Luigi Cortesi ... [et al.] - Il Psi e la Grande guerra

C'era sicuramente del vero in questo, ma quei giudizi erano di parte., polemici e quindi forzati: infatti, non tutto era stato inutile in quel convegno e già Piscel, in un articolo sul Popolo del 25 maggio, si sforzò di dimostrarlo. Pur peccando, come era un po' della sua natura, di eccessivo ottimismo quando affermava che il risultato del convegno sarebbe stato « superiore a quanto speravano persino coloro che l'hanno promosso .», aveva però ragione a sottolineare che esso aveva utilmente contribuito a chiarire a socialisti italiani e austriaci non fosse altro che le reali prospettive su cui nella lotta politica nazionale si divideva il fronte dei socialisti italiani dell'Austria; e se si pensa all'inesattezza, alla superficialità di tanti giudizi politici correnti in proposito in Italia, di socialisti come dei loro avversari, non era cosa di poco conto. Per di piu, rimane innegabile l'importanza dell'avvenimento, se si considera il valore esemplare cui assurse, in sede internazionale, l'azione comune per la pace perseguita nel convegno, al quale ci si rifed - come ad uno stimolante precedente - prima ancora che nella celebre risoluzione del congresso di Stuttgart contro il militarismo e la guerra, nelle stesse iniziative pacifiste, promosse nei mesi successivi del 1905 da altri partiti socialisti europei, per iì tramite del Segretariato del BSI: come avvenne, in forma esplicita, nell'emendamento del Comitato Esecutivo del Bureau alla mozione Hyndman (delegato della Social Democratic Federation), in giugno, per la convocazione di una conferenza anglo-franco-tedesca, e nel rapporto di Ferri al Segretariato, in ottobre, per comunicare l'adesione del PSI alla, proposta di Vaillant per_ un accordo internazionale contro la guerra 35 • . Comunque, messo alla· prova dei fatti, l'internazionalismo non aveva retto e questa era certamente la conseguenza piu grave. Piscel, dal suo punto di vista, poteva anche compiacersi che si fosse superata « quella fase per cosi dire infantile della prima affermazione internazionalista, nel senso s·emplicista della parola che involge se non la negazione della patria e delle questioni nazionali, almeno una eccessiva trascuranza delle stesse »; ma in sostanza il compromesso con le istanze irredentiste, per quante puntualizzazioni demoèratiche l'accompagnassero, era pur sempre un cedimento del principio internazionale a quello di nazionalità. Quel che scrisse la stampa italiana, per quel tanto che se ne interessò, conferma questa impressione ed in tal senso è esemplare l'articolo di Ciccotti sul Divenire Sociale del 1 ° giugno. Ciccotti dava atto ai convenuti di aver affrontato con larghezza di temi l'analisi delle cause di attrito tra l'Italia e l'Austria, in contrasto con certa tendenza minimizzatrice della diplomazia ufficiale. Ma non mancò di notare che l'irredentismo non era stato ·sconfessato, « in quanto l'irredentismo è idea e azion'e dirett~ a 35 G. Haupt, Bureau Socialiste International~ vol. I, 1900-1907, Comptes rendus des réunions, Manifestes et circulaires, Paris, Mouton, 1969, pp. 150-151, 339-340. 25 BibliotecaGino Bianco '

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==