Alfabeta - anno I - n. 2 - giugno 1979

Neofascismo sacro e profano: tecniche, miti e riti di una religione della morte e di una strategia politica. FurioJesi CULTURA DI DESTRA 176 pagine, 4500 lire Garzanti EDITOREDELLAENCICLOPEDIAEUROPEA EnricoPauzndn· BOCCALONE stonavera piena di bugie L.40OO edizioni I.: ERBAVOGLIO Vl Bukovskg·S. Gluzman GUIDA PSICHIATRICA PERDISSIDENTI . . . conesemppiratzcz euna letteradal Gulag a cura di Marco Leva L.3500 edizioni I.: ERBAVOGLIO Desideroricevere ... copie di ........................................ . La formadi pagamento scelta è la seguente (contrassegnare con una crocetta): • Assegno bancarioo circolarenon trasferibileintestato a L'ERBA VOGLIO,Milano,spedito in busta allegata la presente cedola. • Spedizionecontrassegno, impegnandomia pagare l'importo,maggiorato in questo caso delle spese di spedizionepostale. Nome e cognome ................................................. . Indirizzo Firma RITAGLIARE SPEDIREINBUSTAAFFRANCATA L'ERBAVOGLIO, VIALANZONEDACORTE7, 20123 MILANO Avviene seguendo le leggi della concentrazione capitalistica. la quale si riflette nel nostro mestiere come concentrazione dei centri di decisione progettuale. come potenziamento in termini di efficienza e articolazione del servizio. come accordo di spartizione in termini di sottogoverno delle attività. come assottigliamento della piattaforma del livello professionale in quanto garanzia sociale. come ampliamento diretto delle attività industriali. Conseguenza diretta di questi fenomeni sono la creazione delle grandi consulting. lo sviluppo della progettazione sistematica. la formazione dei grandi uffici tecnici. delle aziende pubbliche e private. la radicale sfiducia delle giovani generazioni nelle attività indipendenti. La nostra professione. cioè. tende. concentrandosi. a diventare impresa ( o a divenire elemento dell'impresa come sistema di consulenza ad alto livello). non tanto nel senso di estendere il proprio dominio agli aspetti costruttivi ed esecutivi (molti al contrario ritengono che il progetto sia in un certo modo il prodotto finito a cui fare riferimento). quanto concretamente a trasformarsi in impresa in termini di rapporto di lavoro interni all'organizzazione professionale. di costi. di rischi. capitali investiti. Ciò provoca obiettivamente una diminuzione del numero dei progettisti necessari e contemporaneamente un fenomeno di larga proletarizzazione dei tecnici progettisti. i quali si inseriscono all'interno di strutture sempre più grandi. sempre più concentrate. nella gran massa in posizioni sempre più chiaramente dipendenti. con lavori sempre più frazionati. con la completa perdita del controllo unitario sul proprio lavoro. Inoltre l'allontanamento dell'oggetto concreto. e delle materiali implicazioni della sua costruzione. finisce da un lato per alimentare quell'ideologia del progetto in sé che è. nel movimento moderno. il riflesso più chiaro dei metodi di produzione industriale e di parcellizzazione del lavoro. dall'altro il progetto come fantasma dell'oggetto costruito opera una vasta forma di deresponsabilizzazione nei confronti del suo senso e del suo uso. cioè del vissuto. dell'architettura come esperienza. La forma chiusa. alla centralità prospettica contro la processualità dell'esperienza spaziale. è una chiara conseguenza difensiva di fronte a questo processo. A ciò fanno eco una serie di fenomeni secondari come quello dell'indebolimento di tutti i quadri intermedi. U na delle fortune del nostro produci design è di aver potuto godere della forza-lavoro di una serie di quadri intermedi. di operai meno fortemente parcellizzati. che hanno trasferito all'interno dell'industria esperienze e capacità di sintesi tipicamente artigianali e che hanno collaborato in modo fondamentale a certi successi del design italiano. Questi quadri intermedi sono in una condizione di indebolimento costante. sostituiti da tecnici specializzati talvolta laureati. Un altro fenomeno secondario di disoccupazione nel campo in particolare dell'architettura in Italia ha creato al nord una grande concentrazione di forze volte al campo del produci design. al sud insegnanti e burocrati. Fenomeni analoghi. ma tutt'altro che secondari. sono la produzione di urbanisti come tecnici di partito e la loro progressiva sparizione come quadri professionali. Non bisogna ingannarsi. questo fenomeno non è solo la conseguenza del transito obbligato di quasi tutti gli incarichi importanti in Italia. pubblici ma specialmente privati, attraverso gli uffici dei partiti né solo il giusto strutturarsi tecnico delle amministrazioni pubbliche in ritardo trentennale rispetto al resto dell'Europa. Questo fenomeno ha sviluppato una importante corrente di pensiero architettonico. di coloro cioè che pensano (con ampie giustificazioni iniziali sia pure) che questo sia il momento della gestione del patrimonio edilizio piuttosto che quello del nuovo. E soprattutto ha aperto una possibilità nuova di lavoro per architetti-amministrativi. architetti-gestori, architetti-controllori. Campo di attività privilegiato, la città storica. problema vasto e fondamentale in un contesto territoriale come quello italiano. alfa"fièta 'in '2; giugnéd<979 pagfn'à-'J'/J lo credo si dovrebbe smettere di considerare la questione dei cen1ristorici come un problema separato da quello dell'architettura. Riuso. ristrutturazione. riutilizzazione. restauro sembra che· stiano diventando da vocaboli che designano tipologie di operazioni. principi di una ideologia disciplinare separata dall'architettura. anzi talvolta contro l'architettura. Ciò appare particolarmente preoccupante perché. a questo proposito. amici e nemici risultano bizzarramente rimescolati. Chi difende l'architettura si trova. alleati scomodissimi. speculatori e modernisti dell'ultima ora. mentre sull'altro lato della barricata. magari accanto a qualche autentico reazionario. vi è la parte onesta della burocrazia. vi sono gli intellettuali progressisti della gestione. urbanisti e pianificatori vecchi compagni di battaglie civili. La comune "paura del peggio" (ed anche il senso della responsabilità sociale delle conseguenze che vi è connesso) è poi la potente leva su cui agisce la cultura della conservazione. spesso anche in una forma di autocensura a livello del progetto. Questa autocensura si impara sin dalla scuola. è il riscontro allo scarto sempre più alto tra la formazione universitaria e l'area di applicazione effetGuglielmo Ascari, "Sentiere selvagge in panavision." Attori: Kollenivo. Teatrale. Trousses. Merleni, Cappuccini. Cappelliere tiva a livello del lavoro successivo. Gli architetti sono diventati un po' come gli avvocati alla fine del secolo scorso: laureati con una istruzione generalistica. atti a fare professioni tra loro radicalmente diverse. dal giudice al politico. dal professore all'impiegato di banca. Questo quadro è. per cosi dire. la controfaccia dell'aspetto col quale si trasformano i modi di trasmissione dell'esperienza disciplinare di progettazione. E anche se l'università ha cessato oggi di essere. come lo era stato per dieci anni. il luogo privilegiato della discussione e dell'avanzamento disciplinare. È necessario tenere presente non solo il fenomeno del passaggio alla scuola di massa con tutti i problemi rilevantissimi che esso propone. ma anche il suo significato di proletarizzazione delle componenti salariate e sempre più burocratiche a diversi livelli. primo fra tutti quello del docente. non più in grado di funzionare da tramite tra esperienza concreta di lavoro ed insegnamento, non più in grado di riportare nell'insegnamento la sua esperienza professionale. A I problema dell'inadeguatezza del sistema di istruzione italiano concepito come servizio sociale, nel momento in cui entra in crisi l'utilizzazione dell'università come contenimento della disoccupazione, le risposte sono sempre quelle: selezione o abolizione del titolo di studio. E poiché nella condizionesociale attuale l'abolizione del titolo di studio in fondo è una soluzione ancor più reazionaria, poiché tende a svalutare tutta l'area del lavoro universitario di ricerca oltre che didattico e ad aprire le porte a una condizione privata della trasmissione del sapere. tutto sommato sembra che non resti altro all'autorità (come se non si potessero attuare tutta una serie di strategie articolate a questo scopo) che riattare il sistema di selezione; solo che il criterio. in mancanza di nuovi obiettivi. proposto. e di un piano di sviluppo complessivo diventa puramente e semplicemente imperativo. inadeguato persino a un moderno livello di sviluppo capitalistico o ad affrontare realisticamente quelle nuove condizioni di lavoro che prima abbiamo descritto. Come mai di fronte a queste due tanto difficili condizioni concrete. dell'occupazione e della trasmissione disciplinari. la cultura del progetto è in Italia invece tanto articolata e viva. e. se la si paragona agli altri paesi europei. salvo l'Inghilterra. capace di produrre (sia pure con un atteggiamento caratterizzato dalla teatralità e dall'ansia dell'aggiornamento) una serie di proposte di architettura e di design a un livello qualitativamente tanto notevole? Eppure nonostante cosi importanti prove. i migliori architetti sono nettamente sotto/occupati. i migliori progetti attendono anni sulla carta. vengono stentatamente realizzati. traditi. filtrati da innumerevoli sistemi di potere. resi spesso irriconoscibili dalla contrattazione; i migliori professori vivono nella scuola un miserabile spazio di potere senza fede. senza prospettive. spesso cinicamente. Non basta parlare di affondamento burocratico. di contrattazione sottogovernativa o di cattiva amministrazione; non basta parlare di contraddizioni sociali o di crisi di identificazione in un sistema di valori anche se tutto ciò è sacrosantamente vero. La risposta io credo debba provenire anche da una analisi di questa "cultura del progetto". analisi che dovrebbe passare più approfonditamente attraverso quella classificazione delle diverse posizioni presenti in questa "cultura progettazione" cui abbiamo accennato all'inizio. Non ci si può sottrarre tuttavia anche a un certo fastidio per l'astratta ridondanza. per il senso di esercizio pretestuoso di dimostratività intellettuale che emana una notevole parte di questo stesso dibattito: il senso di vivere in un continuo stato di crisi e di colpevolezza: ciò che permette precisamente di evitare crisi e colpe. Poi un senso generale di scollamento tra prassi e teoria quasi che esista una insanabile contraddizione tra essere e fare. anzi che il nostro fare significhi fatalmente rinunciare ad essere. Al concentrarsi degli studi sul fatto urbano prima ed ambientale poi (soprattutto come materiale privilegiato dell'architettura) ha corrisposto puntualmente in Italia un notevole peggioramento della vita nella città, un deciso degrado ambientale; all'interesse per gli studi di una progettazione sistematica. un puntuale aumento della disorganizzazione. dello sperpero. della irrazionalità negli interventi edilizi alle diverse scale; alle notevoli qualità di invenzione nel campo del "product design" una colossale degenerazione dei beni di consumo. Ancora una volta si rischia forse di produrre una cultura che non si pone affatto a una distanza critica dal reale. ma su una linea ai cui estremi sono localizzati da un lato le riflessioni raffinate e le situazioni di massimo avanzamento produttivo ed ideologico. dall'altro i bisogni di un paese lacerato da forti squilibri interni e sostanzialmente arretrato: ma questi estremi si trovano nella pratica impossibilità di scambiare esperienze. Che questa dialettica rimanga viva ma comunicante è il problema che abbiamo di fronte nell'architettura italiana per non fare dell'utopia un rifugio contro le difficoltà del presente o nel presente immergerci tanto da rimanerne affondati. Sembra invece di assistere ad una strategia volta a mantenere le distanze reciproche a cercare i contatti indolori. Soprattutto niente scontri concreti: neo-neoavanguardia. esibizionismo rivoluzionario, censure ideologiche sollevano nubi di polvere intorno alla cultura del progetto. si accusano reciprocamente di essere al servizio del capitale e della reazione. mentre produttivismo economicistico. controllo. sfruttamento. formalismo burocratico. potere. organizzano l'interramento definitivo dell'immaginazione architettonica. ma le due operazioni avvengono in sfere separate: ogni contatto è per ambedue le parti o scandaloso o complice. No: la progettazione in Italia non sembra avere un grande futuro concreto e comunque esso sembra tutto affidato al casuale incontro o agli errori degli altri.

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