L’Acropoli - anno II - n. 15 - marzo 1946

RASSEGNE 145 consentiva 'd' ·edificare lentarpente ma sicuramente il domani, con una segreta tenacia che i disordini e gli eccessi esteriori potevano mascherare e naecon– dere, ma non rovinare e disperdere. Alle manchevolezze del rapporto sociale· poneYa rimedio un senso di solidarietà mai ·smarrito, un. istinto profondo di 1 giustizia, una capacità di so,ccorrersi privatamente, tutti . segni - nel nostro paese - d'una antica umana civiltà' (p. 117); queste righe - dicevo - spiegano· anche come l'Italia abbia potuto superare le crisi di quegli anni e creare quel– l'abile politica estera che; fino alle deviazioni del· Di San Gi_uliano, costituisce– uno dei vanti maggiori di quella che i retori fascisti solevano dileggiare come Italietta. Vi è nel Salvemini questo periodo che ferma l'attenzione del lettore e fa meditare : 'Il coµte De Launay,_ ambasciatore italiano a Berlino, e sfrenato am– miratore di Bismarck, avrebbe voluto che Robilant andasse a visitare Bìsmarcl.:. in Germania e discutesse con lui personalmente i nuovi patti 1 dell' alleanza .. Robilant risp~s~ con un netto rifiuto. Quella visita non l'avrebbe fatta in nessun modo; non era uomo da vestire la livrea bismarckiana, non voleva si dices~e che Bismarck ·10 teneva in saccoccia : tanta era la strada da Roma a Berlino, quanta era la strada da Berlino a Roma; non spetta-va a lui muoversi' (p. 72). Quando questo senso di distanze geografiche andò smarrito, suonò l'ora deUa. rovina dell'Italia; ma essa si era già consumata vent'anni prima, quando quei • segni d'una antica .umana civiltà', sui quali insiste il Morandi, si erano spenti o 11rano stati violentemente cancellati. - • ca Gino Bianco l ,_, ARMANDO 5AITTA I

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