L’Acropoli - anno I - n. 9 - settembre 1945
i 414 LUIGI RUSSO mezzo a queÙi che erano stati giovani nel 1905, o neJ 1915. Ma il giovane del 1925 o del 1930 .ebbe una sua sorte speciale. Il ,mito della giovinezza aveva avuto molta fortuna letteraria, in mezzo a noi giovani defunti.· Nei primi vent'anni del secolo c'era stata la mitologia letteraria dei ' giovani ', nei successivi vent'anni la mito• ,logià letteraria si tramutò in mitologia politica. In quei primi venti anni tutti volemmo esse_re poeti ' giovi~i ' (giovini con l' i perché cosi voleva D'Annunzio) o pensatori 'giovini'. Dal Leonardo di Papini, all'Her,mes di Borgese, dalla Voce di Prezzolini, a Lacerbq, di Soffici, si ebbe per l'appunto questa mitografia letteraria della giovinez:i:a. I nostri poeti, i nostri letterati, sempre maestro il D' An• nunzio, avrebbero voluto fissare la loro fisonomi_a ' giovine ' in una immagine perpetua : ' L'immagine qi mè voglio che sia sempre ven– tenne come in un ri~tto; La mia Musa giovine tacerà nella sua feggia ', - e- qui il ricordo di quella contess!i, Castiglione che già nel Fuoco aveva avuto la sua aureola fantastica ; .:_ ' O giovinezza. fermati ; seì bella ! ' - queste ed altre espressioni consimili sono fre– quenti nella poesia contemporanea. Già lo stesso maestro-corruttore aveva voluto sentirsi, ass.olutamente, poeta ' giovine ', poeta 'estivo', poeta 'solare': 'Ch'io non sperimenti la malattia ignobile, la pe• sante vecchiezza, la vergogna della tarda carne superstite allo spi• rito dimezzato. e estinto ', cosi aveva scritto il, magnanimo despota fin dal 1907. · Ma questo che poteva apparire un innocente estetismo di let• terati dovea tramutarsi in un pericoloso mito pratico nell'età di Mussolini. Il D'Annunzio e i dannunziani alla Borgese e alla Papini si erano contentati della mitopeia della giovinezza; Mussolini, il SO· lito duce, con la sua cultura di maestro elementare, che_ arriva sempre in ritardo ed intende le cose ad orecchio, volle e ordinò invece che la mitopeia degli esteti si tramutasse i~ initurgià della politic~.' I pov'eri quarantenni di 'oggi' nacquero al mondo e incap• parono a' essere gi'1vani proprio in questa fase della trasformazione, della mentempsicosi politica ordinata ,e voluta dal sqlito lungiveg– gente. I giovani della mia generazione o di quella precedente, an– che se contaminata d~ lue dannunziana, nascevano 'alla vita critici o filosofi o politici del :fole dell'avvenire, e poftavano in tutto que– sto un certo impeto ·ancora ingenuo da letterati. Ù gio_vanenuovo, Biblioteca Gino Biancd
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