Acpol notizie - Anno I - n. 2 - Dicembre 1969

sone", come "gente", ma come "lavoratori", "famiglie popolari", "famiglie di lavoratori". In· questo senso le ACLI hanno anche portato avanti nel mondo cattolico alcune tesi sulla ques_tionefemminile che sono più avanzate e più interessanti di quelle di altri settori. Ad esempio per le ACLI il lavoro della donna non ha mai rappresentato solo un fatto, magari da deprecare, nè una astratta "I ibera scelta", ma un modo di partecipare alle caratteristiche storiche della società industriale, cioè un diritto, legato allo sviluppo della persona e perciò da favorire con adeguate strutture e con adeguate politiche. Inoltre, per darsi un carattere più esplicitamente proletario, le ACLI hanno anni addietro "scaricato" glì insegnanti medi ed elementari delle associazioni cattoliche, i quali prima facevano parte della Associazione, ipso fatto: ovviamente non è che professori e maestri, in quanto lavoratori dipendenti, se lo vogliono, non possano far parte delle ACLI: ma bisogna che vogliano, cioè che siano in certo senso consapevoli della loro condizione di lavoratori dipendenti. Non sempre in provincia queste scelte (soprattutto la caratterizzazione operaia e contadina, e l'emancipazione\femminile) si sono trasferite con lo stesso vigore, ma ciò appartiene a un discorso generale sulla rispondenza tra il c~ntro e la periferia che verrà fuori altre volte. Si potrebbe imputare alle ACLI di aver dato una accentuazione di classe a se stesse,senza assumere un linguaggio coerente con quella collocazione, cioè, per esempio senza usare il termine "proletario" o "padrone" o "lotta di classe", preferendo le voci disincarnate, in uso da parte di taluni sociologi. Ma sarebbe una accusa ingiusta, perchè, in fin dei conti, il linguaggio rudemente marxista era stato un,po' smesso anche dal PCI e solo gli studenti dell'anno passato hanno mandato in soffitta termini come "lavoratori", "datori di lavoro", "dirigenti d'azienda", "conflittualità permanente". Piuttosto, qualcuno potrebbe forse rimproverare alle ACLI di trattenere tanti operai e contadini lontani dalla naturale solidarietà di ·classe, attraverso un-o strumento di discriminazione e di divisione improprio, cioè attraverso la religione. Ma anche quasta accusa, in fin dei conti, non sarebbe storicamente fondata, perchè non si può imputare alle ACLI di aver provocato a suo tempo la-frattura sindacale e bisogna dare atto ad essedi premere tenacemente per l'unità sindacale (anche se, a sentire i discorsi che _poi vengono fuori in provincia, si tratta, non so se per inevitabile influenza cislina, di una unità sindacale di tipo "americano"). Le ACLI cioè sono ed erano uno strumento di organizzazione e di formazione di la\loratori cristiani, ma non per farli vivere in un ghetto, bensì perchè potessero in piena libertà e rischio partecipare alle battaglie del movimento operaio. Se tutto ciò è vero, è pure vero che dal punto di vista storico questa attività dì formazione presindacale, di rivendicazione a favore degli operai, di contestazione dei "valori" della società del benessere e così via, ha per un certo tempo oggettivamente rafforzato la DC, verso le cui liste le ACLI indirizzarono sempre il .J[Oto dei loro militanti, ora ponendo condizioni per una gestione un po' più avanzata della cosa pubblica (cioè condizioni programmatiche), ora impegnando i propri uomini · nelle liste DC per portare avanti le mete dell'associazione, ora svolgendo Un .ruolo da gruppo di pressione, di stimolo critico verso la DC,- fino ad arrivare a dichiarare la fine della "col lateralità". Oggi siamo a questo p~nto: le ACLI non sono" più una B botg}n·iza ~IDrfé". qr ff'er I a la il voto dei militanti si deve ritenere "liberalizzato". La scelta è altamente pos1t1va e del tutto corretta, e da sola basterebbe a qualificare una epoca nell'interno delle ACLI. Ma che significa ciò in concreto? Sono stati introdotti, ad esempio, nella formazione del militante di base quei correttivi che non lo costruiscano sempre come un uomo di ordine soprattutto paziente? e la qualità dei "consulenti ecclesiastici" è dovunque tale da non infirmare le scelte che il movimento compie nelle sedi nazionali? e gli storici legami con la DC, documentati dai molti deputati ed amministratori che entrano nelle liste democristiane, porrannp realmente gli iscritti in condizioni di dare un voto libero? Conosco abbastanza la realtà periferica del le ACL I e sono abbastanza dubbiosa su ciò che potrà accadere nelle amministrative dell'autunno.'-Se gli adisti vedranno nella lista della DC il loro ex - presidente. e in un'altra lista qualche loro militante, che faranno? E' vero che noi a Bolzano siamo sempre sfasati di qualche mese, ma quando ci furono le regionali quassù, con il presidente provinciale delle ACLI nella lista democristiana e · me (che faccio parte del Consiglio provinciale) nella lista di Sinistra Unita, l'associazione voi le (e ottenne, come è ovvio) una dichiarazione secondo la quale la mia scelta non la impegnava: se la cosa succedesse oggi, vi sarebbe una dichiarazione che l'associazione non si ritiene impegnata né per una lista, né per l'altra? e, quanto a contributi programmatici, porrebbe, come ha fatto a novembre, ·alcune condizioni alla DC, oppure a tutti i partiti e liste indiscriminatamente? Non è facile che in un organismo complesso si verifichi una liberalhzazione senza qualche. frizione, dato che per \molti anni il voto è stato consider.ato un fatto unitario, e pesante proprio perchè unitario; i militanti penseranno di indebolire il potere contrattuale delle AGLI se adisti si trovassero su liste diverse; si dovesse poi trattare di liste che non sono nemmeno apparentabili, la cosa diventerebbe ancora più dolorosa. Forse si deve all'avvertita necessità di dare agli aclisti qualche indicazione di movimento, non impegnativa per l'associazione, se uomini di primo piano, incluso lo stesso presidente Labor hanno pensato a una sede di dibattiti, di incontri e di azione poi itica che mettesse i lavoratori adisti in 'contatto con realtà politiche diverse da quelle tradizionali, di sempre: e forse da questa osservazione realista è nata l'ACPOL. Infatti se Labor, per orientare gli adisti che· lo desiderassero - verso scelte politiche - di qualsiasi tipo (fuori o dentro la DC) pensa di proporre uno strumento come I'ACPOL, vuol dire che riterrebbe d'ora in avanti scorretto che le scelte politiche e le indicazioni elettorali venissero svolte e discusse "entro" l'associazione. Ma temo che sia un po' astratto pensare che la · destra democristiana e quella aclista rinuncino per pura correttezza a influtre, in jspecie nelle provincie, sulle ACLI direttamente. Oui si appunta la prima perplessità che ho.ve.rs_oI' ACPOL. Una seconda; che avevo fino dall'estate passata,· e che -la nascita dell'ultima sigla non ha diminuito, riguarda il ·processo indubbiamente verticistico secpndo il quale si è definito lo strumento. Se si tratta di mettere insieme un istituto di ricerca scientifica, i promotori possç>no anche essere· un gruppo di cervelli, che poi allargheranno la cerchia degli interessi e dei collaboratori, ma se si tratta di un mezzo di azione politica, che per di più si propone di rispondere alla nuova domanda politica, che accetta e anzi accentua la critica- a.i. partiti, che vuole rinnovare- il· costume, che mtrerebbe ad aggr~gare i gruppi 13

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==