Walter Benjamin Gesammelte Schriften. Band I (1-3) Frankfurt. Suhrkamp. 1974 (L'opera omnia. in sei volumi. si concluderà nel 1982. Finora voli. I-IV) Angelus Novus Torino. Einaudi. 1962 (e ristampe successive) pp. 289. lire 4.000 L'origine del dramma barocco Torino. Einaudi. 1971 pp. 268. lire 3.400 Avanguardia e rivoluzione Torino. Einaudi. 1973 pp. Xll-233. lire 6.000 Briefe Frankfurt. Suhrkamp. 1978 (per l'ed. economica) Lettere 1913-1940 Torino. Einaudi. 1978 pp. Xlll-409. lire 10.000 Metaphorein n. 3. Napoli. 1978 lire 2.500 Materialien zu Benjamins Thesen «Ueber den Begriff der Geschichte» a cura di P. Bulthaup Frankfurt. Suhrkamp. 1975 ,#,#Come nei mosaici permane la '' maestà nella frammentazione in tessere capricciose. così la trattazione filosofica non teme l'oscillazione». Infatti «metodo è via trasversa. Presentazione in quanto via trasversa». Questa parole della premessa gnoseologica all'Origine del dramma barocco (G.S.. I. 1. 208) anticipavano il tipo di lettura che sarebbe stato imposto dagli editori di Benjamin. Solo ora. infatti. è in corso in Germania la pubblicazione delle opere complete di Benjamin. Quest'edizione non ha rimosso ogni polemica. ma per i materiali che finalmente ha messo a disposizione «permette oggi ai lettori di Benjamin la necessaria distanza dai suoi interpreti» (vale a dire da Adorno e la sua scuola. Cfr. R. lnfelise-Fronza. Aut Aut n. 169). In Italia. dopo la stupenda antologia curata da Solmi nel 1962 (Angelus Novus). che fissava. malgrado alcune inesattezze. dei punti decisivi per la lettura benjaminiana. la pubblicazione degli scritti di Benjamin è avvenuta per tessere tanto capricciosamente disposte da far temere che la «via trasversa» dovesse mutarsi inesorabilmente in un vicolo cieco. Anche l'edizione recentissima delle Lettere e di Critiche e recensioni appare incredibilmente mutilata. senza che vi sia nemmeno un curatore che si assuma la responsabilità di spiegare i motivi di tale mutilazione. Inoltre la collocazione dei vari scritti. sparsi in diverse collane. sembra voler fissare disciplinarmente diverse immagini di Benjamin: il saggista. il filosofo. il sociologo. lo scrittore della nostalgia ... Quasi a cristallizzare quei momenti che invece investono tutta la sua opera costituendola come una costellazione carica di tensioni. In questa costellazione. parafrasando Benjamin. ilgroviglio dei fatti viene a costituire un ordito. in cui si disegnano conoscitivamente le tensioni che attraversano il nostro spazio storie?: _lospazio della crisi in cui ancora noi siamo. Ora è annunciato. presso l"editore Einaudi, ravvio delredizione italiana delle opere complete di Benjamin. a cura di G. Agamben. che ha già dedicato alla prÒblematica benjaminiana alcune pagine importanti del suo Jnfan~ia e storia (Torino. Einaudi. 1978). Lo 'spazio· per questa nuova edizione è stato. per così dire. aperto da una serie di contributi e di saggi. che hanno iniziato a spezzare il cerchio stretto delfe interpretazioni benjaminiane - tra Scholem e Adorno e la sua scuola-. che non era stato scalfito dall'uso quasi marcusiano che nel sessantotto era stato operato del testo di Benjamin. Mi limito qui solo a citare alcuni di questi saggi. tra quelli che mi sembrano offrire nuovi motivi per affrontare il 'viaggio' dentro la «costellazioneBenjamin». Oltre al bellissimo Der historische Materialist als dialektischer Historiker di Krista R. Greffrath (in Materialien ). tra quelli italiani: M. Cacciari. Di alcuni motivi in W. Benjamin (Nuova Corrente. n. 67. 1975); F. Masini. Brecht e Benjamin (Bari. De Donato. 1977); F. Desideri. Benjamin, Adorno e il Passagenwerk (Nuova Corrente nn. 74 e 75. 1977 e 1978) e li nano gobbo e il giocatore di scacchi (Metaphorein. n. 3. 1978. che contiene anche due testi brevi di Benjamin); R. lnfelise-Fronza. Una proposta: Walter Benjamin (Aut Aut. n. 169. 1979). Importantissime sono. infine. le pagine che R. Bodei dedica al concetto di tempo e storia nell'area culturale e teorica che è anche di Benjamin in Multiversum. Tempo e storia in Ernst Bloch (Napoli. Bibliopolis. 1979). I testi che ora si possono leggere nelle Gesammelte Schriften. permettono di cogliere la via stretta e tortuosa che Benjamin cercava di tracciare verso un nuovo tipo di razionalità. La via che passa attraverso le macerie della ragione positivistica e che cercava di sfuggire da un lato alla regressione delle teorie dell'Einfiihlung (che Benjamin stesso traduce con «immedesima~ zione affettiva»). e cioè alle «filosofie della vita» che precipitano in una pura e semplice riattivazione di una soggettività prescientifica e in fondo subalterna alla ragione del dominio. ma che - d'altro lato -. cercava di sfuggire anche a quella che R. Bodei ha definito !'«ipertrofia della ragione strumentale». Il programma di Benjamin può essere riassunto in un frammento del Passagenwerk: «Rendere coltivabili territori su cui finora cresce solo la follia. Avanzare con l'ascia affilata della ragione e senza guardarsi né a destra né a sinistra. per non cadere in preda all'orrore che attira a sé dal profondo della selva primordiale». E questo anche il programma freudiano - spietatamente razionale. anche se di una razionalità ancora da descrivere nelle sue articolazioni - che conclude la 31" lezione dell'Introduzione alla psicoanalisi. Dunque un programma che si propone di «rendere coltivabili». attraversabili e percorribili. quei territori che sono stati resi stranieri dalla ragione dominante. Che sono stati trattati come «domini» subalterni (della fantasia. del sentimento. dell'arte ...) o che sono stati addirittura demarcati come alterità insanabile: appunto follia. malattia. orrore. Ma questo compito razionale non può essere portato a termine con gli strumenti che la ragione del dominio ci ha messo a disposizione. Tali strumenti sono storicamente quelli che. nella storia dei vincitori. sono stati ereditati da chi via via si è assicurato il dominio. È proprio la storia il banco di prova. Nemmeno il «materialismo storico». in quanto debitore della ragione classica che ha allineato i fatti n-eltempo omogeneo del progresso (in cui una ferrea catena di cause ed effetti garantisce l'inesorabilità del dominio dei vincitori e che fa di ogni storia una sola storia. la storia appÙnto di questo dominio) può farcela. Per farcela. dice Benjamin (Tesi. in Angelus Nov11s) deve prendere al suo servizio il «nano gobbo della teologia». - Non si tratta però di una ritraduzione (o conversione) del materialismo storico alla teologia. Paradossalmente la teologia serve proprio a «concepire la storia ateologicamente» (G.S.. I. 3. 1235). È. come dice K. Greffrath (Materialien. cit. p. 209). una costruzione ausiliaria. per la costruzione di una «prosa integrale». un linguaggio plurale per descrivere la pluralità della storia. «La pluralità delle 'storie' è simile alla pluralità dei linguaggi. La storia universale nel senso attuale può essere solo una sorta di esperanto» (G.S.. I. 3. 1238). Non può essere detta in un linguaggio lineare. ma solo in questo testo complesso in cui deve essere possibile leggere anche «ciò che non è mai stato scritto» (1238): il passato oppresso. il passato degli oppressi. Se le tesi sono un 'frammento' incompiuto. lo sono proprio. come dice ancora K. Greffrath. perché «esse non hanno portato a termine il loro programma». che era proprio quello di scrivere. attraverso la via trasversa della teologia. la storia in termini ateologici. Il grande programma della costellazione materialistica del libro sui Passaggi. La 'figura' della teologia dunque non è risolutiva. Agisce solo «al servizio del materialismo storico». È la mossa strategica che permette all'interno della logica dominante (che la socialdemocrazia aveva integralmente accettato e fatto sua) di riproporre radicalmente l'interrogativo e la risposta che chiudono il Processo di Kafka: «C'erano eccezioni che erano state dimenticate'.' Certo che c'erano. La logica è incrollabile. ma non resiste a un uomo che vuole vivere». Questa è l'immagine che lampeggia nella mente di Josef K. quando il coltello passa sopra la sua testa nella grottesca pantomima dei suoi esecutori. È l'immagine che al soggetto della storia «si presenta improvvisa nel momento del pericolo». Questa è l' «ora della sua conoscibilità». È. per lo storico materialista. «la coscienza acuta della crisi» (G.S.. I. 3. 1243). Nella crisi. infatti. diventa percepibile la possibilità di percorrere altre strade. di tessere altre storie dentro l'ordito del presente. di avanzare. come si proponeva anche Bloch. verso «un razionalismo dell'irrazionale». Q uesto metodo sembra condurre «in modo perturbante in un'arte investigativa filosofica» (Bloch). Cioè verso uno «spaesamento» del linguaggio e della concettualità lineari. Tutto ciò è stato colto acutamente da Adorno. i cui saggi su Benjamin (Prismi e Note per la letteratura, Torino. Einaudi 1972 e 1979) rimangono fondamentali. anche per ciò che di Benjamin non accettano. Adorno parla di «sguardo medusiaco». di «extraterritorial!tà». di «repus» come «modello della sua filosofia». di «enigma». di «mistero». di «sguardo saturnio». di «filosofia effettivamente inumana». In una parola. precisamente. di pensiero contrassegnato. come aveva visto anche Bloch. dalla Unheimlichkeit, di un pensiero che induce perturbazione e spaesamento. che pone la dialettica e il movimento «in stato d'arresto» (perché di questo si tratta. e non di «quiete» come purtroppo è stato spesso tradotto). in «uno sfrenato abbandono all'oggetto». in ciò che esso ha di minimo. periferico. di inesorabilmente contrassegnato dalla caducità. Adorno si era ritirato da questa «vicinanza micrologica ai contenuti» quasi inorridito. Questa vicinanza gli pareva cospirare «in modo quasi demoniaco contro la possibilità di una sua interpretazione» (Lettere. 362. Su ciò si veda anche Agamben. cit.): una sorta di «punto stregato» posto «all'incrocio tra magia e positivismo» (ivi. 365). Ma aveva anche riconosciuto (Prismi. 235 e segg.) che proprio questa prossimità alroggetto finisce per lacerare l"interiorità che è il «fantasma che impedisce l'immagine possibile delruomo» e per produrre !'«intenzione soggettiva». Alrinteriorità viene contrapposta l' «esteriorità corporea> ed è così che «il pensiero incalza la cosa. quasi volesse trasformarsi in un tastare, in un fiutare, in un gustare [ ...]. Egli obbliga il concetto a operare esso stesso ad ogni istante ciò che altrimenti è riservato all'esperire aconcettuale. Il pensiero deve raggiungere lo spessore de/l'esperienza e tuttavia non rinunciare a nulla del suo rigore» (Prismi. cit.). M a come leggere. nelle cose e nei fatti. questa «intenzione soggettiva»'.' Come costruire questo pensiero. che ha lo «spessore dell'esperienza» ma anche un assoluto «rigore»? Sono interrogativi decisivi per la comprensione di Benjamin. Segnano il limite a cui si era fermato Adorno. nella lettera citata. il limite a cui si ferma la metafora della teologia nelle Tesi. Infatti il pensiero micrologico. la Detektivkunst. la filologia così come la teologia. provocano un arresto. ci mettono di fronte a una «rappresentazione stupita della fatticità». Si limitano a scoprire ciò che è occultato. ci mettono di fronte ad eventi finora sconosciuti. Ma non si procede oltre. È questo il limite dell'interpretazione. I fatti e gli oggetti sono cosi sottratti al .:museo» dei «beni» dello storicismo. ma a questo punto sembrano aprirsi solo due strade: o il collezionismo di Fuchs (che Benjamin definisce una fase aurorale della storiografia materialistica) o la mediazione dialettica adorniana. che ricompone oggetti ed eventi nella teoria. salvandoli dalla cattiva empiria. Benjamin abbozza una risposta a questo interrogativo in una lettera che risponde alle perplessità di Adorno (9.12.1938. Lettere. Briefe citate). Ma questa soluzione percorre tutti i materiali del Passagenwerk. i grandi saggi su Baudelaire. le Tesi. Come Freud. anche per Benjamin la filologia. l'interpretazione. non è che un lavoro preliminare. «La filologia è l'ispezione di un testo che procede attenendosi ai particolari. che fissa il lettore magicamente su di esso». Ma questa «magia» deve essere superata. esorcizzata dalla «filosofia» intesa come costruzione. Infatti «l'apparenza della chiusa fatticità. che è inerente all'indagine filologica[ ...] svanisce nella misura in cui l'oggetto viene costruito in una pr-ospettiva storica. Le linee prospettiche di questa costruzione confluiscono nella nostra propria esperienza storica. Con ciò l'oggetto si costruisce come monade. Nella monade diventa vivo tutto ciò che come reperto testuale giaceva in mitico irrigidimento». Solo in questa prospettiva «l'opera può essere colpita. per non dire scossa dall'interpretazione» (Lettere. 371-72. Briefe. 794). Benjamin ci ha dato un esempio straordinario di questo superamento della dimensione puramente filologica-interpretativa nei suoi saggi su Baudelaire (G.S.. 1.2). Il suo gesto è simile a quello freudiano quando. in Costruzioni ne/l'analisi. si afferma l'inadeguatezza della interpretazione e conseguentemente. anche. della pura e semplice ricostruzione. Infatti. come dice ancora Benjamin in un frammento inedito del Passagenwerk (cit. da G. Mensching in Materialien. p. 191): la costruzione di «un contenuto cosale storico deve essere assolutamente distinta da ciò che generalmente è definito "ricostruzione". La "ricostruzione" è una cosa sola con l'immedesimazione affettiva. La "costruzione" presuppone la "distruzione"». L'interpretazione con la sua attenzione micrologica individua le tracce che stanno nascoste negli oggetti e negli eventi. e le dispiega davanti agli occhi stupefatti. Ecco la stupita fatticità che aveva colpito Adorno che qui. a questo punto. si era fermato. L'interpretazione spezza la catena d'acciaio che lega gli eventi in un continuum omogeneo di cause ed effetti. ma non per questo tali eventi diventano o sono storici. per noi. ora. L'atto decisivo sta proprio nella «forza della costruzione» che connette questi eventi alla nostra propria esperienza storica: in una monade carica di tensioni. È questo che distingue il metodo benjaminiano (ma anche quello freudiano) da quel paradigma indiziario di cui Carlo Ginzburg (Ombre Rosse. n. 29. 1979) ha studiato l'origine tra l'Otto e il Novecento. Il metodo puramente indiziario si limita a evidenziare quelle tracce di eventi che. nella crisi dei grandi sistemi della razionalità classica. appaiono dispersi e incomprensibili. Ma fine di questo lavoro è riconnettere queste tracce - vere e proprie spie di un ordine non più immediatamente percepibile. ma pur sempre esistente e po'tente -. in un disegno unitario. Si tratta qui. dunque. di un'opera di restaurazione e ricostruzione (di guarigione. obbedendo all'origine medica di tale paradigma). Al contrario. il gesto benjaminiano presuppone proprio la distruzione di quell'ordine e di quella ragione. È a questo punto - nelle Tesi e nei grandi saggi su Baudelaire (tra i più grandi del nostro tempo) - che si illumina la proposizione che aveva letteralmente aperto L'origine del dramma barocco: «È proprio della letteratura filosofica. ad ogni svolta. trovarsi di nuovo di fronte alla questione della rappresentazione». Di fronte alla crisi. in questa scena storica. a questa svolta. non è solo questione di porre. dentro l'ordine dato. l'esigenza di un futuro migliore. redento «per le generazioni future>. !'«ideale per i liberi nipoti». In ciò è fallita la socialdemocrazia (cfr. la 12" Tesi). È proprio questo «ordine» che deve essere distrutto per porre la questione di una nuova rappresentazione: vale a dire di un nuovo rapporto con il reale. E questo nuovo rapporto è costruibile solo rompendo le regole del gioco. facendo esplodere le regole della ragione che domina la storia. È così che «la distruzione è il clima dell'umanità autentica>. È cosl che si possono amare le macerie per la via che vi passa attraverso (// carauere distrunivo, in Metaphorein). Al tempo dei vincitori deve essere opposto un altro tempo. che non è semplicemente il passato. ma propriamente il futuro inscritto nel passato: «il passato ha depositato in sé immagini che possono paragonarsi a quelle che si fissano su di una lastra. Solo il futuro può svilupparle: quelle che sono abbastanza forti perché possa apparire l'immagine in tutti i suoi dettagli» (G.S.. I. 3. 1238). L'esperienza degradata del nostro tempo. quella che ha trasformato il passato nel trofeo delle prede dei vincitori può essere superata con un gesto che pone «l'inumano tra noi come messaggero di un più reale umanesimo» (Avanguardia e rivoluzione. p. 132). Dire questo «inumano>. penetrare nei «territori su cui finora cresce solo la follia». è il nuovo compito della rappresentazione filosofica. a questa svolta. nella svolta di questa crisi. Q uesto è il lascito che dal passato di Benjamin si presenta davanti a noi. come un compito futurq. L'opera di Benjamin si è impressa sulla lastra sensibile della cultura del secolo per essere sviluppata in tutti isuoi dettagli dai reagenti della crisi che ora noi stiamo vivendo: nel momento che a noi. come a Benjamin pochi mesi prima della sua morte. appare chiaro che il «fantoccio del materialismo storico» da solo non può farcela. È proprio in questa situazione che l'opera di Benjamin entra in tensione. fa costellazione e monade. con un'altra opera radicale del nostro secolo: quella di Freud. Che io sappia il rapporto Benjamin-Freud non è mai stato studiato. E certo che Freud non conobbe Benjamin. È certo ché Benjamin avvertì l'importanza di Freud
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