Luigi Cortesi ... [et al.] - Il Psi e la Grande guerra

Dopo un duro attacco al centralismo dello stato absburgico e alla sua struttura clerico-feudale e militarista, responsabile della sua arretratezza economica e politica, Pittoni affrontava la questione delle nazionalità nell'impero che, di fatto, era stata abilmente sfruttata dal potere centrale per rafforzarsi e imporre un regime antidemocratico. La sconfitta del centralismo era una necessità comune alla borghesia e al proletariato socialista: ma Pittoni non esitava a condannare la lotta nazionale scatenata dalla borghesia dei vari gruppi etnici, perché tesa allo smembramento dello stato- e con intenti di reciproca ~opraffazione. E con giudizio preveggente, nel caso della borghesia di lingua italiana dei paesi del Litorale Adriatico, considerava gravida di pericoli la pretesa egemonia italiana, etnica e politica, anche in quelle province, come nell'Istria interna, nel goriziano e nel territorio di Trieste, dove esisteva « un grosso e compatto nucleo di popolazione slava », o perfino in Dalmazia « terra abitata in assoluta prevalenza dall'elemento croato », perché provocava reattivamente un non meno esaltato nazionalismo slavo e croato, tendente -a contrastare ai rivali italiani il dominio sull'Adriatico. Pittoni contrapponeva alle retoriche intemperanze della propaganda nazionalista borghese la forza della propaganda internazionalista anche nella difesa dei diritti nazionali, e citava il caso della solidarietà dei socialisti slavi e tedeschi nel propugnare la causa dell'università italiana a Trieste. Ma gli accenti piu aspri Fittoni li riservò al fenomeno irredentista, di cui coglieva l'involuzione conservatrice e la nota nazionalista ·che lo permeava. Egli negava che nelle regioni adriatiche l'irredentismo avesse tradizioni storiche o larga base, per quei motivi del « determinismo economico» che non facevano gradire mutamenti politici a popolazioni i cui interessi gravitavano verso l'hinterland slavo-tedesco,- esclusi tipicamente i ceti intellettuali, professionisti e gli ambienti giovanili, studenteschi, per i quali l'irredentismo era un fatto essenzialmente sentimentale 21 ; ma soprattutto esso era « un comodo pretesto per sviare le popolazioni dalla chiara concezione dei loro interessi ed i partiti politici da un moderno orientamento positivi_sta e democratico », un vero e proprio strumento di « narcosi politica », insomma, da parte di una ·minoranza decisa a realizzàre il suo programma nell'unico modo possibile: la « guerra, la çonflagrazione europea, la catastrofe militare dell'f\.ustria ». All' « irredentismo borghese » bisognava opporre l' « irredentismo proletario » aspirante ad emancipare i popoli oppressi passando, sf, attraverso la soluzione dei conflitti nazionali, ma secondo la linea del programma minimo di Briinn, delle « autonomie nazionali federate », sola alternativa ai 21 M. Alberti, nel suo Irredentismo senza romanticismi, Como, 1936, p. 32, dando una conferma della diagnosi di Fittoni, indicava intorno al 2 % della popolazione triestina gli irredentisti convinti, in quegli anni: ma va certo tenuto conto - come osserva Valiani - che « l'irredentismo era naturalmente latente in una massa molto piu considerevole di quanti lo professassero apertamente» (v. L. Valiani, La dissoluzione dell'Austria-Ungheria, Milano, Il Saggiatore, 1966, p. 71, nota 8). 15 Biblio.tecaGino Bianco

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