Antonio de Viti de Marco - Problemi del dopo guerra

. I ♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦ ♦ OPUSCOLI DELL'ÙN IT À, N. 4· ♦ ♦ ------- ♦ ♦ A. DE VITI DE MARCO ♦ ♦ ♦ : PROBLEM: I : DEDLOPGOUERR ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ -•7,>J'lr':I ♦ ♦ ,_.,..-,v- ~ ♦ ♦ ♦ La VoceS. ocietAànonimEaditrice• Roma ♦ ♦ Trinità dei Monti, 18 ♦ ♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦- Biblioteca G '10 Bia'1co

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A. DE VITI DE MARCO Problemi del dopo guerra ~• Voçe,Società AnonimaEditrice" Rom• Trinitàdei M11ntl,16

PROPRIETÀ LETTERARIA B bliotecd Gino H1 neo

PREFAZIONE Siamo sicuri di rendere utile servigio alla coltura politica dei lettori di questa collezione, raccor!_liendoin opuscolo tre scritti, che l'on. De •f'iti de Marco ha pubblicati nell'Unità dell'1i1 gennaio, '8 febbraio, 1° marzo 19'19. Raccof?liamo così in pìccolo spazio quelle, ·che devono essere le idee direttive della nuova democrazia italiana nei problemi fondamentali della politica interna e internazionale. Il De f'iti è stato, in Italia, uno dei primissimi a volere che dalla grande guerra uscisse costi{uita la Società delle Na- ::.ioni.Ma il desiderio non ha mai attutito in lui il sentimento della realtà'. S ull' Unità del 1 2 dicembre 1918 dava l'allarme contro i pericoli, da cui era minacciata la pace democratica nella Conferenza di P. arigi. cç La non prevista schiacciante « vittoria minaccia di far dimenticare i propositi di pace « giusta e durevole, f andati sul disarmo internazionale e la « Lega delle Nazioni, che hanno formato, non so più se il « contenuto o il frasario dei discorsi di Llovd George, di cc Briand, di Clemenceau, di Orlando ed anche.... di Son- « nino! Là vittoria ha scatenato lo cc spiriio di sopra// azione:> cc e indebolite lo ,, spirito di giustizia ». Lo spirito di giucc ttizia non esclude la severa punizione dei popoli respon- « sabili della guerra, che sono stati vinti. Lo spi-rito di so-. « praff azione tende a seminare i germi della riscossa ~ei cc vinti. Il dissidio tra conservatori e democratici è insanabile. « Quelli non credono alla -possibilità della pace dureùole e voBib 1ote:::.G:i '10 Bia'1co

- 4-- cc gliono assicu1'arsi oggi, nel trattato di pace, condizioni e poa stzioni che assicurino la vittoria nella prossima guerra. e< I democratici credono alla possibilità di assicurare la pace <( durevnle, e vogliono eliminare oggi, nel trattato di p,ace, le « cause di prossime guerre. Questa è la situazione di oggi. e< La democrazia dell'Intesa deve stringersi in blocco,per fare « argine alle tendenze imperialiste che ri'nascono e per assi- « curare ai figli dei combattenti e ai figli dei /;gli quella pace e, durevole, con ln cui promessa il popolo è stato spinto a farsi « macellare in questa guerra ». Gli scritti pubblicati nell'Unità sono diretti a richiamare sui pericoli del momento l' attenzione della democrazia italiana. La democrazia italiana, nella sua grande maggiora1:1,za, non capì niente, divisa com'è fra gruppi rivoluzionari, che trascurano tutti i problemi immediati in attesa di una palingenesi che non arriva mai, e gruppi opportunisti, che si servono dei problemi immediati per vendersi al miglior offerente, non hanno nessun programma proprio, ,e nella guerra e nella pace non hanno saputo far altro che dividersi supinamente fra il programma giclittiano--ncutralista, o il programma sonniniano-nazionalista. Ma appunto percht la voce di uomini come il De Piti e il Bissolati non fu ascoltata durante le trattative della pace, è bene che essa venga ripetuta, oggi che la conferenza di Parigi sta per chiudersi dopo che il metodo conservatore e naz1·onalista _hadato ~ su?i frutti di cenere e tosco. Anche se in qualcfle particolare di minor conto gli scritti << unitari >> del D!! P iti sono oltrepassati, le idee centrali di essi sono pe-r la massim.i p_arte sempre i1ive e vitali; aspettano ancora di _esserereahz~(lte, · Biblioteca G '10 Bia'1co

IL PROLETARIATO E LA PACE (L'Unità, II gennaio 1919). La legislazione sociale. Dopo la vittoria e in vista delle elezioni, in tutti i paesi dell' Intesa si è- determinata la corrente favorevole alle leggi sociali. (pensioni operaie, giornata di otto ore, assicurazione contro la disoccupazione, ecc.) a beneficio dei soldati che hanno combattuto. I partiti conservatori cedono e concedono quel che prima: negavano; i partiti democratici chiedono quel chè prima non _osavano. In questo primo momento si assiste alla garà dei partiti per ingraziarsi i combattenti che· tornano. Ma ben presto, tra il concedere degli uni e il chiedere degli altri, si arriverà al punto èel contrasto ; e la lotta politica· tra i rappresentanti del capitale e i rappresentanti del lavoro si-riprenderà come prima della gùerra. · E naturale èhe sia cos'ì. I problemi della legisla~ione sociale non nascono dalla guura ; doè non sono problemi nuovi posti dalla guerra. Essi preesistevano ; ma sono ripresi, oggi, in condizioni più favorevoli. La circostanza che ne facilita ·1a soluzione; è soltanto questa:·~ che i· conservatori, dopo là guerra, ritengono loro· dovere e loro interesse compensare i soldati dell'opera compiutai e indennizzare le famiglie delle perdite patite. La guerra ha tolto Biblioteca G '10 Bia'1co

-6di mezzo alcuni ostacoli; lascia la· via più libera ; e il proletariato ne profitta. Se non che una circostanza va subito qui rilevata : i combattenti, specialmente in Italia, appartengono soprattutto al proletariato agricolo non organizzato, e non al proletariato industriale _osganiaato, che h~ vissu~o nelle fabbriche e nelle retrovie lavorando nelle mdustne della guerra. Dunque le pensioni e le provvidenze sociali. dovrebbero toccare anzitutto ai contadini. L'antico concetto del socialismo ufficiale, che domanda le leggi sociali specialmente per i lavoratori industriali,' elettoralmente organizzati, dovrebbe essere capovolto. E la democrazia italiana dovrebbe difendere gl' interessi del proletariato agricolo nella ripartizione di questa forma speciale di benefici, che ha tutto il carattere di un accidentale 'bottino di guerra. Ma fatta questa riserva di difesa preventiva contro i politicanti del socialismo ufficiale - legato ai gruppi ind'ustriali del settentrione -, il concetto generale a cui dovrebbe ispirarsi la democrazia italiana, se vuol tener conto delle reali condizioni di sviluppo, ossia di arretrato sviluppo del paese, è quello di dar la preferenza alle riforme di massa, e non di gruppo; alle riforme che tendono sopratutto a modificare l'ambiente e a creare per tutti la probabilità di fare un passo avanti, contro le riforme speciali, che rendono facile solamente a pochi gruppi organizzati e privilegiati di fare parecchi passi avanti, lasciandosi dietro nello statu quo il resto della classe proletaria disorganizzata. Quindi pensioni di vecchiaia, sia pure modeste, ma a tutti 1 . la~~r~tori, a~ricoli . e indust:iali, perfezionamento della v1ab1hta pubblica, dei trasporti, dei mezzi delle comunicazioni, siste_mazione dei porti grandi e piccoli, bonifiche e acquedotti per scopi anzitutto igienici edifici scolastici e via dicendo. ' Bib 1otc.:-.G:i '10 Bia'1co

Invece pullulano da ogni parte proposte come quelle d~lle_cas~popol?ri anche_in picco.licentri.e 1:elle c~mpagne, d1stnbuz1one d1 terre a1 soldati, e cosi d1 segmto : idee, che eccitano la immaginazione dei più, perchè ognuno spera di essere il favorito dalla sorte, e che costano relativamente poco allo Stato e giovano molto ai pochi fortunati. E questi pochi saranno verosimilmente i capi del proletariato agricolo, che le classi conservatrici sperano di comperare con un pezzo di terra e con una casa popolare, per rompere le reni al movimento delle masse. 11 progresso generale del paese sta nello elevamento, anche piccolo, delle masse, non nel miglioramento, anche grande, di pochi privilegiati. Ma anche questo argomento è vecchio ; non nasce dalla guerra. Se mai, la guerra; che fu fatta dalla turba del proletariato agricolo, dovrebbe suggerire che le riforme di massa sieno prudenzialmente anteposte a quelle del gruppo. Emigrazione. Ai provvedimenti a favore dei lavoratori che resteranno in Italia, debbon far riscontro i provvedimenti a difesa dei lavoratori che emigreranno. _ Anche il fenomeno della emigrazione è fra noi un problema prebellico; ma la guerra ha posto in maggiore evidenza qualche lato che era stato negletto come quello della cittadinanza e degli obblighi militari degli emigrati; e il dop~- guerra minaccia di inasprire l'esodo dei nostri lavoratori. E noto che molti emigranti italiani', prima o poi, si snazionalizzano da sè. E pure noto che in alcune colonie francesi la snazionalizzazione è indirettamente promossa dalle legii. Dopo 'la guerra il lavoro italiano sarà richi_esto più di prima, secondo ogni razionale previsione, specialmente Biblioteca G '10 Bia'1co

-8nei paesi devastati, dove bisog~:r~ a qualurrque cost? ricostruire case e strade. E non sara, mvece, trattenuto m Italia, sia perchè le devastazioni. nemich~ vi s?no state meno estese, si·aperchè la domanda d1lavoro e destmata a scemare, a causa della distruzione di capitale circolante, che da noi è stata comparativamente maggiore che nei paesi più ricchi. Dall'insieme di queste circostanze è nata, ed è avvalorata la corrente, che vorrebbe « disciplinare >i in avvenire la emigrazione italiana. Siffatta politica si concreta in due punti: 1) infrcnare in qualche modo più o meno indiretto e ma'Scherato, l'emigrazione italiana del dopo guerra; 2) negoziarla con gli Stati alleati in, cambi9 di corrispettivi : per es. il Governo potrebbe permettere la emigrazione di un dato nuI)lero di operai italiani in una data direzione, in cambio di tante tonnellate di ferrò o di carbone. Il fatto che molti italiani d'America non hanno risposto all'appello della madre-patria in guerra, offre un buon argomento di carattere politico-patriottico per promuovere siffatta politica. Le pretese che l' Italia debba emanciparsi dalla così detta dipendenza economica verso l'estero, ne offre un altro di carattere ·economico-patriottico ! Ma sono falsi argomenti. Essi mal nascondonò che il vero, 'stopo della proposta è di far ribassare i salari a beneficio dei latifondisti e dei grandi industriali. . E la democrazia italiàna dovrebbe ·difendere la più assoluta libertà di emigrazione, che andrebbe a beneficio specialmente della grande massa dei contadini é dei ,b.r.accianti della terra, che potrebbero cercare e conseguire per q~esta via il più alto salario possibile, dove meglio <:redessero d1 a~d~r: a cercarl,o. ~d è. a sperare che ai provNedimenti res1;nt~1v1c?ntro 1 _e~mgraz1?n~~on aderiscano le organizzaz10m degli operai mdustnah, 1 quali saranno senza· dubbio tentati di vendere all'estero, d'accordo col Gov.er.Iioe con gl' industriali, la mano d'opera. italiana per ~ssicu~:are Bibliote~a G '10 Bia'1co

m compenso la matetia prima delle industrie; in cui sono occupati. Lo Stato non ·deve contrastare il diritto elementare dei lavoratori - l'antico diritto di andare e venire - che è stato la prima ·conquista delle libertà individuali. Deve assisterlo e assecondarlo. Deve sopratutto concludere accordi internazionali, che assicurino ai nostri emigranti il rispetto del carattere _p.azionale;gli stessi diritti civili, che spettano ai cittadini del paese di immigrazione, e un trattamento di perfetta eguaglianza coi lavoratori indigeni in materia di legislazione sociale ed pperaia. · ·E la occasione immediata e la sede più naturale per realizzare questa aspirazione di giustizia umana è il Congresso della Pace, Istruzione pubblica. Un altro problema pre,bellico, che la guerra ha posto in particolare rilievo, è quello della istruzione e della educazione di tutte le classi sociali. Durante il conflitto, la propaganda per far intendere 3:lle masse popolari le ragiGmidella guerra ha trovato l'ostacolo maggiore nella lorn terrificante ignòranza. E la stessa borghesi,a intellettuale, armata tutta di lauree universitarie, ha preso il programma dell'intervento o della neutralità più per imp,ulso di interessi contingenti, per sentimento o per tradizioni o per istiI1to; che non per conoscenza dei· problemi politici, storici, geografici, che· erano in giuoco. Le classi industriali si sono gettate a fabbricare armi e munizfoni e a trafficare con amici e nemici, solo perchè i loro profitti sono stati..del 100,. •o del 1000 %, sperando che questa èucéagna transitoria continuasse dopo la guerra con dazi dQgan~li, con monop_olie forniture di Stato ; ma non hanno Bibliote:::aG '10 Bia'1co

- Iomai compreso che una delle èause di questa guerra è stata la lotta delle grandi e grandissime industrie anelanti alla conquista del mercato mondiale, e che la vittoria profitterà a chi saprà organizzare le forze produttive del paese, non per il magro sfruttamento del mercato nazionale, ma per la conquista del mercato mondiale. La burocrazia ha riassunto tutta la deficienza delle classi dirigenti, elevando ai fastigi dell'« unica teoria economica » i prezzi d'imperio, i calmieri, le requisizioni rapinatrici e sabotatrici, con la conseguente rarefazione e il finale rincaro delle merci minacciate di rapina e di calmiere. . Le necessità del dopo guerra pongono il problema del1' istruzione e della educazione sotto un aspetto di grave urgenza, nel quale è implicita anche la linea della soluzione. Se è vero che bisogna ricostituire nel più breve tempo possibile la ricchezza sociale, che la guerra ha fqr'temente intaccata ; se è vero che « bisogna produrre di più », come si ripete generalmente;~ bisogna che tutti producano di più; perchè soltanto la somma delle maggiori produzioni dei.singoli assicura in un paese l'aumento della produzione totale. _cioèuna delle condizioni, perchè cresca la produzione generale, è che cresca nelle sue molteplici forme la capacità ddl'agente uomo! Occorre che il lavoratore della terra e il lavoratore degli opifici, il banchiere e l' industriale, il commerciante e l'impiegato pubblico ricevano tutti una educazione intellettuale e morale; che li avvicini agli scopi reali della loro futura attività professionale. ' A questo fine bisogna far convergere tutte le scuole, inferiori e superiori : specialmente le scuole delle campagne ·e dei centri industriali che debbono essere adattate alle diversità agricole e industriali delle varie regioni ; e le scuole superiori d'agricoltura, d'industria e di commercio dalle quali soltanto è dipesa e dipende la inferiorità delÌ' industria italiana rispetto alla grande industria tedesca. Questa ha perdùta la guerra per un errore di cak0lo

' - ttlitico : ma riprenderà la sua posizione economica nel ndo, perchè questa è fondata su salde basi di organizzazione scientifica. L'industria italiana avendo in mano la stampa, il Parlamento, il Governo, assai f~cilmente potrà escludere i concorrenti tedeschi dal nostro m.ercato, e chiudersi in questo per morirvi' lentamente d' inedia. Ma non batterà l'industria tedesca sul mercato mondiale - che sarà il solo ·campo delle competizioni delle Grandi Nazioni-, se non a patto di trasformarsi intellettualmente e salire al livello della organizzazione scientifica della Germania. La Società delle Nazioni e il disarmo. Ma le riforme, che più dovrebbero stare a cuore in questo momento al proletariato e ai partiti democratici, sonoquelle di carattere politico, che escono dalla guerra e mirano ad attuare il programma della pace democratica. La democrazia ha voluta la guerra per distruggere, sì, il militarismo tedesco ; ma non soltanto il militarismo tedesco - causa occasionale· del conflitto mondiale - bensì. il militarismo universale. La democrazia ha' voluto la guerra per distruggere, sì; l' imperialismo ,tedesco mastodontico e fol!e; ma anche ogni forma più tenue, larvata e ipocrita, di piccoli imperialismi, che sono sempre - ad onta della loro meschinità - semi sicuri di rancori e di conflitti armati. La Società delle Nazioni col relativo disarmo generale; - la statizzazione d<?lleindustrie belliche; - ·l'abolizione internazionale della coscrizione militare obbligatoria ; - l'approvazione e il sindacato parlamentare dei bilanci militari nazionali, da farsi da una Delegazione internazionale, che sia il primo organo della Società delle Nazioni; - l'abolizione dei trattati segreti, cioè la dichiarazione della loro nullità da includersi nel trattato di pace o da stabilirsi Bib!ioteca G '10 Bia'1co

- 12 - per deliberazione dei singoli Parlamenti : - queste sono le soluzioni democratiche dei grandi problemi che interessano il proletariato più di qualunque altra classe e che 1·n questo momento valgono per esso più di qu~lunqne riforma sociale. I soldati e le famiglie dei soldati, piuttosto che essere mandati al macello, avrebbero rinunziato, non che alle promesse di pensioni e di case popolari, allo stesso pos'Sessoreale della casa e della pensione ! Questo è il rapporto di proporzione e di prospettiva, in cui le riforme politiche stanno oggi alle altre riforme. Soltanto le prime costituiscono i problemi, che nascono dalla guerra, e dalle cui soluzioni dipenderà tutta la futura politica mondiale . . Se i fini di Wilson non si realizzeranno nella prossima pace; non è perchè si tratti di questioni complesse e difficili. La difficoltà maggiore nasce soltanto dalla opposizione di coloro, che dagli eserciti stanziali, dal mestiere delle armi, dalle congiunture di guerra e dalle industrie belliche traggono la possibilità delle carriere e .dell'arric~ rhimento e del dominio politico. · Se questi interessi vinceranno, sarà soltanto perchè la democrazia non avrà saputo abbatterli. E. possibile che dalla Conferenza sia per uscire ~n compromesso tra imperialismo e democrazia,. tra principio di conquista e principio di nazionalità, .tra la guerra e la pace, tra il vecchio ~egime diplomatico e il nuovo. Il compr~messo non potrà durare. E di quanto esso sarà manchevole, di tanto crescerà il compito .della democrazia nei prossimi anni di . lotte politiche, .non solo per riformare l'indirizzo della politica interna, :r:naanche e sopratutto per sorvegliate. l'indirizzo e i metodi della politica estera ed internazionale,. con lo scopo di impedire che il comprothesso, che uscirà dalla .conferenza dP.llapace, maturi nuove guerre. Bibliote~a G 110 Bia'1co

- 13 - Le riforme politiche. Da questa nece~sità la democrazia dovrebbe attingere enèrgia per esigere tutte le riforme politiche, che valgano a democratizzare realmente lo Stato : cominciando dal suffragio nniversale maschi.le é femminile. Certo non è il caso di esagerare la importanza delle riforme elettorali, poichè in esse si trattano sempre questioni di forma, più che di sostanza. Ma oggi la sostanza è data al popolo dalle sofferenze, dalle osservazioni, dalla critica giornaliera di quattro anni di guerra che valgono la esperienza intensificata della vita di una generazione. Anche chi è più adusato alle osservazioni e alla critica, molto può imparare da una conversazione con un soldato reduce dalla trincea, o con un membro della sua famiglia, restato in casa a soffrire e a vedere come le autorità hanno distribuito i viveri o concessi o non concessi i sussidi e gli esoneri e le licenze, e come si sono imboscati i figli dei signori, e quel che hanno guadagnato i fabbricanti di cannoni e di munizioni, e quel che si è sperperato in sinecure di ufficiali e IDzio di soldati all'interno del paese .... La guerra è stata combattuta dai popoli; ma la politica di conquista è stata preparata nel segteto da quei soli gruppi, i cui interessi materiali e i cui ideali politici avevano bisogno della guerra e della minaccia continua della guerra per prosperare. Le riforme politiche di carattere democratico, sottraendo a pochi gruppi interessati il monopolio della politica estera, e trasferendo questa parte essenzi~le della politica alle assemblee popolari elette a suffragio universale·, mirano a realizzare il principio <' che a decidere della guerra sieno chiamati coloro çhe la ~uerra· debbono sostenerç n, Bib iote~a G 110 Bia'1co

- 14 - Finora il popolo è stato tenuto e si è tenuto assente dalla politica preparatoria della pace o del!a guerra ; 1~ terribile esperienza delfa guerr~ dev_eavergli fa~t? sentire 1~ necessità di diventar partecipe d1 questa pohuca. Ecco 11 contenuto del nuovo indirizzo. Esso richiede certo parec· chie riforme essenziali per essere attuato. Una di questeJ la preliminare, è la legge elettorale. , . II sistema elettorale, certo, non da 11 contenuto della politica e delle riforme, e non può prenderne il posto, e non. deve diventarne il diversivo. Ma è altrettanto certo, che la forma dell'elettorato deve essere in armonia col contenuto della nuova politica, dando il diritto di voto e la possibilità di essere rappresentati in Parlamento, a tutti i cittadini, a tutti i partiti, a tutte le classi, a tutti gl' interessi che tendono. al rinnovamento della vita pubblica. ' La dissonanza che ancora esiste in Italia fra il regime elettorale a suffragio ristretto e a collegio uninominale e maggioritario, e le aspirazioni riformatrici della nuova democrazia, non potrebbe più oltre prolungarsi, senza gravi pericoli per il progresso pacifico del paese. Questo è il compito politico della Riforma elettorale a su'ffragio universale e a rappresentanza proporzionale. Quanto al voto alle donne, in Italia e in Francia sono ad esso contrari molti, anche di parte democratica, perchè temono che la donna diventi docile stromento elettorale del prete : preoccupazione che può essere· vera, e può anche essere una frase fatta. Ma la donna ha i suoi elementari immutabili istinti, tra cui è quello di avversare la guerra. Questo .istinto deve diventare una forza politica, superiore ad ogni• pregiudizio di parte. E se la democrazia ha voluto questa guerra per combattere le guerre future, non può desiderare che la forza pacifi~ta d~lla do?na re~ti m~teria inerte nei tempi' normali, perche po 1 reagisca d1sordmatamente 1 quando la guerrn Bibliote~a G 110 Bia'1co

-15scoppia; ma deve sinceramente volere che sia incanalata. reggimentata, educat;:i, resa continuamente partecipe e responsabile della politica, che precede e prepara l'even• tualità della guerra. Il terreno del dissidio. Su questo terreno - Società delle Nazioni e riforme politiche - si delineano le due vecchie eterne opposte ten• denze : la conservatrice e la democratica. I partiti conservatori tendono oggi' a largheggiare in fatto di leggi sociali, perchè temono il ritorno nelle retrovie politiche dei contadini, degli operai e dei professionisti, che sono stati in trincea; temono l'avvento di questa nuova democrazia della guerra, che li minaccia nel loro pacifico possesso del potere, nei loro privilegi e nei vecchi metodi di governo. Essi non amano Wilson e non amano la Lega delle Nazioni; non aJllano la riduzione delle spese militari, che vorrebbero aumentare; non amano la riduzione delle dogane, che vorrebbero duplicare; non amano di perdere il monopolio della politica estera e dei trattati segreti Sperano di disinteressare il proletariato da questi problemi, pagandogli in contanti il prezzo dell'opera prestata in trincea. Le provvidenze sociali sono questo prezzo. Nelle mani dei partiti conserv,atori, militaristi e imperialisti, le leggi sociali sono sempre state il prezzo di un mercato politico. In Germania che altro fu la 'legislazione sociale, se non il prezzo del consenso, che il socialismo tedesco dette alla politica imperialista e quindi alla,guerra, che doveva realizzarla ? In Italia avverrà forse un analogo mercato ? Gli eccelsi ragionamenti filosofici, con cui il socialismo ufficiale ha giustificata la sua assenza dalla guerra, serviranno anche a renderlo assente dal programma della pace? Si attende la risposta, Bib iote~a G 110 Bia'1co

COLONIE E SOCIETÀ DELLE NAZIONI ' (L' Unitd, B febbraio 1919) La porta aperta coloniale. Ne L'Unità abbiamo più volte, e prima dcl nostro inter~ vento armato, posto tra i fini supremi della guerra da conseguirsi nel Trattato di pace, il principio della porta aperta coloniale. Nel nostro programma della p·ace çiemocratica quel principio rispondeva all'altro della r.idutione della barriera doganale tra le Nazioni europee e ne .era la nat~rale integrazione (1). Esso inoltre, per ovvie ragioni, è suscettibile di attuazione più rapida e completa, che non il ·libero scambio assoluto tra le vecchie nazioni soggette da lungo tempo al regime protezionistico. (1) Vedi il mio "DrséoRso ELETTORAI,E » del · i'5 marzo 1915, pubblicato nell' Unitd >> del 19 marzo e riprodotto· in' La Guerra Europea, pag. 28 e seg.: "Noi vogliamo che il riuovo " trattato di pace obblighi tùtti gli Stati a ridurr v le spese mi- « litari. Noi vogliamo che nel nuovo trattato di pace tutti gli "Stati civili si obblighino a ridurre gradualmentc.·le barriere « doganali. Noi vogliamo che hel nuovo trattato di pac€. sia «riconosciutala libertà dei mari. Noi vogliamo che 'nd nuovo « trattato di pace sia adottato il principio della. :porta aperti\ 11 in tutt~ le coloni~ ,1, . · · • . Bib iote~a G 110 Bia'1co

- 17 - Per politica. della ((porta aperta » si sogliono oggi intendere due cose : 1) libertà commerciale da concedersi a tutti, e non soltanto ai cittadini della madre-patria, per le esportazioni in colonia; 2) egual trattamento da applicarsi similmente a tutti per la utilizzazione finanziaria e industriale delle risorse coloniali. Il regime della porta aperta avrebbe dovuto attuarsi, nel nostro primitivo pensiero, a mezzo di accordi e trattati internazionali. Ora, invece, al sistema dei trattati si dovrebbe sostituire la Società delle Nazioni, secondo la proposta del Presidente Wilson. Il contenuto resta il medesimo; ma la Società delle Nazioni offre un mezzo più efficace ed una forma più perfetta e duratura di garanzie, per assicurare la pcrta aperta e l'egual trattamento agli importatori, ai capitalisti, agl' imprenditori, ai lavoratori di tutte le provenienze. Società delle Nazioni-e Colonie tedesche. Alla Conferenza di Parigi finora il sistema è attuato soltanto alle colonie tedesche. Alcuni ne volevano la spartizione secondo· il vecchio principio del dominio assoluto e dello sfruttamento esclusivo per parte della madre-patria ; altri volevano bensì il dominio assoluto, ma promettevano un governo nmano verso le popolazìoni indigene e il regime della porta aperta. Contro entrambi, il Presidente Wilson ha proposto e ottenuto che le colonie tedesche pa~sassero sotto il dominio eminente del nuovo « Organismo Supernazionale ». Esse formano un demanio della Società delle Nazioni. Bib iote~a G 110 Bia'1co

18 -- T:-attasi dunque di una grande vit~o~ia del _principio; ma di una attuazione territorialmente limitata d1 esso. Bisognerà forse accontentarsene ~i fr~nt_ealla ost~i.tà del vetchiume politicò, nazionale e naz1onahst1co, che. rngombra l'atmosfera della Conferenza della Pace mondiale. Ma non deve tacersi che l'organismo nuovo nasce con alcune gravi manchevolezze di principio. Tra le quali questa: che il demanio territoriale della Società delle Nazioni si formi per diritto di conquista, contro il vinto. Se il nuovo ordinamento è superiore al vecchio, dovremmo augurarci che domani il nuovo vinto sia la Francia, e dopodomani l'Inghilterra e poi - mettiamola ultima! - l'Italia. V'è in questo primo esperimento un germe di contraddizione, che deve lasciare perplessi tutti coloro i quali sanno rendersi contD della portata pratica, anche nel lontano futuro, di ciò che oggi può apparire con meno scrqpolo dottrinario. La stampa tedesca è insorta contro questa spogliazione territoriale; la quale, avendo carattere economico di azione continuativa, alimenterà giornalmente il desiderio della riscossa. Il popolo tedesco si rassegnei1 più facilmente alla perdita politica dell'Alsazia Lorena, che non alla perd~t~ icon_o~ica.d~lle col?nie, perchè questa gli crea una posmone d1mfenontà e d1 dipendenza industriale e commer- ~iale di cui sentirà continuativamente, giorno per giorno, 11 danno e la offesa. Del resto, non è forse vero che la Francia si e:a più facilmente rassegnata alla perdita politica dell'Alsazia-Lorena che non all'art. 8 del trattato di Francoforte c!ie ~eimponeva perpetuamente di concedere alle importaz,10n_t1ede_sch~la ~laus_oladella nazione più favorita ? Perche d1ment~cas1c~s1facilmente il passato ? Non ~rede _11Presidente Wilson che il regime coloniale a?ottat? 1_nodio alla Germania sia per diventare una causa d1 conflitti ? Nel!' interesse della pace giusta e durevole e nel!' inteBib ioteca G '10 Bia'1co

-19resse stesso della produzione mondiale, la soluzione più conforme allo spirito delle Societ'à delle Nazioni è evidentemente questa: che le colonie tedesche dovrebbero esser restituite alla Germania e sottoposte allo stes,:o comune regime della porta aperta e dell'egual trattamento internazionale, noncliè allé altre norme di governo· e di amministrazione interna, che dovrebbe essere estesa a tutte le colonie delle altre nazioni belligeranti e neutre. Sull'applic:nione poi del nuovo regime concordato dovrebbe invigilare direttamente la Societ~ delle Nazioni con organi propri di sorveglianza e di controllo e di polizia; organi rappresentanti tutte le nazioni associate. Non occorre entrar in particolari intorno ai temperamenti per avviarsi, anche gradatamente, verso il nuovo regime di libertà coloniale, o intorno alla forma o al contenuto del governo coloniale, o meglio. dei diversi governi coloniali, che si volessero immaginare e concretare, per adattarli alle varie colonie, secondo il diverso grado di sviluppo di queste e la diversa natura dei rapporti politici, che le lega alla madre-patria. Il mandato. Respingendo questa soluzione semplice e radicale, solo in via subordinata si può entrare nell'ordine <li idee prevalse o che accenna a prevalere nella Conferenza. Epperò, concesso che la Lega delle Nazioni possa praticamente cominciare a funzionare soltanto per le colonie tedesche, è inaccettabile che il governo diretto sia attribuito per mandato alle singole Nazioni vincitric;i. L'idea del mandato é un evidente compromesso tra la vecchia rolitica dell'accaparramento esclusivo delle colonie e la nuova politica della porta aperta. Evidentemente Bib iote.::.:iG '10 Bia'1co

- 20i Governi che aspiravano alla d.ivisione e al!'attribuzione in proprio del bottino coloniale tedesco'. battuti sulla ~omand_a principale, ripiegano sulla snbordmata e sollecitano 11 ;nandato.... , L'istituto del mandato è vecchio; l'inganno che la formula nasconde è noto nella storia dei trattati e clella dipìomazia. Sono numerosi i casi di mandati concessi P<;r occupare ed amministrare temporaneamente terre altrui, che sono diventati perpetui. Non si osavél proclamare l'annessione di diritto e si dava il mandato temporaneo, con la intesa tacita del suo prolungamento all'infinito: Non diversamente le Nazioni dell' Intesa accetteranno il mandato di governare di fatto le colonie che di diritto spettano alla Società delle Nazioni, con la tacita intenzione di trasformarlo nel possesso assoluto e perpetuo,· al quale veramente aspirano. Alla Società delle Nazioni resterebbe una specie d( dominio eminente, o di nuda proprietà, destinato ad assottigliarsi e a sfumare ogni giorno di più ; alle singole Nazioni mandatarie passerebbe il dominio utile, d~stinato a diventare ogni giorno di più possesso assoluto ·e perpetuo. E noto del resto che basta avere il dominio politico, perchè esso assicuri di fatto, a chi lo eserciti con spirito non di perfetta sincerità e buona fede, lo esclusivo sfruttamento della colonia, anche sotto i! regime formale della porta aperta. Epperò pare ovvio che lo spediente del mandato è un c?~1promesso che, in atto, minaccia di distruggere il princ1p10. In conclusione: concesso che la Lega delle Nazioni debba per necessità contingenti, cominciare la sua· vita come la nuova madre-patria <lel!e sole colonie tedesche deve anche di esse tenere il governo diretto con nmmini~ stra~io~e e polizia ed esercito' misti, rinunzia~do all' intermediano .del mandatario ed assicurando il reale trattamento uniforme a tutte le Nazioni associate. Bib iotc~.1G '10 Bia'1co

-zrTerre asiatiche e vecchie colonie. Ma ciò non basta per sistemare il problema coloniale. Oltre le colonie tedesche, vi hanno le terre asiatiche che saranno sottratte al dominio dell'impero turco ; e poi vi hanno le colonie appartenenti già alle altre Nazioni alleate, associate e neutre. Le terre asiatiche non sono paragonabili nè alle colcnie africane, da una parte; nè alle Nazioni europee, dall'altra. Si considerano come un quid medium soggetto pur sempre, come bottino di guerra, alla ripartizione tra i vincitori. Per esse, più che mai, bisogna adottare il governo diretto della Società delle Nazioni e scartare lo spediente del mandato. Con ciò verrebbero a un tratto tolte di mezzo le rivalità politiche dei numerosi aspiranti; e sarebbero eliminate le preoccupazioni di future rivalità politiche tra gli associati di oggi ; sarebbero invece accresciute, sulla più vasta area del territorio comune, le possibilità di libere combinazioni del capitale e del lavoro per il più economico sfruttament0; e si darebbe carattere puramente economico e civile e amministrativo al Governo della Società delle Nazioni ; e questo sarebbe meg!io accetto alle pof'olazioni semicoloniali e seminazionali, e potrebbe più facilmente essere modificato e attenuato successivamente, a misura che i popoli indigeni si mostrassero capaci di autogoverno. Questo regime non escluderebbe accordi speciali e secondari o temporanei, per fare a singole nazioni, cioè ai bro Governi, concessioni particolari per lo sfruttamento di miniere e di terreni che potessero fornire materie prime. sopratutto nel periodo della ricostruzione industriale .dd dopo-guerra. In generale è erroneo che, mancando la sicurezza del dominio assoluto e duraturo, la madre-patria non Bib iotc~.1G '10 Bia'1co

-22 - • avrebbe interesse di fecondare le terre asiatiche con investimenti di cospicui capitali. Poichè i capitali di regola appartengono a privati, e qu~sti trovereb_be:o la mas:im~ garanzia nel Governo collettivo della Soc1_e~daelle Naz1om. Le spese di G:arattere generale e condmonale, che spettano allo Stato, mostrano la loro utilità negli utili degl' impieghi privati. Epperò la loro naturale reintegra;,;ione deve essere fatta d:ille imposte. Infine non si vede per quale ragione o residuo di vecchi pregitidizi nazionalistici le· spese . di carattere statale e generale non debbano esgere sostenute per rata dalle Nazioni associate nel governo comune. Restano le vecchie colcnie che sono già e che resteranno sotto il dominio delle Nazioni vittoriose e dei neutri. Lasciarle corr,pletamente fuori del nuovo regime sarebbe una contraddizioP..ee creerebbe uno stato di lotte tra il vecchio e il nuovo regolamento coloniale. Se il nuovo regime è superiore al vecchio, questo deve essere modificato ed avvicinato al primo. La soluzione del complesso problema deve pre,;entare una certa armonia, come risultato dei nuovi principì operanti .. E l'armonia si ottiene se, per le vecchie colonie, si adatta il principio della porta aperta a.seicurato da nuovi accordi internazionali, consacrati dal trattato di pace. · Conclusione . . En~ro ~ueste ~ran;li linee, la soluzione del problema - tnpart~to m co~ome pà_ tedesche, in terre asiatiche giù turche e m vecchie co,ome - sarebbe ancora accettabile ; e non potrebbe_sollev_areneppure fondate obiezioni, da parte della Germama. Po1chè questa resterebbe bensì esclusa dal dominio polit_icodelle colonie (dominio politico che potrebbe essere pencoloso per la pace mondiale) ; ma non lo sareb?e dallo sfruttjlmento economico del nuovo Impero C()- loruale mondiale. Bib iotc~.1G '10 Bia'1co

DISCORSO AGLI :ELETTOl:U (1) (L'Unita, 1 m?.rzo 1919) La Vittoria. Nel mio discorso programma del 14 marzo 1915, indicai, senza attenuazioni di sorta, quali, dal punto di vista democratico, foss~ro i problemi della guerra, che si presentavano allora alla coscienza italiana, e quali i problémi della pace, che oggi si dibattono a Parigi. cc La crisi della guerra - dissi allora - arresta il lavoro, e< che avevamo pazientemente iniziato negli anni addietro « per sistemare i bilanci comunali, per costruire edifici sco- ((l~stici, pe~ rafforzare i se~vizi civili, per costruire ferroc< vie, tramv1e, opere portuarie. « Per una fatale vicenda di cause .ed effetti, la guerra « europea, non colpisce solo i paesi belligeranti ; rria colpi- « sce anche i paesi neutrali, per i nessi di scambio che oggi « collegano tutte le nazioni commercianti ; e· colpisce spec< cialmente l' Italia per la gran massa di emigranti. che han « dovuto . rapidamente rimpatriare aumentando all' in-· t< terno la disoccup~1.ione e il disagio. (1) Fatto a Gallipoli il 30 gennaio 1919. Abbiamo soppresso, in questa rtproduzione, qualche parte che ripete idee post.: nello studio Il f>YJletariatoe la paee. Bib iotcc.:i G '10 Bia'1co

« In Italia il disagio _si ripartisce con peso u,gual_esu'le cc varie regioni ; ma colpisce meno gravement~ 1 Itah_a Set• « tentrionale, dove prosperano, accanto alle mdustne col•• ccpite dalla guerra, anche queJle che_ ~ causa della guerra ccprofittano. Mentre nell'Italia ~end10_nale, ~ S?J:>ratu~to cc qui da noi, dove 1?anc~no le mdustne formtnc1 <lelle• « sercito e della manna, 11 danno prende forma acuta. « Se la guerra dovesse durare tre anni, come m?lti prece vedono e l'Italia dovesse esser neutrale e armata, m fondo cc al trie~nio. io non vedo che la liquidazione economica « delle Puglie. cc Eppure questa può dirsi la guerra delle Puglie ! - è ccla guerra dal cui risultato dipenderà in gran parte l'av- " venire economico delle Puglie. "La guerra attuale deciderà se agli Stati balcanici " sarà lasciata possibilità di vita nazionale e indipendente, " o se saranno soggetti alla influenza politica e commercc ciale dell'Austria e quindi della Germania. L'Austria " mira ad asservire al suo sistema doganale, ferroviario !< e portuale la penisola balcanica, escludendo Serbia e "Montenegro e Albania dall'Adriatico, e imponendo un cc sistema ferroviario da nord a sud, da Vienna a Salonicco, cc e ostacolando le comunicazioni ferroviarie <la est ad ovest, « dal Danubio e dal Mar Nero all'Adriatico. cc Questa •triplice politica doganale, portuale e ferro- " viaria, tende ad assicurare all'Austria il monopolio eco- " nomico dei Balcani con esclusione dell'Italia; e sopratut- " t? delle Puglie, che dalla posizio1;1egeograficat dalla vi- " c1_nanzae ~a precede~ti_ stori~i, sono chiamate a profittar « ~1 ra~po:tl commerc1ah e d1 cultura, che, in regime di « hbcrta, s1 formerebbero certamente frn gli Stati balcanici " e l' Italia. cc :E: specialmente per le Puglie interesse evidente che il " blocco austro-tedesco sia sconfitto che le nazionalità « balcaniche facciano tramontare pe~ sempre la politica Bib iotE:.:-.GJ '10 Bia'1co

<< del!' inorientamento dell'Austria, che tra noi e gli Stati « balcanici si stringano vincoli di amicizia, che aprano la « via alla penetrazione economica dell' Italia nel vicino « Oriente. « Nel concetto del Pangermanismo, l'Austria è la lunga « mano della Germania nei Balcani fino all' Egeo. La Tur- « chia è la lunga mano della Germania nell'Asia minore « fino al Golfo Persico. L'Italia è la lunga mano tedesca « nel Mediterraneo occidentale. ' « Tra l'Austria e l' I tali a perciò, nel concetto tedesco, << non doveva esservi rivalità : · l' Italia deve disinteres- << sarsi dell'Adriatico, e deve lavorare nel Mediterraneo << verso e contro le colonie inglesi e francesi del Nord-Africa << per conto e nell'interesse della più Grande Germania. « Basta questo per comprendere quali sieno i rapporti << tra noi e la Germania rispetto a Trieste, in questo mo- << mento in cui la coscienza del paese, improvvisamente <e illuminata dagli avvenimenti, ha mostrato il suo fermo e< proposito di rivendicare la sua indipendenza di Stato << nazionale e sovrano di fronte alle pretese del Pangerma• << nesimo. Noi siamo oggi agli occhi della Germania un vas• cc sallo ribelle. E la Germania più che mai considera Trie- << ste come il suo porto nel)'Adriatico, e considera l'Adriacc tico come il suo mare; perchè solamente per Trieste e <e per l'Adriatico essa può scendere nel Mediterraneo sfug- « gendo ~l controllo inglese. Epperò chi a noi contende i1 e< dominio di Trieste e dell'Adriatico, non è più soltanto << l' Au:tria ; ma più dell'Austria, ce lo contende la Ger- « mama. <e Di fronte a così formidabile nemico, qual'è la Gercc mania, netto è il dilemma : o noi risolviamo il pro- << blema politico e militare, in questo momento con accordi, << e sotto la garanzia dell' Europa nel prossimo trattato << di pace ; o noi diventeremo pacificamente una dipendenza <e dell' Impero tedesco ! Bib iotE:.:-.GJ '10 Bia'1co

« Pensano alcuni neo-conservatori, che nella felice po~ << sizione di S~ato vassallo della Germania, godremo di una « lunga e ben ordinata pace, in cui i nemici_esterni saranno « spariti, e i nemici interni - la democrazia -saranno te- « nuti in freno e soggetti. « Invece avverrà di noi quel che già è avvenuto dell' Au~ « stria e della Turchia. Lungi dal godere la pace beata d1 « un paese che ha accettato il protettorato straniero, noi ,e saremo militarizzati e costretti ad aumentare l'esercito « di terra e l'armata di mare, che sotto la direzione del u Grande Stato Maggiore tedesco saranno impiegati, non ,e per difendere l'indipendenza nazionale della patria, ma ,e per la conquista del mondo a beneficio della più grande cc Germania. ., « Dirò a grandi linee quali sono i fini che la democracc zia intende raggiungere con la guerra. cc Noi vogliamo che l' Italia non esca da questa guerra '.< europea senza che abbia, in conformità dei suoi interessi, cc conquistato, con le armi della diplomazia o dell'esercito, cc i suoi confini naturali verso l'Austria-Ungheria e nell' Ace driatico. A garanzia di questa conquista, noi non vogliacc mo che dal presente conflitto l' Italia esca isolata, alla cc mercè politica e militare della Germania. « Gli imperi centrali hanno iniziata e proseguita la guer- « ra violando i trattati, i principi del diritto delle genti e cc della umanità, la proprietà dei privati, l'onore delle donne, « la vita dei fanciulli e dei non combattenti .... E noi non vo- <i glia~o che questi sentimenti barbarici s' impadronisca- << no di nuovo della umanità e sommergano la civiltà eucc ropea . • cc Noi_vogliamo che dopo questa immane e folle guerra, « sia as_sicur_ata_una pace lunga a tutti gli Stati europei, cc grandi e piccoli. cc ~oi. vogli~mo che il nuovo trattato di pace obblighi « tutti gh Stati d'Europa a ridurre le spese militari. Bib iotE:.:-.GJ '10 Bia'1co

« Noi vogliamo che nel nuovo trattato di pace tutti << gli Stati d' Europa civili si obblighino a ridurre graduai- « mente le barriere doganali. « Noi vogliamo che nel nuovo trattato di pace sia adot- « tato il principio della porta aperta in tutte le colonie ap- « partenenti a Stati ·europei. « Questi sono i problemi della pace futura » (1). Ho ricordato quanto allora dissi, perchè il corpo elettorale non dimentichi, ciò che per esso dovrebbe essere titolo di sano compiacimento, di avere cioè approvato preventivamente il programma della guerra antigermanica e il programma della pace democratica. Ora la vittoria italiana, che è stata la più grande vittoria della più grande guerra, ha consacrato la bontà della politica interventista. Burocrazia e protezionismo doganale. Avrei creduto perciò - lasciatemi fare questa confessione! - che la vittoria avrebbe suggellato la più intima unione tra voi e me. Forse ho errato. Il collegio di Gallipoli, dopo la vittoria, minaccia di sconfessare la politica dell'intervento (2). Me ne rendo ragione. Il cumulo delle (1) L'Unità, 19 marzo 1915, riprodotto nel volume La guerra europea. (2) QuPSto senso di stanchezza è stato generale in Italia, dopo la vittoria. Il Govf:lrno, invece di reagire contro di esso, dando al paese la. impressione del trionfo, non solo delle armi, ma anche del programma italiano, ha diretta tutta la propria azione ad esasperare le ambizioni territoriali e gli attriti con gli a,lleati, in modo da preparare il paese a una dura delusione, qualunque fosse stato il resultato della Conferenza di Parigi ! (Nota del raccoglitore). Bib iotE:.:-.GJ '10 Bia'1co

sofferenze morali e materiali sopportate durante la guerra pesa ancora sull'ani1;1? del popolo. Ma più p_esala falsa credenza - da molti m buona fede o ad arte alimentata - che causa delle sofferenze sia stata la guerra italiana, e quindi responsabile il depu~at? che la guerra ha voluta; Non giudico e non recnm.1~0. ~onst~t~. II_ poi;olo e stato ingannato da chi aveva 1 obbligo _dr ~llum1?ar,o.. La verità è che causa unica delle sofferenze d1 tutti, belligeranti e neutri, è stata la guerra europea e mondialt. Ma_la guerra italiana ha lenite le sofferenze, che avremmo patite se fossimo rimasti neutrali. Giacchè durante la guerra mondiale è stato per ragione della nostra partecipazione ad essa, che abbiamo avuto l'aiuto del tonnellaggio inglese - negato ai neutri - per il trasporto del grano, del petrolio e degli altri approvvigionamenti d'oltrem;ire. A coloro i quali mi rimproverano la troppo lunga assenz::i dal collegio durante la guerra, voglio per ora risponçlere soltanto che il dovere continuo del deputato, in questi anni, era di stare a Roma. Le sofferenze della guerra sono state accresciute dal Governo burocratico. L'opera dei deputati - isolata e co:lettiva - si doveva svolgere e si è svolta quotidiana a Roma, dove la burocrazia imperava, distribuendo a suo piacimento favori e dolori. Dato il nostro sistema amministrativo, in cui si deve ricorrere alla « raccomandazione i!, alla pressione, alla sollecitazione, non solamente per ottenere l' ingiustizia, ma anche per ~ttenere 1~ giustizia ; e dato il dispotismo burocratico mstauratos1 con la guerra ; la funzione del deputato, penosa e logorante, è consistita nel fare da intermediari? giornaliero fra la burocrazia e i privati e gli enti locali, per una infinita varietà di (!)perazioni: concessioni acquisti, trasporti, rifornimenti, ecc. Su questo non vaÌ la pena di insistere. Solo u.~ chiar:ment_o voglio dare sulla questione del grano, che pm ha appass10nato le nostre popolazioni. Bib iotE:.:-.GJ '10 Bia'1co

- 29-- Nel penultimo anno di guerra la produzione del grano fu assai deficiente : nondimeno essa consentiva un consumo medio di circa 250 grammi a testa, quanti appunto ne distribuiva il Governo. La quantità era affatto insufficiente per reint~grare le energie fisiche del lavoratore, che in tempi normali ·non consuma meno degli 800 ai 900 grammi giornalieri. Per provvedere alla deficienza, nulla potevano le autorità locali. Nulla poteva il Sindaco, nulla il Prefetto, nulla il Deputato. Bisognava, anzitutto, agire presso il Governo inglese e presso l'opinione pubblica inglese, che diffidava della verità delle statistiche italiane. Ed io ho potuto, anche nella qualità di Presidente della Lega Italo-Britannica, intervenire presso l'Ambasciatore inglese ; ed ho potuto incoraggiare una vigorosa campagna fatta in Inghilterra dal <[ ime.,· a mezzo del suo corrispondente romano, con dati da me controllati e forniti. Il mio punto di vista era questo:. che dal rifornimento di grano dipendeva soprattutto nel Mezzogiorno, la resistenza morale del paese alla guerra ; ciò che rappresentava un interesse di prim'ordine per l' Inghilterra e per gli alleati. L'opera di persuasione, a cui partecipai, ottenne il suo effetto. Abbiamo avutoilgrano dall'estero ..Ma quando abbiamo avuto il grano, la razione giornaliera non è cresciuta ! Il maggior consumo militare no'n 'basta a spiegare il f~tto. Il cancro era nella insipienza colposa della burocrazia romana. D'onde la violenta campagna giornalistica - di cui l'eco è arrivato a voi - fatta dall'Unita contro il Commissariato dei consumi, che ammassava grano nei magazzini e ve lo lasciava marcire, ovvero distribuiva la stessa razione ai mezzadri dell'Italia settentrionale e media, che avev;rno tutti la loro provvista clandestina e tollerata, e ai contadini braccianti delle Puglie, che non avevano grano di riserva ; Bib iote:::aG 110 Bia'1co

- 30- - e l'altra campagna contro il Comm. <?iu.ffrida,diventa!o il grande armatore dello Stat_o,il quale a1_piros:afi che _a~nvavano in salvamento nel pnmo porto _d~app1~do, 01dmava di uscirne per scaricare in altro porto :71~mo,e.h condannav:a nella breve rotta nota ai sottomanm al siluramento sicuro. _ e l'altra campagna contro i calmieri, posti a danno semp~e delle nostre derrate agricole; - e l'altra per il libero commercio dell'olio e via dicendo. Nè diversa è stata la mia azione - isolata o associata a quella di altri collegh~- i~ al~re numerose ~u(;'stioni locali, come l'azione per impedire 11 progettato disarmo ~e!le ferrovie già costruite, ma non ancora aperte all'eserc1z10, contro i divieti di libere esportazioni interne, divieto di pesca, e via dicendo. Queste cose ricordo anche e sopratutto pérchè dagli eccessi di arbitrio e di insipienza perpetrati dalla burocrazia durante la guerra, scaturisce vivo il problema più urgente del momento: la lotta contro l'invasione burocratica nella vita economica del paese. La burocrazia si propone di perpetuare nel dopoguerra le carpite e male adempiute funzioni di armatore, di commerciante, di industriale, di agricoltore. Solo per dar lavoro alla burocrazia, si erano inventati i recenti monopoli di merci esotiche. L'Opera Nazionale pei combattenti è in gran parte un ~oppion: .burocratico. Sempre per dar lavoro alla burocrazia, al Ministero delle finanze si è deciso di costituire un demanio per la coltivazione del tabacco in sostituzione dei privati coltivatori ! La burocrazia noi; lascerà la preda, se non vi sarà costretta dalla indignazione e dalla insurrezione del paese. La recente crisi (1), che si dice determinata anche da (1) Si intenda lé>. crisi ministeriale provocata nella seconda metà del gennaio 1919 dalle dimissioni improvvise dell'Onorevole Nitti. Bib iote:::aG 110 Bia'1co

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