... Lo Stato impresario di teatro e di cinema? "Qui lo Stato non fa altro che ripetere una situazione corporativa, che è la stessa creata a suo tempo dal regime fascista e che si perpetua nel clima di mafia totale in cui viviamo: una perpetua connivenza di bande politiche, sociali, artistiche, letterarie. La maggioranza degli intellettuali italiani non sono altro che la reincarnazione in chiave mafiosa dei letterati di corte del Seicento". Oggi, invece, gli stessi che un tempo ne censuravano le idee e le allergie estetiche e morali, tendono non solo a perdonargli la nettezza di tanto congenito anticonformismo. Tendono perfino a dimenticare un fatto che, negli anni Cinquanta e Sessanta, doveva apparire il più grave di tutti. Il fatto, cioè, che quella sfilza di giudizi negativi... anziché provenire dalla bocca di un reazionario blaterante, provenisse dalla mente e dallo spirito di un antifascista puro, un libertario coltissimo, un combattente spericolato che aveva partecipato alla guerra di Spagna sulle bare volanti della squadriglia Malraux. Uno, insomma, a cui neppure si poteva rimproverare, come a Silone, di essere stato comunista e di essere poi diventato un 'ex' rancoroso, un rinnegato, un prete spretato. L'antifascismo, gli esili, le battaglie civili e militari di Chiaromonte in Spagna e in Francia erano adamantini; egli non emergeva come Silone dalle sentine del Komintern, ma veniva dai Quaderni di giustizia e libertà dei fratelli Rosselli. Il suo travagliato itinerario di pensatore peripatetico, di militante politico, di cittadino del mondo, così simile per tanti aspetti a quello dell'amico e maestro Andrea Caffi, era stato interamente e limpidamente percorso su strade di sinistra tutte lontane dallo stalinismo...
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