Rhoda Kellog Analisi dell'arte infantile Milano, Emme Edizioni, 1979 pp. 358, Lire 9.000 What Children scribble and Why San Francisco. Edition Author's. 195::- Krystna Czemiewska Oceana estetyczna omamentu i koloru srodowisku dzieci zdrowych i chorych • Varsavia. Inst. Premysowego Wzornictwa. 1978 AA.VV. U bambino nella società violenta Cittadella Ed. 1979 Egle Becchi (a cura di) U bambino sociale Milano, Feltrinelli, 1979 pp. 289, Lire 8.000 Perché rontinniamo a fare e a insegnare arte? • a cura di Luciano Anceschi Bologna, Cappelli, 1978 pp. 130 (non è in vendita) flMa questi disegni infantili, anzi questi scarabocchi, si possono considerare Arte?>. È la solita questione che si pone ogni qualvolta una grande rassegna di cpittura infantile> viene allestita, come ormai è accaduto innumerevoli volte. Si tratti di fanciulli finlandesi o giapponesi, svizzeri o statunitensi (chissà perché sono questi a essere più spesso rappresentanti) ci sarà sempre qualcuno pronto ad affermare: cSembra un Klee>. cÈ più bello di Mirò,.. Oppure a rifiutarsi violentemente di parlare di arte in questi casi (e sono di solito coloro per i quali anche Klee e Mirò non contano o contano poco). Questione vessata. dunque, eppure una risposta si dovrebbe poter dare non solo sulla base di ricerche percettivistico-gestaltiste (come ebbe a fare nel suo classico trattato su Arte e percel]one visiva Rudolf Amheim) o su base didattico- estetica (come nel notissimo Educavon Through Art di Herbert Read). o in base a postulazioni psicanalitiche divenute ormai d'uso corrente. o ancora sfruttando analogie simbolico-antropologico-occulte secondo i consueti schemi junghiani a base di mandala e kundalini e simili archetipi ricorrenti in ogni civiltà che si rispetti e dunque anche in quella civiltà, 'en raccourci' costituita dallo sviluppo della psiche infantile tra i 2 e gli 8 anni. Ecco: è questo che mi sembra fondamentale. e non ancora messo a punto. anche se ormai è assodato che tanto la pittura infantile. quanto quella dei dementi, sono una vera miniera di pattern formali che poi si ritrovano in molte espressioni dell'avanguardia artistica recente. l'arte cl,@J piccoli Jose Luis Castillejo, Manuel Corte,, }osé Corte,, Juan Hidalgo, Walter Marchetti, (Zaj), Madrid, Stazione ferroviaria Atocha, 22.11.65. (Foto: Tomas Marco) Ma anche questo approccio scientifico o pseudo scientifico, non dà troppo affidamento: che il grande schizofrenico-dissociato-manierato-stereotipato. possa creare degli schemi disegnativi e cromatici in apparenza analoghi a quelli d'un Klee o d'un Wols non ci permette ancora di confondere un autentico Van Gogh con un pseudo Van Gogh che trae i suoi spunti deliranti solo da una mentalità patologica. Né le cstranezze,. infantili, i tadpoles (gli uomini i cui arti escono direttamente dalla testa) debbono essere considerati alla stregua di alcuni «mostriciattoli" di Mirò o di Brauner. Che. tuttavia, la pittura infantile, soprattutto quella appartenente allo «stadio dello scarabocchio» (dai due ai quattro anni). ci possa insegnare molto sulle meraviglie dello psichismo non solo infantile. ma anche su quello dell'umanità bambina (o selvaggia). è indubbio. N e tratta. con l'autorità che le conferisce un'intera vita dedicata al problema (e una raccolta di un milione di disegni con esemplari di 30 nazioni diverse. Rhoda Kellog che è forse la maggior specialista di questo problema e di cui finalmente si traduce in Italia l'opera fondamentale. ma che già sin dal 1955 ci aveva offerto una cchiave» quasi completa per la decifrazione degli scribbles infantili. Kellog è partita da uno studio molto accurato e meticoloso dei segni tracciati dal bambino sin dai primi anni ed è giunta alla conclusione che tali segni (basic scribbles = scarabocchi-base) si possano raggruppare in venti forme caratteristiche e costanti (puntino, linea verticale. orizzontale. curva, diagonale. linea ad occhiello. spirale, a cerchio incrociato, ecc.,) basandosi sulle quali il bambino è in grado di realizzare tutti i suoi scarabocchi. A partire. poi. dal terzo anno, appaiono segni più complessi che l'autrice definisce «diagrammi». e che sono in numero di sei (rettangolo o quadrato. ovale o cerchio. triangolo. croce greca. croce diagonale, e la odd shaped area ossia una zona a contorni irregolari che ovviamente comprende tutto quanto non rientra nelle precedenti strutture geometriche). A partire circa dai quattro anni questi diagrammi potranno associarsi tra di loro formando a loro volta dei combines ( che il testo italiano traduce, non molto felicemente. «associazioni») costituiti da due diagrammi. o degli aggregati formati da tre e più diagrammi. Da qui poi è facile comprendere come si possa giungere a qualsiasi forma anche la più complessa: casa, sole. luna, uomo, e prima di tutto al famigerato mandala. simbolo universale che unisce la croce e il cerchio e che è frequentissimo nella pittura infantile come nei documenti grafici delle più antiche civiltà. Sono stati molti gli studiosi che hanno voluto vedere nel mandala e in simili forme «simboliche» create dai bambini e dall'umanità primitiva motivazioni e implicazioni misteriosofiche e occulte; ma a questa tesi si oppone vivacemente Kellog, sostenendo, anzi - e questa inversione del ragionamento è abbastanza sorprendente - come sia proprio per la facilità e la elementarità d'un disegno di tipo mandala che quest'ultimo appare così frequentemente nei documenti visividelle diverse civiltà. per cui tanto il mandala, che la croce o il triangolino, piuttosto che segni magici o occulti. devono essere considerati analoghi ai primitivi scribbles infantili. Sorgono dunque non tanto per ragioni misteriosofiche quanto per cause che potremo definire miocinetiche. In questo modo si svalutano molte teorie come quella offerta ad esempio di Giedion circa l'origine dei graffiti delle caverne aurigniaziane e magdaleniane. o di quelle rupestri dei camuni. e hi abbia ragione sarà difficile provarlo: perché l'umanità bambina non avrebbe dovuto avere gli stessi impulsi disegnativi del bambino di tutti i tempi; o perché il bambino di oggi - come di ieri - non potrebbe nell'epoca prescolastica riflettere delle realtà cosmologiche? Ma. al di là. dallo studio dello scarabocchio infantile e delle ragioni gestaltiche o magiche che lo determinano, quello che mi sembra più importante è tornare al quesito formulato sin dall'inizio di questa nota: ossia se e quanto si debba considerare «artistico» di questi primi disegni e in generale dell'attività «creativa» e fantastica del fanciullo. . Anche recenti esperimenti compiuti in Polonia (paese che, come è noto, ha una lunga tradizione nel settore pedagogico-estetico: basterebbe ricordare gli approfonditi studi della pedagogista dell'università di Varsavia Irena Wojnar, molto nota anche in Italia e in Francia per i suoi testi dedicati alla didattica e all'estetica). ci confermano Jm/eus kuntor, W11r.1m1·/t11, 1ppe11i1p1mg wramique, 23.Ul:J.67. quale importanza abbia la presenza d'una «sensibilità estetica» nell'età l!iovanile. non solo, ma la differenza ~he si può rinvenire tra soggetti sani e malati rispetto a fenomeni di gusto, di decorazione. di interpretazione pittorica. E sull'importanza dell'elemento educativo - lo dico parenteticamente perché il discorso ci porterebbe troppo lontano - per lo sviluppo sociale e intellettuale del bambino sono apparsi di recente alcuni volumi interessanti come quello curato da Egle Becchi per i readings Feltrinelli e quello di diversi autori per l'editrice Cittadella. Tutte queste ricerche cosa c'insegnano in definitiva? Quanto sia spontaneo nell'uomo, sin dai primi anni, il ·penchant' che definiremo «pittorico»; quanto conti l'educazione e l'amhiente per lo sviluppo di questo penchant. E, finalmente, - un altro fatto che ritengo decisivo e su cui mi sono soffermato altrove- (in occasione della serie di lezioni Perché continuiamo a fare e a insegnare arte? che, per iniziativa di Luciano Anceschi, si sono svolte lo scorso anno presso l'Accademia Clementina di Bologna e sono ora raccolte in un folto volume) - anche se pittura (e scultura, ovviamente), in quanto tali, dovessero totalmente inaridirsi o, a forza di sperimentalismi e di iperconcettualizzazioni, si riducessero sempre più a un gioco elitario, rimarrà indiscutibile la presenza nell'uomo d'un Willewr Malerei; nel senso prorpio d'una volontà creativa autonoma che lo spinge. sin dall'età infantile, e persino quando la sua mente sia alterata da anomalie psichiche, a disegnare, a dipingere (nel senso tradizionale di questi termini). N aturalmente l'arte, come tale, potrà a seconda delle epoche e a seconda delle nazioni essere più o meno vicina all'elemento gnoseologico (Kunst da Kiinnen = conoscere) o a quello manuale-artigianale (arte, téchne) o a quello mentale (umjetnost, umenje, da um =mente, intelletto) ... ma- a parte queste divagazioni etimologiche- una cosa è certa: l'arte infantile è uno degli specchi più limpidi di quell'urgenza creativa che (al di là delle diverse mode e delle diverse deformazioni dovute a ragioni sociali, economiche. politiche che l'arte d'ogni epoca deve subire), è presente nell'uomo di sempre sin dai primi anni della sua esistenza. E il fatto stesso che i basic scribbles e i relativi diagrammi si perpetuino attraverso i secoli e i millenni, ci dimostra come alcune Urformen - possiamo davvero considerarle «forme archetipe» anche senza nessuna implicazione mistica o misterica - debbano esplodere, a una certa età evolutiva dell'uomo o d'una civilizzazione. e non possano essere impedite né dal ragionamento né dalla moda.
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