V 25 Lccizia Paolozzi Viaggio nell'isola t edizioni delk donne CalamityJane Lettere alla figlia Una corrispondenza mai spedita alla figlia lontana, da cui la più famosa pistolera del Far West emerge come una donna generosa, spiritosa, tenera e soprattutto molto sola. Letizia Paolozzi Viaggionell'isola Una militante racconta le lotte per il «potere operaio» in un polo industriale del Sud, e insieme il risvegliarsi di una coscienza femminile. 26 Cabmicy-J:me Letterealla figlia (1877-1902) t cdmoniddkdosane j edizioni delle donne Il cinema di questi anni raccontato da uno spettatore passionale ed egocentrico ()reste DJe1l 3uono ' 448 pagine, 6800 lire Garzanti EDITOREDELLAENCICLOPEDIAEUROPEA Tucidide La guerra del PcloPonneso Colette Il grano in erba ClassicidellaFenice QuadernidellaFenice I Garcia Lorca Opera poetica Charles Bukowski Taccuino di un vecchio sporcaccione sù dirige un'organizzazione superefficiente. attenta - come è giusto e salutare - ai raffreddori di Craxi, all'insonnia di De Michelis. al coma del leninismo e all'aria che tira. Sempre da lassù organizza convegni. scrive libri. fonda riviste. compra case editrici (1'80% della Marsilio). riviste letterarie (partecipazioni cospicue a La Quinzaine Lirréraire e a Les Nouvelles Littéraires) che tutte parlano delle sue spirali. Siamo di fronte a un uomo straordinario: ha costruito un'ideologia dell'inerzia che vale per gli altri ai quali comunica «State tutti fermi, l'unico che ha diritto di muoversi sono io. Se sei antipsichiatra sei psichiatra; se sei ribelle. restauri; se dici no, dici sì; se vinci a scopone. perdi a tresette. State tutti buoni e quieti che tanto non esistete. Io non ho bisogno del mondo perché il mondo sono io». Ho parlato di ideologia dell'inazione, ma più che un'ideologia questa sembra essere un'idea fissa: «Non solo il punto d'arrivo non raggiunge il punto di partenza, con un movimento circolare, ma i punti non sono delimitabili, non sono punti fermi [...] nessun atto può costituire un progresso, se il passo da compiere s'innesta sulla funzione di un nome. Una funzione impossibile da colmare». «Il percorso non obbedisce alla conoscenza. Non segue il discorso, che è invece il suo effetto, quasi la sua caduta, la sua catastrofe». «La nominazione lascia nel percorso della parola una spirale non sferica, senza punto fisso, con cui si scrive un giro discontinuo fra condensazione e spostamento, senza predominio dell'una sull'altro, senza che si componga un cerchio». E infine, ormai prevedibile, «La psicanalisi non esiste in quanto tale». Fra un'immagine di progresso inevitabile e trionfale sui luminosi sentieri della Storia e un'altra di soffocamento da spirale, ci sentiamo perduti. Come dire che ce la vediamo brutta. Fra due destini preconfezionati, fra due apriori altrettanto autoritari nell'affermazione e nella negazione, fra due visioni così semplificate e cosl assorte nella Storia Universale e nell'ego-riferimento. ci si dimentica la viHan Bennink cenda umana di ognuno e la sua complessità. La soggettività. che fra l'altro è la premessa di qualunque decente aggregazione. non esiste più. Nel caso di Verdiglione la pratica dell'inconscio assurge a oggetto di culto perché. se a priori il filo di Arianna non guida a nessuna uscita, se a priori la tela di Penelope non può avere fine. se a priori il percorso linguistico senza garanti percorre una spirale senza sbocchi. che cos'è tutto questo se non un valore assoluto? Parafrasando questa volta Brecht: «Sciagurato il paese che ha bisogno di dei!» Da noi ce n'è pieno. (Sintomo a rovescio non è forse che solo in italiano si dice «porco dio»?). E ppure è proprio in questo rattrappimento dell'inconscio, nominato come unico luogo della dissidenza, che va cercata una delle origini del successo di Verdiglione. Infatti dopo la svalutazione della politica come valore assoluto, anche Verdiglione ha posto sul mercato la sua proposta totalizzante: questo viaggio non solo senza fine ma anche senza direzione, un viaggio non dentro, non da se stessi, ma intorno a se stessì, all'infinito. La politica era al primo posto e tutto era politica. È vero che c'era molta oralità in quel modo di battersi e di chiedere: la politica era il padre, là' casa, la sicurezza. Ma era anche un modo per dare una prospettiva alla propria vita. Lo spegnersi delle illusioni ha segnato un vuoto che è anche crisi di identità. Non è solo non saper più cosa fare, con chi stare, dove anda- 1 re; è anche non saper più chi essere. A questo punto se non si riescono a spezzare progressivamente i meccanismi di dipendenza in un processo trasformativo che liberi la propria soggettività nella direzione dell'autonomia e quindi di una propria storia e di un proprio destino, allora succede che il bisogno orale e la necessità di dipendenza rimangono due ingombranti compagni che spingono semplicemente a sostituire il Valore che ha tradito con un altro Valore. Il padre cattivo con un padre buono. Certe forme religiose, certi fenomeni di lotta armata, certe «culture» della droga sono le alternative più correnti alla politica giovanile degli anni passati. Abbiamo usato l'aggettivo «certi» per evitare grossolane generalizzazioni: il percorso - appunto- è personale e non tutte le avventure hanno uguale origine. In questo grande spettacolo della dipendenza. Verdiglione si è conquiostile teorizziamo l'incomunicabilità. La responsabilità è sempre degli altri: prima tùtta del capitalismo e dei suoi lacchè. Adesso di tutto il mondo. Si serve la classe o l'inconscio in analogo isolamento. Distruggere i meccanismi di dipendenza è un lavoro duro che costringe a misurarsi con il divario fra la violenza di una tensione e il suo possibile sbocco e a sopportarne la sofferenza. Ma è un'attività che emancipa finalmente dalla grande e numerosa Famiglia: il buon Dio. la Mamma, la Politica, la Spirale. l'India ... consentendo di mantenere verso questi congiunti dei rapporti dialettici, magari affettuosi, ma autonomi, senza delegare loro la nostra storia personale e la nostra identità. La malinconia che pervade il dibattito culturale italiano è.un altro segreto del successo di Verdiglione. Quelli che ridono degli inni alla cacca di Roberto Benigni stanno di qua sotto lo stendardo «cultura di massa», quelli che non ridono stanno di là sotto il vessillo «cultura ufficiale». Gli uni si occupano prevalentemente dei mass media gli altri delle cattedre. Ogni squadra si fa gli affari suoi ma sono ambedue intolleranti verso i «fuori gioco» a meno che non se ne stiano in disparte o all'estero. O a meno che non abbiano soldi e potere visibilmente organizzati. C'è una comprensibile indulgenza da noi per chi fa uscire soldi e potere dai suoi pensieri. In questo paesaggio degradato nasce e fiorisce anche Verdiglione a svendere frammenti irriconoscibili: di Freud e Machiavelli oggi come tre anni fa di Lacan e Guattari; tanto non è la merce che conta. Verdiglione è un bravo manager perché questo è il suo tempo: la sottocultura e la paranoia hanno un vasto mercato. stato un suo palcoscenico dove recita su due piani: in primo piano un drammone pseudo-romantico col pessimi- Morton Feldman smo cosmico. il viaggio senza ritorno, la grande solitudine. eccetera. sullo sfondo la farsa della rassicurazione: se il mondo ci fa paura tanto vale negarlo, se la politica ci ha tradito la riduciamo a istituzione, se l'altro da sé ci sembra
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