Alfabeta - anno I - n. 1 - maggio 1979

I I I / Verdiglione supercalifragili~ti~hespiral Armando Verdiglione La dissidenza freudiana Milano. Feltrinelli, 1978 pp. 218. lire 6.000 Armando Verdiglione La psicanalisi questa mia avventura Venezia. Marsilio, 1978 pp. 198. lire 5.200 .. E primavera e insieme ai gerani ricicciano gli intellettuali presenzialisti; s'imbandiscono tavole rotonde, quadrate, a due piani, da briscola e da merenda. In questo rigoglio stagionale spunta anche Verdiglione col suo ottavo convegno, pronto a saziare l'oralità dei suoi seguaci. In sei anni Verdiglione ha organizzato sette convegni internazionali: «Psicanalisi e politica», «Follia e società segregativa», «Psicanalisi e semiotica», «Sessualità e politica>, «La follia>,« Violenza e psicanalisi», «Dell'arte [...] i bordi». A questi incontri sono intervenuti, quando una sola volta, quando tutte, nomi illustri della cultura internazionale come Julia Kristeva. Felix Guattari, David Cooper, Enzo Morpurgo, Gilles Deleuze, Mario Spinella, Luce Irigaray. Maurice Godelier, Gisela Pakow. Sergio Finzi, Robert Castel, Thomas Szasz, Aron Esterson, Giovanni Jervis, Morton Schatzman. Maria Antonietta Maciocchi. Bernard H. Levy, Nathalie Sarraute. Verdiglione ha direttamente curato, per la casa editrice Feltrinelli, la pubblicazione degli atti di questi sette convegni in altrettanti volumi e ha tradotto in italiano Scilicet, rivista dell'Ecole Freudienne de Paris. con diversi scritti di Jaques Lacan. Dirige inoltre due riviste Spirali e Vel. cura presso la casa editrice Marsilio le collane «Semiotica e Psicanalisi» e «Teoria/Scrittura». è autore di due libri La psicanalisi questa mia avventura e La dissidenza freudiana. Svolge infine la sua attività di psicanalista e ha dato vita alla «Associazione Psicanalitica Italiana». Non c'è dubbio che Verdiglione si sia conquistato un posto nella cultura italiana. È qualcuno. Vale la pena cercare di capire cosa dice. Parliamo del suo ultimo libro che si chiama La dissidenza freudiana, che è stato tradotto in francese per la casa editrice Grasset nella collana diretta da B.H. Levy. Intanto ecco cosa ne pensa l'autore: «Propongo un testo psicanalitico; tutto un lavoro di riflessione. tutta una pratica. tutta una militanza e. lo sottolineo. tutto uno sforzo di scrittura mirano a fare di questo saggio su "la dissidenza freudiana" un manifesto teorico e politico della attuale psicanalisi. Come tale ha una prospettiva profondamente politica ed esclude qualsiasi dipendenza». Questa dichiarazione è uscita su La Quinzaine Littéraire in un'intervista resa a Roger Dadoun e dimostra fra l'altro che Verdiglione. quando si impegna. riesce a farsi capire benissimo. Il libro tratta di molti argomenti; sulla politica leggiamo: «Non c'è comunità che non si formi sull'amore uguale del tiranno. Non c'è insieme umano che non proceda dalla dottrina della persuasione». «Dal banchetto totemico alla cena del Valentino ai pranzi di Auschwitz corre la stessa novella dei popoli: la politica è coprofila. Quel che distingue infatti la patria è l'odore». «I funzionari della politica non vantano la loro intelligenza. ma fanno mostra di far circolare, di mettere in riga le cose. La politica definisce infatti la parola circolazione o suo mezzo. Che sia a destra o a sinistra poco importa. Purché si circoli». E. sulla quarta di copertina dell'edizione francese: «In Italia un Freud nazionale e patriota che porta l'impronta tragica di Mussolini e del suo compare Gramsci[ ...]» Appena si è dimenticato del molteplice sprofonda in una pagina di paranoia: «La politica rientra nella mitologia psichiatrica: persegue l'intento di manifestare e applicare la scienza. d'illustrare nella sofferenza la massima economia della violenza. Qualsiasi cosa tocchino gli officianti di questa dottrina, come il re Mida, diventa sofferenza. Sofferenza obiettiva. E della più raffinata obiettività. E ciò dimostra provvidente lo stato. Che ne sarebbe infatti dello stato senza l'umana tragedia. senza le calamità naturali, senza la crisi economica, senza sciagure e sofferenze sociali di ogni tipo. senza le gravissime iatture che si abbattoPiù avanti all'intervistatore che. evidentemente distratto. gli chiedeva • come sarebbe possibile pensare la psicanalisi come dissidenza. l'analista rispondeva: «Attraverso la pratica dell'inconscio! Dopo l'intellettuale patriota. l'intellettuale organico. l'intellettuale impegnato. ecco forse una nuova figura di militante culturale: lo Psicanalista attento al molteplice. al non identico. che rifiuta qualsiasi obbedienza. qualsiasi bandiera. qualsiasi capo e atto a trovare. nelle loro tracce e mobilità. le formazioni dell'inconscio». Questo è parlar chiaro. È quindi con un moto di autentica curiosità che afferriamo La dissidenza freudiana. pronti a mettere una pietra sul passato di quei terribili convegni. Ci interessa lo Psicanalista. sia pure maiuscolo. cane sciolto e attento al molteplice. • Jol,11 Cage no sul popolo e imperversano ora sulle città ora sulle campagne. ma anche sui diversi mestieri e persino sui pubblici ministeri? Come accenna Sofocle. lo stato nasce con la peste». Passando all'anti-psichiatria. Christian Delacampagne su Les Nouvelles Littéraires si duole della presunta severità di Verdiglione: «I suoi conflitti con Basaglia, la sua ostilità nei confronti dell'antipsichiatria gli impediscono di valutare con giustizia gli sforzi che. nel suo paese. mirano a trasformare la condizione del "malato di mente"». Ma Verdiglione non valuta. né con giustizia né senza. egli avversa ugualmente psichiatria e antipsichiatria e liquida in poche righe 15 anni di esperienze e personaggi diversissimi come Cooper e Basaglia, Laing e Deleuze, Jervis e Guattari, affermando che: «Dagli Stati Uniti alla Francia, dall'Inghilterra all'Italia. l'antipsichiatria è servita come massimo sostegno della medicina di stato. Gli ospedali psichiatrici non solo non sono scomparsi, ma i loro apparati si sono rafforzati ed estesi». Jung e lo junghismo hanno un capitolo a sé nell'economia del libro che inizia così: «La scolastica di oggi in Italia è lascolastica cattolico-marxista che riconosce la propria dottrina nello junghismo. la forma più generale di antintellettualismo. [...] In breve marxismo e cattolicesimo s'integrano nella gigantesca stratificazione dottrinaria della nostra epoca: lo junghismo». La prima colpa di Jung è quella di avere attaccato i cosiddetti intellettuali: «I cosiddetti intellettuali - aveva scritto Jung- sono i pazienti più difficili e rognosi che esistano, a parte i bugiardi di professione». Verdiglione si inoltra quindi nella psicanalisi junghiana e ne trae questi convincimenti: «Per giungere a un universalismo mistico. per restaurare l'assioma del sesso unico. la dottrina monistica. Jung nega la rimozione primaria per ricostruire il montaggio della repressione e del disadattamento alla realtà. I diritti f1Ìfa8eY'an. (,~~àg'g101<l 97~ pagihd '19 della morale. della libertà nel sacrificio. dellà simbolica. della profondità. del finalismo cosmico ne sono riassestati. La verità viene fatta dipendere dalla razza o dal tipo di religione. A una verità ebraica corrisponde una verità cristiana. E tutto quel che rende possibile una comunanza va tolto». «Tale scoperta (la scoperta freudiana, n.d.r.] si tramuta in psicologia della profondità. Per altro occultismo. spiritismo, mitologia, astrologia si assommano in un sistematismo autoritario che intende partire dal senso e spiegare tutto». Il capitolo si conclude con un pettegolezzo svizzero secondo cui la signora Jung sarebbe stata convinta di essere la reincarnazione della moglie di Tutankhamon. A Ila fine del libro abbiamo il dubbio che si tratti di uno scritto punk o forse di un formidabile copione per mr. Ramengo. Altrimenti perché si abbandonerebbe a simili ragionamenti? Egli infatti sa benissimo, come tutti noi che abbiamo fatto le medie, che non è dall'amplesso fra il mago Bacù e la strega Magò che è nato Gesù Cristo e che dagli archetipi dell'inconscio collettivo junghiano non derivano verità razziali. Allo stesso modo è al corrente delle significative diversità fra Cooper e Guattari, fra Gramsci e Mussolini, fra Marx e papà Natale, né gli sfuggono le sottili differenze fra politica e stato, psichiatria e antipsichiatria, fra una cena del Valentino e un pranzo di Auschwitz. fra una St. Honoré e Balzac. L"appiattimento apparentemente insensato al quale invece si consacra Yerdiglione o, come direbbe un addetto. «il forte momento sottovalutativo <leIla specificità», proprio perché è così sistematico, non può non incuriosire. Yerdiglione prende il pensiero di questo secolo e anche del precedente, lo schiaccia insieme in un immondo puré e lo butta via. Da una parte tutto il '900, dall'altra lui e Freud. Non è un'analisi. è un rodeo con Yerdiglione sulle spalle di Freud che mena botte da orbi a destra e a sinistra. tira giù tutto. acclamato dai suoi fans al grido di «forza Armando che sei solo!» Questo atteggiamento del giovane analista rientra in quello che Freud definisce il «sé grandioso» e denuncia un problema narcisistico e paranoico ancora tutto da esplorare. Del resto Yerdiglione ci descrive la sua paranoia con puntigliosa sincerità: «Non si tratta né d'interpretare né di trasformare il mondo per la semplice ragione che il mondo non esiste se non come feticcio della cosmologia». «Se è la parola ad agire. non c'è garante. Ciascun atto è mancato: e produce quindi effetti di verità. Dal canto loro i discorsi non sono né veri né falsi». «La materia non è altro che una di- . mensione della parola». «La dissidenza è dell'inconscio( ...] La dissidenza non è frùtto delle contraddizioni di una società. Inaccostabile al concetto di crisi; non risponde a una causa. a una malattia 'dell'insieme». E allora dobbiamo chiedere a questo giovanotto uno sforzo di coerenza: perché. se ogni comunità umana si fonda sull'amore del tiranno, se qualunque stato poggia su tutte quelle spaventose iatture di città. e di campagna, se la politica serve a far circolare e comunque è coprofila, se il mondo non esiste. allora questa dissidenza dell'inconscio disside da chi? Alla pessimistica certezza che ogni umana aggregazione poggiasse su un «pactum sceleris», Freud, sul piano sociale, reagiva con l'accettazione dell'ordine dato, da quel borghese mitteleuropeo che era. Non si è mai sognato di negare il mondo, lui. E allora: o le umane aggregazioni sono inevitabili ancorché sciagurate e allora come e da chi disside l'inconscio. O gli esseri umani non sono sociali e quindi il nostro inconscio dissidente ci suggerisce di isolarci a scavare delle tane e a sbranare radici. E allora cosa aspetta Verdiglione? D'altra parte se il mondo non esiste, nemmeno il rapporto, la contraddizione, la dialettica esistono più. Ci si ferma prima, non si entra nella foresta incantata. chissà poi cosa si trova: la paura dell'incontro, dell'altro da sé. della trasformazione. La vita, la morte, l'amore. Meglio la quieta ossessività dell'ego-riferimento, meglio il percorso a spirale che parte dal proprio ombelico. «La psicanalisi - afferma Yerdiglione - non parla dal vostro passato o dal vostro avvenire. Parla da una solitudine senza rimedio». Dove la solitudine, per quanto abbiamo visto finora, non è il recupero della propria soggettività che poi si riporta al difuori di sé, ma una sorta di isolamento prenatale, intrauterino, placentare che testimonia il grave disagio dell'autore. D a qui brevemente si raggiunge l'inutilità di qualunque percorso che non sia quello dell'inconscio intorno a se stesso. «Esiste forse restaurazione dell'ordine che non proceda dalla rivoluzione? Esiste forse tirannide che non si eserciti sulla terapeutica libertà di parola?» «Chi non va contro la tirannide? È legittimo. È quel che legittima il tiranno». Pio Baldelli a Bologna nel '77. facendo il verso a una frase di Bifo. segnalava: «Bisogna stare attenti a navigare controcorrente anche quando la corrente va controcorrente perché il rischio è di trovarsi vicini ad Andreotti». Qualunque tensione sociale è inutile - ammonisce Yerdiglione - dato che il processo dialettico si risolve sempre e comunque nella restaurazione del primo momento affermativo da parte del secondo momento negativo. Ipotesi davvero originale e degna della massima attenzione. In parole povere, parafrasando la famosa frase di Tancredi ne li Gattopardo, «Bisogna che niente cambi perché tutto rimanga com'è». Quest'ideologia dell'inazione conduce ad una condizione regressiva che ci sembra non abbia nulla a che vedere con la qualche volta tragica e grandiosa ideologia del negativo, con la forza distruttiva che trascina con sé, e con la sua energia di trasformazione. C'è una grande carica vitale nell'assumere su di sé la negazione. nel vietarsi la parola e il potere. ma Yerdiglione non si nega né l'una. né l'altro. Ben piantato nel sociale. egli trancia la storia del mondo dicendo che il mondo non esiste. Yerdiglione - e gliene diamo atto - utilizza in modo geniale il processo paranoide che è all'origine delle sue riflessioni. Si erge in ·solitudine come un picco nevoso sui resti di un mondo che esiste solo come «feticcio della cosmologia» di noi poveracci e da las-

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