Domenico Bolzoni - Le nozze di Rut

LE NO'ZZE .. D I R U T TERZE R11t!E DEL L' AnA1' E DOMENICO BOLZONI -- FORLI PEI TJPI CASALIANf. •

• IMPRIMATUR Dit <>6• .Aprilis t8<>3. F, BELZOPPI Vicarius Gener. !orolivi!. - MAZ 0700 00129 MAZ ~710

• ALL' ILLM.O , UCNOR CONTE ANTONIO ALBICINI CIAMBERLANO DI S. M. I. R. A. :H .EL DI' FAUST1S51MO DI SUE JfOt:ZE COLL A. SIGNORA MARC11ES.l VIOLANTE ALBERGATI CAPACELLI 1W..

JLLUSTRISS/11!0 f; IGNOR CONTE! ' D a che la S. V. I llustrissima, saggiamente tzdop erando, si era posto nell'animo di punder uovell.o stato nella ch•ile società (e fin d'allora pa alto di sua molta gentilez:a le p iacqae farmi parte del suo divisamento ) , io nott potea che provarne in czwrc Zlt maggiore leti:i(J. Peniiero mi nacque in appresso di darglime alcuna p ubblica testirrwnian:a e in modi che da troppo volgari il più possibilmente si allontanassero. Avvisai quindi rù,;olgermi alle storie della Bibbia e trar da esse l'argomento de' miei versi i quali, 'l"alunque sieno, io gli offro a V. S. I llustrissima, soddisfatto se in qualche om di o:io pos· smw esur letti e da V. S . Il. e dalla nobilis· sima SPOSA., cui ella va ad aggiungersi; e molto più se le ricorderanno cltc io so11.0 con p erfettissima stima. D i V. S. Illustri<sima d i Forlì a· 2S. Aprde 11123. Dmno Obblnw Ser~itor• DoxEittca fJoLZOII

LE NOZZE D I R U T - ·- Orha de' cari figli e 1le lo sposo L' infelice Niiemi al patrio tetto Movca con mesto volto lagrimoso ; E' la se sui a per ardente affetto La fìùa Nuora, onde alleggiare in l'arte Qual duolo ad ambe lacerava il petto. Già di Betleme le campagne spar te Vedeansi presso , e, mature le biade, Usava il curvo mietitor su' arte. In questo divenute a la cittade Noemi disse : O mia diletta , o quanto Mi punge affanno di tua verJe etaJe! Non altro i' dart i fuor che amaro pianto Posso, e fia breve, chè durar la Yi ta lo. sì misero stato egli è mal vanto.

Ah! di Moabbo non fostìt partita, Perchè astretta a lograr non ti vorrei Al caldo raggio tua guancia fiorita. Ed ella : Il Cielo di che in guardia sei Mi ti serbi cosi, ('om'io son presta Spender per li taoi giorni i giorni miei. Dimane al campo in sin l'ora di sesta Spighe cogliendo audrò 've cortesi<~ Facil si pieghi a la dimanda oneota, Nè accusare mi udrai la lunga via O ' l fervido Ariete, o ' l corpo lasso: Vince ogni cosa amor che vero sia. Qual chi si trova :1. doloro•o passo , E alcuno il tragge, lanrlandol sen viene Chè fora senza l ui di 'I"Ìta casso. Tale Colei che affonda in mar di pene Si riconforta 11 le sante parole · Nuùrenùo il core di pi u bella spene. Era in quel mezzo a l' occidente il Sole, E sorgere la notte ~ i vedea Che tinge di un color ligustri e viole; Quando la grama Coppia il pie mettca Nell' umil casolare ove pur dianzi T;~nla ùuvizia ù' ogni Leo crcscea.

Oh quai memorie le si féro innanzi ! ... Se non che vinse le gravi pupi lle Sopor più dolce , che altri non,stanzi. Mentre sì discorrean l'ore tranquille l n SO!)flO a Rut un garzoncel mostrosse <..:into ù' innumerahili favi lle, Che su l' aurette li evemen te mos3e Le si approcciava in leggiadro sembiante, A t al ch' ella per poco non si scosse. Poichè fermate al suolo ebbe le piante: Vengo, a dir prese, da l'eterna sede U' volgcrassi un giorno il mondo errante. Diverso assai da quel che l' occhio crede È l' e!Ser mio: aeree forme i' vesto Non corpo c.:he di limo in limo riede. Un Angcl sono ; sta contenta a questo.. E nel segreto tuo accogli e serva Quanto per me ti fìa manifesto. Poco è di notte : anzi cl1e il Sole ferva , Al campo, che al lavor più gente aduna Ti reca, e non temer voglia proterva. Tal n'è Signore che in Betlem l:t cuna Tenne , e sì cl1iara sua virtù risplende Volgendo al miglior segno la fortuna ;

re Che ovunque voci de l'inori :\ intende Largo è d' aita e più si pi:lce in quello ,Cni, non richiesto, la pia man Jlrotenùo. O d' inclita città lustro novello ! Non fu sola cagion tcncl'a c ura Di Lei cb' è fatt a di ù olore ostello : Altra, ben altra, che agli occhi ti. fura. Per b revi istanti impenetrabi! velo Te addusse a queste avventurate mura. Com' el>be detto ciò levossi. al Cielo Di folgor tanto spargendo quel loco, Che Rut fu desta fra paura e zelo. Rosseggiava l' aurora, ed ogni foco In sua spe ra venia di luce muto Col dì che si schiariva a poco a poco ; E in suon più grato di cetra o liuto Al limpido mattin soavemente Note d'amor sciogliea lo stuol pennuto, Ratta f1t dunque a llSCÌr tacitamente La Moabita, le parole intese, E ' l divo aspetto rivolgendo in mente•. E fuori la cittade il sentier prese, Siccome in terno moto la consiglia, Nè guarì andò che un Ver le fu palese,

Il r ertil terreno' cul nullo somiglia Scorgf'si a manca, ed ivi scorge accolta Di mietitori ben grande fami glia; Sicchè pietosa in atto a quelli volta; Deh l piaccia, disse, a vostra hontate Che di spighe qui far possa ricolta. Il consentire a la nova bcltate, E avara meno la destra lasciava Di che appagar sua molta caritate. L'ora intanto del cibo s'appressava; E Booz al campo da Betleme giunto A l'altrui uopo la mensa apprestava. La quale posta, d' ogn' intorno a un punto Correa la turba affaticata e stanca, Ed ha ciascuno suo dove raggiunto. Laudato Iddio, se altri non manca Soggiuns~ Booz allora, e in questo dire Avvisò lei, cul l' opra non dislranca; Cl1e domandata e pronta al suo desire . Modestamente al di'SCO ne venne~ Benedicendo la pietà del Sire. Posciachè sazio qualunque si tenne A la falce tornossi > e Rut ancora. Partia 1 ma quel cortese la ri.tenne,

JS Così p nt'l:mdo : O tu, se , qual t 'in lì ora Bellezza il volto, hai l' a11imo benigno; Che ti trasse a cars hiar la tua tlimorn P So che patria ti fu quel suoi maligno, Onde portò l sraello il duro uicgo Dacchè tinse l'Egitto di sanguigno. Ed ella cominciò : Tuo fort e priego Mi lltrigne aprirti l'acE' rho dolore Con lei diviso a che d' amor mi lego. N è percbè sappi u' vidi il primo allwre Ti fìa men aspro udir miei casi, e meco In !ai vedrotù disfogare il core. E sser noto ù dchhe Elimeleco E la sua donna, e p e r 'JUale cagione Qninci partissi e la progeuie se('O. Ricca di biade la nostra regiont> Gli accolse e loro fu Moab amica Benchè contraria ancor la fam;L suone. Di gemina maschil prole nemica D' o0ni nequizia lieti erah costoro, Ligi mai sempre a la v i r t~~ode antica ; Ed i figli cresoeano in mezzo n loro Sircome tralci di fecon 'la vite Che d' uve iChiudon poi almo tesoro.

... t3 O bennate, clicean le Moabite, Bennate quelle, cui doni h sorte Vivere ad alme sì gentili unite! II padre intanto fu giunto da morte E l'egra sconsolata genitrice, Pallida il volto, e Je pupille smorte , L' ora attendea d'esser con lui felice : Ahi si serbava a più crudele affanno, Che fu d'ogni mio mal prima radice! Da quello istante , ohimè! volgeva l'anno E nn più ùolce pensier spargea d'oblio. La rimcmbranza del sofferto danno. Chè ne' snoi n gli il natural disio Leggendo, ad altro essa il primiero ofl'erse; Fè che il secondo un sol foss' egli cd io. Ma non sì tostamente il Ci !;IiO terse Del lar ,;mare, che in pnì. fi ero lutto E Madre e Nuore si trovaro immerse. Grandine grossa, che in brev' ora il frutto Di auclor lungo e la speme si 'porta Del villane] eh' è a: mendicare adutto • Sua farnigliuola assai meno sconforta, Che non il morbo, éhe a un tratto ne tolte Al correr della vita ajuto e acorla.

Oh come negro· il sol per noi si volse Tra strida' tra COITI pianto e tra sospiri r E l'anima a fuggir l'aie non sciolse? Qui pianse; ed egli : o Rut i tuoi martiri Pietoso a te mi fau , hencbè Noemi Disse più cose che al parlar non miri. Ma fil\ che d' amhe il duo l tocchi gli estremi; . E già procede con giocondo viso Quella perchè t'accori e speri ·e temi. Rasserenos'si e lampeggiò d'un riso Dolce così come se le venisse Un Angelo novel di Paradiso. E a lei volando, pria che il labro aprisse , Appiè le cadde di piacer sì piena, Quasi fuor l'alma del petto le uscisse. Poichè fu surta e polso riebbe e lena Tutto uarrar le volle a mano a mano, E Booz indarno accennando l' alfrena. In questo lli Betleme il prossimano lvi aggiugnea, che ]>er usato stile Di Sposo a Rut dovea porger la manq. Ma , si tenesse cotai nozze a vile, O segreto sospir fosse d'altrui, Od atto pure d'animo gentile,

:ei la eedea; n è cosa era da lui • Chè in Cielo stava in adamente scritto E il quando e ' l dove esser dovesse, e a cui. Compiuto adunque l ' ordine prescritto , Suhitamente riprese il cammino Lasciando Booz pensoso in suo diritto. Ma breve fu; chè quale in bel mattino Sorge di pura luce un vivo raggio , ·Che allieta lo smarrito pellegrino, Sì tremolava a gli occhi di quel saggio Lampo improvviso , che il dubbiar fè scemo , In quel vivido suo muto linguaggio. Tutto scorse Noemi, ed il supremo Voler conobbe, e a Rut: o a me più cara, Disse: certo tue Nozze ora vedremo; A Booz t 'accosta, di tua doglia amara Il fine è giunto , mio peusier non erra; l: Rut rispose : il vero or mi sì schlara. Celeste Spirto i vanni a me disserra .•• L'odo parlar misteriosi accenti ..• O Booz, o sola pace a tanta guerra! Cui stretta al seno: te le umane me11ti Rassomiglino n Li a, ed a llachele; Di te si lodÌ)t le veature genti.

r6 Teco Noemi, e teco il tuo fedeJo Vivrà finchè il migliore Rl Ciel ritorni , N è' fia mai che i11 noi stille assenzio e fiele Chi tristi reade d&' mortali i p orni. J __; 37tO l .

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