L’Acropoli - anno II - n. 14 - febbraio 1946
I 100 IN CORSIVO quando peniva presq, a pedate ·non usava spolverarsi il fondo dei calzoni per non rompere l' attenti!'· Chi si lagna cosi' ha torto. Pretendiamo forse che gli uo- / mini continuino ad essere quali erano ? Questa veemenza di reazione in primo luogo mostra che nonostante lfl calunnie gualunquistich 7 e, monarchiche non sui scitia:no la paura della tirannide e in complesso ci comportiamo da galantuom~i. Inoltre invocando la libertà che cosa volevamo? Volevamo aver da fare con uo- mini non infrolliti dalla paura, capaci di reazioni umane, con un mondo in cui la nostra libertà poteva avere un senso. Certo il rièordo di un recente passato ci turba. Ma bisogna ·pur lasciare che le deformate coscienze riprendano per quanto possono il nativo atteggiamento, operino, se non çon la convinzione; almeno con la · boria della libertà. Quand,o la generazione che porta i guidaleschi del servaggio sarà diradata, gli uomini si sentiranno in un mon,do di liberi. Forse ciò non sarà completamente vero. Ma buono è quell'.ordinamento che consen.te non imp~dita azione ,a chi della libertà prova la,fierezza,, forza risanatrice d'infiniti danni. La libertà è buona per– ché consente a tutti di parere anche sùperiori a ciò che nell'intimo sono, e co– stringe a non fare oscena mostra delle proprie vergogne. Certo sarebbe saggezza politica essere· persuasi che in momenti critici molti dei presunti liberi rinnegherebbero _oper egoismo o per çodardia ; non abbando• na?;si a quegli eccessi di ottimismo di cui ebbero amar;amente a dolersi gli uomini d~l '48 e gli aventiniani nel 1924-25. Ma ci~ non ·deve neppµ,re portare al di– spregio degli uomini a cui si abbandonano spesso g,li uomini politici, esempi famosi il Machiavelli e, il Bismarck. Il regime di libertà per molti aspetti ricorda' le comunità calvinistiche, nelle qnali nessuno eta certo della .propria salvezza e della propria predestinazione, ma doveva operare come se lo foss/3. È questa la pedagogia che crea i liberi: Perché· in tal guisa l'umana malvagità su cui insi– steva il riformatore di Ginevra, non è un dato statico di natura, ma un mondo, infernale quanto si,.voglià, infrenato. dalla volontà morale, e il bene, la libertà, consiste in questo sforzo continuo per domir.tarlo. · , • I Cont'iene quindi non perdere le staffe se 'quattro siudenti o il sindacato dei bi,delli ci parlano con. l'arr~ganza dei ;a:nculotti impersonanti il popolo sovrano, o qualche ferrovecchio del. giornalisv,,o fascista infuria c9n finti sdegni catoniani. Rimesse le cose' a posto, conviène confortarsi come di µ,n germoglio che spunta , I dopo un gefido inverno : dietro la rozza arroganza pòtrà svolgersi un piq nòbile sP-ntimento. ,. BibliotecaGino Bianco
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