Pattuglia - anno I - n. 5-6 - marzo-aprile 1942

ANNO I • N. 5-6 - Numero doppio L. 2 MARZO · APRILE 1942 · XX S. A. P. GRUPPO III MENSILE DI PQLITICA ARTI LETTERE DEL GUF DI FORLI' VARI E sono le formulazioni di principi" di organizzàzione politi· ca, che vediamo esposte nel corso di questa guerra dalla quale dovrà uscire la nuova Europa. Quella che ha maggiori caratteri di positività, anche perché si limita a una constatazione di dati di fatto, è quella di "Spazio.,: "Spazio Vitale., se considerato in relazione ad una data nazione, " grande spazio .. se considerato in senso assoluto. Tralasciando la prima accezione, che per la sua essenziale relatività non può servire di base ad un prin· cipio di organizzazione politica, osserviamo brevemente la seconda. I caratteri del grande Spazio sono: D~gransQpaez~lD'ImpFearsocista J • Estensione geografica censi· derevole (dell'ordine di grandezza dei continenti); li O Una certa autarchia economica : nel senso che vi si debbono trovare le principali materie prime, o almeno la possibilità della produzione dei loro succedanei. 111° Una certa unitarietà di inte· ressi economici e politici, nei confronti di altri grandi spazi. Dalla osservazione, poi, obbiettiva delle relazioni geografiche e dei rapporti di potenza, materiale e spirituale, tra le varie nazioni in un dato spazio esistenti, sorge il principio re· alistico del rispetto di queste relazioni e della necessità di organizzare detto spazio, tenendo presente, anzi rispettando questi rapporti di fatto, pur senza pregiudicare una loro successiva evoluzione storica. Altro principio essenziale è quello della esclusione dallo spazio stesso, di ogni influenza da parte di nazioni ad esso non appartenenti. Il principio del grande spazio, che ha avuto la sua prima formulaFondazione Ruffilli- Forlì zione nella dottrina di tvlonroe, con le sue varie applicazioni, e che yiene ora applicato drasticame11te dal Giappone per I" Asia Orientale, è ora riferito anche all'Europa, sopratutto da parte tedesca. Effettivamen· te osserva~do l'Europa con il vicino oriente e l'Africa settentrionale e orientale, si riscontrano i tre requisii proprii del grande spazio. Sottolineata quindi l'unità degli interessi Europei nei confronti di grandi potenze extraeuropee - e la necessità di esclusione della loro influenza estranea - (e in questo senso è con· siderata sia la Russia che l'Inghilterra, in quanto potenze antieuropee, e solo fino quando saranno tali}, pas·

siamo ad accennare alla possibile organizzazione di questo grande spazio. In esso riscontriamo : un primo gruppo formato da due potenze egemoniche; un secondo complesso di altre nazioni con ben distinta e ben sviluppata personalità; e un terzo costituito da altre nazionalità di sviluppo e di potenzialità minore, in ordine decrescente fino ai semplici gruppi etnici. Mentre alle nazioni del secondo gruppo (Spagna, Francia, un'Inghilterra europeizzata, ecc.) pur avendo piena sovranità, non può spettare, per ragioni etniche e storiche una posizione imperiale, di guida cioè di altri popoli, tale posizione, sempre per considerazioni obiettive, vediamo invece spettare ali' Italia e alla Germania. E precisamente una funzione di guida delle nazioni del terzo gruppo e una azione direttiva generale del grande spazio, specie nei suoi rapporti con l'esterno. Ouesta azione imperiale di guida, viene esplicata dalla Germania, nel suo spazio vitale, con la formula del "Grande Reich »; dall'Italia, nel suo spazio vitale che è il Mediterraneo, per mezzo della ,, c~munità imperiale fascista». E vediamo brevemente quale pensiamo debba èssere l'organizzazione di quella che è la realizzazione pratica del nostro principio politico internazionale. Principio che abbiamo altrove esposto. ' La comunità imperiale fascista comprenderà: anzitutto l'Impero italiano; poi quelle nazioni che, pur avendo una certa autonomia, non hanno piena sovranità, ma sono, in varia misura, dipendenti da Roma. L'impero italiano a sua volta comprende: il Regno d'Italia (Penisola, isole, Dalmazia,) concittadinanza metropolitana, - il solo depositario della completa ed assoluta sovranità -; e quegli altri territori direttamente soggetti, i quali per la scarsezza o di estensione territoriale, o di grado di civiltà, o comunque di rilevanza politica, non possono organizzarsi come nazione. Gli abitanti di questi terri-_ torii, posti sotto la sovranità italiana, avranno varie forme di cittadinanza, tutte comprese nella formula di sudditi imperiali.Una certa autonomia, ho detto.avranno invece quei territori in cui si può riscontrare l'esistenza di una nazionalità, avranno infatti ognuno la loro cittadinanza nazionale, e saranno uniti alla capitale della comunità imperiale, da varie forme di dipendenza (unione personale, protettorato, alleanza obbligatoria ecc.). Comunque gli interessi generali della comunità imperiale potranno essere tutelati da un orqanismo centrale risiedente a Roma (per es. una commissione imperiale) che dovrà dare la sua approvazione anche per le relazioni tra i membri della comunità e terze potenze. Cercheremo di sviluppare'. in un secondo tempo, questi concetti schematici di organizzazione imperiale. ANTONIO MARZOTTO Funzionpeoliticdaelladonna I netta 6allilli1{JLitta liana IT N esame attento del tema proposto 9...J al convegno femminile ·culturale di Treviso: ..,.Lu runzione della donna nella famiglia del tipo tradizionale italiano e dei gruppi etnici che si vanno progressivamente organizzando», ci porterebbe a dover compiere ncccssuriamentc una digressione preliminare tendente a precisare c1uali sono i rapporti che intercorreranno tra la nazione itn· liana cd i vari gruppi etnici che sono stati e che verranno inseriti siu nell'ambito del territorio metropolitano si::i in quello delia comunità Imperiale ni Homa. Pregiudiziale invero di caratterefondamentale è l'appurare esattamente <1uesti rapporti, poicbC soltanto sulla base <li essi potremo definire quale è il compito che spetta alla donna nei confronti dei gruppi etnici diversi dal nostro; è naturale che ove si tenda a scopi di assimiliazione - pur potendolo sin d'ora escludere -, di collaborazione, di elevazione o di sottomfasionei assai diverso risulterà per la do1tna italiana l'indirizzo da seguire e l'opera da esplicare in vista elci diversi risullati da conseguire. L'esaminare però partitamente questo problema ci por~ terebbe assai lontani dal nostro, sco~ po che è quello di discendere ,dall'impostazione di carattere generale a quelli che sono gli aspetti particolari della famiglia e della donna piuttosto che di elevarci ad una clisaminn di quelle che sono le idee direttrici cd i motivi della nostra espansione. Cosi come è duplice l'aspetto del problema circa il contributo che la donna deve portare alla costt·uzione ed alla realizzazione della nostra nuova civiltà, così è duplice l'attività che e tal riguardo dovrà spiegare la donna italiana. Il primo termine del para• gonc ci porta ad esaminare i.I contributo che la donna italiana deve portare nell'ambito della propria famiglia e del.la società nazionale; il secondo invece ci porta a concludere che l'at• tività della donna italiana dovrà esplicarsi primariamente sviluppando una funzione autoformativa e formativa degli appartenenti al proprio • nucleo fami• lirae, in secondo luogo stimolando un'a• zione eteroformativn nei contronti delle altre donne, specialmente di quelle che appartengano a gruppi etnici diversi. Naturalmente, rispetto a queste ultime, l1azione dovrà assumere necessariamente aspetti più di propaganda che di vera e propria educnzionel ma l'opera dovrà essere integrata soprattutto dall'esempio. È del tutto inutile fare un confronto a tal punto con la • concezione e con la prassi imperialista inglese, giacchè non vi è chi non comprenda In profonda differenza esistente; diUerenza che è resa ancor pìù evidente dal fatlo della partecipazione della donna all'affermarsi ciel nuo\'O ordine, partecipazione aLtiva e volenterosa destinata a produrre conseguenze di non poco momento. Niente di simile possiamo trovare nella storia della colonizzazione e dell'espansione anglosassone. La funzione più sopra accennata è quella che la nostra donna dovrà S\'Olgcre sul piano internazionale, aUinchè si inserisca anch'essa ed abbia coscienza di essere elemento attivo ed integrante della realtà statuale nel suo progres• sivo espandersi. Per passare al secondo pun~o del pl•oblcma ci sembra che la ricerca accurata dell'opera che le donne appartenenti ad altri gruppi etnici dovranno esplicare nel proprio ambito non ci sia concessa nella breve presente nota. senza parlare poi deJla SJ>ecifica competenza necessaria. Ci sembra però opportuno sofrermarci ad esaminare in genere la funzione della donna nell'ambito della fa. miglia e la [unzione di questa nell'ambito dello Stato e come le singole atti• vità si armonizzino unitaria.mente. La funzione della famiglia nei confronti dello stato è una funzione poli- - tica - cd in ciò risiede appunLo la sua ragion d'essere - oppure la famiglia è soltanto un aggregato, residuo di posizioni superate, la quale si pre• senta frazionatamentc nei suoi component.i di fronte all'unità staluale? La famiglia è un tcrm_ine nuLit.ctico relativamente a ciascuno dei termini che alla lor volta si pretendono autitet1ci: individuo, stato, oppure non è piultosto il termine intermedio tro C'uno e l'altro, il termine appunto in cui si possono conciliar<' le apparenti autitesi tra individuo e Stato? Le.. soluzioni cui si può pervenire rispondendo a tali domande non sono ::ifiulto dubbie. anzi le conclusioni che dnltc soluzioni stesse possiamo rica· vare e che sembru diano adito ad int.cressunti sviluppi. Hiandando col pensìero al lento progressivo formarsi della concezione statuale, noi ne possiamo rintracciare }a base nel senso di socialitù, senso innato nel genere umano, senso di cui il primo aspetto è proprio la famiglia, senso che sviluppa attra,•crso aggruppamenti sempre più vasti accomunati eia vincoli cli sangue, di interessi, per raggiungere, attraverso lo stadio dçlla nazione, lo Stato. Delle varie fasi attl'a• verso etili è passato il concetto di Stato non rimane più traccia ove si CCfettui la nazione - che più che rappresenture un concetto rappresenta un sentimento che riporta a realtà tro)>po 1·ccenti per poter essere del tutto scancellate - cd anche l'e\'oluzione dello Stato che non è la somma di tutti i citdini, ma l'unitù in cui tutti si compendintno pur esplicando liberamente ciascuno la propria attività nell'intero di esso, ci stanno ad indicare che la concezione YOlontaristica dello stato non er~1 la vera e perciò è tramutata. La famiglia. sola è rimasta punto obbligato di passaggio tra l'individuo e lo stato, assolutisticamente concepiti sia l'un che l'altro come termini inconciliabili di un'antitesi, di opposte opposizioni irriducibili. Nel sentimento della famiglia noi possiamo rintracciare una delle basi della potenza dello stato oltre che l'esh·insecazione del primordiale aspetto della socialità e l'appagamento d.i necessità naturali. .Appare da ciò come si debba riaf• fermare e rivalorizzare l'unità Camigliu• re, giucchè se la famiglia si presenta unituriamente di fronte allo stato si eviterà di cadere in quell'antitesi in cui è voluto cadere chi ha esaminato aprioristi<"amente e particolaristicamcnte i concetti di individuo e stato. Ci sembra pertanto di poter arrer• mare n tàl punto che la famiglia rap• presenta un'unitù da concepirsi unita• · riamente sin per il vincolo del sangue sia per l'autorità del patcr-familias, avente funzione e carntteri più spiccatamente sociali in un primo superfi• ciaJe aspetto, ma anche fondamental• . mente politici. Jlesta infine da esaminare il compilo della clonna nell'ambito famigliare di qual natura esso sia, quale carattere potrebbe assumere, verso qual i mete indirizzarsi. A seconda del punto di vista dal quale si guardi il problema le soluzioni cui potremmo fondatamente pei-venirc e scrutare: caratleristichc etiche predomineranno in un'impostazione religiosa e spirituale mentre caratteri sociali e politici avranno il sopra,•vento riguardando la situa?-ione sotto il profilo clell'ordinamcnto statuale. Ritengo pur tuttavia di poter us• serire che nell'esplicazione di quelJa che è la sua funzione fondamentale la donna esplichi a.oche un'azione politicn, anche se tale aspetto risulti tnlvolta non il preminente._ Innegabile realtà è l'opera politicft che In donna svolge nel procreare e nell'educare i rigli, anche se netta prima si possa vedere soltanto un aspetto umano e nella seconda un aspetto etico. Si potrebbe 8 tal riguardo obiettare che ogni azione umana, in quanto tali." ha rHlessi politici; la coscienza del valore che l'azione ha nei eonFront: dello stato fa si che il Iatto sociale si trasformi in atto politico. Non è pertunto il semplice fare qualcosa che potrà dare un contenuto politico alla azione, mn tnle contenuto è dato dallo coscienza del valore che l'azione hn agli effetti politici, coscienza che deve possedere chi compie l'azione. Per porFZondazione Ruffilli - Forlì tare un esempio mi rdcrirò al lavoro; è indubbio cd indubitabile che in nitre epoche e sollo altri regimi si sia lnvorato non diversamente du come si lavori; adesso però l'accentuata politicit.'1 del la,•oro nel nostro regime ri• siede nella coscienza che ha ciascun la\'oratorc cli inserirsi. mediante il suo lavoro, come elemento operante nella realtà politica della nazione. t la diffusione e la penetrazione nelln masse di questo imperativo: « Nell~1 coscienza dell'atto risied<- il suo valore umnno morule e politico quindi si dc\'C avere la coscicnz~l dell'atto che si compie, coscienza naturulmentc del valore dell'atto in ogni suo aspetto e non solo unilaterale" uno dei compiti più urgenti da risoh·erc. Otterremo in tal maniera che 1:1. realtù delle comuni azioni umane rimarrà oggcttivnmcntc identicu però essr, assumerà un asµetto politico per la coscienza soggettiva del valore che a tale effetto riveste. In tal modo la maternità e l'educazione dei figli saranno rilevanti nel campo dello stato di,•c.rsarnente da quello che furono per il passato con· suetudinariamente, appunto per la coscienza che avremo Formala nella donna: che essa attraverso quest'opera si inserisce nella vìta dello stuto come elemento Iativo e 1·csponsubile. Non vi è 1uogo quindi a mutare o a diS<'onoscere la fondamentale immutabile funzione della donna nella \'ita sociale, oppure cli rovesciare o ri\·oluzionarc totalmente quella éhe è la tradizione; si tratta soltanto di impostat·c e di vedere <1ucsti elementi, questi <lati di fatto che ci sono forniti dalla natura e dalla storia in una nuova luce, in un nuovo aspetto che ro·nda le sue basi nel concetto <lellH socialita dcll'indi, l(luo. L'uspetto politico del problema nor. ci sembra Che sin stato suUicientementc illustrato nel convegno femminile tenutosi a Treviso, ove le concorrenti hanno piuttosto soffermato la loro esposi• zionc sugli aspetti politici che può assumere l'azione della donna nell'esplicazione di compiti· più o meno tradizionali, ma che ad ogni modo esorbitano o per meglio dire sono al di fuori del suo compito essenziale. A tale soluzione si · poteva benissimo giungere attraverso una interpretazione storicissima dell'istituto familiare, come ha fatto il presidente dello Commissione Ecc. Orestano, anche se egl1 ha ritenuto di porre l'accento conclusivo sull'aspetto umano della funzione della donna anziché su quello politico. Non per questo il Convegno peì<le il suo valore formativo, anzi abbiamo ammirato il fervore che le nostre cr1mcrate universitarie pongono nel voler esplicare anch'esse una valida opera di collaborazione politica accanto a quella degli uomini, funzione politica che pur esorbitando da quelle essenziali più sopra accennate purtutt-avia può assumcl'e caratteristiche spiccata• mente femminili e divcnt..arc tradizio• nalc in seguito nelle donne italiane. f'ABRIZIU Vl1'AlaE1'TI ma t- I, 5-6 - MARZO - APRIL1E942- IX PATTUGLIA POLITICA ARTI LETTERE ' FORU' • Sede Littoria • Tel. 6011 ' Direttore 1 &E NATO R O s S I Condirettore LI V I O FRATTI WALTER. RONCHI • redattore c•po ARMANDO iAVACLIOL1 - ruponubile UN NUMERO L. 1,5 O AIBOIIM. : Ordinari I. 15- Fmiati Unim1it1ri I. 10 Dlstrlb. D. I. E. S. · P.H S.•Pantaleo 3 - ROMA PUIBLtCITA': Ufftcio Pobbltcllà e Propa. ganda - Via Roma, 6 - IOLOGN A ANONIMA ARTI CR.AFICHE BOLOGNA In ouequio alle superiori disposlz.ioni limitanti il comumo della carta "Paltuglia,, esce in numero doppio di 24 pagine comprendente i mesi di Marz.o e Aprile. Il p,ouimo numero uscir~ rerolormente il 1° di maggio.

RECENTE~IENTE una 'ras• segna politica ha pubblicuto un brc,,e studio nel qunle .1. rivendicai.O allo burocrazia dell'Italia fascista il grande merito di essere lo strumento crficace e intelligente del dinamico governo mussoliniano, interpretando ed applicando la complessa e perennemente innovatrice legislazione fascista. I".: stato accennato ,al fatto che quèsto grado di adeguamento se non di perfezione della compagine teorica della nostra bul'ocrazia è stato ottenuto mediante un graduale processo di miglioramento politico ed economico del personale, e di snelJimento. oltre che di aggiornamento, del corpo normativo e legislativo: diligenzaJ auto• rih\, prestigio, sono i cardini sui quali poggia l'azione individuale e collettiva dei funzionari e degli uUici e degli organi dello Stato, che nel Reg·ime fascista governa e dirige tutta l'attività nazionale. E se ne.l tempo di pace la presenza dello Stato si manifesta, perché necessaria, nella pubblica e privata uttività, essa è addirittura direttamente operante nel tempo <li guerra. Ed allora è bene evidente che Ja burocrazia non è soltooto l'architettura essenziale della compngine nazionale, ma altresì scheletro basilare e, insieme, tessuto del dinamismo vitale dcJl'intcro Poese: quindi acerescimento delle forme e deUe misure dei controlJi e degli interventi da parte degli organi di vigilanza, di tutela, di azione deJlo Stato. Ma questo formidabile complesso di aUermazioni del potere statale nella superiore direzione degli artari, comum1ue intesi, delln vita incU.viduale e collettiva del popolo itnliano è affidato non ad enti• astraUi - che teJi sono soltanto di nome - ma ad una speciole quanto pletorica categoria di individui-cittadini, cui la forza 1>otestativa ed esecutiva cleUo Stato è delegala. li Fascismo, s'è detto, ha operalo un profondo rinno\'amento negli istituti e nella massa dei Junzionari ad essi preposti per In estrinsecazione del-= l'azione governativa: lo « stato giuridico» degli impiegati dello Stato risale al dicembrè 1923; è pertanto uno dei primi atli del riordinamento dell'Amminish·azione dello Stato operato <lui Regime e riguardante direttamente gli individui che la rnppresentano. Successivi pro,,,,edimenti lcgislath•i hnnno regolato con nuovi criteri o trasformato completamente organi cd uUici stataJi. I OIOVANISSIMI DEL "22 SUI fRONTI DELL' AfRICA SETTENTRIONALE BUROCRAZ.IA E SPIRITDOELLRAIYOlUZIONE La riapertura dei concorsi, dcc.retata daJ Duce clopo un lungo periodo di blocco, ho consentjto l'inclusione cli vorie migliaia di gio\1ani nella ben slagionàta massa dei funzionari e impicgat.i pubblici, onde un crescente flusso di rresche energie va da una decina d'anni in c1ua ricostituendo e rartorzanclo le stanche membra della classe degli ., statali i-. .Ma con tutto questo, si può affermare che il fascismo sia penetroto pro!ondtunente nei ccnti·i • capillari deHn burocrazin, ne abbia impregnato e sostan.zinto le abitudini e i congegni direttivi e, sopra tutto, la mentnlità che ne rappresenta la parte più cospicua e delicata del motore? specchiano i lusinghieri 0s1>etti esteriori del più importante sistema organizzativo dello Stato, non possono per altro ritenersi esntte. E indubbio che la nostra burocrazia, cresciuta e formatosi sotto la diretto. e, a volte, determinante infh/enza cli partiti e associazioni che per oltre un cinc1uantennio lu,mno imperato e imperversato sulla scena politica italiano, non può essere slata rigenerata in pieno, nelle menti e nei costumi, da forse poco più di un decennio cli decisa azione rivoluzionaria, la quale ha dovuto combattere cd annientare le nemiche forze esterne del campo politico. Epurazioni vere e proprie - evi• d{'ntcmente non ritenute ncces• sarie - non si sono avute, salvo quelle poche richieste in determinati settori particolarmente indiziati e le ultime, cli trt.scurabilc entità, per l'applicazione delle leggi razziali. li corpo burocratico quindi, tranne il parziale rinvigorimento recato dalle annuali ammissioni di alcune migliaia di giovani - non Lutti giovani perchè Ci sia consentito - a noi si è dovuto nello stesso lasso che ne ,,iviamo la vita di h1tti cli tempo regolarizza.re in ruolo i g'iorni e che, a ditrerenza l'incresciosa posizione di molte cli chi sta troppo in alto o centinaia c1i avventizi che da troppo in basso per vederne anni cd anni, nonostante le loro soltunto le c1ualità eccelse o benemerenze patriottiche e di soltanto le meschinità infime, servizio, elìano ancora Fuori dcpossiamo vedere e sentire le et- gli organici statali - è rimasto Jettive condizioni del grandiùso presso a poco c1uello stesso dei organismo - di alracciarc quol- reginti prcfascisti. che riserva alle troppo otti- E rìsoputq, ciel resto, che le mistiche nUermazionj apparse ralangi giovanili entrate negli in quitlchC quotidiano e rivista ultimi dieci anni nelle Ammipol1tica j esse, che tuttavia ri- nistrnzioni slota]i non hannonnFondazione Ruffilli - Forlì cora colmato i vuoti lasciati da queJli usciti per via normale. E se teniamo presente che la permanenza media dell'impiegato in servizio è di 3540 anni, si vedrà che due buoni terzi dell'intero personale burocratico, quello più attivò'" nei gangli centrali e più importanti della macchina statale, è tuttora rappresentato da coloro che avevano raggiunto o andavano raggiungendo i posti di maggiore responsnbil ità e delicatezza al momento dell'ascesa del Fascismo al potere e nei primi anni ciel Governo lascista. 11 requisito della iscrizione 01 ParLlto per l'ammissione e le promozioni nelle carriere statali è venuto bene in ritardo per ragioni intuibili; è vero anche che l'adesione della burocrnzia al nuovo ordine istau- • rato dalla llivoluzione delle Camicie Nere è stata pronta, gencrulmente spontanea e- presso che totalitarinj ma non è men vero che alcune zone cli essa sono rimaste e sono tuttora rerrattarie all'influsso innovatore, non per avversione alla Cnusn, ma per c1ucll'apntin consuetudinaria che le fece incolori nel!' nrcobnleno della politica italinnu dell'ultimo cinqunntcn- \nio e lontane da ogni movimento cli pnrt.ili, costituendo così le basi apolitiche, le quali però ospitanmo nell'ombra della loro urticiale apoliticità taluni eesponenti attivi delle set.te segrete spazzate dal llegime. La burocrazia è riuscita a liberarsi completamente di tali individui malefici? Giova sperare di si; anzi lo si può nUermal'e sinceramente dopo tanti anni di negativi segni di ogni sopravvivenza degli clementi, giù noti e rappresentati\1i. Sulla stessa sicurezza non può poggiare l'altra aIIcrmazione che tutta la burocrazia sia ora immune dallo spirito « borghese» scultoreamente rappresentato dal Duce in un famoso e fondamentale discorso rivolto alle supreme gerarchie del Governo fascistu. Molto è stato fatto dal Regime in questa direzione, e anche in questa manilestazione dclii,) spirito rivoluzionario, è possibile rive.lare e misurare le reazioni dello spirito borghese rimasto ad oItuscarc taluni margini della burocrazia; di ciò sarlì opportuno riparlare a fine guerra per non incorrere in possibili errori cli prospettiva. t questo superstite spirito borghese, il c1uale per lu sua nnturu è in nettò onti1gonismo con lo spirito della Hivoluzione fascista, che interessa da vicino le condizioni morali ed anche economiche dei giovani avvio.tisi aJle carriere dell'Amministrazione statale. Nati e formati nel clima Hivoluzionnrio, essi vorrebbero portare nei nuovi posti di lavoro e di rcsponsabilittt, acquistati attraverso il duro vaglio delln preparazione culturale e degli esami di concorso (anch~ cli questi concorsi dovrebbe parlarsi), lo spirito nuO\'O che li anima: molti trovano comprensione e incoraggiamento; troppi altri si scontrano in resistenze ostili e diUidenli dopo i primi giorni cli ambientomcnto e cli reciproche conoscenze; muraglie spirituali e morali rinserranno nella grigia atmosfera dell'urlicio che vorrebbe continuare ad essere 3nchc per la gioventù mussol iniuna la fabbrica silenziosa del1e «pratiche» e dell'automatismo: c1ualcosa1 insommn., non molto dissimile da quello che trovò Oronzo :Marginati e con stupendo sarcasmo descrisse nel « Come ti erudisco il pupo•· Ogni accenno di novità, anche se conseguenza di intelligenza e volontà, è quasi sempre represso o malvisto; ogni iniziativu è « rivoluzione •; ogni espressione di desideri e « ribellione > o quanto meno, una creazione di «grane». E il giovane a poco a poco deve convincersi che è bene seguire la corrente, che conviene sopporlare, che è destino di tutt.i i novizi della burocrazia «:livellarsi», - mente e azione - ai « precedenti » ora in pensione o sull'orlo dei sospirati e lontanissimi 39 anni, sci mesi e 1 giorno; che non c'è nulla da Fare sulle inveterate consuetudini, come per certe disposizioni ministeriali che nel onta di rivolgimenti, guerre, disastri e rivoluzioni, risalgono ancora alle « Normali» cli 50 - 60 annj fa. Egli, pertanto, iini.rà per essere « risucchiato » dal non ancora sotterrato spirito borghese, non avendo altra arma di difesa che... cambiar proCessionc. E la rngione perchè questo av, enga - ripetiamo per moltissimi dei nuovi entrt1tj ....:. è più che ovvin: tra gli « in prova», o ai primi gradini della scola ~erarchica, ed i superiori dauc cui mani dipende l'avvenire di quei giovani, corrono all'incirca trent'anni: altra generazione, . dunque, epperò altro menta]ità maggiormente dilfcrenziatn da c1uell'evento storico che è la Rivoluzione l'ascista. Per risolvere codesta situazione è necessario rivedere, secondo il nostro pensiero che è anche quello già espresso su un interessante settimanale romano, 1c modalità dell'ammissione nelle varie branche della burocrazia. Gli attuali concorsj per esami - attenuati nel tempo di guerra e per speciali categorie di aspiranti a concorsi pc r titoli - non danno i risultati teoricamente attesi. Titolo <li studio, tessera del Partito c ... buona fortuna (il tutto, aiutato quando è possibile, da qualche spinta sottomano) non sono elementi assoluti per ottenere il funzionario ideale; noi siamo per la sceltu dei meriti culturali, pro- [essionali e politici comprovati da un congruo tirocinio. Semplificare e accelerare, per i. tpiù idonei, le possibilità di ca.rriera e di avvicendamento nei posti di responsabiJitù, dove meglio si oppalesano le capacità cd i meriti. Conseguenza immediata è una più celere e giusto eliminazione degli elementi inidonei - nel senso più lato - e nocivi. Il procedimento non si discosterebbe molto eia c1ueUo seguito in tutte le grandi aziende pri\1ate; lo Stato è pure un'azienda cli interesse nazionale. Abolire le disposizioni contrastanti lo spirito dei nuovi tempi: è onocronist.ico e moralmente deprimente per un giovana della generazione fascistn sapere che nel foglio delle note inrormative sulla suo persona, vi sono tropj)e cose dette sul proprio conto che ~r~!l'V~~:v:. Jr:~~ar~llC:r~cr:ri: busta segreta, aJ voto segreto, di bibl icn memoria! Se Fascismo significa fede, azione, lealtà, dovere, discipUna, dignitt\, di molto vecchiume ha da essere mondata la burocrnzio lascista. MARIO CUP/1'// 3

~OHNELIO di Marzio nel U N. 3 di Meridiano di Ro• ma, settimanale di Roma, scrive: 'I Sfato e provincia, autonomia e centralizzazione sono i problemi che, giustamente, Critica Fascista sta sollevando per una proficua discussione e una utilissima messa a fuoco. DalJe franchigie e dai prìvilcgi di prima della Rivoluzione Francese si è giunti alla nazione, poi, a11o stato accentrato e totalitario. Poi, verso dove si andrù? Si tornerà a riconoscere, ora, una qualche autonomia nlle organizzazioni pcrilerichc, nel senso che siano gli stessi piccoli cenb-i a s-cegliersi i loro dirigenti e ad organizzarsi in modo autarchico e originale? O la burocrazia centrale do,Tà essa occuparsi cli ogni lontano problema periferico? E come, senza intnccnre l'unità statale, queste responsabilità locali s'inseriranno nel concetto di autonomia e di subordinazione? Ma intanto, e questo è un lato nuovo del problema, ci sono organismi statoli e settori della burocrazia statale chC sono Iol'1Tlati da im1>iegnti tratti quasi tutti e per intero dagli aspiranti di una sola regione. Pcrchè alle altre non interessa nè In carriera dell'insegnamento, nè quella, poniamo, delle finanze. Ed ecco, allora, che dalla periferia il problema del provincialismo si ripresen• ta da.1 centro e non è un prob]ema su cui non è utile riflettere». I problemi sottolineati da Cornelio di l\ifarzio sono' i problemi che cercheremo di risolvere essendo quelli che ci stanno maggiormente a cuore. Per• <.'hè crediamo nella provincia italinnn, chiediamo una disinteressata collaborazione fra pro- ·vincia è cittù, convinti di tro,•nre una ideale soluzione tra due termini presupposti untitetici. E per giungere a tale significativa collaborazione deside• reremmo che coloro ché lavorano nella città 1 che hanno modo di fare sentire la propria voce attraverso c1ucgli organi che vengono stimati i più autore• voli, seguissero più da vicino la nostra attività di provinciali. Che questo non avvenga ce ne dà esatta coscienza In nota del di Marzio il quale ignora - e come lui molta stampa cittadina - che in provincia esistono uomini coscienti dei problem1 dell'ora, sensibilissimi n questi problemi: infatti la c1uestionc della provincia è stata sollevata propri0 da un giornale provinciale, dal nostTo Pattuglia e quindi ri• presa da Critica Fascista. Ri• presa per nostra fortuna: perchè, ne siamo sicuri, se l'autorevole rassegna non avesse sottolineato l'importanza della c1uestione, la stampa della città, che tanto si è poi interessata della « pro,•incin •, non si sarebbe certo curato di quanto si diceva in un organo provinciale. ••• ----------* I N noi Italiani c'è indubbiamente sangue latino; e noi ltnlioni proviamo sempre una profonda commozione rileggendo le imprese e la stoda dei nostri padri romani. Per cui è giusto, in un certo senso, quello che scrive Titta Madia nel numero di Gerarchia del gennaio '42: l'esaspera=ione della vicerJda pric.·alo, il diletto del cosmopolitismo, le travia:ioni romantiche, il piacere ,lell'esotico, la briga del faccendiere, il gusto del romanzetto francese, la ere• den:a nelle mode forestiere, l'inclulgen=n al traffico salottiero, le Ire amanti del giuggiolone ir, e~islibilc, il cappellino dì l-'Vort, la degustazione del caviale, il delirio per le canzonelle americane, la frenesia per le danze negroicli, (e altro ancora) non è proprio un modus vivendi da gente dell'Impero: ci si può giurare. Stringere la cinghia - dice il generale di Conda,- -: ecco un .,;;offrire veramente romano, romane pati. Conclude il Madia, dopo un brillante studio sulla vita cLi Cesare, che .: in tempi duri [a sempre ben~ pensare al tempo di Cesnre ». considerazione del problema i valori della .tradizione e della gentilezzn femminile, Pellizzi co\1cluùeva: Massime in tempo di guern, ( ma noi diciamo, in genere, iri Regime fascista) le nostre donne debbono disincagliarsi da tutti i passati equic,oci, superare i residui d'una menltilità antiquate, e i11ci1Jile, e assumersi una parte importantissima del fovoro nazionale. Alcuni milioni di donne ilafigli, ma non può essere mai fo sola e migliore allevatrice ed. educatrice dei figli. Non sarà privo d'interesse osservare ora quale sia il punto di vista [emminile in materia; specialmente il punto di vista di una qunlunquc donna it.:diana, di c1uelle donne italiane che tanto spartanamente soffrono in silenzio. Togliamo dal « Questionario » della Di- /est, della razza una lettera di Eleonora Villani su questo è poi un così enorme paradosso come a voi sembra, quel del.lo,· dite, tutt'al più e non suoni offesa, che esso è stato rivolto per secoli alla donna da uomini che erano generalmente più cortesi che <1uelli moderni, e dò a «cortese» il suo significato pid completo. La do1ma, c/recchè possiate pensarn(', rimot1e pur sempre !rag,le, perchè questa è la sua stessa natura e percliè i suoi comJ>iti di compagna amorosa e fedele dell'uomo noti sono co;1 le. sua fragilità i,icompalibil,. Se la donna fosse forte i:1 lutto l'estensione della pa. rola, come l'uomo, essa non sarebbe dov'è a integrare, a completare, a soccorrere il suo compagno, con le sue caratleri.,;:tid,e doli di ,lolce:z=a, ecc ... D'accordo. Bella, questa appassionatn di[esu della femminilità più pura. Ma, !orse percbè è tanto appassionala, diventa qua e là eccessiva. Pu1·e in linea di massima non possiamo che approvare in pieno. Per noi, il compito principale del.lA donna, e soprattutto della donna nostra, italiana, è quello di conservare intatta )a sun FenuninjJità. Purtroppo, si vn notando in giro (ah, benedetta America!) anche da noi la solita tendenza novecentista alln mascolinizzazione. Se ne guarclino 1 le nostre giovani don• ne; quando la donna non porterà più una nota di poesia nel cuore dell'uomo, essa non sarti più necessaria alla società. "' ** A. Pedata si domanda, su Acciaio 1 organo della Federazione dei Fasci di Terni: Perchè i camerali di Libro e moschetto, da quando siamo entrati in guerra, hamw, sulla testa ,lei loro giornale, tirato un frego sul Libro? Non certo per signi[ic.are che in tempo di guerra il libro deve essere lasciato da parte anche realmente, per atrerma• re chè in tempo di guerra la cultura deve essere posta in un secondo piano; ma piut tosto, come dice più avanti il Pcclatn, ... per esprimere con esso la preminenza e lo precedenz.o che, in tempi di guerra guer- .., reggiala, de1Je avere e si deve dare al moschetto sul libro. Fa bene, indubbiamente; comunque non bisogna dimenticnrc che sono passati mille e iniJic anni. E non credo del resto che ci sia nessuno che abbia desiderio di ritornare ai tempi dell'Impero romtmo. Fortunatamente anche noi abbiamo una nostra civiltà moderna, che se per certi aspetti è inferiore a quella romana, per altri, e sono i più, è superiore, e di molto. La società moclernn nostra non ha solo i difetti oosi nitidamente estuninatì dal Madia nel periodo citato; mn nasconde anche una somma di travagli interiori che non si possono dimenticare, e che d'altra parte non sono così ben definibili come i di:. fetti. Il problema, ci pare, ri· entra nel piano generale della comprensione dell'anima di questo novecento; anima che ancora nessuno. a nostro avviso, è riuscito ad afferrnrc con precisione, tanto è complessa e multiforme. Forse, una ragione di tutti i mali e le guerre che travagliano l'umanità sta appunto in questo, che finora non si è riuscitì a comprcn• dere pienamente quali siano le esigenze dell'uomo del novecento. C. S. I. R. : BOTTINO DI GUERRA A noi, la questione della testata di Libro e moschetto in· teressa tino ad un certo punto. Solo vogliamo ricordare, nè ci stancheremo mai di ricordarlo, che la guerra non si può vincere se non è. fatta, oltre che con il cannone, anche con lo spirito; e di conseguenza con la cultu_ra. Ancora una volta, « Libro • e « Moschetto » si confermano con1e i due termini inscindibili della dottrina fasciSta. ~ •• Nel numero di settembre di Cit,iltà Fascista, Camilla Pellizzi ha Fatto il punto con innegabile esattezza sul problema della donna, senza dubbio uno dei più vivi che si propongano alla mente di chi s'ap• passiona di questioni sociali. Dopo aver ricordato quale impo1•tanza abbiano per la serena liane di lutti i sessi ( e spe• cialmcnte dei celi più agiati) sono ancor oggi poco o male utili:z.ate. Siamo ancora ne/ pregiudi=io, fra l'altro, che la madre sia l'unica possibile e desiderabile allevatrice dei figli, ,falla nascila fino ai sedici anni almeno; invece ormaì è dimostrabile che la madre deve in tutti i casi pa1· tecipare a tutto il processo di allevamento e di educazione dei problema del.la donna che da qualche tempo si va agitando anche sullla rivista di Telesio Intcrlandi. Dice Eleonora Vii-• lani, rispondendo a un carne• rata che aveva scritto precedentemente: ... voglio rassicurarvi che do• po tullo non abbiate eccessivamente a turbarvi nel timore che apostrofando la donna sesso debole rischiate di inimicarvela per lutto la vita. Non -NOTA AL CONVEGNO Dl PADOVA FORSE non sarebbe male, all'inizio di questa nota, citare l'ironia di quelle persone che sul treno per Padova vollero conoscere il tema del nostro convegno. Ma la discussione porterebbe lontano; e limitandoci al sotto tema culturale, raccoglieremo la nostl'a fondamentale delusione. Chè, a tirare le somme, una cose tra le altre è apparsa chiara: la insufricienza o meglio la inutilità delle soluzioni prospc·ttate E che non potesse <'bSEre alu imenti lo si comprende facilmente sol che si rilegga ii tema proposto. Poichè quello che si richiede ai partecipanti è, in poche •parole, la formulazione di un'estetica secondo la quale dovrebbe svilupparsi In nuova cultura. Ora, a parte il fatto che siamo piuttosto scettici circa il valore determinante di un qualsiasi sistema, per quanto logico e ben definito, i partecipanti non possiedono certo nè l'età, nò la preparazione per un tale compito. E allora due soluzioni si il!!pongono: o cessa:ro i convegni, o p,roporre temi più attuali e de(io.iti. Cosi dalla loro discussione più naturalmente si chiariranno le singole posizioni cd apparirà il gusto predominante su cui poter con mag• gior fondamento, prospettare un Iuluro sviluppo della cultura. È inutile andare alla ricerca di soluzioni ideali, più o meno soggettive e differenti (scettiche, utopistiche, ecc.) a seconda delle tendenze, ma tali tendenze è necessario discutere su di un piano più vicino, nel campo ad esempio, di una polemica distruggitrice o di una costruttiva difesa. Infatti la cultura di domani è necessariamente in germe in quella odierna (nulln si costituisce sul nul• la) o, se sarà affidata alla influenza dominatrice di un geo.io, questi non potrà prescin· clere del tulto dal suo tempo zon e, ad ogni modo, sarà rovesciatore di tutte le eventuali teorie. Necessitò. quindi di una di• scussionc di problemi ,,ivi, attuali, detiniti. Ma tutto ciò pare non fosse àffatto neJle idee del Presidente del In Commissione il quale; nel mezzo di un dibat• tito, è ingenuamente intervenuto a chieder ri1gione di « un tal perditempo» (sic); cd in genere, nello spirito che hn condotto all'aumento dei premi in denaro. Dei poveri universitari venuti a Padova per chiarire le loro idee, si trovnrono alla Fine dei « capitalistj • un po' con.Fusi, è vero. nei loro prin• cipi, ma in compenso soddisfatdel guadagno e ottimisti sull'avvenire della nuova cultura! STELIO t,tARTINI F,pndazione Ruffilli - Forlì

L'aspetto economico del problema della ricostruzione europea ll'""f~LLA nostra concezione fascista spetto allo Stato la funzione di accorciare le distanze sociali per realizzare quella giustizia, che noi non vogliamo raggiungere con l'urto brutale delle forze socJaJi, nè con un complicato sistemo di pt•oduzione collettiva, ma che vogliamo attuorc con un'armo• nica e giuridicamente tutelata JistTibuzione delle ricchezze e delle attività produttive. Questo esigenza di giustizia sociale, sentita nel campo della politica interna, si dovrll estrinsecare, affrontando il problema della sto ~i può lare col ribasso dei prezzi, il che comporta necessariamente una compres,;ione nel tenore di vita. Da queste necessarie constatazionj si deve deUncare lo necessiti.\ della formazione di gruppi sociali e<l economici più ampi, con migliorate condizioni di S\'iluppo e con caratteristiche condizioni di autosuUicienza. Da queste esigenze è assurdo forse i) concetto odierno <lC'gli spazi vitali, i quali tuttn\'ia possono sempre essere interpretati nei sensi più vari. Parlando in partico]are del noricostn1zione eC'onomica europea stro spazio vitale mediterraneo, nel piano internazionale. Se noi ritengo, seguendo iJ conccttodcl consideriamo i fatti economici prof. \lazzei, che si debba parche hanno determinato la prc- Iure di spazio vitole, come di sente ,guerra, potremo così rias- un'ampia zoml cf1e riunisca vi- ~umcrli: I) chiusm·n del mondo tnlmcntc in collaborazio1ie i poalla migrazione dei popoli nu- poli che di essa fanno parte. mcricamcnte so, rabbondonti, che Ollre alle caratteristiche delin proporzioni diverse sono co- In rontinuitll e contiguili1 logico stretti a stagnare nei pro- degli senmbi commerciali e di pri territori; 2) chiusura degli libertà geograrica, occorre .dcimperi coloniali, il che signi(ica terminare quella che, secondo esclusione da grandissima parte noi, deve essere In struttura dei mercati del mondo. dei po- economica clelJo spnzio vitale e poli senza colonie; 3) chiusura ,·italizzante e pos~~gga le conelci tt.'"rritori statali alle merci di;doni necessarie per la sua degli altri popoli; 4) abbondo- esistenza e il suo S\'iluppo. nato uso dell'oro negli scambi L'insanzionabilitù (il che siinternazionali, che portò i po- gnifica a\ere capacità di propoli minori, per poter acquisto- duzionc di materie prime, care merci a loro necessarie, n pac-ittl di produzione di surropugare con merci non cleside- gati, capa<'ihl di accumulo di rate, rendendo <1ueste desidera- riserve) deve essere un presup• bili con l'abbassamento dei posto dello spazio vitale. La prezzi, elci costi e quindi dei sua bilancia economica interna• salari, il che comportò, come zionale, inoltre, non .solo dogiù abbiamo accennato, un gra- vrà tendere stabilmente al paclualc subordinamento economi- reggio, mu l'intensità, oltre la eo cli un gruppo di popoli da <1uantità della domanda delle parte di un altro. due parti, deve essere h1lc eh, 1n definitiva accadeva questo: portare un' ec1ua ragione di che il formarsi nel mondo di .!,Cambio intC"rnazionale che egruppi politici di diverse pro- gualmente distribuisca [Ta i <luc porzioni spaziali, dei quali al- contraenti i vantagg·i dello cuni ovc"uno una grandissima, scambio stesso. se non completa, possibiliti1 di Ciò non signiricn che entro . uutosufficiC'nza, mentre gli altri lo spazio vitule e <1uindi nella tale· possibilitù non avcvuno, nostra comunitù imperiale (perportava questi ultimi a dipen- dtè essa entra globalmente a dere economienmcnte dai primi. far parte dello spazio vitale) ..-\bbiamo clunqu<' una domanda debbano trovarsi tutte le marigidu cln un lato, una domanda lerie prime: saranno ncccssadastica dnll'oltro; una doman- rie c1uc1Je che escludono Ja snnda scarsa da una parte, uno zionabilitù e i loro monopoli. clomtmda abbondunte dall'altra. l..'autarchio, non considcrntu Il che comporta quello spo-;ta- quale è dovuta essere per momento della r:1gionc cli scombio ti, i essenzialmente politici in imernazionule. per cui uno dei Italia e in Germania, non sarà c<mlracnli ti·ae dagli sctimbi in- un fenomeno contingC'nte equinlcrna,-;ionali grandi vantaggi e di cfrìmero, ma anzi dovrll esl't,ltro minimi. ln poche parole sere una caratteristica di ogni si lw il continuo arricchimento spazio f'<'0nomico. Essa rappredcllo stato gi1l ricco e il con- sentn il superamento del continuo ed ulteriore jmpovcrimen- cetto liberalista della divisione to dello stato po, ero. Come giù internazionale del ta,·oro, Jo ho detto, ne risulterà un im- sganciamento dei paesi prcvumàncabile legame di .subordina- lentemente agricoli (Ja quelli inzionc del busso tenore di vita dustriali ed entra nella reallù · di un paese all'alto tenore di storica del processo dell'indu- "itn d(:IÌ'altro: lo stato che ha strializzazione. biso~no di merci altrui, la chic- Anche sotto questo aspetto, dc •a colui che non ha bisogno a1>pore evidentemente essenziale cli quelln che gli è ofrcrtu. In la hrnzione direttiva dell'Italia, conseguenza quindi di questa nclJ'intento <li armonizzare gli unih1tcl'i1litù di pensiero (poi- interessi dei varj popoli, che chè l'oro non può più agire nel- partecipano alla vita mcditerla sua funzione cli rendere desi- ranea, al tinc di ottenere' e dcral,ili le merci non deside- garantire Ira essi una stTetta rate) bisogna che tali merci e Fruttuosa collaborazione. sinno rC"se desiderabili, e qu.c- PRANCESCO RANDI Fondazione Ruffilli -,Forlì VIRGILIO GUIDI: LA STUDENTESSA MEMORIA DI CESARE BOLOGNESI Tristissimi compiti ci riserva la fat..-.litti della guerra: par• lare, per onorarli al cospetto degli uomini, di quelli che O· vemmo umici impareggiabili e soli. Ci chiediamo; perchè? Perchè, all'infinito; come se <1uesta domanda bastasse proporsela, come se la con\~inzionc di rispondervi con mezzi raz-ionnli potesse placarci. Fra noi e il nemico c'è ora anche lui., Cesare; una mutilazione dello spirito che non si può descrivere. A pensarci bene, lo comprendiamo soltanto oro; pcrchè queste nature che sembrano semplici e Incili si arfermano compiutamente e nel loro significato solo qmmclo si allontanano da noi, soprattutto quando la morte le sottrae alle vicende e alle mutazioni. Ei;tli era di quei ragazzi che dfiutano di crescere, di quelli che per tutta la vita manten~ono la Cede e la limpidezza dei quindici anni, con gli stessi rossori e qurllc stesse divine melanconie nelle <1uali inturgidisce il bocciolo della vita, come nella rugiada del mattino il boccio delle rose. Non è già una giovanilil,l senzn risorse. Quante volte è stato proprio lui a spronarci quando tutto ci induceva a desistere dalla troppo difficile strada intrapresa; quante ,·olte con il suo persistere su un viottolo non bottuto ci ha dato l'esempio di c1uella costanza che non è solo In vera mollo del successo, ma la misura del merito di ognuno! . .. Tutti ci cerchinmo un motivo di lavoro o un simbolo. Per lui, romagnolo per vocuzione oltre che di nascita, il motivo è stato Jn Romagna. Se la Romagna - che non è solo una regione, non è un sistema di vita, una religione, uno stile - hn avuto un innamor{1to e un fedele interprete, <1uesto uno è lui: Cesare Bolognesi. Lo rico1·diamo nelle pacate manitestazioni di pensforo, nei crocchi degli timici, negli scritti appassionati che · mancla\'a per Via Co11sofore, nei convegni dei Littoriali. Era allora che si monifcstavn meglio: nrdentc e buono, entusiasta e volitivo, im· petuoso e puro, polemico eppure senza risentimenti personali. Era ingenuo dcllq nostra migliore ingenuitù popolano ed istinti\'{1, travolto dalla passfonc per l'arte del reggimento politico, lirico nelle solituclin1 dell'anima. Puscoli che prediligeva e che comprendevu 1 Oriani che studiò e conobbe come pochi (a proposito, che cosa si fon\ del volume di inediti discorsi e frammenti clcll'Orjani che egli avev.a preparato prima della guerra?), i clut· grandi romagnoli sono le tappe della sua vicenda spirituale, i poli del suo S\'Olgimento interiore. Erano amori d'istinto, d'affinità come un amore pet· creatura viva i eran011 i due grancU la creature vi\•a che egli cm andnto cl·eando in se stesso: anclace, preveggente, incitatrice e trepida, rispettosa degli altri, bucolica. Che cosa avrebbe. faLto se fosse vissuto, se non fosse perilo contendendo col suo carro armato il terreno al nemico,? \1olto certo avrebbe aggiunto in quantitù al proprio lavoro di pensatore e di letterato; quasi nulla alla propria costruzione mor,,lc che, vissuta in ritmo <lj poesia, è stata una perfetta strofa di cerLCZZC ideali e di coerenze concrete. Non vorremmo usare per lui l'aggettivo: buono, compagno troppo solito della morte. J\h, certo è che quello che egli ebbe nel cuore - rimare delle vette, atretto alle creature umane - possiede la •capacità che e} propria ciclia bonto.\; quella di passare negli altri e di migliorarli. ~oi dal suo contatto ci siamo sentiti migliorati. Pensiamo c1ucsto rileggendo lo scritto di un altro del nostro crocchio che parla di lui e che lo ricorda. Per cui Cesure non può dirsi morto. fddio volesse che anche noi meritassimo di potere un giorno restare nel cuore di qualche creatura come lui rimarrà nel nostro! lddio volesse che molti gionini italiani, molti specit,lmL·nte di quanti pensano alla politica e ai fenomeni sociali, posscdes~ sero la sun purità e il suo disinteresse. Per questo abbiamo creduto di scriverne e ci siamo decis.i a sorfocare in noi il ritegno di mettere • in pubblico un brano della nostra intima storia. Perchè qualcuno rifletta, perchè qualcuno prenda esempio da questo morto che è pérdita grande per la 1 uzionc intera, perchè qualcuno si senta spronato a lavorare in silenzio e in puritù per questa bellissima ltalia, mètn di ogni elevnzione idcr1lc. Egli orn la presidia contro I' Jnglese, vicino a Tobruck, ncll'immcnsitù dC'I deserto, cli fronte all'immensità del mare, egli che per sempre sorride - ed agita il ciuHetto biondo - nell'infinità di Dio. f~gli, fanciullo e puro di cuore, come c1uelli che Dio predilige eci elcvn sugli altri, ves:,illi di giovinezza luminosa. AUMAI\DO ltAVAGUO/,/ 5

O spirit~ del morto, eh~ occu· pava una delle cellule del cervello, sentì che tornava allo stato coscìente sott; l'involucro di un corpo piccolo, fine e gelatinoso. A poco a poco, riuscì a ricostruire tutto ciò che era accaduto, dal n10mento in cui il cuore si era arrestato definìtivamente. Nella camera ardente lo spirito aveva udito i passi delle persone che si avvicinavano con precauzione e rispetto e si scoprivano, contrite, davanti al cadavere; u• dite le preghiere bisbigliate dalle· donne ed i singhiozzi della .famiglia. In un certo momento, quando la moglie si era avvicinata alla bara per depositare un bacio sulla gelida fronte di colui che non· era più, lo spirito aveva fatto appello a tutte le energie del corpo ma nè le sue labbra avevano potuto pronunciare una parola, nè j suoi muscoli e le sue articolazionei erano riusciti a scuotere quella spaventosa immobilità. La materia reStava inerte, senza movimen\o, mentre lo spirito respirava e si dava conto esatto di tutto, benché privo di un mezzo umano per rendersi visibile: muto e immobile, incapace di sfuggire da quel corpo morto, inorridendo al pensiero che sarebbe portato al cimitero e sepolto insieme con quelle membra fredde, insensibili, in un riposo assoluto, tenebroso, perpetuo. Ciò era più terribile del supplizio di Tantalo, più crudele del tormento di Prometeo, più mostruoso e desolato di tutti i dolori della vita; un dolore di una amarezza cosi penetrante, che non poteva paragonarsi a nessuna tragedia umana. L'anima prigioniera in quel corpo che doveva essere pasto dei vermi! Era orribile, e lo spirito ne rabbrividl, come se in quel momento si fosse convertito in materia. Ma se era impalpabile, perché non si staccava da quell'organismo privo di vita e non si elevava negli spazi puri? Vano tentativo! Una forza, strana, prodigiosa, lo tratteneva, lo faceva aderire ancor più strettamente al cervèllo del morto. Un giorno, molto tempo era trascorso, la particella cli cervello a cui lo spirito era costretto ,u agitò e il suo gelido contatto si" trasformò in un soave e gradevole tepore. Era una specie cli sostanza albuminosa, umida, nella quale si dissolvevan9 composti cristalloidi; una massa granulosa, ialina, di una gelatinosa consistenza e con una tale elasticità che poteva a un tempo diminuire o c1·escere di volume. Comprese. Dalla materia disgregata, si formava nuovamente una vita cellulare. Alla l'.ine sorse una larva. Il verme ora - poichè era questo il corpo piccolo e gelatinoso che gli serviva da albergo - si allungava e si piegava per contemplare con avidità le spoglie del morto sepolto. Allora lo spirito, per evitare quel macabro banchetto, si rese padrone della volontà del nuovo essere· e l'obbligò a mettersi in moto. Il verme obbedi. Lo spirito, avuta una prova del dominio che esercitava, pensò come liberarsi dalla sua reclusione. E la biscia ripugnante uscì dalle profondità del cervello, attraversò il foro che una delle pupille del cadavere avéva lasciato vuoto. Lo spirito volse un ultimo sguardo di orr-ore al suo passato involucro corporale e poi, guidando sempre il suo salvatore, gli fece abbandonare la bara da una fessura di una tavola tarmata. Dotato d'una meravigliosa costituzione; quell'essere, che a prima vista sembrava così debole, era resistentissimo e la sua forma ad ago gli serviva per disfare le zollette che gli si paravano davanti e gli tagliavano il cammino. Presto s'introdusse in una galleria costruita in modo ammirevole. L'ampiezza di quel sotteraneo non misurava più di un centimetro. Lungo questo sentiero, s'incontrò in alcune formiche, le quali non osar9no ingaggiare combattimento, con la speranza forse che il verme non uscirebbe vivo di là. Ma lo spirito, temendo un agguato da quei pericolosi nemici, incitò il suo salvatore ad affrettare la marcia verso la superficie terrestre. La spoglia del morto avanzava sempre fra le tenebre, quando una luce intensa arrossi le pareti del buco; e, dopo poco, il verme uscì all'aria libera, fermandosi sull'orlo del foro. Per imposizione dello spirito intransigente, chiuse gli occhi e si arrotolò in forma di un piccolo uovo per riposarsi del suo lungo viaggio. Ad un tratto, lo spirito si svegliò sussultando. E provò un'immenso terrore. L'immobilità della della morte lo avvolgeva di nuovo. Un uomo, nel passare su quel terreno, aveva diviso iQ due parti il suo salvatore! Lo spirito era sempre nella testa del verme che, separata dal corpo, ebbe ancora l'energia di contorcersi nelle ultime convulRondazione Ruffilli - Forlì sioni di dolore, e, rotolando sopra alcuni sassolini, andò a ca- .dere in vicinanza di un rosaio. Orribile! Orribile! Di nuovo lo spirito sentì la quiete spaventosa, il freddo della vita che svaniva a poco a poco da quella miseria fisiologica. Aveva piovuto molto, . e la testa del verme si trasformò in un residuo organico nitrogcrato; l'acquc, trascinandolo via, fece sì che fosse assorbito dall'apice delle fibrine della pianta. Risalendo lungo il suo collo o nodo vitale, lo spirito si collocò nel calice della rosa più bella. Come godette allora, vedendosi circondato dai suoi petali profumati e soavi! Con angoscia, ripensò alla sua reclusione nelle profondità della terra, al contatto vischioso con la materia decomposta e alla sua tenebrosa ascensiLne per arrivare alla superfice della terra. Ora aspirava con delizia la brezzolina cosi gradevole di quel mattino di primavera; ascoltava il canto degli usignoli e, quando il sole rese trasparente i l)etali della rosa, lo spirito, dimenticando tutte le sue passate sofferenze, si addormentò èbbro di luce, di colore e di profumo. Trascorsero vari giorni d'una vita felice ed allegra nel calice di quel fiore meraviglioso; ma una mattina lo spirito si senti scosso brutalmente e udi uno scricchiolio • strano commuovere tutta la pianta. Una bella fanciulla aveva re: ciso il fiore che raccl1iudeva nei suoi stami lo spirito del morto. Lo spirito, prima di cadere nell'incoscienza, ebbe il tempo di ma· ledire chi l'aveva privato del suo felice ritiro. Quella rosa, avvizzitasi, fu conservata tra le pagine di un libro di versi. La fanciulla mori l'anno seguente. Il libro fu venduto; ma si ignora dove sia finito. (Tradu;;ione di Mario Puccini) Proprio non ha tutti I torli chi arferm.a che la voce del glo11anl è poco ascoltata. Anal al hanno lo proposito, qualche volta, del ca.al veramente sconfortanti. Uno ne 11ojllamo far notare, che cl è rlma1to lmpreHo. Anche al Convegno di 'Verona i partecipanti propo■ero all' nnanlmllR, per bocca del came1:ala l\lenegbello e di altri, che venlHero aboliti dal Con. vegnl Unluerallarl anzltullo i premi, apecle In danaroJ e pos■tbtlmeole anche le clasalhche • .ll llerona non potè onere tralasciata la claaalnca, dato che precedentemente •e1l1tevano dlapoabclonl ■uperlorl; tuttavia la Commla■lone, con esalta compren■lone del momento e delle no■tre e■lgense, al llmltò ad una graduatoria molto geuerlça. Parve a Verona che molto delle letaoze affiorate dura.nta la dlacu•- aloue do11ea■ero avwlarsl ad una attu.uione pratlça; si sperava che almeno queata riguardante i Convegni, Foa■e dl Faclla raallzzaalona. Seoonchè, come fu come· non Fu, bel ballo arrivò Il regolamento del Convegno di Padova - nientemeno che di studi par la rlcoatrudone europe~• . che comprendeva premi ln danaro, coppe claHlhcbe ludlwlduall per Gor. E allora? CARSTPAREC Ammesso pure che tutla la carta premurosamente riscr\'ata dal competente Munistero alla stampa periodica sia, come dicono i più, assolutamente sciupata e costituisca, come dicono i più, uno scltiarto nlla francescana povcrrn di cellulosu della Nuzionc. ci pare che l'amico Dell'Oste, direttore dell'Assalto, il fiero settimanale della federazione bolognese, abbia stavolta esagerato nel dare corda ai sostenitori di tale 1>urtito preso. Infatti si è lasciato scappare due intere colonne di prosa del giovane collaboratore Bignardi non dedicate, come la loro insolita lungr,ezza farebbe 1>ensare, ad un gravoso problema quale quello <lella sistemazione degli spazi vitali secondo le principali leggi geopoliche, nè tampoco c1uello della riorganizzazione dei mercati mondiali delle materie prime, sibbcne a noi, proprio a noi miserelli di « Pauuglia », In forli- · vese villereccia « Pattaglia ». A due colonne si dovrebbe rispondere con adeguata larghezza di mezzi, ma la· pochezza deJl'urgomento e la lcvit:·1 - vorrèmmo dire, amcoa vacuità - delle variazioni melocomicbe che al. rapido <' forse disattento esame direttoriale di Dell'Oste sono certamente sfuggite, ci persuadono ad usar meglio del nostro spazio conteso. Anzi a dire· il vero, noi che eravamo partiti con la trucibaJda idea di conciare per le leste l'untorello glossatore bolognese, non ~appiamo ora come mandare avanti la tirata non sentendoci di sventagliare stoccate contro il vuoto dei chisciotteschi mulini a vento. Come polemizzare inJ'alti con chi è costretto ancora a ricorrere al' vago artilizio ironico di definirci « tal i>attuglia forlivese •; come cercare di impiantare una soda e: cost.ruttiva polemica contro chi attacca i nostri collaboratori poetici e p~i manda ad arrampicarsi sulle pagine di ur. giornale di universitari alle armi certi plotoncini di parole. tisichcJle dal senso tanto profondo e riposto da sospetU\rc che non esista affatto? ! (A proposito di quel giornale universitario a, 1remmo molte cose da rilevare, dalla suddetta poesia a un incerto articolo sul sindacato e soprattutto ad una nota che tratta delle rivendicazioni dei combattenti quando torneranno. Chi scrive non ha atteso cartoline rosa per partire, eppure è di quelli che pensano che queste sluriate a base di « verrà il giorno », e di « farem i conti », oltre a lasciare il tempo che trovano per la loro genericità e gratuità, non sono affatto generose e ci persuadono che chi le la non abbia trovato ancora dentro cli sè quella calma che è frutto dell'appagamento per il dovere compiuto e del resto se ne impipa. Questo diciamo per il solo motivo che Bignardi appare essere il redattore capo di quel fog_Iio). Altro non c'è da aggiungere per l'imputato Uignardi. Ci 1·ifiutiamo di pronunciare una troppo severa condanna por non dovergli concedere attenuanti che potrebbero anche suooat·c offensive e ci ,auguriamo, ad altre prove più serie, di poterlo riabilitare. A OelJ'Oste, amico carissimo, ci" permettinmo di ricordare ciò che egli potrebbe insegnarsij che questioni più grandi di noi ci sovrastano ~ che, perdendo tempo, fiato e spazio in queste quisquiglie, si minnceia di non Ottenere nessun meritevole risultato e di oHrire sproporzionatamente ribalte a chiacchierate di oscura derivazione Q a personalismi di bassa lega. A. R.

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