unità di base, che lo .sottende, riesca effettivamente a spostare i rapporti di potere reale e risulti essere momento di una ristrutturazione, meglio di una rifondazione della sinistra che cresca e si articoli su una nuova strategia. Natoli - Anch'io non penso ad una contrapposizione secca e irriducibile fra sociale e politico, tra movimento e istituzione. Niente negazione sommaria del momento politico, niente tabula rasa di ogni istituzione. 11 sindacato, il partito comunista, altre forze e tradizioni politiche esistono, sono realtà storico-politiche. che sarebbe impossibile ignorare o "snobbare". Per questo, tu ed io, insieme anche se con accentuazioni diverse, parliamo di superamento della scissione tradizionale fra momento politico e momento sociale, e non di puro e semplice privilegiamento del sociale a totale danno del politico; e vediamo questo superamento cominciare ad affermarsi nel movimento contestativo di base che da due anni percorre tutta la nostra -vita politica e sociale, la società civile, il partito comunista, il mondo cattolico, il sindacato. Se questo movimento continuerà a svilupparsi e a percorrere anche il processo di unità e autonomia sindacale in corso, questo non si inserirà in un quadro istituzionale sostanzialmente non modificato, non servirà a stabilizzare gli equilibri politici attuali ma, al contrario, servirà, a dislocarli ulteriormente in una prospettiva di transizione. Labor - 11problema essenziale è quello della strategia politica. Per non fare esaurire la spinta di base è indispensabile che si persegua l'obiettivo per il quale voi del Manifesto vi proponete, come dite, di lavorare dall'esterno del partito comunista, come del resto indicavate anche dall'interno del partito finchè avete .potuto militarvi: e cioè unificare su una strategia comune le forze sociali e politiche rivoluzionarie, che vogliono il cambiamento, perchè vi sono globalmente interessate. Sarebbe interessante che tra queste forze noi vedessimo, oltre al PCI e alla CGI L, masse e organizzazioni cattoliche, quanta parte del movimento cattolico è oggi disponibile per un cambiamento effettivo del sistema economico e politico: e questo non solo per motivi politici, ma anche per motivi culturali, inerenti alla stessaformazione dei cattolici. Natoli - A questo proposito, vorrei subito farti una osservazione che mi è venuta in mente leggendo il tuo libro. Mi ha lasciato dubbioso la tua affermazione che la fine del collateralismo delle ACLI nei confronti della DC abbia segnato la fine dell'interclassismo cattolico. Direi piuttosto che esso costituisce, dopo il Concilio, il primo grosso colpo al sistema dell'interclassismo cattolico, quindi, semmai, l'inizio della sua fine. Labor - Sì, certo, l'interclassismo continua a condizionare le masse popolari. M problema è prima di tutto culturale e politico: è necessaio che le masse popolari gli operai, i contadini, gli impiegati, il ceto medio cattolico, gli intellettuali, i tecnici, si rendano conto che l'interclassismo è una mistificazione; che non si tratta di fare i mediatori e i sensali del bene co~une tra le masse e le minoranze che gestiscono il potere economico e politico, ma di scegliere, e se si sceglie l'uomo, si sceglie la classe operaia. Ogni declamazione sulla dignità della persona umana è menzogna se non ci si impegna concretamente sulla strada politica adeguata al cambiamento. L'altro giorno, invitato dall'"Avvenire", il giornale dei cattolici italiani, a formulare un augurio per il 1970, dicevo: mi auguro Biblioteca Gino Bianco che, pervenuti ormai a calcolare al decimilionesimo di secondo il momento in cui si deve prendere una decisione a centinaia di migliaia di chilometri di distanza per scendere sulla luna, sapremo anche raggiungere la stessa capacità di risolvere i problemi di questa terra. Si tratta di usare la·scienza, anche la politica è una scienza, di usare l'intelligenza che Dio ci ha dato, liberata dall'alienazione. Natoli - E' infatti molto più semplice - l'esperienza storica lo dimostra - stabilire la frazione di secondo in cui un determinato fatto deve avvenire a milioni di chilometri di distanza dal la terra, facendo un uso alienato della tecnica e della scienza, anzichè spezzare l'alienazione e suscitare l'azione dell'uomo liberato. Labor - Vi è qui un problema aperto, sia per voi comunisti, che provenite da una più lontana tradizione socia Iista, sia per tutti noi, uomini della sinistra che tali veniamo definiti per scelte più recenti. ·E' un merito dei co11vegni della Paulusgesellschaft averlo indicato: noi non dobbiamo tanto parlare dell'alienazione, dello sfruttamènto, ma impegnarci in lotte comuni alla base, sul piano sociale, sindacale, politico; per risolvere i problemi della scuola, della casa, detl'informazione, della pianificazione. Si è presa, cioè, coscienza che il messaggio cristiano e la presenza di milioni di operai, di contadini, di popolo di estrazione cristiana non rappresentano, come si pensava in passato, di per sè, una remora al processo rivoluzionario , ma piuttosto che essi trovano nella ispirazione cristiana una spinta, a condizione che si riesca ad elaborare anche con essi· una linea alternativa, capace di mobilitare le stesse masse popolari cattoliche le quali non hann@ alcuna proprietà da difendere, ma solo il timore di perdere la propria libertà politica e religiosa. A mio avviso, dunque, la cosa più importante è che si scoprano le modalità reali per far sì che dalla base maturi un potere reale, politico, economico, sociale, ed un reale esercizio di esso. Questa è l'operazione più autentica e, a mio parere, decisiva. Natoli - Sono convinto che non ci si può liberare dall'alienazione interclassista se non nella prassi, nella pratica politica e sociale alternativa, rivoluzionaria. Ma tu hai toccato adesso un punto che ci aiuta a proseguire e a precisare questo nostro discorso, che in forma preliminare, del tutto sciolta e senza aleun programma rigidamente prefissato, apre su una strategia nuova. Intendo riferirmi al rapporto tra iniziativa di base e potere, potere statale~ Ma per essere sicuri di tentare, almeno, di muoversi su un terreno nuovo occorre tracciare qualche linea di demarcazione. Chi non parla, oggi, del valore della democrazia dal basso? La democrazia dal basso sembra essere divenuta il figliol prodigo di tutte le forze politiche "progressiste". Anche il partito liberale non la disdegna, ma nello stesso arco delle forze di sinistra sembra venga presentata come · il trattamento rianimatore che rimetterebbe in moto il meccanismo inceppato delle attuali istituzioni democratiche. La democrazia dal basso o diretta sarebbe la linfa che rianimerebbe, riempiendoli, involucri vuoti o sgonfi. E' assolutamente necessario respingere questo modo di concepire il salvataggio delle istituzioni rappresentative dalla crisi che già le ha corrose, o di affrontare la riforma delle strutture statali. Dietro si trova infatti quel lungo processo di offuscamento della concezione classista dello stato che ha caratterizzato la linea delle sinistre, compreso il PCI, sul capitalismo di stato, sulla programmazione democratica, sulle riforme di struttura. 15
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