NellaRustiPdegli Zar August von Haxthausen Viaggio nell'interno della Russia Milano. Jaca Book. 1977 pp. 400. lire 10.000 Astolphe de Custine Lettere dalla Russia Torino. Fògola Ed .. 1977 pp. 320. lire 7.500 L a Russia intorno al '48 attira viaggiatori e diaristi come- non si può dire altrimenti - lo sterco attira le mosche; e anche se alcune fra le mosche pretenderanno poi di produrre miele. al pari delle api che. si sa. vagano ronzando di fiore in fiore. di sicuro questo capitolo nomadistico della cultura europea appartiene a pieno titolo, per la sua insensatezza e determinazione. agli annali dell'immaginario radicale - mai. fino ad allora. tanto provato. neppure dall'escursione di Alexis de Tocqueville in America. neppure dalle boccate di 'smog' che viaggiatori russi in Europa avevano legittimato. nei loro scritti. come aria pura. Certo. però. che tutti questi viaggiatori e diaristi in fuga verso il Cremlino. come Paul Newman che nel Sipario strappato di Hitchcock finge di volersi vendere ai rossi. mentivano e deformavano. improvvisavano canzon.id'amore e fingevano indignazione. raccontavano balle su balle; è così che i sogni vengono perseguiti per essere trasformati in compiti pratici. materiali. e nel caso specifico i numeri del 'vaudeville' erano più motivati che mai. Ciò che attraeva tutti. in realtà. non era l'ago magnetico della tradizione «anticorussa» cosi come si configura nel «mir». la struttura comunitario-assembleare contadina di cui poi quasi tutti loro tesseranno l'apologia in lungo ed in largo. alcuni addirittura in anticipo sul movimento slavofilo appena nascente e altri già in concorrenza con quello populista ancora da venire; ciò che li chiamava a sé. come negli Incontri ravvicinati di terzo tipo qualcosa attrae extrasensorialmente gli eletti al Monte del Diavolo. era la figura incredibile dello zar. questa testa quadra onnipotente. questo alfa ed omega del potere senza mediazioni. la cui volontà è la legge e la cui legge è la sua propria volontà. Perché. rispetto al principio autocratico. alla luminaria del puro e nudo dispotismo. a questa sorta di socialismo in un poliziotto solo. le sirene del «mir». per quanto splendide ed isolate. non sono dopotutto che questo miraggio. il quale suggerisce se stesso come rimedio ai mali del capitale che avanzerebbe- figurarsi - quatto quatto ma che insieme si mostra come fantasma del capitale stesso. come amministrazione spiritualizzata. la cui ultima istanza è per l'appunto lo zar. il quale - infatti - spiritualizzerebbe anch'egli l'amministrazione. se solo potesse. se solo questa non gli crescesse intorno come muffa sulla forma di formaggio dimenticata da anni in cantina. Più miraggio ancora. in questo senso. è lo zar medesimo. dal quale si pretenderebbero miracoli dei quali. per altro. egli si ritiene certamente capace ma ai quali di sicuro non è disposto. Viaggiatori e diaristi. tutti que_sti ricercatori sociali disinteressati e spesso addirittura socialisti. cercavano dunque lo zar. non per capire di che pasta fosse fatto (questo già lo sapevano) ma per trarlo in inganno con un mucchiodi chiacchere.per stordirlo con le parole e. stordito. trascinarlo in un'avventura che era però soltanto la loro. L'impresa era disperata ma la disperazione non vi aveva parte. Non mancavano neppure i precedenti. se è per questo. E neppure l'impresa era poi così nuova. Non per vedere le opere dello zar. ma per mettere lo zar all'opera. la diaspora degli ideologi europei muoveva verso la Russia. dapprima a gruppi sparsi. che passavano quasi inavvertiti. e poi a passi sempre più cadenzati e rumorosi. affinché tutti vedessero. e fino a coprire con il proprio ogni altro rumore di fondo. Fin dall'inizio. i viaggiatori-a cominciare da quelli prezzolati da Caterina li. la quale. per stare a quanto ne afferma un 1>ichardBurton imbarbettato e scapocchione nell'Assassinio di Trotzky di Joseph Losey. mori al gabinetto leggendo le opere degli enciclopedisti - stavano dietro. come Re magi. alla stella particolarmente stupida e brillante di questa idée fixe: se lo zar può tutto. se il suo potere è così assoluto. atlora egli è in grado di realizzare. con la società più oppressiva. anche quella più libera. Era sufficiente. per questo. che qualcuno lo convincesse. Llillusionismo. in realtà. non era mai stato. né sarà mai più cosl conseguente e persino affrancato dalla sua costitutiva falsa coscienza. Il meglio per il popolo. nelle sue alchimie. aveva bensì ancora parte. ma il destinatario non erano più le masse; le sostituiva. in quella parte. l'individuo più isolato fra tutti. il solo umano al mondo padrone del proprio destino. vale a dire del destino altrui. Così. anziché attendere. illusoriamente come Fourier. che un capitalista di buon cuore. se non di buon senso. si facesse avanti per finanziare la prima colonia di utopisti dietro il quale splendido esempio si sarebbe poi incolonnato l'intero pianeta dei fessi. alcuni fra gli utopisti si spingevano realisticamente fino a Pietroburgo. Giacché la montagna capitalistica non andava ai Maometti sociali. iMaometti andavano alla montagna autocratica. Per quanto. a rigore. non si trattasse proprio di Maometti ma di piccole montagne a loro volta. e per quanto lo zar non fosse. a sua volta. proprio una montagna ma piuttosto il Maometto più grande di tutti. Per venire ai precedenti già ricordati. poi. questi non erano forse i più assurdi mai imbanditi dai cuochi della storia sulla tavola dell'arbitrio. che tramite essi aveva dato corpo. assurdamente. alla necessità. per la Russia. di tener dietro alla civilizzazione galoppante in Europa? Ed era stato lo zar a forzaTe questo portale con il grimaldello dell'assolutismo. non il popolo o un altro accidente corrente. Andrzej Walicki. lo storico dello slavofilismo. riassume così un articolo intitolato Pietro il Grande. apparso nel 1841 nella stampa slavofila: «Ci svegliamo. guardiamo il calendario e ci rammentiamo che Pietro il Grande introdusse in Russia il conto degli anni dalla nascita di Cristo. Ci vestiamo e la nostra uniforme di funzionari è tagliata secondo le disposizioni di Pietro (che ci voleva così. in unifome). tessuta in una fabbrica che Pietro ha fondato. Ci portano il giornale: siamo debitori a Pietro anche dei giornali russi. A pranzo mangiamo patate. aringhe. beviamo vino: erano tutte cose sconosciute nella Russia prepietrina. Dopo pranzo. andiamo a trovare gli amici. incontriamo delle donne: Pietro ha introdotto in Russia le assemblées, ha ordinato di ammettere le donne alle Un periodo di incertezza e confusione incerto e confuso salta stancamente, si trascinapiù che altro, in tutti i luoghi comuni, in tutti i (pochi) passi noti. li lucido occhio de~'alcool rispecchia visioni glaciali. VISIONI GIÀ VISTE da qualche altra parte in qualche altro momento nella memoria ritornano senza un perché, senza un motivo, senza un movente, assurde complicità. L'unico elemento di prova è che gli imputati si conoscevano tutti, più o meno alla lontana. Poi, come s'è detto, ci sòno i luoghi comuni. - Tutto è stato assunto, e consumato, e terminato. VISIONI GIÀ INTRAVISTE in stretti spazi che si restringono sempre più resistono: si rimpicciolisce la pupilla, la luce bianca scocca quotidiane allucinazioni, l'abbaglio nega ogni identificazione, ogni oggetto classificabile. La piazza aperta dall'orologio in un incerto chiarore, a sera: buio sotto le impalcature di metallo. Un po' più di confusione s'addenza, nel mezzo buio. Un partner indesiderato si impone casualmente e non puoi opporgli il vuoto come una negazione. Perciò stancamente ti accompagni a persone che non conosci per una sera. Ancora, mi avvertono, Viene al mondo qualcuno, custodito dapprima nella rotondità di una pancia estranea. - Chi si preoccupa del fisico, chi dell'educazione, chi dell'insegname1110 dei piccoli gesti quotidiani, del camminare, del crescere. Luci al neon in nude stanze, sotterranee rabbrividente nel vemo, convogli che ripartono, stazioni eterne, diretti a una qualche fermata, a un rifugio qualsiasi, un riparo per la notte, uno scialbo accomodamemo. li vino, quello almeno, fresco addolcisce la lingua e la gola, dal bicchiere scorrendo in buone boccate. assemblee maschili. Ci iscriviamo all'università: la prima scuola laica fu istituita in Russia da Pietro. Riceviamo un grado: è secondo la pietrina Ta110/adei ranghi; il grado ci da diritti anche nobiliari: cosl ha deciso Pietro. Andiamo in viaggio all'estero: l'esempio ce l'ha dato Pietro» (Andrzej Walicki. Una utopia conservatrice. Storia degli slavofili, Torino. Einaudi. 1973. p. 53). È a Pietro il Grande. presumibilmente. che si ispira il dittatore dello stato libero di Bananas che. nel film omonimo di Woody Allen. obbliga ogni cittadino. il giorno successivo all'instaurazione del governo rivoluzionario. a portare le mutande sopra i calzoni e ad usare lo svedese come lingua ufficiale. Lo zar. insomma. poteva tanto. E allora eccoli tutti in folle corsa verso la mirabile reggia. I viaggiatori erano certo tutti ingenui. Ma è proprio questa loro ottusa ingenuità che rende il primo servizio non peloso all'epoca. Essi. infatti. si muovevano già allora al modo delle più recenti crociate giovanili in Oriente: andavano per essere trasformati. e se la magia non riusciva si dicevano egualmente trasformati per una sorta di materialistico snobismo che poi. come succede. sarebbe degenerato in mistica e mercato delle conversioni. Sono quei primi viaggiatori a rendere chiaro che la lotta. ormai. magari grazie al dio delle rivoluzioni che ha detronizzato il dio dei lumi. non è più fra reazione e progresso. e che «reazione> e «progresso» sono termini ormai privi 22. 6. 78 d'una qualunque corrispondenza reale. inutili persino tecnicamente. al contrario di quanto aVTebbepreteso ancora a lungo. nonostante Marx. la cattiva favolistica dei cancellieri di ferro del capitale. i borghesi e i rivoluzionari insieme. I viaggiatori si scambiano addirittura le parti: chi era reazionario torna progressista. chi era progressista si trasforn:ia in reazionario. e nessuno rinuncia in realtà alla propria 'Weltanschauung' ma piuttosto la esaspera. la porta a compimento. I reazionari come il marchese Astolphe de Custine. il quale diceva di essersi recato in Russia per trovarvi le istituzioni (poliziesche) da opporre come argomenti alle mollezze democratiche di un occidente minacciato dal socialismo e dal comunismo. ne tornano fuori di sé dallo spavento. divenuti nel giro di pochi mesi feroci critici dell'assolutismo. disposti persino ad un patto con il diavolo del movimento sociale pur di evitare all'Europa un destino analogo a quello russo. disposti a stabilire con esso delle allenze di qualunque tipo. anche le più perdenti. D'altra parte. per de Custine. la Russia non dava alcuna garanzia: persino un suo appoggio per un'eventuale guerra controrivoluzionaria è da evitarsi. anche a prezzo del trionfo di un'eventuale rivoluzione. De Custine. al ritorno dalla Russia. è terrorizzato. Secondo lui. la Russia non si limiterebbe mai soltanto ad appoggiare le controrivoluzioni. servizio per il quale ufficialmente non manca mai di offrirsi (allora come oggi). ma vorrebbe senz'altro esportare il proprio modello (allora come oggi). Anche se tutto ciò appare. dopotutto. abbastanza gonfiato. cioè un po' come una notizia giornalistica. de Custine ne è ben convinto e lancia la prima parola d'allarme: «Noi camminiamo alla luce del giorno. essi avanzano nascosti. La partita non è eguale». 11marchese de Costine. fra i viaggiatori. è senz'altro il più radicale. anche se insieme. forse necessariamente. è il più incolto e il più sensazionalistico. Lui solo. almeno. non perde tempo a razionalizzare il potere dell'autocrate per poi asservirlo al punto di vista utopico. benché reazionario. che si è portato appresso (l'utopia progressiva. anzi. che gli è completamente estranea. in breve tempo diviene. obliquamente. la sua). Lo zar. per lui. è il gatto asiatico che vorrebbe giocare con il topo occidentale. A rigore. storicamente. è vero proprio il contrario. che è cioè il gatto occidentale a voler giocare con il topo asiatico. ma de Costine non lo sa e. se lo sa. non gli importa. In un «drammatico colloquio» di stile stendhaliano vis à vis con l'imperatore di tutte le Russie. egli è costrett<' d fare uno sforzo per non essere irretito dalla fascinazione che emana dall'autocrate. quest'uomo libero e solo. «Se vi parlo in questo modo». gli dice Nicola I. cè perché so che voi potete comprendermi: noi continuiamo l'opera di Pietro ilGrande». Certo. commenta de Custine. d'imperatore è il solo uomo dell'impero con cui si possa conversare senza temere i delatori» ma se «in Francia la tirannia rivoluzionaria è un male passeggero. in Russia la tirannia del dispotismo è una rivoluzione permanente». De Costine vive il resto della sua permanenza in Russia in una sorta di delirio paranoico. per la verità assai letterario nel senso corrente. e solo una volta fuori d;ii confini russi tira un sospiro di sollievo e smette di guardarsi furtivamente intorno. come se temesse che un gendarme. sopraggiunto come sopraggiungono i gendarmi. cioè senza preavviso. potesse trasmettergli un ordine di deportazione in Siberia. Il disincanto del marchese de Custine. vero o falso che fosse. assume subito toni profetici. e si raccomanda a tutti gli effetti come un vero e proprio 'depliant' del futuro: «Non si ripete
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