Luce d'Eramo Deviazione Milano. Mondadori. 1979 pp. 368. lire 6.000 Irene Bignardi A colloquio e.on l'autrice di «Deviazione». Luce d'Eramo: «cosi ho vissuto mille volte» la Repubblica. 17 marzo 1979 Giulia Massari Luce d'Eramo parla del suo romanzo «Deviazione». La ragazza che volle conoscere la verità sui lager di Hitler Tuttolibri, 24 marzo 1979 Questo libro di Luce d'Eramo. Deviazione. viene pubblicato contemporaneamente in edizione italiana e francese. Nella prefazione a quest'ultima. dovuta a Georges Piroué. si legge: «Non si tratta di un nuovo capitolo della storia della dominazione nazista». L'affermazione appare solo parzialmente vera. e rischia di ingenerare il sospetto-mentre in Francia vi è chi nega clamorosamente l'esistenza stessa dei campi di sterminio nazionalsocialisti. e in Italia si tarda ancora a presentare integralmente sugli schermi televisivi il filmdocumento Holocaust - di una soffusa volontà di rimozione. Quanto a noi. siamo tra coloro che ritengono ancora valida l'affermazione di Adorno: «Dopo Auschwitz» né il mondo. né noi. possiamo essere gli stessi. È tuttavia corretto affermare che nella narrazione della d'Eramo, vi è di più che una descrizione e un'analisi dal vivo del sistema concentrazionario nazista; ma questo di più - l'ansioso interrogarsi su se stessa, sulla borghesia. sui privilegi. sul potere - si inserisce proprio nella linea della meditazione. collettiva e individuale insieme. suscitata dal nazionalsocialismo. Della quale. semmai. può dirsi che sia stata ancora insufficiente. e scarsamente critica-come è accaduto, in Italia, nei riguardi del fascismo. Ha piuttosto operato per vie indirette. ponendo con forza in evidenza i temi dell'autorità. del potere. della discriminazione, della separatezza. che vanno divenendo sempre più centrali nell'analisi politica e nella indagine sociale della più attenta intellighenzia europea. E, contro il giudizio. limitativo nei fatti, che questo libro costituisca uno «studio sotto forma di narrazione. di certi aspetti del comportamento della borghesia». come aggiunge ancora Piroué, ha ragione l'autrice nel sottolineare, nei due colloqui-interviste rilasciati a Irene Bignardi su la Repubblica del 17 marzo e a Giulia Massari su Tuttolibri del 24 marzo. che ciò che l'ha più colpita nella sua esperienza dei Lager è stato: «Al di là dell'orrore della morte. della violenza. vedere in azione qualcosa che può riprodursi in ogni momento: il meccanismo arbitrario delk stratificazioni sociali. quelle stratificazioni che permangono. attraverso tutti i mutamenti ideologici per mezzo dei condizionamenti culturali» (la Repubblica); «lo ho visto e vedo sempre separazioni. Persino nei campi nazisti. la separazione per gli esseri umani funziona perfettamente. L'ho detto nel libro. I processi discriminanti çi sono sempre. anche se hanno nomi diversi» (Ttmolibri). Viene in mente. a questo punto. la documentazione fornita a suo tempo da Arthur D. Morse. in Mentre sei milioni morivano (Milano. Mondadori. 1968. pp. 412. lire 3.000). che denunzia «l'inerzia dell'Occidente». e in particolare degli Stati Uniti. di fronte allo sterminio nazista degli ebrei. Vi si mettono in luce. tra l'altro. le difficoltà frapposte dal Dipartimento di Stato alla immigrazione ebraica negli Stati Uniti. dopo l'avvento al potere di Hitler: ma colpisce ancora di più la discriminazione. che non può non definirsi «classista». tra coloro che-ricevevano l'_agof~ato p~rme~so (un I?ermesso. m u111manalisi. 01s·opravv1vere): «In un rapporto relativo all'immigrazione nel periodo gennaio-agosto 1934 -indica Morse(p. ! 4~~ •. ;\ C;nsolilJo :'.:7,~7~d( Berlino fornì un'anali i delle professioni dei 471 capi famiglia che avevano ottenuto visti d'entrata: 65 erano medici. 63 avvocati o professionisti d'altro genere. 19 insegnanti universitari. 32 uomini d'affari in proprio. 156 venditori. impiegati o comunque salariati di aziende commerciali in genere. e 136 erano impiegati di vario genere». Sono cifre che. come si dice. si commentano da sole. Divide et impera è una vecchia massima di governo. Luce d'Eramo. forse proprio perché finda ragazza compartecipe dei privilegi che erano insieme del suo ceto sociale e del personale dirigente del fascismo. appare - nella sua narrazione. oltre che nella riflessione a posteriori - particolarmente avvertita sull'uso sottile e capillare che il nazionalsocialismo seppe fare di questa tecnica del dominio. Questo è certamente un primo apporto originale della sua descrizione della vita dei Lager nazisti; un punto sul quale altre opere di memorialistica - pur validissime per altri aspetti e spesso di più elevata rilevanza letteraria -erano state meno perspicue. Si dirà che di questa tecnica qualsiasi analisi storica del nazionalsocialismo ci reca ampie informazioni. È senza dubbio vero: e basta rifarsi. ancora una volta a guisa di esempio. alla tabella sul tesseramento alimentare imposto in Polonia dagli occupanti tedeschi, contenuta a pagina 21 del citato libro di Morse: Consumo settimanale in etti Pane Carne Zucchero Grassi Tedeschi Polacchi 22.50 17.50 5.00 2.50 2.25 1.55 2.70 1.55 Ebrei 4.00 1.30 0.65 0.025 M a Luce d'Eramo ci presenta gli effetti di questa discriminazione nel vivo di una esperienza quotidiana; e ne mostra. soprattutto, gli effetti «soggettivi» sui discriminati. la sua efficacia nel creare harriere. Muedith Mo11k frantumare. isolare non solo i gruppi etnici e le diverse categorie di lavoratori (volontari. prigionieri di guerra. rastrellati civili. criminali e disadattati; nel caso specifico di FrankfurtHochst. la città concentrazionaria della mano d'opera per la I. G. Farben. persino un apposito piccolo Lager per «gli insorti di Varsavia»). ma anche. con la concessione di «privilegi» minimali. i singoli lavoratori all'interno della nazionalità e delle categorie. Quanto ciò si sia dimostrato efficace. nel caso specifico. è provato dalla sostanziale incapacità dei venti milioni di stranieri - di cui due terzi volontari - che lavoravano a un certo punto della guerra in Germania. di organizzare una qualsiasi efficace forma di resistenza di massa. Tanto più ne emerge lo straordinario lavoro compiuto, anche se parzialmente. dalla Resistenza francese per organizzare uno sciopero in coincidenza con lo sbarco alleato in Normandia; mentre le contromisure a largo raggio. immediatamente applicate dal regime. dimostrarono. di per se stesse. quanto esso fosse consapevole di un latente e pericolosissimo potenziale di lotta e di rivolta. Ma persino la rete costruita minuziosamente dai maquis francesi. arruolatisi volontariamente tra i lavoratori stranieri in Germania. e già quindi collegati tra loro in precedenza. si incontra con ostacoli di comunicazione che la protagonista di Deviazione (indicata nel libro ora con la prima, ora con la terza persona) riesce a superare non tanto perché plurilingue e. come ragazza, meno soggetta a dare nell'occhio, ma in quanto la mano invisibile del suo privilegio di rango e fascista giunge a proteggerla sino a Francoforte o a Monaco. Cosl. la sua evidente «immunità», che a un certo punto le appare, egotisticamente. quasi una predestinazione. se non addirittura la conseguenza di particolari doti personali. viene riconosciuta - nella rimeditazione retrospettiva di quegli eventi - come un fatto di classe. di separatezza. Qui. anzi. si innesta. su questa meditazione e riflessione sul proprio destino personale. l'altra faccia. o risvolto. di questo libro. che lo rende. come si diceva. qualcosa «in più» rispetto a gran parte della letteratura e memorialistica concentrazionaria. La protagnista. autobiografica. della narrazione è convinta. infatti, inizialmente. di essere fuggita da casa a diciottanni per arruolarsi nel servizio di lavoro tedesco proprio per confermare la sua fede fascista: per constatare cioè di persona. contro quelle che a suo parere erano le dicerie e le calunnie correnti. il trattamento riservato dal Reich a tali lavoratori stranieri (della immagine che se ne facevano taluni fascisti vi è una esemplificazione tragica e ingenua insieme. nei frammenti di lettere che Lucia - cosi il più delle volte si nomina nel libro la ragazza- ha ricevuto dalla madre). Ma fa presto a rendersi conto, anche da lavoratrice «libera». prima di essere internata a Dachau, che quelle dicerie e calunnie erano, semmai. di gran lunga inferiori al vero. Ostinata. mentre rapidamente assume un atteggiamento interiore antinazista. conserva. almeno esternamente. una certa «fiducia» nel fascismo italiano, o almeno tale atteggiamento sembra ostentare qua e là nella ricostruzione che la memoria le offre della sua esperienza tedesca. La contraddice però una lettera alla madre da Hochst: «Mi vergogno di essere stata fascista dichiarata. Sinceramente» (p. 350). In certo senso, anzi, è questo suo volersi credere fascista a imporle, soggettivamente. di essere «cosi leale, cosi severa neisuoi slanci» (cfr. la stessa lettera). Una severità e una lealtà che la spingono a scegliere - contro la generale tendenza a salvaguardarsi in tutti i modi, a sfruttare tutte le possibi1 ità per sopravvivere «al meglio» - di dividere le condizioni più disagiate. Tipica, a questo proprosito, la sua decisione di lasciare le mense, un po' meno squallide, dei lavoratori «occidentali» per quelle, assai peggiori, degli slavi (russi. polacchi. sloveni): ma non è che una scelta «in negativo», tra le tante compiute da Lucia. Di vicenda in vicenda e di rischio in rischio - nella seconda parte del libro, «Sotto le pietre» - Lucia, il 27 febhraio 1945. a breve distanza dall'arrivo degli alleati. nel corso del tentativo di salvare una famiglia tedesca dalle macerie di un bombardamento. rimane gravissimamente ferita per il crollo di un muro: a lungo tra la vita e la morte. ne conseguirà. tra l'altro, una paralisi alle gambe che ancora oggi la tiene legata a una carozzina di invalida. Ma. conclusa questa seconda parte, scritta nel 1961 (la prima. «Fuga dai Lager». era del 1954). con il rientro in Italia il 4 dicembre 1945. Deviazione non è ancora giunto a metà delle sue pagine. Tra Dachau e il ferimento a MagonLa vi è una lacuna. A differenza di 4uanto ha fatto qui il recensore, Hochst non viene mai nominata; lo ,arà soltanto nella terza parte. «Primo arrivo nel Terzo Rcich». scritta nel 1975. Riordinando le vicende cronologicamente - e la puntigliosità. anch'essa significativa. dell'autrice giunge al punto da premettere al testo una cartina dei suoi spostamenti-ci si rende conto che la fuga da Dachau e i giorni di Monaco hanno alle spalle Hochst. l'I.G. Farben. lo sciopero. Se Luce d'Eramo avesse concluso 4ui la sua narrazione - ed ella stessa lo ra notare - ;; sà,c:;:;:,c!}vuto pensare che a Dachau era 'f~'.:'.:~~ ;; ~rovarsi p~rc~~ punita a seguito dello sciopero di Hochst. La quarta parte. «La deviazione». non solo rimette a posto la cronologia (e la geografia) della narrazione, ma instaura proprio quei parametri per cui il testo della d'Eramo travalica la mera rnemoria!i5!!!?1e! si fa domanda di verità. Si innesta infatti a questo - p~nto uno !posta'!'ento r.arrati'!o ·;he, più che «ps1colo~ti.:v»c. orn1:•/iene presen_tatO,-'.!'j:,parsetn~'.','urale: tale cioè d~ ·,mporre un.~ ·nuovaottica su quanto precede e da giustificare. anzi rendere «necessario» quanto segue nel libro (e nella vita dell'autrice). «C'è un fatto che ho eluso. A forza di dire che ero stata deportata a Dachau. ci ho creduto. Ma non è vero. I miei compagni vennero trasferiti in quel Lager. Io no. Fui rimpatriata»: cosi comincia la quarta parte in questione. In realtà ci viene narrato che. attravero le amicizie del padre. Sottosegretario nel governo della Repubblica di Salò. Lucia. invece di essere punita. viene rimandata in Italia. Ma. giunta a Verona. in luogo di tornare a casa. si fa catturare volutamente in un rastrellamento. butta via i documenti che la proteggevano. e viene rispedita - questa volta non più in veste di volontaria e di fascista - in Germania. Tutto ciò. ci dice la narratrice. è stato messo tra parentesi per trentanni. Non che lo avesse interamente dimenticato. che lo ignorasse del tutto; ma si rifiutava di saperlo. Perché? Forse, si accenna (p. 282). per la istanza indomabile di salvaguardare, dopo tante prove, una esistenza «normale», di «ricadere nel proprio ceto> (p. 247). Troviamo Lucia. dopo il definitivo rimpatrio. e sia pur lesa fisicamente, costruirsi un'esistenza consona alle proprie origini cdi classe» (l'espressione è nel libro): si laurea, si sposa, traduce. studia. scrive. ha un figlio, una casa. un «luogo>. Questo «privato> è una barriera contro il «pubblico»: dopo la attiva partecipazione alla organizzazione dello sciopero. dopo l'acquisita coscienza antinazista e antifascista, un «blocco» (solo della memoria?) respinge la protagonista fuori di ogni continuità nella azione di lotta. Il «gesto> di Verona. la scelta di essere come i suoi compagni di Lager ( e Una costante mi si faceva strada nella mente: come a Frankfurt, anche a Dachau, i ricchi. i potenti, non c'erano>, p. 259), non ha un seguito. Ma qualcosa scorre sotterraneamente: vi è il fallimento del matrimonio, la separazione dal marito, vi è una vita di eccessivo dispendio, di debiti, e infine vi è la droga, pietosamente coperta dalle esigenze deIJa invalidità: qualcosa non quadra. Contro una tale discrasia lo stesso finale del libro appare, forse, come una rivalsa illusoria. Ramrnemorando di essere stata picchiata a sangue, come - «finalmente»! - le sue compagne, la narratrice ritiene forse di essere davvero stata. almeno in quel momento, come loro?: «finalmente (ridevo tra le lacrime) anch'io sono stata picchiata, da sola, personalmente, adesso sono proprio come loro bastonata sputata. in tutto come loro. non ricadrò nel mio ceto. mentre correvo correvo verso Magonza». Sono le ultime parole di Deviazione. ma non danno una risposta. Lasciano anzi aperto un interrogativo. Leggevo questo libro. e me ne appassionavo per tutti i terni che affronta, i problemi di fondo che solleva, nei giorni in cui le cronache parlavano dei ragazzotti di una delle più «borghesi» città italiane. Varese, che hanno inscenato una manifestazione contro i giocatori israeliani di pallacanestro. con grida e striscioni, « Una, cento, mille Mauthausen», «Hitler ce lo ha insegnato - uccidere gli ebrei non è peccato>. In un momento di ingenuità - o di fervore - dicevo a me stesso che i giudici avrebbero fatto bene a imporre. in aggiunta alle doverose condanne. la lettura di Deviazione ai giovani razzisti varesini. Ma capirebbero? Quasi certamente no. Post scriptum. Sarebbe facile leggere Deviai.ione in chiave di masochismo, di perverso piacere di soffrire. Le prove ci sarebbero, e a iosa. Ma sarebbe un discorso. in questi ultimi decenni di un secolo aperto dalla Interpretai.ione dei sogni, e dalla psicoanalisi. tutto di superficie, ancorché largamente diffuso. Proprio Freud ci ha insegnato che la nosologia, i quadri di riferimento. della psiche, hanno un senso solo entro la loro elaborazione individuale. Ed è QUe~t:1 npl ta-.-- ,. • , , _ ----•~• 11v1u OJ Luce d Eramo, che suscita interesse e rispetto.
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