Acpol notizie - Anno I - n. 2 - Dicembre 1969

spazio nuovo: di uno spazio di creatività poi itico - culturale che parta dal la constatazione del l'esaurimento di prospettive politiche e di ipotesi culturali su cui, finora, le forze da cui ciascuno dei pròmotori proviene avevano affidato, in tutto o in parte, le ragioni della loro milizia ideale e politica, e dalla contestuale considerazione della crisi che investe la stessa sinistra dello schieramento politico tradizionale. L' ACPOL, credo, nasce con la piena consapevolezza di essere strumento eccezionale e transeunte, con la piena consapevolezza, cioè, di dovere promuovere processi alla fine dei quali la sua stessa funzione può finire ad essere negata: quando Labor parla di "sperimentazio.ne sociale e politica", mi sembra, dimostra di non pretendere nessun monopolio e nessuna funzione definitiva. Stiamo facendo un tentativo, tanto più faticoso quanto meno accettiamo di fuggire in avanti rispetto alla maturità e alla sensibilità di vasti strati della popolazione; che la nostra battaglia sia di avanguardia o di retroguardia, non sta a me stabilire: io penso che sia necessaria, e che non sia tuttavia l'unica battaglia possibile. Per questo, l'atteggiamento nei confronti di chi opera in ambiti diversi, con prospettive diverse, è, da parte mia, di grande umiltà .e di grande attenzione. Mi piacerebbe, tuttavia, che gli amici e i compagni che non hanno ritenuto - per lor;o ragioni della cui validità non discuto - di camminare con noi su questa strada assumessero nei nostri confronti un atteggiamento analogo. 11 richiamo non vale· per Lidia Menapace, che ha saputo impostare la polemica in un tono molto civile, come non vale, del resto, per chi, come Wladim'iro Dorigo su Ouestitalia, ha onestamente espresso i propri dubbi e le proprie perplessità in parte coincidenti con quelli della Menapace. Ma dalla legione straniera dei gruppi - lasciamo stare gli animali felini, trattare coi quali non è semplice per nessuno - è venuta fuori una selva di petulanti diffidenze analoghe a quelle che intercorrevano fra i polli di Renzo. In questa diffidenza si nota una perizia nel discettare di questioni di schieramento inversamente proporzionale alla capacità di comprendere lo spazio entro cui vuole muoversi I' ACPOL: inversamente proporzionale, cioè, alla capacità di intuire uno spazio di partecipazione e di mobilitazione nuovo rispetto a quelli fin qui sperimentati. Se certi gruppi ritengono di aver raggiunto il non plus ultra dell'azione necessaria per il rinnovamento della sinistra in questo paese, lo dicano e lo dimostrino. A me sembra che la situazione sia meno rosea, e che sia tale da consigliare un momento di attenzione non faziosa per iniziative sulla cui riuscita, in definitiva, rischia sulla propria pelle solo chi vi si impegna. Luigi Covatta (11 Maggio 1969) .... Sede di confronto, di libera ricerca, di convergenze di iniziative per una ristrutturazione della Sinistra e NON.STRlJMENTO ESCLUSIVO Le considerazioni critiche sviluppate a proposito dell'ACPOL da Lidia Menapace (numero 98 di "Settegiorni") sono ricche di spunti meritevoli di riflessione, ma non si sottraggono, a mio avviso, a un limite di fondo: quello di considerare L'ACPOL secondo una prospettiva non dico unicamente, ma certo rrr51re~tc;grn{.jir1eao a Tao d può discutere a lungo su quel lo che I'ACPOL vuole e deve essere: proprio i I suo significato di "esperimento", di "sede di ricerca" fa si che gli interrogativi di questo tipo se li pone anche chi, come me, fa parte del comitato promotore dell'associazione (guai se avessimo la presunzione di aver dato vita a un edificio compiuto e perfezionato! Guai se ci cullassimo nell'illusione di poter rispondere con la baldanza dei forti e la certezza dei sapienti a qualsiasi quesito! ) . Ma ciò che I' ACPO L non è e non vuole essere·appare fin da ora, credo, sufficientemente chiaro: non è un nuovo partito più o meno occulto; non è una ·struttura organizzativa che attenda la prima propizia consultazione elettorale, quindi, gli aderenti àll'ACPOL continueranno presumibilmente a comportarsi in modo differenziato, senza che ciò vanifichi le finalità e gli obbiettivi del loro incontro. Nell'articolo _di Lidia Menapace vorrei distinguere due parti. La prima non tanto riguarda l'ACPOL, quanto le ACLI, ed è invero tanto ampia da suscitare il dubbio che, incosciamente, l'autrice si sia lasciata prendere nell'ingranaggio di una polemica ingiusta ma non infrequente, tendente a stabilire una sorta di interdipendenza fra le ACLI e I' ACPOL. Non vorrei per parte mia indugiare su questo tema. Poichè la reciproca buona fede è fuori discussione, la presenza nel comitato promotore del I'ACPO L di persone la cui matrice ideologica e la cui milizia politica non hanno nulla di aclista, dovrebbe dissolvere dubbi ed equivoci: se I'ACPO L non è l'embrione di un partito, tanto meno è l'embrione di un secondo partito cattolico. 11discorso sul le ACLI diviene, al Iora, un discorso "esterno". Lidia Menapace conosce certo le ACLI molto meglio di un osservatore "dal di fuori" (anche se vivamente interessato) di questo movimento, quale io sono. Non azzardo quindi ipotesi sul comportamento elettorale degli aclisti, una volta superata la pratica del "collateralismo". Dirò anzi che le scelte che essi faranno, in modo presumibilmente·assai differenziato, sono un fatto importante, ma non il fatto più· importante: ciò che conta è che gli aclisti si accingono a dare il loro voto liberamente, rivendicando questa loro libertà alla luce del sole, senza riconoscere privilegi di diritto a nessuna forza politica: cioè si accingono a votare come normali cittadini (e ·non più come cittadini cattolici), col che salta per la prima volta un principio paralizzante per la crescita democratica del nostro Paese: il principio della unità politica dei cattolici nella DC. E' questo un fatto che non esito a definire di importanza storica, una delle condizioni (anche se non certo l'unica condizione) per collocare coi piedi per terra il processo - difficile e contrastato, ma non staticamente· ancorato all'"anno zero" - della ristrutturazione della sinistra. Ma, per quanto r.iguarda l'ACPOL ha significato non in rapporto all'orientamento del voto aclista (giacchè gli aclisti sono, credo, abbastanza adulti per non doversi riparare sotto I' ombre Ilo del I'ACPO L, o sptto quel lo personale di Labor: altrimenti la "svolta" in atto sarebbe una mistificazione, e proprio non lo credo), bensì in rapporto al dato obbiettivo del "voto libero" degli aclisti: condizione in mancanza della quale un dialogo finalizzato alla ristrutturazione della sinistra perderebbe gran parte del suo significato. I problemi del "dopo Congresso" esistono certamente per le ACLI, ma non inves_tono I' ACPOL, nei cui confronti la linea delle ACLI (sempre che il Congresso di Torino non riservi improbabili sorprese) mi sembra chiara: nessun collateralismo e nessuna preclusione. Non mi soffermerò, anche per non dilungarmi eccessivamente, sulle critiche di "verticismo" che Lidia Menapace rivolge 17

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