Joseph de Maistre - La casa di Savoia e l'Austria

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QUESTIONE ITALIANA LA CASA DI SAVOJA E L'AUSTRIA DOCUMENTI INEDITI TRATTI DALLA CORRISPONDENZA DIPLO:UATICA DET. ()O!WTE GIIJSEPPE DE lti~ISTRE TOR I NO T IPOGRAF IA LETTEltARIA 1859.

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Al Signor Conte Permettetemi_, mio caro Conte, dedicarvi questi documenti conte un testimo- . nio di stima. Yoi ne conoscete da lungo tempo f importanza, per averne letto gli originali, nelle vostre ricerche sulle relazioni diplomatiche {1'a la corte di Torino e quella di SanPietroburgo. L~ Opera che vi proponete pubblicare su tale soggetto, fornendo prove irrecusabili della politi~ ca tortuosa e sleale dell"Austria, sarà soprarnmodo utile al Piernonte ed alla sua nobile dinastia. Auguro ai vostri sforzi

la più degna ricompensa che possiate desiderare come gentiluomo Lombardo: r unione, in un prossimo avvenire, della vostra terra nativa al paese che, da dieci anni in poi, veglia coraggiosamente a di- . fesa delle nostre libertà e del vessillo nazionale . NICOMEDE BIANCHI. Nizza 22 Febbrajo 1859.

Si parla di guerre e terne, di lbtto interminabili, o pur tuttavia sarebbe agevole ai Sovrani consolidare la pace per sempre ; Essi consultino le relazioni e i costumi dei diversi popoli fra loro; d ieno a questi la loro nazionalità e le istituzioni che ripetono , ed .avranno trovato la vera bilancia polit ica. N APOLEONE III. La corrispondenza diplomatica di Giuseppe de Maistre, recentemente pubblicata, non comprende tutte Je rivelazioni del pensiero dell'illustre uomo di Stato in proposito dell'Austria e della politica italiana di casa di Savoja. Noi siamo in grado di produrre alcuni nuovi documenti inediti scritti da Giuseppe De Maistre nella sua qualità d'inviato straordinario e ministro pl enipotenziario di s. M. Sarda presso Ja corte di Russia, i quali avranno a scopo porre in luce nuove scaturigini d'informazioni. - L' Austria ha voluto costantemente chiarirsi agli occhi dell'Europa come la protettrice disinteressata e Ja vigil e guardiana degli interessi più cari e più vitali dei principi italiani, ma forse il momento è giunto che gli animi sinceri di tutte le nazioni e di tutti i partiti dovranno fare

• 8 un' esame se,·cro di'Ila p<Jii .ica occuHa c delle mire egoiste di quella potenza in llalia . Eta agevole illl1 Austria 1lludere ia pubblica opinione sul .conto proprio dacchè ella era assicurata che i dispacci e le note· diplomatiche rcgolatrici le sue relazioni cvn gli Stati italiani rimanevano sepolte negli archivi. Ma le cose oggidi sono mutate d' assai . La diplomazia onesta ed inlt'lligente accetta in buona parre ed in giusta misura la legge comune della pubblicil~. La libertà politica non ha avuto solo per effetto di porre in chiaro i misteri diplomatici e far l'isplenclere la "erità ~gli occhi di tutti, ma l1a risvegliato dal fondo della loro tomba la voce di quelli che hanno rimescolato fra le loro mani i destini politici dell' Italia. Son 'questi i fedeli e vigili difensori dei troni e degli altari che con rivelazioni postume disvelano ai nostri occhi sì strani misteri sulla politica austriaca in Italia, per guisa che tutti i cuori diritti ed onesti ne sono spaventati. Ascoltate Giuseppe De Maistre: << Una donna incinta << che implora un asilO' per umanità fosse ella nata in una bot- << tega, può bussare a tutte le porte dell ' universo e fia certa « che le saranno dischiuse ovunque batte un cuore; e 'purtutta- « via Maria Teresa d' Austria potè ella ottenere la permise< sione di partorire in Austria ed il re potè egli ottenere uu « asilo nel caso più impacciato? » Questo Re era Carlo Emanuelle IV. cacciato per la rivoluzione dal palazzo dci suoi avi. Quella donna incinta e sofferente era la sposa del Duca d' Aosta rimasto in Torino fedele fino all'ultimo giorno alla causa dell'Austria. l\fa in quell' epoca il Gabinetto di Vienna ignorara la lealtà, l'onestà e la gratit•1dine politiche. Al momento che la Francia avea veduto il sangue dei suoi principi versato sul patibolo, 1' Austria assidevasi a fianco dei r egicidi francesi per mercanteggiare a suo pro gli stati' del Papa e quelli del He di Sardegna. cc Vedele >> scriveva più tardi Giuseppe De Maistre >Y il prin- « cipio slatuito dall'Austria nel 1789, c che lutto ha guidato

9 t< riguardo a noi : il re di Sardegna posto fra noi e la Fran- « eia era invulnerabile a cagione dell'equilibrio; adesso che <t a~tebbe orrore di allearsi con un orda di regicidi, egli è te in nostro potere, noi lo aggireremo come meglio ne ta- <t lenra. « Altro principio non meno luminoso: tutto ciò che si lo- (< glie al nemico è nostro, puranco il bene dell'amico. Quindi << non difendiamo il Piemonte che tanto quanto fa d'uopo per « irritare i Francesi poi art essi Io ritoglieremo. )) Tale prosegue ad essere il pensiero costante del Gabinelto _di Vienna nell'epoca della seconda coalizione. Solo fra i Sovrani coalizzati. Paolo l. faceva la guerra con mire disinteressate . L'Austria, per lo contrario non tendeva che ad afforzare la sua dominazione in Italia, anco a prezzo del ristabili- ,fDenlo della sovranità temporale del Papa. L'Imperatore di Russia indignato per tale egoismo e per sitratta perfidia aveva dato ordine a SouvarofT di ricondurre i soldati russi ai loro focolari. Pur tultavolta mercè le istanze dell' Inghilterra, SouvarofT inviò un corriere al suo padrone per sapere se dovea veramente continuare la sua ritirata . Paolo J. gli ingiunse richiedere officialmente l' Anstria se volesse ristabilire il Re di Sardegna e 'la repubblica di ·venezia, e che a tal patto, non solo egli, Souvaroff, rimarrebbe ma eziand'io una nuova armata sarebbe senza indugio spedita. Dietro risposta negativa dell' Austria Souvaroff dovè proseguire il suo cammino. Ma ciò poco premeva a questa potenza. La casa di Absbnrgo che teneva strettamente sotto il suo giogo i destini d' Italia, vedea già brillare nelle sue mani la spada e lo scettro dei Cesari di Roma. Orgogliosa e vana illusione! Questa guerra la più legittima ed una fra le più gloriose per i figli della Francia fu rapidamente tratta a fine dalla spada di Napoleone Bonaparte che strappò in brevi ore l'Italia dalle mani del- . ' l' Austna. · Gli Stati italiani che potevan~ o volevano opporre qualche resistenza ai disegni ambiziosi dell' Austria avevano sempre

10 ricercato l'alleanza della Russia anche nell'epoca della più grande intimiti1 fra le corti di Vienna e di San Pietroburgo. Per tal guisa avvenne che nel ·1802 Vittorio Emanuelle l, iniquamente abbandonato alla .sua sorte infelice dall' Inghilterra e dall'Austria, ''olle unirsi più strettamente alla Russia ed inviò presso quella corte H conle Giuseppe Dc Maistre, che giunse a .San Pictrobnrgo il 13 Mage;io 1803. Nel corso di quell'anno, un nuo"o richiamo all'armi fè rinascere più ' 'iva nel cuore di Git1seppc De Maistre la speranza che il buon dritto della casa di Savoja, allora decaduta, troverebbe in mezzo a nuove agitazioni una riparaz.ione di giustizia. Penetrato dell'interesse vitale che ayeva il Piemonte a diventare una potenza preponderante in Italia, e piena Ja nJente del1e perfidie dell'Austria, egli scrisse le appresso lettere dipJomatiche, che di per sè .sole e senza il soccorso di alcun commentario, parlano assai chiaro ed as~ai allo. IL CONTE GIUSEPPE DE 1\B.ISTRR AL SIG. GABET SEGRETARIO DI s. 1\1. IL RE DI SARDEGNA. S. Pictrobnrgo 29 Settembre 1803. Non cesserò mai di ripetere, o Signore, che non saprebbesi di troppo deplorare le sciagure della casa di Savoja, ma -poichè la Provvidenza ha di tal modo disposto, è adesso a desiderarsi che in una rifusione generale si obblii intieramente questa sovranità Piemontese e non ci si occupi più che dell' idea più vasta di una sovranità italiana fra la Francia e l'Austria. ALI.O STESSO s. Pietroburgo 9 Ottobre, t80il Noi non abbiamo reri amici. L'Austria ci odia più della Francia. La Prussia ci abbandona. L 'Inghilterra è di ghiaccio, e vi confesso che mal ne comprendo le dimostrazioni di

H compassione generosa, mentre in special modo la sua influenza ci ha perduti. Solo la Russia ~i sqstienc, e tal protezione è di sommo valore, ma tutto quanto era di personale in questo affare è morto con Paolo I, e dopo la nota del s1gnor De Kalitscheff nulJa abbiamo veduto di ardito a nostro favore. Ecco a che noi siamo. In tale stato di cose fa d'uopo insistere di continuo su11a necessità di costituire una potenza militare in Italia fra la Francia e l'Austria: fa d'uopo uè'cidere le speranze dell 'Austria sull'Italia settentrionale. A ciò vi ha'nno alcuni mezzi; necessiterebbe che la casa di Savoja ascendesse provvisoriamente un trono italiano qualsiasi, {~ori del Piemonte, ed - accostumasse queste razze italiane al suo dominio, a .fine che ella fosse parata al momento che la repubblica italiana cadrà, il che· pare infallibile più presto o più tardi. Frattanto è mestieri farsi desiderare: a ciò pure vi hanno dei mezzi, purcbè si adoperino persone capaci. Non è necessario che questo trono provvisorio, se lice esprimersi di tal modo, sia inalzato in Piemonte, percbè in tal caso il re nuJla avrebbe di più; e che cos'è il Piemonte sbocconcellé!to, smantellato, e privò de'suoi avamposti, la Savoia e la Contea di ' Nizza? Non dico, signore, ch.e tuttociò accada, ma bensì che dobbiamo convergere a questo scopo le nostre speculazioni politiche, perchè non potremo esser giovati che dalla forza delle contingenze che esigeranno un nuovo ordine di cose, e menomamente dall'amicizia delle potenze che sono freddissime a nostro riguardo •.• Ma non saprò troppo ripeterv.i che attualmente una sovranità italiana fuori deJ Piemonte val meglio che il Piemonte. ~Chi dubitasse di tale proposizione non conoscerebbe nè la poÙtica generale, nè l'idee degli Italiani, nè le presenti congiunture. LO STESSO AL RE s. Pietroburgo 11 ottobre 1803. La Francia non ci ha mai perdonato Ja · nostra lunga re· sistenza alle sue armi cd alle sue proposizioni. Essa ci ha

~2 conservato il suo odio, senza tenerci conto dell'alleanza che era forzata. L~Auslria. meno ancor.a ci ha perdonato l a nostra opposizione alle sue mire ambiziose sul Piemonte, e siccome la casa dì Savoja aveva una tendenza naturale confes5ata dalla sana politica, ad estendersi nel Nord dell'JtaJia, così nulla più abbisognava per meritare a V. M. l'odio implacabile di quella casa implacabile. . Questo è tale, Sire, che nella conferenza di Luneville, un . ministro francese avendo parlato del r israbilimento di V. M. come di un punto onde bisognava tener conto nelr assettamento generale, un Minhtro dell'Imperatore rispose: « Eh! « che imporla vi sia uò re di Sardegna! » Ciò mi è nolo da buona fonte . NOTA DIRETTA DAL CONTE GIUSEPPE DE ~lAISTRE A S. E. IL CANCELLIERE DELL'UIPERO In dala di Pietroburgo 6 dicembre 1803. L'ultima v.olla che il sottoscritto ebbe l'onore di abboccarsi con S. E. il Cancelliere dell'Impero si ricorda che l'andamento naturale del colloquio lo addusse a parlare dei sacrj-:. \ fizi richiesti alla Casa di Savoja dopo la guerra da lei sostenuta per la causa (può dirsi) dell'universo,' con una fedeltà che non può essere agguagliata che dagli infortuni che ne furono sequela. Fino all'ultimo momento la Francia non avea cessato di fare le più splendide offerte alla Casa di Savoja per distaccarla dalla coalizione. Il signor Durand fu inviato a bella posta in Svizzera nel t797 per trattare a tale effetto con gli agenti del re in quel paese. Il sottoscritto era fra questi: egli ebbe piena cognizione di quelle proposte. La Corte di Torino fu incrollabile nelle promesse fatte all' Inghilterra ed all' Austria, sebbene quest'ultima potenza non celasse più le sue mire sul Piemonte o sopra una parte. di quel paese. È noto qual fosse per la

13 Casa di Sa,•oja il frutto cii similt:' fedrltil. ~Ja le ullime proposte che le furono falle, non sono forse conosciute. Il MaresciaHo Souvaroff era partito d'Italia. Lo sciagurato genio che presiedeva a questa guerra avendo allontanato quel grand' uomo, crederasi essrre in grado di continuare senza lui il movimen!o che da lui solo aveva ·avuto l'impulso. Il Re lrovavasi relegato a Firenze, ~li era vietato di rientrare nr.l suo regno, e perfino gli atti eli sovranità emanati in suo nome erano avvers:~Li, e' sovente inibiti a Torino. Egli credevasi isolato nel mondo, e senza alcun modo di resi~lenza. Il momento in cui egli nulla pote,·a, e confidava poter molto lnltavia, fu quello che venne scello per fargli delle proposte c chiedergli una parte del Piemonte con una òe1lc sue più ~elle e valide citth, ofTrendogli in cambio nna microscopica bicocca. Ma mentre il nostro potente alleato ,.oJeva, per così dire, regnare su i subbor1hi di T01·ino, la Battaglia di Marengo lo respinse oltre l'Adige e discari•ò il re dal risponder('. Il sottoscritto avendo recuprrato un ciocumcnto a tal proposito impnrlnnte. stim:~ suo dovere porlo solto gli occhi di S. E. il Cancelliere dell'Impero, che gli è sembrato non averne conoscenza. È questa uno·nota di.retta ·a Vienna il primo maggio 1800 da lord Minto al conte Valaisc allora ministro di S. M. Sarda presso S. M. J. e R. Ap, òipoi nntecessore del sottoscritto ;tlla Corte Jmp. di J>ietrobnrgo dnrante il breve momento d'illusione che tenne dietro al ritiro del Maresciallo Souvaroff. Egli ii astiene dal mancare di ri guardo per qualsiasi modo ad nna grande e rispettabile potenza, e di qualificare severamente le proposte fatte al He suo Signore. Egli non le considera 'Che come una semplice distrazione, e se lice esprimersi di tal modo, come un sonno della sovrana generosità: rna da chi tale generosità poteva essere più efficacemente notata che òalla Russia, alla cui potenza e disinteresse son volli gli sguardi d'Europa? Il sottoscritto confida che S. E~ il Cancelli <' re, si degncr~ accordàre all'unito documento un posto fra le carte riguar..

H· danti il Sovrano che ha l'onore di rappresentare. Questo può essere q i qualche utilità all'occasione. Frattanto ec. NOTA INDIRTZz..\T.<\ DA LORD MINTO, INVIATO STR .\ORDINARIO E :l\11NISTRO PLENIPOTENZU.RIO DI S. M. BRITANNIC.<\ ALLi CORTE DI VJENNA, AL CONTE Dg LA VALAISE, JNVUTO STRAORDINARIO . E . MINISTRO PLENIPOTENZIARIO DI S M. , SARDA PRESSO U STESSA CORTE IL 1 ~L\GGJO 1800. t. S. M. l'Imperatore riterrà quella parte di territorio Piemontese che è situata ali' est del finale e del ramo occidentale della Bormida, all' est del Tanaro e al mezzogiorno del Po. E si riterrà pure la 'città ed il forte d' Alessandria con nn piccolo territorio annessovi. Osserva:::ione del Conte De Maistre. « Qual nome dati! alla cessione, rhe si ricbied e da· S . M.? È forse un dono? È una mercede? È un' ammenda? È malagevole darle il vero nome. S. E. il cancelliere d'altra p~rteè pregato fare attenzione alla chiarezza di questi confini cioè del ramo occidentale de Ila Bormida, del Tanaro e il mezzodì del Pò. All' infelice Monarca non rimaneva che firmare: l'esecuzione gli avrebbe schiariti. >> 2. Tutto il rimanente degli antichi · territori del Re di Sardegna gli saranno restiruiti, compreso la contea di Nizza e la Savoja, allorcbè questi territori saranno ritolti al nemico. Osservazione del Conte De Maistre. « Si chiede.al Re Alessandria, città grande al pari di T orino, forte quanto Torino, e a poche st~zioni da Torino: e gli

15 si promette in ricambio oltre Finale, la Savoja e Nizza, quando questi paesi sararmo tolli al nemico. 3. La parte del territorio.genovese che si tr~va··all'ovest del. Finale, il Finale stesso inclusive, sarà cednlo al Re di Sardegna, e ·tutti i suoi Stati non eccettuato questo nuovo acquisto gli saranno garantiti dall'Imperatore e dal Re della Gran Bretagna. Osservazione del Conte De Maistre. « Finale stesso: è uno sforzo, come si vede, ma pur nondimeno a spese altrui. » ' 4. La sovranità del .Re di Sardegna sarà restaurata in questi territori, e il governo vi sarà amministrato in suo nome e per la sua autorità tostochè S. M. avrà fattQ cessione a S. M. l' Imperatore, del suddetto territorio ritenuto da S. l\:1. !. e R. Osservazione del Conte De IJJaistre. << Qucst~ Sovranità che promettesi restaurare era dunque rovesciata, c da chi? Eppure il Maresciallo Souvaroff aveva proclamato al suo arrivo, l'autorità del Re, ed il marchese di S. Andrè era stato dichiarato luogotenénte generale di S. M. r.ìotate che S. M. l'Imperatore ha conqui:Stato il P i emonte al suo alleato, e non lo renderà che allorquando il Sovrano legittimo gliene ceder;'a una parte insieme con una città che in fatto annullerà questa Sovranità. » 5. JI Re di Sardegna non rientrerà sul territorio Piemon· tese durante la guerra e in questo tempo il governo sarà amministrato da una reggenza nominata d~tl Re di Sardegna, che si concerterà amichevolmente coi generali austriaci ed un Ministro di S. M. Britannica incaricato di una missione straordinaria in prop0sito, su tutto ciò che può concernere la guerra etl i mezzi da somministrarsi pel successo della medesima. Il

He di Sardegna manterri1 nn corpo d' armata, quale potranno comportare i propri mezzi cd il soccor~o di S. M Britannica ; cd il Piemonte c gli altri stati sul continente del Hc di Sardegna forniranno il pane, i foraggi, il trasporto alle truppe imperiali adoperate ne' territori Piemontrsi, per quanto i mezzi del paese lo permetteranno: limitando pur nullameno il numero delle truppe imprriali per le quali queste forniture saranno esigibili, nd un numero !òpecifìcato che sarà stnbilito di bnon accordo fra il Go,•erno Austriaco e la reggenza del Piemont e, sebhene il numero delle truppe imporinli impiegate nel territorio imperiale fosse realmente più grande. O.>serva:;ionc del Conte Dc JJ1aistre. « Promettere prima di nutrire le truppe, po! ne ~perifìcheremo il numero. >> 6. Tulla l'armala Piemontese sarà posta interamente a disposizione e solto gli ordini di S. M. l'Imperatore pendente la guerra, e la direzione di tutte r opernzioni c di lutti gli affari militari in quest' epoca, sarà data all ' Imperatore. eccetto la nomina agli impieghi ed alle càriche officiaJi, che sarà riservata al He cd rtlla reggenza. • L' Imperatore impiegherà una forza conveniente per difenliere contro il nemico ~ territori del Re che sono ·già conqui- ~tati e farà il possibile onde riconquistare· il rimanente, per quanto i casi e le circostanze lo permetteranr.o. Osser'l:a:ionc del Conte Dc Maistre. « Ciò è dire: Voi non conserverete che il nome di, Re : non sarete che un istrumento meramente pass1vo fra le nostre mani: le vostre armale, le vostre pia1.ze, i . lOStri arsenali,·. i vostri tesori saranno miei: Yoi non ritornerete mai più ne' Yostri stati. Non mi cadrà pure in mente di asS<'gnarvi sui vostri stati una rendita sufficiente per vivere; in ricompensa mi cederete Alessandria , ed una parte, che noi stabiliremo, delle ,·oslre

~i province 1e più fertili. Per mia parte vi darò da dieci a dodici leghe di CO!I te su la cornice che nqn mi appartiene, ·~ome pure 41 Finale che del pari non mi appartiene, e pitì vi renderò i territori che occupa it nemico, per quanto i casi e ·Je circ0slanze deJia guerra Jo permetteranno. Tal' è, senza ·calore e senza esagerazione, ·il resultato. -~ Il Tapprescntanle della Sardegna non ·erasi inda!'no r1volt@ ~qJa Corte di Pietroburgo per trovare nella mano potente della Russia un freno alla cupidig·ia dell'Austria. Jndi a breve tempo Ginse;ppe De Maistre scriveva : « J: Imperatore Alessandro ha fatto dichiarare all'Austria che egli non permetterà mai -che nulla si tolga agli Stati del Re di Sardegna. >) Giuseppe De Maistre era figlio delia .Savoja; i suoi prnm :voti, le sue più vive aspirazioni Jo riconducevano instintivamcnte verso la Fr·ancia. La novella grandezza ch'egli riserbava, e voleva assicurare in Italia aJI' illustre casa di Savoja doveva trovare il suo più fermo sostegno sulle rive '<lella Senna. 11 1:2 ,Marzo 1804 scriveva: cc L'integrità e l'influenza deJJa Francia son necessarie atrEuropa e massime a noi. La :casa di Savoia non ha altro nemico essenziale e naturale che la Casa d'~A ustria: cont1'o essa dunque precipuamente dobbiamo cer.care un appoggio, .e non possiamo trovado che nella Fr,ancia. ~ Dtto anni dopo, -e precisamente il 24 Dicembre 48i2, 1n mezzo ai grandi avvenimenti che si compievano, Giusepp,e De Maistre sempre fermo nelle sue cominzioni politiche, dirigeva al Ue ViUm·io E manuellc un lungo memoriale in cui si legge: « Se noi passiamo .<laiJ~ pretensioni alle inlenzio~i de lle due potenze a noslro riguardo, Je tro,·iamo assa i differenti. Ripetiamo che non devesi giudicare della Francia da ci ò che ved.ia1no ,dopo 20 anni: ciò varrt:bbe gilldicare di un uomo .as· 2

fS 51!nnato da ciò che egli ha fàtlo dhranre nn accesso· di deliri o. « La Francia , nel suo stato naturale, non voleva recarci1 danno. ta bisogna procede ben diYersa, qt1anto all'Austria e nulla meglio lo ha provato del trascorso periodo di 20 annii. La buona feJ e del nostro Gabinetto, e la dependenza assoluta all'Austria, cui lo soggettavano la. s-ua morale e la sua delicatezza , avrebbero potuto raccomandarlo alla giustiz:a e generosità di quello di Vienna: peraltro ciò non avvenne. Il divisamento di oonqi.Jistarci fu invariabilmente c apertamente seguito, e pur anco lungo spazio qopo che i giù grandi infortuniii au ebbero dovuto oiTrire le più grandi lezioni. »• ({ Un Mini~tro Austriuco, il conte Kevenhul cr, dichiarava' pure ad allissirna voce ed in. mezzo agli stati medesimi di V. 1\1. Che giammai l' Imperatore SU() padrone permetterebbe all 'antico Sovrano di rientroni.« c< Per la natura stessa delle cose, l'Austria, fino a che norl' muteremo nè· di· forza, nè di· situazione rcspettive in Italia, sari1 spinta ognora da una tendenza invincibile a. progredire· contro la Casa di Sa,·oja, e per giungere a tale scopo profit'- t'erà di tutte le occasioni. » << l'interesse più evidente dera Casa di sa'voja, interesseche ella ha comune con tutta l'Ilalia, è senza fallo che qu~l ­ )a d'Austria nuf/a possegga in quesfe cnnt1'adc, salvo inden-+-- nizzarla in un modo degno di lei ncli'~4Uemagna. Nulla havvi· in questa proposta di contrario al ri spetto dovuto '!il una dellepiù grandi Case deWuniverso. » <c Dicesi solo, ed è un fat:o incontes tabilc, che i suoi possessi in Italia non fossero proficui· a lei , nè all'Italia, e che· nuocevano infinitamente alla Casa di Savoja, qualunque esser potessero d'altra parla le relazioni di sangue fra le due· anguste famiglie . Lrultimo agente di S. M·. a Vienna fece ride... re assai' la cliplemazia , allorchè si lusingò di avere tio..tlmente· persuaso quell'a cas-a di abdicare i-1 sno sistema in proposito de~ nostro. Quest'uomo di fedele e sLimabile· memoria non volev<ll ricordarsi cll~ la ragione di• Stato nu11a abdica e nulla puÒ> albd:icarc ;, in q_u.alche occasione· ella fing,e dorm:ire, ma sem.-

~9 pre Ea ciò che fa, c niuno al mondo deve lus~ ngarsi di con- ,·crtirla. » Ingrandire il Piemonte in Italia, espellerne per sempre l' Austria, persuadere la Corte e il f;abinetto di Torino essere incompatibilità assoluta fra il dominio Austriaco in Italia e la sicurezza, l' indipendenza della Casa di Savoja, ecro qual'era il fine, quali le vere basi della politica seguita da Giuseppe De Maist re nella sua lunga missione a S. Pietroburgo. E-se pongasi mcnle all'ardore, all'insistenza con cui l'eloquPnte difensore dei troni e degli allari ricercava il trionfo òi tale causa, è forza dedurne che senza alcun fondamento si accusano gli uomini di Stato che dirigono attualmente gli affari del Piemonte, di avere repudiato la politica tradizionale del loro paese, pc.r adottarne una rivoluzionaria. Nel gran ~iudizio ehe si agita e che è di un interesse vitale per la Casa òi Savoja, lo .spirito rivoluzionar io non è in ca.usa. È la rivoluzione, per lo contrario, che atlinge le sue forze in uno stato di cose che Giuseppe De 1\Iaistre voleva estirpare per sempre, uccidendo, egli scriveva, le speranze dell'Austria in Italia. Infatti il giorno che questo nohile paese avrà ripreso la sna esistenzn nazionale, uno dei più ardenti focolari delle passioni rholuzi ònari::~ sarà spento in perpetuo,e I'Europasari~ p rcscrvàta dalla minaccia permanente di un grande pericolo. . Fino dnlla caduta del primo impero , il conte Giuseppe Dc Maistre previde tutti i mali che un rimpasto politico a\'Verso alle nazionalità farebbe provare all'Europa. l.' estratto seguente di una nota verbale da lui diretta al conte di Nesselrode è me· ritevole di o~servazione. « In primo luogo le nazioni sono qualche cosa n~l mondo; non è perme~so considerarle punto, lederle nelle loro convenienze, affezioni e interessi più cari. Gode l'animo a chi scrive queste linee ricordare tali massime in presenza di nn Sovrano quale S. 1\f. l'Imperatore di Russia, il più alto protettore dei popoli, il più religioso osservatore dei loro privilegi, il migliore amico dell'uomo, in una -parola, in tutta l'estensione del termine. )).

~o Ma un grande ostacolo ponevasi ai huoni offìci della Corte (]i Pietroburgo, a pro della politica italiana della Casa di Savoja. Nel 1813 l'Austria fedele ai suoi istinti erasi congiunta ni nemici dell'Imperatore Napoleone I., cd affrettata a vendere la sua cooperazione a prezzo di una gran parte del territorio d'Italia . Il 10 Maggio 1814. il conte fiiuseppe De Maistre scriveva al He ViLtorio Emanuelle l. « Mi la sciano dire tutto ciò che voglio, ma non vi ha modo d'averne risposta diretta e sr.rilla. (( Il Gabinetto d'Austria avendo preteso come patto inrfedinabile di sua adesione che S. M. T. non si immischierebbe afTallo nelle cose d' Ilalia. essa mantenne la parola; ma finalmente vedremo qualche cosa....•••• « Non dubito che il nostro stato sia una delle rngioni che mi ha privato d' una udienza. S. M. I. ha avuh.1 timore d'un co11oquio ilaliao. » Il conte De Maistre pur tuttavia non )asciavasi abballere dallo scoraggiamento. Allorchè fu accertato di non potere impedire a1Ja Corte di Vienna di estendere il suo dominio in llalia, si diè ogni cura di sollrarre la Casa di Savoja all'alta sonanità imperiale. In questo pen.;iero scriveva al ministro degli affar·i esteri in Torino: « Fa d' uopo con tutti mezzi immaginabili evitare la parte di satelliti dell'Austria. » E poirhè non potevansi tro\·are questi mezzi nel seno del ( :ongrcsso di Vienna, Giuseppe De Maistre consigliava di andare a ricercargli sul terreno stesso ove la rivoluzione c l'impero francese si erano ingranditi. Il 18 Luglio 1814 scriveva da Pielroburgo al conte Valesia ministro degli affari esteri: «Fate attenzione allo spirito italiano che è nato dalla rivoluzione. Jl nostro sistema timido. neutro, sospensivo tasteggiante è mortale in questo stato di cose. 11 Re si faccia capo degli Italiani, in ogni impiego civile c militare e pure anco della Corte, adoperi indifferentemente de' rivoluzionari, eziandio a nostro danno, ciò è essenziale, vitale, capitale, le espressioni mi mancano. » J...' uomo di Stato cbc osava dare simili consigli prcoccu-

~4 pavasi evitlenlemente dell'opinione pubblica, di cui forse solo fra i consiglieri del Re Vittorio Emanuelle, conosceva l' onnipotenza. Coloro che nel maneggio degli affari, 11hanno in poco conto perchè credono essere tuttavia ~gevole dominarla, troveranno un'utile ammaestramento nei seguenti riflessi che Giuseppe De Àfaistre dirige loro dal forìdo della sua tomba. « L' opinione può essere agguagliata al vapore. Per formarla, è necessario il fuoco ; J1la una volta formata, solleve-- rebbe i Pirenei. Allora gli u~ini non si contano più nel modo ordinario; si moltiplicano li uni per gli altri: tr~ e tre fanno nove, ciò è sempre accaduto. << V uomo di per se stesso è nulla; è un pallone formato d'un ampio tessuto, la cui grandezza, bellezza e potenza dipendono unicamente dal gas che lo riempie; questo gas nomasi religione, libertà, orgoglio ec. In una parola, tutto dipende dal sentimento morale che infiamma l' uomo, e ace rescc smisuratamente le sue forze. '» Arrogi che Giuseppe De M~istre sapea bene come il sentimento morale che domina gli Italiani sia la nobile passione dell' indipendenia nazionale ; c consigliando al Re di Sardegna di essere anzitutto italiano, indicava la sola via che fosse aperta alla Casa di Savoja per acquistare un atto grado nel mondo senza essere condannata a soffrire il grave patronato dell'Austria. Seguendo odiernamente questa linea politica, Vittorio Emanuel1e Jl può fare assegno sull'appoggio formidabile .di quella fvrza che Giusèppe Dc Maistre riscontrava capace a sollevare le montagne, di quella forza che governa il mondo c che nomasi l' opinioné pubblida. I trattati del 1814 e 1815 rovinarono tutte le speranze di Giuseppe Dc Maistre, ma ciò che pose il colmo a1Ia sua afflizione fu vedere 1' Austria assicurata nel suo dominio sull' Italia. Egli scriveva su tale argomento al Ministro degli affari Esteri in Torino: <é. Che vi dirò dell'Italia, sig. Conte? Voi vedete ciò che vi accade meglio di me. Povera Italia! Quelli che l' amavano,

hanno fallo quanto potevano; ma occorro11o altre macchine per tral'la dall'abisso deplorabile ove è caduta > E noto che all'epoca fatale in cni la Francia ·era schiac· data . da una Coalizione sostenuta da un milione di soldati, l'Austria aveva tentato di far radiare per sempre la sua for- •nidabilc rivale dal numero delle granùi potenze, Giuseppe Dc ::Maistrc gioì di aver veduto abortire questo egoista disegno : t< Vedo » scriveva «nella òistruzione della Francia il germe di due secoli di massacri, la sanzione delle massime pi1'1 odiose del machiavellismo, l' abrnlirncnto irrevocabile della specie umana ed anche, il che vi farà più maraviglia, una piaga mortale alla Religione . • . • • • « La Francia ha avuto sempre ed avrà per lungo tempo, secondo le apparenze, ur~o dci primi gradi nella società delle Nazioni. « AltTe nazioni, o per meglio dire, i loro capi hanno voluto trarre profitto contro tutte le regole della morale da un delirio che aveva invaso i Francesi, per gettarsi sul loro .paese e dividerlo fra loro. La Provvidenza si oppose; elh.t fi• sempre bene, ma non mai più visibilmente a mio parere. » Fedele a11a sua fiducia nell'avvenire della Francia, Giuseppe De Maistre seppe mantenersi franco dai pregiudizj e dalle illusioni dei suoi correligionarj politici a riguardo di Napoleone e della famiglia Bonaparte. Nell'epoca che egli era dominato dalla bramosia di recarsi in Parigi a perorare presso l'Imperatore la causa_del suo Be aveva già scritto: H Se i Borboni non possono regnare o non ~ sono degni, mi auguro che Bonaparte fondi una d(nastia durevole e che la Provvidenza ne usi ·come di uno sLI'umento per ristabilire l' ordine e la pace del mondo. » Allorchè sopraggiunsero i giorni dell'infortunio e deU'esiglio per Napoleone e la sua famiglia, Giuseppe De 1\Iaistre non divise l'opinione allora dominan-te fra gli uomini di stato, che l'avvenire era chiu-so pe-r sempre ai Bonaparte. L'8 Novembre 1816 scri~eva al ministro degli affari esteri in Torino:

~3 ·« 'Ho poco irftèso quanto "V. E mi fa l'onore òi dirmi in ·p;oposito della svantaggiosa condizione io cui trovasi ·il prin- -c•pe Borghese c9me parente di Buonaparte. Non vi ha per ~to •contrario nulla di sì vantaggioso che di essergli attenente, o d'averlo servito. .La sua persona solo -è scomparsa, ma il ,suo spirito rimane. Egli ha creato dei nobili dei principi, dei Re. Tuttociò sussiste. Jl Te di Ji'rancia porta il -<Suo ordine• .Egli è caduto solo perchè il .vone. Quanto alla sua famialia . o 'tlUlJa può farla indieh'eggiar.e. '> Ai nostr.i giern.i glì .a•N'venimenH hanno date ra~ionc a Giuseppe De Ma-istre. G4i .eredi di 1\'apoleone I, asceso di nuo\'o Iii trono, possano non obliare le lezioni del passato da cui òebbono aver molto imparalo, .massime a ·riguarao dell'Austria . Appena questa potenza ebbe veduto la situazione geneTale dell'Europa de6nitivamente regola1ta dai trattati di Vienna adoperò tutta la :sna attivìlf.à in Mterar.e ·a proprio vantaggio l'equilibrio italiano, che pure facea parte dell'equilibrio E'u1'opeo. E -se un goveTno non ha diritto d'intitolarsi Collse!\vatore che a patto di subordinare i propri interessi a queUi permanenti del1'ordine generale, può dirsi francamente che la poHtica adottata d'a11ora in ·pei 'in Italia dal ga1rinetto di Vienna non è stata -che una po1ìtica rivoluzionaria. Le potenze segnatarie dei trattati del 18f5 avevano riconosciuto nella penisola Italiana degH stati indipendenti, che doveano equilibrarsi fra loro, mediante una giusta repartizio- ' ne delle loro forze. Egli è ' 'ero che in fatto un tale stato di cose non poteva esistere a cagione deJJa posizione prepondel;ante dell'Austria. Questa potenza avrebbe dovuto almeno rarchiudersi nei limiti dei trattati che tanto le avevano Jar, -gheggiato d'influenza~ ma essa non tardò a violarli per giungere a stabìlire in tutta J•Jtalia un vasto sistema di cui l'Imperatore esser dovea il centro regolatore. Il re delle Due Sicilie si sottom·ise senza dubbiare al protettorato dell' Austria, e si obbligò a non effettuare nelle istituzioni de~suoi Stati aJ.. .cun mutamento che non potesse conciliarsi con i principii adiJltiJti da S. Jl. I. e B...4p. pel .regime in.llerno delle sue

~~ province italiane . J..a Casa Reale di Savoja seppe meglio s<>'- stenere la dignità della sua corona , e gl'interessi più vita-li de'suoi popoli. Questa resistenza diè vita ad una lotta diplomatica, in cui Giuseppe De Maistre fece pompa di quell' ardore patriottico ch'egli poneva in opra ogni qualvoHa il buon dritto, c gl'interessi del suo paese eran<> in opposizione con l'Austria. E allorquando il gabinetto di Vienn}l, per annullare i vantaggi che il Piemonte dovea ritrarre dalla sua riunione con Genova, diè segno di adottare le doltrine commerciali che allora erano in voga, il conte De MaislrP. si affrettò indicare ai Ministri di Vittorio Emanuelle il modo di sventare quegli intrighi. È cosa notabilissima che quell'uomo di stato era partigiano del libero cambio. Ecco ciò che scriveva nel mese d'Aprile 1815- al M;inistro degli affari esteri in Torino: « Gli animi sono divisi sulla questione della libertà del commercio. Mi accertano che il conte !.la Kosehorbey è il,solo nel Consiglio di Stato, che sostenga tale sistema. Ho già dètto a V. E. che la caparbietà e l'orgoglio nazionale hanno gran parte nell'esame della questione. Quanto a me inclino per il sistema della lfbertà per due precipue ragioni una teorica ed altra pratica. La prima è che non credo punto possibile ch.e una nazione compri più di quanto vuole. La seconda è che non ho mai veduto qualsiasi governo mischiarsi direttamente nel commercio dei grani e vietarne l'estrazione, senza produrre subitamente Ja carestia, o il caro. Perchè non avverrebbe Jo stesso per gli allri oggetti? Ma tutte le teorie uulla significano. Ciascun governo ha le sue massime, e fino a che due governi potenti sieno convinti di un'esperienza che non potrebbe nuocere, e potrebbe arrecare un bene immenso, si disputerà sempre su questa tesi . » Allo effetto di rovinare l'avvenire commerciale e industriale del Piemonte, e in special modo per rendere questo paese ~ la sua din·aslia impotenti a resistere, il gabinetto di Vienna osò nel 1816 chiedere al Re di Sardegna la cessione di una parte dell'alto Novarese, e il diritto di tener guarnigione nel-

25 la cittadellà d'Alessandria. Vedendo che l'Inghilterra non opponeva che debole resistenza alla cupidigia dell'Austria, il conte De Maistre fu sollecito a difendere la causa del sno Re presso l'Imperatore ~~lessandro. In una nota indirizzata su tal subietto al conte di Nesselrode in nome di Vittorio Emanuelle I diceva: « Il mio Signore non ricorre soltanto all' Imperatore ùi tutte le Russie nella sua qualità di re di Sardegna, ma parla come principe Italiano, come membro della sovranità Europea, come difensore della giustizia generale. Non havvi più equilibrio, non più eguaglianza politica. V Italia s' ecclissa, tutti i principi Italiani non sono più che vassalli dell'Austria ed in breve più non esisteranno. 11 He di Sardegna è minacciato pel primo, e ciò è assai naturale; da chè fu divisato sottomette1·e tutta l'Italia, non havvi nemico più costante di lui a tale disegno, ne più potente in Italia. » Le insistenti premure del rappresentante del1a Sardegna furono bene accolte dall 'Imperatore Alessandro il quale per la seconda volta fece intendere all'Austria che la Russia non permetterebbe giammai che fossero violati i trattati a danno dell'integrità degli Stati di S. M. Sarda. Trattenuta dalla mano dello Czar nelle sue mire d' estensione territoriale, l'Austria ritornò con ardore all'idea di stringere i principi della penisola nei legami di una federazione sotto la presidenza dell'Imperatore. Giuseppe De Maistre scrisse a tale effetto il 15 luglio 1816 al ministro degli affari esteri a Torino: « Per finire con la politica non risposi con la posta a quanto V. E. mi fece l'onore di dirmi in una delle sue lettere precedenti circa la lega ltalica e le giuste esigenze di S. M. come principe italiano. Avendo l'onore di parlargli francamente, oso credere che per tutte le ragioni possibili non dobbiamo esporci a tale cimento. La distinzione come Imperatore, o come principe Italiano non riuscirà; quegli che può sempre venire sulle sue terre da Milano sino a Snczen, frontiera della Hussia, non lascerà mai libertà nella dieta. >>

26 « Ilt·e di Napoli ci dirà: ho sette milioni di sudditi, cen· lo milioni di rendita , c mi chiamo Dorbonc. So bene in che lo superiamo; ma conservando pur anche l'equilibrio non otterremo la s.lp.eriGrità· in qualsivoglia modo non scorgo che possiamo guadagnare in questa lega. « L'Imperatore di Russia si è addimostrato il Salvatore dc1l'Enropa, e di noi particolarmente, salvando la Francia, c per conseguenza l'equilibrio generale. « Sventurati noi, e molli altri, se l'Imperatore non potesse serbare il contegno che adesso mantiene! » A guarentire il Piemonte da una lega con l' Austria, e conservare alla Casa di Savoja il solido appoggio dell' Imperatore Alessandro, Giuseppe De Maistrc consigliò al re Vittorio Emanuelle l, di firmare il trattato della santa alleanza: « Perchè, ei scriveva, dùpo essersi alleato in nome di Gesù « Cristo Nostro Salvatore, Verbo dell'Altissimo e parola di « vita, perchè cd a qual fine allearsi in nome di Metternich?>> Ma s'interpetrerebbe male il pensiero di quell'uomo illustre. se lo si giudicasse favorevole ai trattati ed ai principj che solto il nome di santa all eanza costituirono durante gli ultimi 40 anni la verace professione di fede de' più caldi fautori del partito politico religioso onde Giuseppe De Maistre fu l'oraco·lo - Lasciamo parlare lui stesso. « 7 Novembre 181 5 - Una grande rivoluzione religiosa è inevitabile in Europa, e già è assai inoltrata. Nessuno dc· gli uomini che versano in tali riccr.che lo ignora. La dichiarazione che ho l 'onore d'acccnnani è una fase di questa riYoluzione; fra breve, senza fallo, essa di,·errà inutile, ma attualmente non è tale, ma sihbene oltremodo significativa c produrrà un grand'effetto. >> <c Fa d'uopo che s. M. consideri che lo spirito che l' ha dettata non è catlolico, nè greco, nè protestante. È uno spirito particolare rhe studio da 30 anni ma che troppo lungo sarebbe delineare. A me basterà dire che è tanfo buono nelle comunioni separate, quanto pcrniciosQ fra noi. »

27 Il 2 febbraio 1816 Giusc~pe De Maistre riappiccava lo stesso argomento in un dispacc:o dircllo al Ministro degli affari esteri a Torino: « Sono pienamente informato delle macchine che gl' il :uminati hanno adoperate per avvicinare· l'augusto autore della convenzione, e per insiuuarsi nell'animo suo. Anche le donne vi hanno preso parte come è loro costum<.'. « Noti V. E. cbe la convenziGne non ha titolo, ed io aggiungo che non può averne, cd ecco perchè : perchè tutte le grandi ed egregie persone che l'hanno sottoscritta: non conpscevano in tutta la loro estensione le mire di coloro che la dettarono, e (Jerchè questi si davano cura di non spiegarsi chiaramente. Se lo spirito che genèrò quel documento straordiuario avesse par~<)lo chiaro \ 'Ì leggeremmo in fronte: convenzione per la quale i tali c tali Principi dichiarano che tutti i cristiani non sono che una famiglia professame la stessa religione e che le svariate denominazioni che li distinguono nulla significano. >> Anerso per principio alla sànta alleanza, Giu~eppe De Maistre credeva altresì ch'ella fosse un attentato permanente alla sovranità dei piccoli Stati, e uno de' più grandi oltraggi che le grandi potenze potessero fare alle leggi fondamentali del diritto internazionale. Ecco quanto scriveva il 27 Aprile -1816 al sig. De Vàlesia: « È una verità trista del pari che ineluttabile, signor Conte, non esservi che quattro sovranità in Europa, e non senza ragione nel trattato di Vienna esse chiamansi le Potenze; infalli non ve ne hanno altre. Questo stato di cose durerà sino alla prima dissonanza del gran quartetto. « Allora tutte le potenze di secondo ordine si uniranno alla grande malcon.tenta, il trattato di Parigi sarà dichiarato nullo a piè della lettera, siccome attentatorio a' più sacri diritti -della Sovranità Europea. Frattanto mi pare che tutti i Sovrani compresi da questo stato di cose, debbano prendere grandi precauzioni onde apporre ai loro atti senza alcuna affettazione certi segni di sovranit~, avvegnacRò-t il Re che obbedisce non è Re. 1>

28 Uno de' più grandi effetti ottenuti oggigiorn•J mediante la guerra d'Oriente è stato la caduta definitiva di quella Santa Alleanza che fu per si lungo spazio il pernio della politica del gabinello di Vienna. La Russia meno interessata al mantenimento di tale alleanza di principj, ne aveva accettato lealmente per 33 ·anni la responsabilità ed i gravi obblighi che giovavano soprattutto gl'interessi dell'Austria in Italia. Fu altresì lo Czar che in nome della Santa Alleanza ' salvò nel1848 la Casa d' Absburgo da un immenso periglio. È lui pure che l' Austria ha pagato della più nera ingratitudine. Non direbbesi che una voce si JeYi da ogni parte in Europa per avvertire gli uomi11i di Stato, che dirigono gli affari del loro paese, di astenersi dalr associare la loro politica a quella di questa potenza sempre infida e sconoscente 't Bene a ragione Giuseppe De Maistre esclamava : « La Casa d'Austria è una grande nemica del genere umano, e in special modo de' suoi alleali. » Il diplomatico coscienzioso cd onesto che proferiva un giudizio sì severo era lo stesso che verso la fine del 1816 scriveva al Re Vittorio Emanuelle 1: « Noi siamo di fronte all' Austria, come sarebbe una donna severa dinanzi un giovin temerario; essa nulla deve concedere. » Ottima raccomandazione a riguardo di una potenza che da un mezzo secolo non ha rifuggito da alcun mezzo per far prevalere la sua politica tradizionale di dominio su tutta l'Italia. Come conseguenza di questa invasione costante c progressiva presso che tutta la penisola è oggi incatenata ai destini ed al volere dell'Austria, mediante convenzioni e trattati in opposizione diretta coi trattati generali che formano le base del sistema politico dell'Europa Le rive del Pò non ser- ' 'ono più di limiti all'impero d Austria in Italia; la sua autorità quasi sovrana è stabilita a Napoli, negli stati del Papa, in Toscana e nei Ducati. Le truppe imperiali accampate in prossimità della frontiera occidentale degli Stati Sardi non a-

29 spctl:Jno che 1' ordine di marciare per porre nel effetto la minaccia lanciata contro il Re Vittorio Emanuelle II nel 1851 : ch' eb li av rebbe a prntirsi di non porre l'andamento del suo governo all'unisono di quello seguito negli alt·ri Stati dell'Italia . Se le grandi potenze alle qua1i è aflìdato il mandato di far ri:o:pettare i trattati, non si uniscono per chieder conto all' Austria di questo stato anormale e pieno di perigli, esse non. dovranno accusare che la propria incuranza se vedranno l'Italia sollevata e valente farsi giustizia con le armi alla mano. arruolarsi sotto il vessillo del Re leale e valoroso, èhe solo fra fra i Principi italiani ha sostenuto il nobile penisero che Giuseppe De Maistre tentò di far preval ere, perocchè quella ment e S'Ihlime ben sapeva che il dominio straniero è il pi~ grande fra i mali che affiigger possano nn popolo. Allorquando il suo genio elevavasi alle più eccelse verità del Cristianesimo scriveva: « La più grande sciagura · per l' uomo politico è obbedicc re ad una Nazione straniera. Nessuna umiliazione, nessun cc tormento del cuore puo essere a questo agguagliato La Nacc zione soggetta, a meno che non sia protetta da qualche legge << straordinaria, non crede obbedire al Sovrano, ma alla Nacc zione di esso; e nesstma :!\azione sa comanrlare ad un ' allra. « Osservate i popoli più saggi e meglio governati, e li vP.- cc drele perdere assolutamente quella saggezza, e non più ras· <( somigliare a se stessi, quando si tratti di governarne altri. cc l.a sete del dominio essendo innata nell'uomo , la sete di cc farlo sentire non è forse meno naturale; lo straniero che « viene a comandare ad ima Nazione · soggetta in nome di « una sovranità lontana, anzichè informarsi delle idee nazio- « nali, onde uniformarvisi, non sembra troppo spesso stu· cc diade che per avversarle ; egli credesi più padrone a mi « sura che aggrava più duramente la mano. » Quindi tutti i popoli concordano nel collocare al primo « grado de' grandi uomini quei fortunati cittadini che ebbero u l ' onore di sottrarre il loro raese al giogo straniero; eroi se « riusciron.o, martiri se fallirono nell' impresa, i loro ~om i « traversano i secoli . >>

30 I: Italia ebbe già troppi l\Iartiri, Dio le srhiuda adesso r era degli eroi. Ma la questione Italiana che sp·arge odiernamente sì profonda inquietudine in Europa può ella essere pacilìcamente risoluta dalla diplomazia? Siffatta soluzione sarebbe preferibile nell'interesse dell ' umanità. L'autore di Napoleone III e l'Italia disse a ra gione : << Noi desideriamo ardentem ente che « la diplomazia faccia alla vigi 'ia di una lotta ciò che farehhe << l' indomani di una vittoria. L'Europa si unisca energica- (( mente per quest'opera di giustizia e di pace.» Sono questi saggi cot;s igli degni delle tendenze pacifiche che fino dal 1852 hanno diretto tutti gii atti del governo di Napo!eone Ili . Pur nullameno per regolare in modo durevole gli affari d'Italia coi mezzi onde dispone la diplomazia, farà me stieri superare un immenso ostacolo. Che vale chiudere gli occhi per non vedere il fuoco? Il fuoco brucerà sempre. JJ vulcano la cui eruzione può ditronder~ la rovina e il devastamenlo l olle sordamente nell e parli dell ' Italia che l' Austr ia tiene sotto il sno dominio. Il fermento che regna nelle altre parli della penisola non è che secondario. Gli uomi ni di Stato che governano gli affari- dell'Inghilterra dovrebbero ciò comprenciere, o a meglio dire confessare francamente nell 'interesse medesimo del loro paese. 11 principe di Mellernich nr. lle sue istruz•oni confidenziali al Conte Enrico di Domhelles inviato nel 1830 in missione presso il governo di Milano scr:sse : << La brama che hanno gl'Italiani di rendersi indipende-nti « da ogni influenza straniera , br;~ ma che da mill e anni a •< qu esta parte non fu mai appagata, signoreggia attualmente « viepiù gli animi in Italia, e per mala ventura nella pill « gran parte della penisola la tranquillità non potrà trovar << garanzie fuori della sodisfazione di questo sentimento nazio- « naie . )) Siffatta dichiarazione, non certo sospetla, racchiude la vera soluzione della questione Italiana quale aveala pre' eduta Giuseppe De .Ma islre .

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