Alfabeta - anno I - n. 2 - giugno 1979

smo della "dislocazione epistemica" (rammentiamo la matrice althusseriana di questa formula). Il loro linguaggio non subisce nessun ridimensionamento semantico. ma si risolve in un impasto di inglese colto. espositivo e riflessivo. e di colloquiale o di gergale corrente. La dislocazione prende le mosse da un grottesco situazionale. in cui il punto di partenza occasionalmente realistico viene progressivamente distorto fino a scomporre e ricostruire il reale. Ecco allora di Coover. The Babysitter. dove un televisore. con le sole armi del suo messaggio. stermina un'intera famiglia;A PedestrianAccident. con la vicenda di un individuo qualsiasi. un appartenente anonimo alla "folla solitaria." investito da un autocarro in una via cittadina e chiamato dal narratore esterno a riflettere sulla sua condizione di agonizzante. mentre intorno si snodano reazioni di lucida assurdità. di meccanica noncuranza. giacché l'accidente è ordinaria amministrazione nel quadro di rapporti globalmente alienati. Elkin lavora. sviluppandole e deformandole. sulle categorie del black humor di ascendenza ebraica. e sotto questo profilo. analogamente a Bellow, il suo scopo potrebbe riassumersi nell'adagio jiddish di "scherzare su Cristo;" senonché la commedia nera di ambiente e di costume si trasforma in esasperazione delle situazioni quotidiane. talora sconfinando nel surreale (il protagonista di The Making of Ashenden. in Searches and Seizures viene violentato da un'orsa in un parco inglese). Il personaggio avrà una sua connotazione professionale, fortemente banalizzata: l'avvocato di terz'ordine, il mediatore che presta soldi a interesse per le cauzioni ai carcerati. il disc-jockey di radio di provincia che costruisce il proprio mito sulla follia mitomane e freak delle invenzioni (nel romanzo The Dick Gibson Show). I residui di segmenti narrativi tradizionali si trovano al servizio. ancora una volta. di una calcolata e persino irridente reificazione. Cerchiamo di riepilogare sommariamente. ora. alcune linee di forza dello sperimentalismo più estremo. collegandoli a qualche nome. Gass. il più anziano del nostro gruppo con l'eccezione di Bukowski (è nato nel '24 ). saggista e teorico oltre che narratore. è alle prese con un permanente work in progress. di quintessenza meta-narrativa incentrata sulla trascrizione delle osservazioni di un occhio interno depersonalizzato. che si racconta in quanto si esamina. dopo che. con Omensetter's Luck. aveva ripreso lo stereotipo del quadro di vita provinciale - il Middle West - scomposto attraverso la lente di rifrazione dei conflitti ancestrali sostanziati nei modi del vernacolo. trascesi e riposseduti nelle loro significazioni più sotterranee. tragiche o comicamente dirompenti. Di Sukenick si accennava prima: al catalogo di The Death of the Nove/ si è poi aggiunta l'utopia negativa di 98.6. cronistoria di una comunità nei boschi del West e insieme collage di un'esperienza stravolta. nel senso che al tentativo di ricostruire l'innocenza perduta della Frontiera corrisponde l'intrusione di Frankenstein. il commercio con la sessualità indiscriminata. la morte e la follia. (Ma assistiamo a una ripresa dell'utopia positiva. post roussoviana. testimoniata dal fortunato Ecotopia di Ernest Callenbach. pubblicato recentemente in italiano da Mazzotta.pamphlet imbozzolato in strutture narrative accuratamente tradizionali".) A Ila luce di quanto si è detto. sembra ovvio che il sessantenne Charles Bukowski non appartiene per nulla alla nuova narrativa americana. Paradossalmente. l'unica contiguità potrebbe riguardare. di lui e degli scrittori del post-modem. lo specifico sorprendentemente alto di riproducibilità. Bukowski è una riscoperta europea. in particolare francese. suscitata dalla tentazione di disseppellire il fenomeno ibernato di un realismo fattuale: di qui l'etichetta pretestuosa del "nuovo Hemingway." In pratica. Bukowski si a·ttiene fedelmente a un modello di narrativa "raccontata." sia dall'esterno in terza persona. sia dall'interno. con un io delegato. maschera trasparente dello scrittore. L'elemento derivativo. in misura macroscopica da Henry Miller. si carica di una esasperazione iperrealistica frequentemente riscontrabile nell'ambito californiano. Il repertorio di Bukowski la dice lunga in proposito. e South o[ No North ne contiene un vero e proprio catalogo. La parodia del Western replica su un piano più corrivo taluni esperimenti di Brautigan e li volgarizza. ma il nocciolo più consistente della narrativa di Bukowski sembra quello di un paesaggio urbano disarticolato. con una Los Angeles dei sobborghi popolata di miserabili. di barboni per scelta propria o per irresistibile caduta dalle regole di un ben ordinato e rispettabile sistema. in un grottesco interscambio di parti tra vittima e carnefice. Bukowski aspira evidentemente a esprimere la sottocultura di simili personaggi. e si deve rilevare che il loro comportamento "asociale" viene fissato in una gestualità verbale. affidata a un gergo di agevole decifrazione oltre che - insistiamo - di estrema riproducibilità. I due barboni di The Killers che uccidono una giovane coppia di facoltosi borghesi dei quarteri alti di Los Angeles dopo aver violentato la donna. rapinatori dilettajti che viaggiano in autobus. si qualificano quando. abbandonata la casa del delitto. si rendono conto di essersi dimenticati di frugare nel portafogli della vittima: nel dialogo si riassume lo spunto inventivo del finale. con la esclamazione di chiusura ("Cazzo!") di uno di essi. Il racconto tende a risolversi nello scatto della scatola a sorpresa. ovvero nell'anti-c/imax. nell'appagamento alme- - no provvisorio della totale negatività. onde la prevedibile equazione del mondo-prigione. della solitudine alienante. della mancata rivincita sessuale. del passaggio graduale tra passiva noncuranza di fronte alla realtà esterna e sua irrazionale negazione. Che non garantisce. tra l'altro. dalla tentazione del patetico. L'eversività di Bukowski si traduce in un'arma a doppio taglio. all'esercizio di una maniera. Bukowski non è meno "arcadico." simmetricamente. di Brautigan; inoltre. la sua astoricità e la sua estrapolazione di un reale perverso quanto irreversibile pongono il sigillo alla sua quasi fatale permanenza. All'epica della sottocultura si sostituisce il suo folklore. ed è un folklore visitabile oltre che fruibile. in misura tale. certo. da scongiurare la selettività del fenomeno post-modem. ma da impedire insieme di innescare un processo di rottura. La nuova narrativa americana. con la sua variegata retorica e la sua istituzionalizzata professionalità. traccia un cerchio magico poco tollerante della trasgressione. esattamente come il sistema politico che pretende di ignorare: si iscrive nella cultura dominante. In quanto alla controcultura. esiste. altrove. o si sforza di esistere. Conviene. per adesso. tentare di informarsene con attenzione piuttosto che celebrarne trionfalmente l'ascesa. Alcuni libri sull'argomento Tony Tanner. City of Words, ed. Cape. 1971. pp. 463. sterline 4.95 Raymond M. Olderman, Beyond the Waste Land. ed. Yale University Press, 1973, pp. 258. dollari 1.95 Joe David Bellamy, The New Fiction. lnterviews withAmerican Innovative Writers, ed. Univerisity of Illinois Press. 1974, pp. 210, dollari 3.95 Francesco Binni, Modernismo letterario anglo-americano, ed. Bulzoni. 1978. pp. 527, lire 17.500 Guido Carboni. Donald Barthe/me: tre modi di costruire il reale, in Sigma, XI, I (1978). pp. 79-105 John Clayton.Richard Brautigan: The Politics of Woodstock, in New America11Review, Il ( 1971), pp. 56-68 Ronald Sukenick, The New Tradition, in Partisan Review, XXXIX. 4 (1972), pp. 580-588 Charles Newman, The Uses and Abuses o[ Death, in Tri-Quarterly. 2 ( 1973). pp. 3-41 Philip Stevick, Scherezade runs out of plot, ivi, pp. 332-362 Gerald Graff. Babbitt at the Abuss: the socia/ context o[ postmodern American fiction, in Tri-Quarterly. 33 (I 975) pp. 305337 Racconto diduefilm Michael Omino n cacciatore (The deer hunter. 1978) Wim Wenders el corso del tempo (lm lauf der zeit. 1975) (In libro: O cacciatore Milano, Sperling & Kupfer Editore, 1979 el corso del tempo a cura di Giovanni Spagnoletti Milano. Universale Economica Feltrinelli, 1979 (in collaborazione con l'Aiace di Torino) A prima vista sono due film cosi diversi. a cominciare dalla scelta di Wenders del bianco e nero contro il colore di Cimino, che volerne parlare insieme può sembrare bizzarro. Bizzarro almeno quanto cominciare un discorso dicendo "a prima vista" e intendendo con questa espressione "il linguaggio." Che i linguaggi dei due registi non abbiano nulla in comune è cosi evidente che vengono subito dei dubbi, ma a ripensarci si trova conferma: è proprio cosl. nulla in comune. Omino tutto "carne e sangue," Wenders tutto citazioni e griglie e omaggi reiterati al "maestro" dell'espressionismo tedesco, Fritz Lang. quasi per tenerlo a debita distanza. Cimino. poi. vive in una nazione e agisce in un mercato ancora vivo e reattivo, gli USA. mentre in Germania il cinema interessa ormai poche persone, tanto che s; può parlare tranquillamente di "archeologia" del cinema. A questa archeologia Wenders vuole re~tituire la vita e Bruno, "Tue King of the road," si guadagna da vivere proprio riparando vecchi proiettori in provincia, battendo con infinito amore sala dopo sala, tra le più infime. tra le più deserte di deserti paesi. Ma allora, se si tiene in cosi poco conto un punto di riferimento fondamentale come "il linguaggio," di che cosa si vorrà parlare? Certo.anche del linguaggio, ma soprattutto d'altro, di quello che due linguaggi cosl diversi riescono a dirci di tanto necessario e urgente da fare cadere quasi tutte le barriere stilistiche. Occorre rispondere a una domanda: "Dove comincia e dove finisce il cinema?." No. non occorre. adesso. Parlando di un film andiamo subito oltre. entriamo direttamente nella nostra vita (dico •·nostra." cioè di tutti. comuni esperienze e difficoltosi passaggi). Sappiamo bene che parlare del linguaggio di un film significa già parlare del suo contenuto. ma alla fine ci interessa solo quello che agisce e ci cambia. Per questo motivo si dice un film "necessario" e di un altro "superfluo" e di questa ultima categoria ammiriamo a volte il linguaggio e ne facciamo subito a meno. Significa che quel linguaggio. quel contenuto. non è passato oltre. non ha trasformato il cinema in esistenza. Questo senza voler scioccamente negare che ci sono casi in cui è proprio un certo linguaggio ad agire e a cambiarci. per mezzo del potente motore delle immagini. magari a dispetto di una storia già nota. Antonio Porta Ora. quello che mi piace sottolineare è il legame stretto tra i significati di due verbi in apparenza lontani: "trasformare" e "narrare." Vorrei dire che narrare significa trasformare. che raccontare significa necessità di osservare una storia nei suoi interstizi. coglierla nei residui del "non dicibile" per capire "come va a finire" davvero. cioè come "tutto è cambiato rispetto al senso comune." come il suo senso profondo si possa definire una "metamorfosi." Il cinema che oggi ci interessa è strettamente legato a questo significato del narrare e va da sé che la scelta di un linguaggio è già la prima parola del racconto. e che sarà la sintassi a sorreggerlo ma non a risolverlo. La prima parola del film di Cimino è: "fuoco." Un fuoco che sembra uscito dalle viscere della terra,quello della fonderia in Pennsylvania. il "macrosegno" di tutto il racconto. come appare chiaro dalla prima sequenza di guerra Paolo Prestigiacomo, "Il giardino del fiori di malva." Attori: Patrice e André r lllfa/Jttta~rt.'·2'g,rùgn'oJ-9-79p''àg'in'a9• (dopo circa un'ora di film) con i lanciafiamme in primissimo piano. Il fuoco non è usato e controllato da un dio. Vulcano. ma da uomini comuni. operai americani. di origine russa. e viene marcata con forza la differenza incolmabile tra il fuoco 'buono.' che forgia e costruisce. e quello 'cattivo' della guerra. usato per l'assassinio. Il senso delle immagini e l'identificazione dei personaggi sono cosi forti che non hanno bisogno di alcun tipo di conferma. ma vale egualmente la pena riferire quello che Cimino ha dichiarato in una intervista (Le Monde, 29/3/1979): "Il mio film parla di individui la cui esistenza è stata direttamente colpita dalla guerra. la classe operaia americana." E parlando subito dopo della distanza che lo separa da un altro film americano. in cui la guerra in Vietnam è protagonista (Tornando a casa, 1978). tiene a sottolineare che "Un film che prende una posizione ideologicamente troppo marcata certamente può costringere a pensare e ad analizzare (to argue) ma impedisce di essere partecipi. in senso vitale." In altre parole: un film ideologico "spiega e non agisce"; invece questi operai americani agiscono su di noi e le spiegazioni sono comportamenti, mutazioni. e ci costringono a una risposta, mentre la caratteristica di ogni "lezione ideologica" è il "senso unico". la produzione di silenzio. li "fuoco" sembra assente dal filmdi Wenders. E come questo elemento segna la vitalità di un paese che trova nella trasformazione continua la molla per salvarsi da situazioni disperate, la sua assenza. nel rigore ascetico del bianco e nero. sembra marcare l'assenza di un paese, sottolineare la sua scomparsa. Infatti la Germania di Nel corso del tempo è stata cancellata: della sua precedente esistenza rimangono relitti. baracche, case abbandonate e soprattutto vecchie sale cinematografiche dove non si proiettano più film. ma qualcosa che assomiglia a un film e non dice più nulla, pura pornografia. Quando Paoline, la giovane cassiera. di cui riparleremo, chiede a Bruno che cosa ne pensa del film che stanno proiettando nella saletta semideserta. la risposta è: "Non saprei." Per di più la proiezione è inquinata da un uso improprio della "mascherina," che serve all'operatore per guardarsi da vicino il filmporno e masturbarsi. Nessuno si era accorto che l'immagine era fuori "fuoco" e nessuno reagiva. Il "fantasma" Germania viene anche evocato da alcuni personaggi minori come il padre di Robert, e da una anziana proprietaria di sala. che difende le "purezze" del cinema. Sopravvissuti. Wenders vuol forse dirci che con il nazismo la Germania è morta e che non ne è nata una nuova. cosl come è morto il cinema e non ne nasce uno nuovo; il che, per quanto riguarda il cinema. e Wenders in particolare, può sembrare paradossale e non lo è; infatti quella che il regista tedesco evoca è quasi l'ombra di un film. il buio di un racconto. quasi la sua impossibilità. È infatti costretto a puntare sul recupero del tema del viaggio, che è naturalmente un viaggio 'puro.' senza meta. un girovagare e non una ricerca di limiti o di confini nuovi. Questo a

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==