaccia d'una colletlività di nemici lo coinvolgono senza scampo. Questo nucleo narrativo di base l'ho dichiarato in fondo al mio libro, sotto forma di storia apocrifa delle Mille e una natie, ma mi pare che nessun critico (per quanto molti abbiano sottolineato l'unità tematica del libro) l'abbia rilevata. Se vogliamo, la stessa situazione si può riconoscere nella cornice (in questo caso potremmo dire che la crisi d'identità del protagonista viene dal fatto di non avere identità, d'essere un «tu> in cui ognuno può identificare il suo «io>). Questa non è che una dellecontraintes o regole del gioco che mi sono imposto. Hai visto che in ogni capitolo della «cornice> il tipo di romanzo che seguirà viene enunciato sempre per bocca della Lettrice. Per di più ogni «romanzo> ha un titolo che risponde anche quello a una necessità, dato che tutti i titoli letti di seguito costituiranno anche loro un incipit. Essendo questo titolo sempre letteralmente pertinente al tema della narrazione, ogni «romanw> risulterà dall'incontro del titolo con l'attesa della Lettrice, quale è stata formulata da lei nel corso del capitolo precedente. Tutto questo per dirti che se guardi bene, al posto della «identificazione in altri io> trovi una griglia di percorsi obbligati che è la vera macchina generativa del libro, sul tipo delle allitterazioni che Raymond Roussel si proponeva come punto di partenza e punto d'arrivo delle sue operazioni romanzesche. Arriviamo cosl alla domando n. 2: perché proprio dieci romanzi? La risposta è ovvia e la dai tu stesso qualche capoverso più avanti: «si doveva pur fissare un limite convenzionale>; potevo anche sceglieredi scriverne dodici, o sette, o settantasette; quanto bastava per comunicare il senso della molteplicità.Ma tu subito scarti questa risposta: «Calvino individua con troppa sapienza le dieci possibilità per non scoprire i suoi intenti totalizzanti e la sua sostanziale indisponibilità a una partita più incerta>. I nterrogando me stesso su questo punto, mi viene da chiedermi: «In che pasticcio mi sono cacciato?>. Infatti, per l'idea di totalità ho sempre avuto una certa allergia; negli e intenti totalizzanti> non mi riconosço; eppure, carta canta: qui io parlo - o il mio personaggio Silas Flannery parla - proprio di «totalità>, di «tutti i libri possibili>. Il problema riguarda non solo i tutli ma i possibili; ed è lì che batte la tua obiezione, dato che la domanda n. 2 viene subito da te riformulata cosi: «crede proprio Calvino... che il possibile coincida con l'esistente?>. E molto suggestivamente mi ammonisci «che il possibile non si può

numerare, che non è mai il risultato di una somma e che piuttosto si caratterizza come una sorta di linea a perdersi in cui ogni punto tuttavia partecipa del carattere infinito dell'insieme•. Per cercare di venirne fuori, forse la domanda che mi devo porre è: perché quei dieci e non altri? E chiaro che se ho scelto quei dieci tipi di romanzo è perché mi pareva avessero più significato per me, perché mi venivano meglio, perché mi divertivano di più a scriverli. Continuamente mi si presentavano altri tipi di romanzi che avrei potuto aggiungere alla lista, ma o non ero sicuro di riuscirci, o non presentavano per me un interesse formale abbastanza forte, o comunque lo schema del libro era già abbastanza carico e non volevo allargarlo. (Per esempio, quante volte ho pensato: perché l'io narrante dev'essere sempre un uomo? E la scrittura «femminile•? Ma esiste una scrittura «femminile»? O non si Encidopedia Torino, Einaudi, 1978-'79 Voll. I - Vll 11 peso culturale dell'Enciclopedia Einaudi è oggi riconosciuto da t_utti, ed è senza dubbio destinato a crescere man mano che aumenterà il numero dei volumi pubblicati. Comunque, essendone già usciti sette su quattordici, risulta forse già possibile tentare di abbozzarne un primo bilancio ovviamente provvisorio. Anche questo però sarebbe un compito che esigerebbe uno spazio ben maggiore di un semplice articolo; proprio perciò mi limiterò ad avanzare qualche osservazione sul solo gruppo delle voci scientifiche. Ma occorre subito sottolineare che non si tratta di un gruppo che occupi una posizione secondaria nel quadro dell'opera. Ed infatti, mentre la maggior parte delle enciclopedie - escluse ovviamente quelle specialistiche come per esempio la EST di Mondadori - sogliono dedicare uno spazio assai limitato alle scienze esatte, un merito dell'Enciclopedia Einaudi è invece quello di avere affrontato gli argomenti scientificicon un'ampiezza di respiro pari a quella con cui vengono affrontati i problemi letterari, storici, politici, filosofici, artistici. Si direbbe che la casa editrice Einaudi sta rendendosi conto, notevolmente più che in passato, che la scienza e i problemi ad essa connessi costituiscono un fattore essenziale della cultura della nostra epoca. Proprio perché guidata da questa visione moderna della cultura, la direzione dell'Enciclopedia ha richiesto, e per lo più ottenuto dai suoi collaboratori, di integrare ogni voce scientifica sia con ampi riferimenti storici sia con approfondite considerazioni sui nessi fra le grandi scoperte scientifiche e le concezioni filosofiche dominanti nell'epoca in cui tali scoperte vennero preparate e realizzate. Si tratta, come dichiara lo stesso Ruggiero Romano, di un tentativo- io aggiungerei «molto serio• - di superare la divisione delle due culture, a lungo criticata ma ancora presente nel nostro paese. L a visione moderna della cultura sta pure alla base dell'aspirazione dell'editore ad imprimere un carattere internazionale all'Enciclopedia; potrebbero immaginare corrispettivi «femminili» per ogni esempio di romanzo «maschile»?) Diciamo allora che nel mio libro il possibile non è il possibile in assoluto ma il possibile per me. E nemmeno tutto il possibile per me; per esempio, non m'interessava ripercorrere la mia autobiografia letteraria, rifare tipi di narrativa che avevo già fatto; dovevano essere dei possibili al margine di quel che io sono e faccio, raggiungibili con un salto fuori di me che restasse nei limiti d'un salto possibile. Questa definizione limitativa del mio lavoro (che ho messo avanti per smentire gli «intenti totalizzanti» che mi attribuisci) finirebbe col darne un'immagine impoverita, se non tenesse conto d'una spinta in senso contrario che lo ha sempre accompagnato: cioè mi chiedevo sempre se il lavoro che io stavo facendo poteva avere un senso non solo per me ma anche per gli altri. Soprattutto nelle ultime fasi, quando il libro era praticamente compiuto e le sue molte giunture obbligate impedivano ulteriori spostamenti, mi è presa la smania di verificare se potevo giustificare concettualmente il suo intreccio, il suo percorso, il suo ordine. Ho tentato vari riassunti e schemi, per mio esclusivo chiarimento personale, ma non riuscivo mai a farli quadrare al cento per cento. A quel punto ho fatto leggere il manoscritto al più sapiente dei miei amici per vedere se riusciva a spiegarmelo. Mi disse che secondo lui il libro procedeva per successive cancellazioni, fino alla cancellazione del mondo nel «romanzo apocalittico». Questa idea e, contemporaneamente, la rilettura del racconto di Borges L' avvicinamento a Almotasim mi hanno portato a rileggere il mio libro (ormai finito) come quella che avrebbe potuto essere una ricerca del «vero romanzo» e insieme del giusto atteggiamento verso il mondo, dove ogni «romanzo» cominciato e interrotto corrispondeva a una via scartata. In questa ottica il libro veniva a rappresentare (per me) una specie d'autobiografia in negativo: i romanzi che avrei potuto scrivere e che avevo scartato, e insieme (per me e per gli altri) un catalogo indicativo d'atteggiamenti esistenziali che portano ad altrettante vie sbarrate. Lf amico sapiente ricordò loschema d'alternative binarie che Platone usa nel Sofista per definire il pescatore alla lenza: ogni volta un'alternativa viene esclusa e l'altra si biforca in due alternative. Bastò questo richiamo perché mi buttassi a trac- ·ciare schemi che rendessero ragione secondo questo metodo dell'itinerario delineato nel libro. Te ne comunico uno, nel quale ritroverai, nelle mie definizioni dei dieci romanzi, quasi sempre le stesse parole che hai usato tu. Lo schema potrebbe avere una circolarità, nel senso che l'ultimo segmento si può collegare col primo. Totalizzante, dunque? In questo senso, certo, mi piacerebbe che lo fosse. E che nei delusivi confini così tracciati riuscisse a circoscrivere una zona bianca dove situare l'atteggiamento «disconoscitivo» verso il mondo che tu proponi come il solo non mistificatorio, quando dichiari che «ilmondo non può essere testimoniato (o predicato) ma solo disconosciuto, sganciato da ogni sorta di tutela, individuale o collettiva, e restituito alla sua irreducibilità». Coloreecalcolo questa volta però si tratta di un'aspirazione non sempre soddisfatta, se si tiene conto della quasi totale assenza di riferimento alla cultura dell'Oriente europeo e non solo europeo. Per esempio nella voce Fisica, che si presenta come molto impegnata filosoficamente, non è fatto alcun cenno ai tentativi dei fisicisovietici di inquadrare la meccanica quantistica in una concezione materialistico-dialettica, tentativi che possono venir criticati ma non ignorati. Del resto, non è solo a proposito della filosofia della scienza ma anche della filosofia in generale, che i collaboratori della Enciclopedia rivelano un singolare disinteresse per tutto ciò che si sta elaborando nel cosiddetto mondo socialista, quasi che questo non facesse parte della cultura della nostra epoca. Nella premessa dell'editore si afferma che è esclusa «la ricerca di un'unità 'idealistica', 'neopositivistica', 'marxistica' o ispirata a non sappiamo quale altro 'ismo'»; ma ciò non sembra impedire che siano invece presenti ben determinate antipatie, per lo meno discutibili. Del resto la cosa può anche avere un lato in un certo senso positivo, perché ilmero eclettismo non sempre giova all'incidenza culturale dell'opera. Passando ora a parlare del Iato espressamente scientifico dell'Enciclopedia, possiamo rilevare una certa preminenza data alle voci matematiche rispetto a quelle dedicate ad altre discipline (in particolare alla fisica); è una preminenza che può venire giustificata per l'enorme ausilio che la matematica odierna fornisce a tutte le scienze, ma che speriamo venga parzialmente attenuata nei volumi successivi. Un aspetto che lascia alquanto perplessi concerne l'apparato bibliografico. Come è spiegato nella Nota della redazione i «dati bibliografici» annessi alle principali voci «si riferiscono unicamente alle opere citate o menzionate nei singoli articoli» mentre «bibliografie sistematiche saranno pubblicate nell'ultimo volume insieme con gli indici•. Si tratta di una convenzione che, come tutte le convenzioni, presenta degli aspetti positivi e altri negativi. Per ora, finché non sarà pubblicato il volume degli indici, questi ultimi sono più rilevanti dei primi. Nei «dati bibliografici• il lettore non può infatti Ludovico Geymonat trovare quelle informazioni orientative che si sogliono cercare nelle enciclopedie. In luogo di esse si trovano invece indicazioni a dir poco strane: per esempio, l'indicazione di alcune voci (nemmeno molto belle) contenute nei volumi precedenti della stessa Enciclopedia Einaudi, mentre si poteva fare ricorso a un semplice rinvio interno come in parecchi altri casi, e talvolta si trova perfino l'indicazione di una singola breve voce di altre enciclopedie quasi che essa meriti di venire presentata come un'opera autonoma, idonea a sostituire i più moderni trattati sull'argomento. L a pubblicazione dell'ultimo volume deve venire attesa anche per giudicare come viene risolto il difficile problema dei collegamenti tra una voce e l'altra. Nel fascicolo di presentazione deU' Enciclopedia si afferma che «l'immagine dell'Enciclopedia Einaudi è ilgrafo: un'orbita in cui fluttuano concetti», e si aggiunge che proprio questa struttura è in grado di sospingere il lettore verso un sapere quale «conquista» senza fornirgli, come sogliono fare le altre enciclopedie, «né un ordine prefissato e obbligato, né una sola chiave di lettura». Non abbiamo motivo per porre in • dubbio questa ottimistica affermazione; ci limitiamo ad osservare che per ora, e cioè fino a quando uscirà l'ultimo volume, i collegamenti tra una voce e l'altra lasciano parecchio a desiderare: quelli per esempio tra le voci caso/probabilità e induzione statistica, tra le voci dato e empiria/esperienza, tra le voci continuo/discreto e insieme, ecc. Il caso più grave sembra quello della voce cosmologia contenuta nel terzo v~lume, ove non si discutono i rapporti con astronomia (primo volume) e quindi non si affronta l'importante quesito epistemologico se la ·cosmologia possa o no considerarsi come un'autentica scienza, cioè come una mera sezione dell'astronomia o invece come un ardito castello di ipotesi prive di qualsiasi verificabilità. E non è neanche il caso di ricordare la voce gruppo, incentrata sul significato di tale concetto nelle scienze umane, che non si preoccupa nemmeno di segnalare al lettore che il medesimo termine viene anche usato per indicare un concetto - diverso ma altrettanto fondamentale - nelle scienze matematiche: ora, è vero che della teoria matematica dei gruppi si parla ampiamente in altre voci, per es., nella voce invariante, ma il lettore non è tenuto a saperlo a priori. È ovvio che in un'opera di così grande mole si potranno sempre rilevare, senza difficoltà, lacune e manchevolezze di vario peso. Mi limiterò a ricordarne tre; nella voceAssioma!postulato, un paragrafo del quale è dedicato alla formazione del metodo assiomatico in matematica, non si fa parola dell'apporto - universalmente riconosciuto come assai notevole-della scuola geometrica italiana (Veronese, Fano, Enriques, ecc.) né si cita alcun loro lavoro nei Dati bibliografici; nella voce Curve e superfici non si fa cenno alla famosa «curva di Peano» che pur costituì un punto di autentica svolta nella concezione delle curve e delle superfici; nella voce infinito, che contiene un ampio paragrafo dedicato a tale nozione nell'ambito della matematica, non si fa parola della introduzione dei punti all'infinito e delle rette all'infinito della geometria piana, quasi che questa introduzione non abbia avuto alcuna importanza, mentre di fatto modificò radicalmente la struttura topologica del piano. A !tre voci invece mi sembrano ottimamente riuscite ai fini del- !' Enciclopedia. Tale è per esempio la voce colore, che dà un'idea notevolmente chiara dei diversi e intricati problemi scientifici e tecnici connessi, lungo il corso dei secoli, all'argomento in esame. E tali, pure, le voci entropia e gene; la prima veramente rimarchevole per. la precisione con cui • puntualizza i vari, e fra loro differenti, significati del termine entropia nella termodinamica classica, nella meccanica statistica e nella teoria dell'informazione, sottolineando di volta in voita i problemi filosoficicui tale concetto diede luogo; la seconda che riesce a sintetizzare, in meno di trenta pagine, le più significative fasi attraversate dallo studio dell'unità naturale fondamentale dell'eredità, fino alla recente scoperta della struttura molecolare dei geni, evidenziando il contributo essenziale fornito da questa scoperta alla comprensione scientifica dell'evoluzione in popolazioni di organismi. E, per finire, mi permetterei di aggiungere qualche considerazione più diffusa sulla voce calcolo, che ha suscitato in me un particolare interesse a causa della mia formazione culturale, matematica e filosofica. Ciò che mi sembra particolarmente significativo in tale voce è la sua capacità di spiegare la duplice importanza teorica e pratica che il calcolo ebbe a partire dai tempi più antichi fino ai giorni nostri, illustrando con chiarezza le difficoltà che dovettero venire superate nella trattazione dei vari problemi via via incontrati: da quello della notazione a quello dell'estensione del concetto di numero, da quello dell'approssimazione a quello della traduzione in equazioni differenziali delle leggi che regolano i fenomeni naturali, ecc. Vi emerge una preparazione matematica unita a una raffinatezza metodologica, tale da permetterci di cogliere il fondo delle questioni sia sulla base di considerazioni generali sia sulla base di esempi di interesse pratico. La ric- 'chezza delle informazioni storiche riesce poi a mettere simultaneamente in luce la continuità e la discontinuità dello sviluppo del fondamentale concetto, con tutte le sue diramazioni. R uggiero Romano, direttore editoriale dell'Enciclopedia, scrive che anche dei grandi specialisti come Sabin e Prigogine possono leggere le voci che riguardano le loro discipline «non per cogliere gli aspetti tecnici quanto i fondamenti logicidelle voci in questione». Io ritengo che qualcosa di analogo possa venire affermato per la voce calcolo ovè lo specialista di matematica può trovare una sintesi di problemi logici, storici, tecnici e applicativi che non aveva avuto occasione di leggere altrove e che forse può rivelarsi anche per lui stimolante. Va/da Selterfield «One part of the matten New York, maggio /979

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