Alfabeta - anno I - n. 2 - giugno 1979

ironizzare il tema della morte del romanzo. cui si rifà il titolo. La scelta che tentiamo qui tende a identificare una sezione aurea ovviamente contestabile. Abbiamo escluso John Hawkes (di cui The Canniba/. uscito nel '49. rientra nelle fonti del post-modem) e William Borroughs (ad onta della centralità. per noi. almeno di The Naked Lunch. pubblicato in Italia da Sugar. Pasto nudo) per motivi generazionali; John Barth perché soltanto alcuni testi si ricollegano. e peraltro a livello di gioco accademico. alla stessa area (Lost in the Funhouse. in italiano La casa de~allegria. Rizzoli); Kurt Vonnegut per la tangenzialità del suo sperimentalismo (i cui poli si possono individuare in Mother Nighr. in italiano Madre noae. Rizzoli. e nel più recente Slapstick). finalizzato a un tipo di romanzo con preciso specifico di consumo. sanzionato del resto dalla frequente comparsa nella lista dei best-sellers. Il tracciato del post-modem. se postula a diversi livelli e con diverse intenzioni una ricusazione antagonistica del modem. non configura in nessun caso una neo-avanguardia. mentre d'altronde il suo sperimentalismo segue parametri spesso difformi. Stevick. la cui indagine risulta basilare e che ritiene "fastidiosa e poco utile" l'etichetta post-modem. parla di "dislocazione epistemica." riassumendo le categorie della nuova narrativa in: a) messa in questione. ai limiti della parodia. della tradizione (significativa eccezione. si dovrebbe precisare, il modello canonico di Tristram Shandy di Sterne); b) ricerca deliberata di un pubblico ristretto; c) assimilazione e trasformazione dell"'arte cattiva" e della sottocultura; d) assenza di una postulazione di valori. come atto positivo - e quindi né angosciato o nichilistico alla Beckett - onde l'osservazione diviene atto primario dell'esperienza; e) assenza di spessore estetico e filosofico (questo sembra l'assunto più fragile, come vedremo); f) negazione del dato "illusionistico;" g) identificazione tra processo compositivo e gioco. Sukenick punta su una narrativa capace di riconoscere la sua "realtà tecnologica" e una ridefinizione del reale; Newman insiste a sua volta sulla "tecnologia a stampa" quale "veicolo della narrativa," sul libro quale "oggetto materiale" e "merce della storia." mentre. grazie alla "illimitata attività linguistica" della narrativa stessa in cui fattualità e fantasia si combinano. "l'arte crea una realtà indipendente pur riconoscendosi come arte." Attenuati o mediati i debiti nei confronti dell'avanguardia storica, i più prossimi e dichiarati rimandano a Borges e a Nabokov. poco o nulla al nouveau roman; Barthelme dal canto suo indica "i fenomenologi, Sartre, Erwin Straus. ecc.." 11 raggruppamento Barthelme-Pynchon-Brautigan consente una serie di verifiche quasi obbligate. I tre appartengono alla generazione tra i quaranta e i cinquant'anni (nati nel '31, '37, '33) e rivelano retroterra diversi anche se, tutto sommato, speculari. Barthelme, nato a Filadelfia e cresciuto nel Texas, figlio di un architetto e con studi artistici oltre che letterari, si colloca in un ambiente newyorchese adeguatamente rappresentato dal New Yorker. Pynchon, dopo aver studiato con Nabokov, ha lavorato alla Boeing di Seattle, ciò che spiega la sua iniziazione scientifica, specie nel campo della fisica. Brautigan va situato in una California in parte a ridosso dell'esperienza beat, senza di questa le definite categorie ideologiche, ma con legami contraddittori e ambigui rispetto alla protesta giovanile e alla cosiddetta "politica di Woodstock." Ancora: alla sostanziale prolificità di Barthelme e di Brautigan, con una sorta di meccanica e dispersiva ripetitività nel caso segnatamente del secondo, e l'insistenza sulla misura breve, fa riscontro in Pynchon un lavoro più distanziato e su strutture più ampie e complesse. Per questo nella nostra lista non appaiono opere posteriori a Watermelon Suga,, mentre Pynchon è incluso in blocco. L'operazione narrativa di Barthelme sembra la più agevolmente classificabile, oltre che imitabile, il che gli ha valso una facile investitura a caposcuola. Articolata su situazioni di interno borghese reso nella sua quotidianità (la sintomatica crisi di coppia, appunto, di Critique de la vie quotidienne in Sadness) o di grottesca surrealità o irrealtà. dall'assalto di pellerosse armati di frecce alla metropoli. alla parodistica riscrittura della tentazione di Sant'Antonio (entrambi in Atti innaturali, pratiche innominabili). essa si basa sull'accumulazione. sull'assemblaggio privo di nessi apparentemente logici. di sviluppo corrente. Evidente il parallelismo con la pop-art. l'appropriazione mistificata e mistificante dei media - il fumetto. la televisione. la pubblicità - svuotati dall'interno. Si applica sicuramente ad essa l'osservazione di Stevick a proposito della nuova narrativa. cioè l'abolizione di ogni forma epifanica. Il materiale viene così fornito dai giornali popolari e dalla televisione. dal libro iniziatico e dalla banale conversazione di salotto; proprio la sua degradazione lo rende disponibile. Per citare ancora Newman. siamo di fronte alla "retorica della terminalità." del punto d'arrivo. Le parole chiave per designare tale materiale sono "spazzatura." "immondizia." "imbottitura" o "finto" (dreck, trash, stufftng ). L'io narrante si incarica del montaggio e partecipa al destinatario la sua funzione di osservatore neutrale; parafrasando un passo di Barthelme. il linguaggio si filamenta in ogni direzione per avvolgere ilmondo in un tutto precipitoso e ribaldo. Fra i "tratti unificanti" della nuova narrativa riassunti da Guido Carboni emerge "il rifiuto della tradizione del realismo, anzi lo spiccato gusto per la creazione di universi distorti. 'privi di senso.' grotteschi." L'alienazione quotidiana. la nevrosi. la dissoluzione di rapporti privilegiati. stanno al centro della tematica di Barthelme e le sue scelte formali trovano la loro motivazione "nell'accettazione di fondo della assurdità. al di là di gualsiasi spiegazione consolatoria (...] E necessario che la storia rimanga quotidiana. reificata (...] non diventi importante. simbolica. paradigmatica." Il segno è. dunque. oggetto. Lo è. a sua volta. il libro. "Il simbolo convenzionale" chiarisce Barthelme, "come l'usignolo. spesso associato alla malinconia (...] non è un segno (come un semaforo) perché c'è da presumere che provochi sensazioni profonde e sia considerato in possesso di proprietà al di là di ciò che il semplice occhiovede." Al processo. ribadisce opportunamente Carboni. bisogna badare. più che al significato. se si vuole che per il destinatario essi alla fine coincidano. Ma vale la pena di insistere sulla limitazione della udienza, sanzionata spesso da uno scioglimento fondato sulla complicità allusiva con il lettore in grado di decodificare. La moglie americana di Critique de la vie quotidienne. lasciato il marito va a Nanterre per studiare sociologia con Lefebvre (onde l'ironico riferimento del titolo); un modesto personaggio. militare del genio. si chiama Paul Klee; un aspirante scrittore si serve di un linguaggio che parodizza Gertrude Stein; il partecipante a una trasmissione televisiva a premi parla un collage linguistico che saccheggia passi dell'Amleto. La verità è che il simbolo. o addirittura l'allegoria. stanno sempre in agguato. Quando Barthelme si sposta sul romanzo. pur costruendolo sempre per accumulazione e incastro di schegge narrative. l'ingranaggio in movimento produce un disegno simbolico. Il padre morto di The Dead Father. questo corpaccione in parte umano in parte meccanico. mezzo defunto e mezzo vivo. grillo parlante ora saggio ora fatuo portato in giro per l'America. è una metafora organica del rapporto amore-dio. presente-passato. una presenza e un rifiuto. come dire?. riluttante a divenire biodegradabile. E ad onta della professata atemporalità o astoricità della narrativa di Barthelme. tanto è bastato per procurargli l'accusa di disfattismo dai "neo-patrioti" americani. in prima linea l'intellighentsia ebraica moderata che si riconosce in Commentary. La stessa Biancaneve. cinica e ninfomane protagonista di un'antifiaba, incarna capricciosamente uno stereotipo distorto ma identificabile dell'America giovanile degli Anni Settanta. silenziata ormai la protesta o la rivolta e privilegiatoun privato "irregolare"ma saturo. controparte dell'ultima fase della narrativa di Barthelme: "Oh. come vorrei che ci fossero al mondo delle parole che non fossero le parole che sento sempre!;"' "Che cosa ci ha dato l'idea che ci fosse qualcosa di meglio? Donde nasce il concetto 'qualcosa di meglio?' [...) Sto pensando a un'isola felice." S i sarebbe tentati di credere che l'isola felice coincida con la dimensione pastorale di Brautigan. il suo ambiguo paradiso californiano. salvo che. a guardarci bene dentro. nel paradiso si addensa il senso della morte e del vuoto. variante della alienazione catalogata e descritta da Barthelme. Piuttosto. in Brautigan la supposta arcadia consuma le ultime illusioni del mito della Frontiera. del giardino incontaminato. anti-industriale e anti-tecnologico. in cui officiava pateticamente il Miller di Big Sur. A Big Sur si installa il suo generale immaginario governando una repubblica di rifiutati e di emarginati nel nome di un falso ed euforico attivismo che maschera a stento la frustrazione e il vuoto. negando di fatto legittimazione all'epica beat. Le varie possibili - e implausibili - conclusioni del Generale immaginario lo confermano. come la frantumazione strutturale dei libri successivi nel giro di pochi anni. la finzione di una trama che in effetti non esiste e di un linguaggio che tende alla continua risemantizzazione. Le comunità autosufficienti di Brautigan. sorta di "villaggi globali" macluhaniani. dove si ritorna ad attività primordiali - la pesca. il bricolage - si ricerca una nuova qualità della vita in piena simbiosi con nuove valenze del linguaggio. tradiscono la nostalgia per un'America pre-industriale? O esaltano l'affemarsi di una sottocultura che aspira al ruolo di cultura alternativa? L'adolescente beat che si ingozza di dolci alla mela e con questo esercita "una protesta molto più valida che picchettare le basi missilistiche" esprime una rottura o un disimpegno. per cui la sua sottocultura propone la politica della non-politica, in un mondo altro? i suoi vagabondi si apparentano all'Arlo Guthrie di Alice's Restaurant? Infine, il non-romanzo. più che anti-romanzo, di Brautigan. rifiuta coscientemente qualsiasi presa di coscienza ideologica e politica? A queste domande sono state date risposte contrastanti: affermative. a convalida di un ambig<10disimpegno; negative. riassunte nelle ipotesi di Nei! Schmitz (Richard Brautigan and the Modem Pastora/, in Modem Fiction Studies. (XIX. 1. 1967). per cui Brautigan fornisce la controparte californiana all'ironia del "tono neutrale del linguaggio tecnologico" di Barthelme, alla sua giustapposizione distorta di gerghi correnti, cortocircuitando la mistificazione del mito pastorale della California degli anni Sessanta. Insomma. dietro il mito sconsacrato si staglia il profilo della Città. Ma siamo sempre sul terreno di una esasperata reificazione. Non soltanto la storia e il reale non offrono consolazione: molto a proposito Graff sottolinea che per la cultura post-modem "la storia è vista come un flusso inintelligibile di fenomeni." Lo ribadisce Coover quando sostiene che il narratore "si muove oltre la storia pura e semplice" (salvo a smentirsi con un romanzo sul caso Rosemberg, The Great Burning. debitamente cucinato in un'ottica di best-seller e diventato prontamente tale). La storia ha diritto di cittadinanza attraverso la rifrazione del fantastico. sino a penetrare nel terreno della fantascienza. Così Report, il racconto di Barthelme che ragguaglia con ironica impassibilità su esperimenti agghiaccianti di tecnologia della distruzione condotti a Oeveland da scienziati i quali. professando il loro senso morale. ne ribadiscono lo scopo puramente teorico; anello di congiunzione con la narrativa di Pynchon e le sue persistenti ambivalenze. V .. Gravity Rainbow, e in termini forse più circoscritti L'incanto del locto49, trascrivono storie di ·congiure, di apocalittiche cospirazioni, salvo a scoprire che si tratta di illusioni, che l'osmosi tra privato, politicopubblico e addirittura metafisico non conosce limiti o confini, e in ogni modo noi procediamo sulla strada di un misterioso annientamento, o perlomeno del suo sogno. In altre parole, nonoAntonio Porta, "Elogio del Cannibalismo." Allori: Paolo BesseRatoe Valeria Falcinelli stante ilmacchinoso impianto speculativo dei suoi romanzi. anche Pynchon si preoccupa soprattutto di fornire dei materiali. di ispezionarli. di lasciarli in movimento senza imporre sequenze a priori: supporto della sua operazione la frase iniziale del Tractatus di Wittgenstein ("Il mondo è tutto ciò che accade"). Da Nabokov. Pynchon ha ricavato la manipolazione del narratore onnisciente. il virtuosismo parodistico -sia esso situazionale o verbale - la mascherata; dalla sua preparazione scientifica. l'impalcatura speculativa, essa pure. comunque. in bilico tra il tragico e il comico o il grottesco, il gioco. Nel fluviale picaresco di V.. ove tra l'altro sussiste un cospicuo prestito joyciano, in un arco temporale che va dal I 898 al 1956. un personaggio schlemiel esplora fin nelle viscere allucinanti i misteri della metropoli (New York) mentre l'avventuriero Stencil (letteralmente "matrice per riproduzioni") cerca il misterioso V. (Venere? Veronica Wren? Valletta? Vesuvio? Venezuela? ecc.). multiforme e irragiungibile. Nell'Incanto si tratta nuovamente di chiarire l'enigma di una eredità misteriosa, con un tuffo rei meandri di indecifrabili trame clandestine (maccartiste? eversive?). In Gravity's Rainbow il lancio di un razzo V-2. eredità della seconda guerra mondiale, per rompere il campo gravitazionale apre la via ai rischi di un mondo tecnologicamente concentrazionario. a una dittatura ammantata di benevolenza. Alla radice della mascherata di Pynchon e del suo meccanismo plurilinguistico ricorre il motivo insistito della desolazione. dello spreco, peculiare dell'età tecnologica, metaforizzato nel principio di entropia ricavato dalle formulazioni del fisico ottocentesco James Oerk Maxwell. Derivando dal secondo principio della termodinamica la sua teoria del diavoletto o demone. Maxwell riteneva almeno in teoria di provvedere all'eliminazione del fattore entropico. All'entropia si deve attribuire la responsabilità del possibile annientamento dell'umanità nell'era industriale: è questo il fantasma fatale che ci sovrasta. Simboli e codici riconosciuti vi sono correlati, e anziché favorire la comunicazione essi propiziano il caos. Dunque, se l'ultima speranza va scorta nel blocco dell'entropia. il linguaggio comporterà la distrozione dei simboli e dei codici, ovvero l'approdo a un significante rimesso continuamente in questione. Qui, evidentemente, Pynchon affianca con mezzi propri l'operazione di Pynchon. e di Barthelme, con il ricorso a materiali nobili e degradati, alla letteratura "seria" e al fumetto, al kitsch. Il grado zero di Pynchon, però, sembra adombrare, oltre alla attesa della catastrofe, terrificante, e comica, un "significato trascendente," come leggiamo nell'Incanto. Torniamo allora a un punto di passaggio obbligato della tradizione americana nel suo rifiuto o rinnegamento della storia e nella via di fuga irrazionale, sempre mettendo nel conto la componente gioco, la permanente scommessa sul significato. Per Pynchon come per quasi tutti i narratori del post-modem. la astoricità deriva essenzialmente dalla deliberata impossibilità di interpretazione riferita in assoluto alla letteratura e alle arti. Contro l'interpretazione di Susan Sontag costituisce a questo proposito un riferimento assai pertinente. e oover e Elkin, nella stessa fascia generazionale (nati nel '32 e nel '30 rispettivamente) esemplificano molto chiaramente lo sperimentali-

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