Italia, Francia e Russia - 1859

Ji-X-- )3 --- ITALIA, FRANCIA ERUSSIA

M MAZ 0700 00242 MAZ ~882 p

ITALIA, FRANCI~!\ E RUSSIA PUBBLICAZIONE DELLA SOCIETA NAZIONALE ITALIANA ' TORINO, t 859 . TIPOGRAFIA A.BI08'1'0 Borgonuovo, n° 49. •

BIBLIOTECA REGIONALE A. M. l. CASA SAFFI- FORLI ' u _ y_ ·····----- '-~- ~------ --···· ····--- --- -- --------·· ................d .. 3................... l

SOCIETÀ NAZIONALE ITALIANA INDIPENDENZA Ul'\IFICAZIONE Quando si ragiona di politica, se non si vuole edificare sull'arena, si deve tener conto delle utilità come in mercatura e peggio che in mercatura; se no, si rovina la patria e si cade derisi. L'importanza che nella età moderna hanno acqu istato le industrie e i traffichi, han faLto della borsa e della banca le anticamere:della signoria, ed un po' di sangue cartaginese scorre ormai nelle vene di tutti i popoli della terra. Le stesse simpatie ed antipatie vicendevoli delle nazioni non sono in fondo che la rivelazione dell'accordo o del contrasto de' loro morali e materiali intere~Dsi, ricordanze di benefizii o di offese, speranze e timori di future utilità o pericoli. Ne' secoli trascorsi la politica era aulica, e la pace e l.a guerra dipendevano dall'ambizione, dalla cupidità, dall'audacia o rimessione d'animo 'di un principe o di un ministro; mentre oggi la politica è mercantile, e dipende in gran parte dagl'interessi dei governi e delle nazioni. I libri sublimi che si consultano sono i registri delle dogane ; i banchieri fanno le parti degli antichi feciali, e l'aritmetica commerciale è studio necessario ad ogni statista. Il genio medesimo diventa mercantile, e là dove prima creava la Divina Commedia, l'Amleto, il Cid, San :Marco, Santa Maria del Fiore, il Duomo di 1\filano, la Trasfigurazione, il Giudizio Universale, or crea le strade ferrate per traiportare velocemente le balle di cotone, ed i telegrafi elettrici per annunciarci colla rapidità del fulmine i corsi .delle Borse di Parigi, di Londra e di Amsterdam ! L'indipendenza d'Ita·lia nuoce o giova all 'impero francese e all' imper.o russo ? Ecco ciò che un uomo savio deve esaminare per arguire con qualche probabilità ciò che saranno per fare quei due potentati, nelle congiunture di una guerra, che noi crediamo irrevocabile e vicina, •

-6-'- Un pregiudizio esiste in Francia in molti statisti, non bisogna nie· garlo, contro la creazione di un grande stato al di qua delle Alpi. Noi abbiamo veduti all'opera legittimisti , orleanisti e repubblicani : gli uni ci volevano servi, gli altri ci tolleravan liberi ; ma tutti erano di accordo a non volerei nazione. La politica di Lamartine non differenziava in ciò da quella di Luigi Filippo: nè questa da quella di Luigi XVIIT. Bastide chiamava conquista l'unione del Lombardo-veneto col Piemonte, come appunto l'avrebbe chiamata il ministro francese, che sottoscrisse i trattati del 18~ 5. Dipendeva ciò da mal volere, o da tenerezza che quei repubblicani avessero per la casa degli Absburgo o per quella dei Borboni? No, ma da ignoranza completa delle cose nostre. Eglino credevano, ragguagli andoci alla Francia, che la nostra rivoluzione fosse esclusivamente di libertà, mentre era avanti tutto e soprattutto di nazionalità, personificavano in l\fazzini la democrazia italiana, e tutti invasati della quistione, che teneva inferma e malsicura la loro repubblica, credevano le accrescesse pericoli l' accrescimento di una monarchia su' loro confini. Da questi errori e pregiudizii non è, e non può essere dominato Luigi Napoleone, il quale conosce l'Italia forse più della Francia. Egli sa come il hervo della rivoluzione stia qui più nello spirito nazionale che nel repubblicano; e sa come gl'Italiani, volendo avanti tutto l'indipendenza ed unificazione della patria, con la medesima unanimità colla quale oggi vogliono conseguirla per mezzo della monarchia sarda, mutate le condizioni di Europa , tenterebbero conseguirla colla repubblica. È quindi negl'interessi di Luigi Napoleone e del suo impero che questa rivoluzione, oramai irrevocabile, si compia sotto gli auspicii del principato, essendo evidente che cosi accre,;ee le proprie forze e cansa un pericolo avvenire. L'indipendenza ed unificazione d'Italia sarebbe inoltre la finale abrogazione dei trattati del 18 l5 , che sono la condanna della dinastia de' Bonaparte, ed il letto di procuste della nazione francese. L'avere sottoscritto quei trattati rese impossibile la durata dei Borboni in Francia, non ostante che ritornassero dando maggiore libertà che non se ne godesse sotto l'impero; lo averli riconosciuti ed osservati rese inferme e caduche la monarchia orleanese e la repubblica del quarantotto; l'abrogarli è la maggiore satisfazione che possa darsi alla Francia, sulla cui gloriosa bandiera gitta un'ombra vituperosa il disastro di Vaterloo. NQ Luigi Napoleone può temere gli si apprenda in casa l'incendioehe il primo colpo di cannone tirato sul Ticino può destare dall'I- !Onzo all'Oreto, imperocchè il grido e gl'intenti della sollevazione ita-

-7liana non hanno nulla di comune co'gridi e cog l'intenti degli avversarii dell'impero. Aggiungi che i moti d'indipendenza hanno sempre in loro medesimi una tendenza al concentramento della podestà. Pare che le nazioni divise ed oppresse dai forestieri sentano instintivamente il bisogno di unificare le forze ed il reggimento. La Francia , per uscire dallo sminuzzamenlo feudale, e costituì re la sua autonomia, si alleò col dispotismo di Luigi XI: tutti i popoli antichi e moderni ricorsero al rimedio delle dittature ; ed in Italia vediamo i più caldi e sinceri repubblicani sollecitare la Casa di Savoia ad assumere la dittatura, affine di conseguire più agevolmente e più spedit.amente i l supremo bene della nazionalità. Aggiungas i che l'Austria· è la nemica più accani ta e più pertìda che i ncontri la Francia in tutte le sue imprese : a Roma come a Costant inopoli, nel 1\Iontenegro come in Servia, sul Danubio come sul Reno, è l'Austri a che rappresenta l'antagonismo della Francia. Per le tradizioni dell'antica monarchia francese, per i tradimenti passati, pe'contrasti presenti , e per la conoicenza degl' intrighi legittimisti che si annodano a Vienna, Lui gi Napoleone non può non bramare che l'Austria sia ricacciata al di là delle Alpi, indebolita ed umiliata, come b ramavano Arrigo IV ed i piu alti ingegn i dell'antica Francia. Da ultimo Luigi Napoleone ha necessità assoluta della guerra, imperocchè la Francia non può lungamente vivere senza la pace colla libertà, o la guerra colla gloria. Alla guerra coll' Inghilterra si oppongono gl'interessi industriali é commerciali de'due popoli, interessi cosi potenti da far tacere le loro antipatie e i loro r ancori ; una guerra coll'Austria, non solamente non nuocerebbe in nulla al commercio francese, ma moltissimo gli gioverebbe: ogni città italiana sottratta alla dominazione diretta o indiretta dell'Austria, è un nuovo mercato aperto alla Francia. E qui ci sembra d'aver risposto vittoriosamente alle obbiezioni che ci vengono mosse dagli avversarii dell'alleanza francese. A _quelli che ci dicono: la Francia sospinge alla guerra il Piemonte per tradirlo più tardi, rispondiamo: la Francia non tradirà il Piemon te, avendo interesse a non tradirlo• .A. quelli che soggiungono: Noi combatteremo, noi faremo infiniti sacrifici d'oro e di sangne ; ma la Francia, e non l'Italia ne corrà il frutto· , noi diciamo: il frutto della vittoria sarà nostro, quando la rivoluzione faccia il debito suo, duplicando e triplicando, in pochi mesi, l'esercito liberatore. L'odio della Russia contro l'Aust.ria e oramai a tutti evidentissimo, ed è a notarsi ch'esso non procede solamente dagli aiuti niegati nella guerra di Oriente , che pure la gratitudine , e forse anco precedenti

- 8 - accordi imponevano di dare; ma anche e più dai fatti seguiti nel Congresso di Parigi. La Russi a deve la soppressione della sua marina di guerra nel mar. nero alla nimis tà dell'Austria e dell' Inghil terra, e se non foP.so stato per la Fra neia , per la Sardegna e per la Prussia, più duro ed umilianti condizioni le sarebbero state imposte. La Russia si accorse allora del gravissimo errore commesso, salvando l'Austria dalla soa estrema rovina ; e nuove alleanze di guerra s' iniziarono in quel Congresso di pace. Sono i consigli dell 'Austria più che quelli dell'Inghilterra, che spin gono la Turchi a a contraffare ai patti di Parigi; sono i suoi intrighi che irritano gli animi nella Servia e nel MonLenegro, e rendono impossibi le il pacifico ordinamento dei Rumeni. La Francia e la Russia aspirano al primato l' una della razza latina, l'altra della slava : perchè questo loro desiderio possa mutarsi in fatto, è necessario che gli Tt~liani e gli Slavi siano ·Sottratti all' austriaca dominazione. L'Austria non è una nazione, ma un aggregato di popoli, i qual i non vogliono, nè possono stare uniti sotto unico impero, e che sono spinti dall'indole e dagl' interessi proprii ad aggregarsi alle nazioni, dalle quali sono stati violentemente divelLi. La Casa di Absburgo, per conservare i suoi dominii, e qu indi fatalmente aslretta a contrastare allo spirito del secolo, osteggiando tutte le naz ionali tà, e tentando di conculca re e spegnere ogni elemento di vita. Ella teme in Prussia il germanismo, in Russia lo slavis mo , in Piemon te l'itali anismo. La schiavitù' delle alt re provincìe italiane è a lei necessaria per tenere a freno i Lombardo-venet i, come la schiavi tù degli Slavi sudditi de'Turchi, è a lei necessaria per tenere. sot to il giogo la Gallizia, la Jloemia e l'Ungheria. Di Ici si può dire come di Satana, che il male e sua natura e necessità. Questo colosso dai piedi di argilla, carco di debiti, di perfidie c di delitti, che attraversa la via del progresso alla civile Europa, bisogna che si atte rFi , e la Provvidenza aerba agl'Ital iani l'ono re di lanciargli la prima pietra. No i non abbiamo alcun odio e rancore contro gli Austriaci, e ben sappi amo ch e anche Vienna ebbe il suo Radetzky ed il suo Haynau. La nemica nostra irreconciliabi le e la iniqua Casa di Absburgo : ella ha un enorme debito di rélpine, di estorsioni, di lagrime e di sangue da pagarci ; e, se Dio ci aiuta, ce lo paghet a ! Noi non abbiamo più bisogno di rammentare i nostri avi per ri confortarci : le sollevazioni di l\Jilano, di Venezia e di Palermo; le gior-. nate di Brescia, le battaglie di Buffalora, Goito, Pastrengo, Va lleggio, Staffalo, le difese di llessina, di Bologna, d'Ancona, di Veaezia e di Roma

-9mostrano come gl'italiani sanno combattere e morire, e come l'animo risoluto ed intrepido qui si· trova neL palagio de'ricchi, nelle officine dell' artigiano , e all'ombra istessa dell' altare. Le no~;tre discordie ci vinsero, non gli aus triaci battaglioni; e la corte di Vienna sa meglio di noi le vere cagioni del disastro di Novara. Ma la lez·ione ci ha profittato, e la medesima generazione non cade due volte nel medesimo errore. L'Associazione Nazionale Italiana fin dalla sua origine assunse una missione di concordia; e se qualche volta diè di piglio al flagello , fu solamente per eacciare dal tempio della patria i semina tori d'odi i e di scismi. Ma perchè questa concordia non sia un inganno o una i11uiione, bisogna mettersi per .una via, in cui gl'interessi dell'una parte non siano in con trasto diretto con quelli dell'altra: volere che un Principe rinunzii alla sua corona, che una nazione rinunzii alla sua liberta ; che i ricchi contribui scano alla formazione di uno stato nuovo che deve dispogliarli dell e loro facoltà, o che i poveri versino il loro sangue senza che dallo sperato mutamento sia per venirne alleviamento alcuno a'loro mali, è pretendere atti ta li di eroismo che sorpassano la misura della comune virtù. Le odierne nostre condizioni sono ben diverse di quelle del 48: allora l'esistenza della repubblica in Francia poteva divider gli animi; oggi parlare di repubblica sarebbe follia. La dinastia di Savoia ha di bisogno dell 'Italia , non meno di quanto l' Italia .abbia bisogno della dinastia di Savoia: questa non può. temere di perdere il principato, come quella non può temere di essere defraudata de11a sua Ii àer tà. La sollevazione e la guerra tendono al medesimo fine; e la indipendenza ed unificazione d'Italia non sono meno utili e gloriose al principe, di quanto siano utili e gloriose alla nazione. Coloro , i quali affermano che il princi pato non può giammai tro· varsi di aceordo colla sollevazione popolare , mostrano d' essere non men poveri di nozioni istoriche che di giudizio; e senz'andare, molto indietro nel corso degli anni , pe~ dimostrare la fallacia di questa loro dottrina, basterebbe rammentare i freschi esempi i della Spagna e del Portogallo. C'Ile anzi la storia ci mostra come a costituire le nazioni unitarie il principato sia più adatto ed efficace della repubblica; cosa già osservata da quelt'altissimo intelletto di Nicolò l\Iacchiavelli, , il quale affermava che per fare dell'Italia un corpo solo, bisognava ricondurla verso lo stato regio. Vedano adunque coloro i quali leggono i nostri scritti, come noi non riponghiamo le nostre speranze su sogni fanciulleschi , ma sull'effettiva reali tà delle cose, sapendo bene che solo dall'accordo delle

10 nobili passioni co' materiali interessi, e dalle idee co' bisogni , come diceva Janelli , nascono le grandi e fortunate rivoluzioni. Che anzi quando una rivoluzione è necessaria al corso del progresso umano, una legge proYvidenziale fa servire ad essa non s.olamente le idee, i sentimenti, le virtù; ma anche gl'interessi, i pregiudizi i, e fino i viz.ii degli uomi ni . Qui il . calcolo ~i accorGI a coll'aff3tto, i detta ti della ragione non contrastano alle ispirazioni del cuore, e la utilità di tutti coloro che debbono cooperarvi non è meno evidente della gloria. La Provvidenza si giova di tutto e di tutti, e mentre acceca le case dominatrici che vuoi perdere, suscita la speranza e la fede nel cuore dei popoli che vuoi salvare. Si direbbe che i principati antin11zionali d'Italia siano presi da vertigi ne che li travolga fatalmente nell'abisso. Ogni loro atto è un delitto ed una follia : e mentre il rapimento del ~anciullo Mortara compie la dimostrazione della incompatibilità esisten te tra 11 governo teocratico e la civiltà del secolo, i provved imenti intorno alla moneta, e gli aggravii della levata militare, colmano la misura dell'odio dei Lombardo-Veneti contro l'austriaca dominazione. La fortuna che quasi sdegnosa per le nostre insanie ci volse le spalle nel ~ 848, ora ritorna a noi sorridente e propizi a : i vinti di Novara sono i vincitoFi della Cernaia; la guerra di Crimea, che doveva consol\dare l'impero turco, ne affretta e ne rende irreparabile la rovina; l'Austria , che colle sue astuzie voleva tenersi in bilico tra la Russia e la Francia, si attira l'o d~o d'11mbedue, e la diffidenza e il sospetto eli tutti: muore a tempo 1' imperatore Niccolò per rendere possibile la lega del suo successore coll'imperatore dei Francesi.; abdica a tempo il re di Prussia per fare ridestare il sentimento nazionale germanico; si agitano a tempo i Rumeni, i Montenegrini, i Servi per accrescere la debolezza della nostra nemica, e chiarire l'antagonismo dei suoi interessi con quelli di tutta l'Europa ci vii ~. Ed ecco noi, che eravamo abituati a vedere luccicare dietro le baionette austriache le russe, ausiliarie di quelle, vediamo ora con compiacenza e fiducia le medesime baionette lungo il confine della Gallizia , speranza agli oppressi , minaccia e sgomento agli oppressori ; mentre la Francia , che ci oateggiò sotto i Borboni , ci tradì sotto l' Orleanese, ci abbandonò sotto la repubblica , è oggi governata da un uomo , il quale non potrà credersi sicuro sul trono, fintantochè i trattati del ~ 8~ 5 non saranno stati abrogati, fintantochè in Italia non sarà coll'indipendenza e l'unificazione spento il "ulcano delle rivoluzioni, e coatituito uno ~tato fortissimo, che gli serva di propugnacolo; fintantochè, con una guerra utile al popolo francese, prudente e gloriosa in sè stessa, non avrà fatto dimenticare gl' incunaboli sanguinosi del suo impero.

-H- \ Del resto noi non altro chiediamo per ora che l'unificazione di tutte · le forze italiane sotto la temporanea dittatura della Casa di Savoi"a, e non teorizziamo più sul futuro, ·per non imitare quei commilitoni di Pompeo, i quali partivansi i consolati e le pretura prima di vincere a Farsaglia, e ricuperare Roma, che non avevano saputo difendere. Ma tra noi, che per caceiare gli Austriaci vogli amo unific; re tutte le forze italiane sotto la dittatura del re Vittorio Emanuel e, e quelli che per compiere questa grande impresa si contenterebbero degli aiuti scarsi ed infidi dei duchi, del granduca, del papa e del Borbone, già provati spergiuri , e nemici per istinto, per intenti, per interesse proprio della Casa di Savoia e dell ' Italia, da qual parte stiano i sognatori è molto agevole il vedere. Noi abhiam fede che questo vero sia da tutti compreso, e che le timidità perigliose e le imprudenze delle vie mezzane non rendano inferma la nuova guerra, come fac ero di quella del 48, quando per far libera l'Italia si confidò ne'principi che la volevan serva; e se n' ebbe quel bel risultame nt.o che tutti sanno. Del resto il popolo italiano fa ovunque eco alle nostre parole, ed il rapido pr<_?pagarsi della Società Nazionale Italiana sino nelle più piccole città, ne' villagg i e nelle campàgne, ne' palagi dei signori , come nelle officine dell 'artigiano, ne' consessi degli uomini maturi e savii, come ne'convegni della gioventù animosa e prode, nelle caserme come nel santuario, ne è splendida e indubitata testimonianza. 'Noi non s iamo sì fancinlli da credere di avere nelle nostre mani l'Italia; ma non siamo sì ciechi da non vedere l'indirizzo dell9 spirito pubblico e da non presagirne il cammino. ' Non siamo noi che lo diciamo, e tntta l'Italia che grida: • Unifichiamo le nostre forze, recuperiamo la nostra indipendenza. Non circoli , non assemblee, non governi provvisorii , non dispute intempestive, non bande indisciplinate : esercito unico, supremo comando unico, dittatura militare, consigli di guerra che rassicurino i buoni e frenino con inesorabile giustizia i faziosi. • E se insistiamo sull'unificazione delle forze non e già per pedantesca osservanza del nostro programma; ma perche , secondo noi , l'unificazione e il fondamento di ogni nazionalità, ed è più importante della indipendenza medesima e della libertà , come quelle che non possono avere stabilità e durata se l'unificazione delle forze non le assicura e puntella; onde quei pretesi prudenti, che diconsi disposti a rinunziare alla unificazione, purche si avesse l'indipendenza, ras· somigliano a coloro, i quali dicessero di essere disposti ··'a rinunciare all'esercito, purche si avesse la vittoria. Se si fosse considerato bene nel 1848 quanto importi l'unificazione

-42delle forze e l'unità del comando, invece di combattere simultaneamente in più luoghi, con diversità d'intenti, di disegni, d'impero, si sarebbe trasportato tutto il nervo delle nos tre schi~re successiramente in ciascuno di essi, facendo una guerra cor ta e grossa secondo l'esempio di tutti i grandi capitani da Alessandro a Giulio Cesa re e da Giulio Césare a Napoleone Bonaparte. Abbiamo bisogno di dichiarare che la Società Nazionale Italiana, interprete della pubbli ca opinione, intende che la ditt(!tura debba essere transi toria c debba cessare appena cessi l'evidente necessità? Abbiamo bisogno di dichiarare che noi siamo partigiani quanti altri ma i d'ogni guisa di liber tà, e che anzi crediamo impossibile in Italia il principato se non si mariti cogli ordini rappresentativi, se non assuma il compito della istruzione ed emancipazione delle plebi, se non compia l'indipendenza del laicato, se non renda una vrrità la liber tà di coscienza, se non. si poggia sulle larghe fondame nta della democrazia? E come potrebbe il nuovo stato italian o prosperare e fiorire senza la stima, l'amore e la riconoscenza del popolo? Che se qualcuno ci dicesse che la introduzione della dittatura potrebbe far ~correre qua lche pericolo alla libert<1 , noi risronderemmo che, nelle condizioni miserissime in cui siamo, è partito savio essere più solleciti della forza, dell'unione e della indipendenza della patria , che delle sue interne franchigie, perchè al postutto meglio un po' meno di libertà, ma soda, effettiva, guarentita da un esercito italiano, che la divisione, la fiacchezza, la dominazione dei forestieri e dei principi servi dei forestieri. E chi ha 110 po' di senno ben vede, che sottratta l'Italia al giogo austriaco, unificate le sue sparse membra , fatta padrona dei suoi destini, ella si avrà agevolmente quel grado di libertà, cl1e si attaglia a' suoi bisogni, allo svi luppo della sua vita politica ed alla sua civiltà. Ecco che l'Tnghilterra riforma continuamente i suoi ordini e le sue leggi, sì che sotto i medesimi nomi di monarchia e di parlamento si ha oggi un reggimento difformissimo dell'antico ; ecco che la Francia fa e disfà i principati, le repubbli che e gl'imperi, muta ordini e leggi, trapassa in tre giorni dai più stretti ai più larghi , e dai più larghi a' più stretti modi di reggimento; e l'una e l'altra fanno rispettare la loro volontà, e fino le loro follie, da tutti i popoli della terra; mentre l'Italia, divisa e debole, deve far tutto col beneplacito dei suoi potenti vicini, c rendere conto ad essi, non solamente d'ogni rivoluzione o riforma di sta to, ma anche (vergognoso a dirsi !) d'ogni mutamento di ministero. Qual buono italiano non sente rossore e generoso disdegno di que-

-13sto giogo vituperoso? Chi tra'nati in Italia, se la piu abbi etta corruzione non abbia guasto il suo .cuore, o la folli a non abbia sconvolta la iua mente, chi si nieghcrà di concorrere alla redenzione dell a patria, alla cessazione di questa infamia? O Italiani, che siete costretti ad indossare l'abborrita divisa dell'Austria o dei principi servi dell'Austria, oserete voi ri vol ge re le vostre armi · contro i fratelli vostri che vi stendono la mano per liberarvi ? Commetterete voi il più infame e sr,ellerato dei fratricidii, quello del fratello che ri volge il ferro contro il petto del fratello che accorre in sua difesa ed aiuto? No, questo è impossibile; e noi siamo sicuri che il giorno in cu i Vittorio Emanuele dirà : CM ama la patria comune mi siegua, non vi sarà in tutta Italia un solo italiall'o che non porrà sul suo casco la croce di Savoia e la coccarda dei tre colori. Il problema della liberazione d'Italia, noi lo abbiamo detto parecchi e volte, è problema di forze, uniamoci e saremo forti; siamo forti a saremo liberi. A' nostri fra,elli della Lombardi a, della Venezia, de' Ducati, di Toscana, dello Sta lo Romano, dell e Due Sici lie, noi diciamo intanto: c Finchè il giorno della liberazione, il quale si appressa, non sia ancor so rto: resi stete ed abbiate fiducia . Resis tete a' vostri dominatori in tutti i modi che potrete, affinché il mondo intero si convi nca che voi abbor rite il giogo che vi opprime ; resistete alle minaccie, resistete alle seduzioni, resistete alle concessioni ispirate dalla paura, e non vi fate ingannare altra volta come nel ~ 848; ma nel medesimo tempo abbiate fiducia in voi stessi, fiduc ia ne' vostri fratelli delle al- ' tre provincie italiane, fiducia in questo Piemonte, che accoglie l'annu.nzio di una guerra per la liberazione d'Itali a come l'annunzio di una fes ta, fiducia nella parola leale e generosa di un principe, che non ha giammai spergiurato. • Aprendo ieri la nuova ~tessione del parlamento sardo, egli diceva a' senatori ed a' deputati : c L'orizzonte in mezzo a cui sorge il nuovo anno non è pienamente sereno; cionondimeno vi accingerete colla consuetp. alacrità ai vostri lavori parlamentari. c Confortati dall'esperienza, del passato, andiamo incontro risolti alle eventualità dell'av venire! c Quest'avvenire sarà felice, r iposando la nostra politica sulla giustizia e sull"amore dell a libertà e dell a patria. • Il nostro paese pi ccolo per territorio acquistò credito nei consi- ~li dell ' Europa, perche grande per ~e idee che rappresenta, per le simpatie che esso ispira. c Ques ta condi zione non è scevra di pericoli, giacchè nel mentre rispettiamo i trattati, non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d'Italia si leva verso di Noi.

-U- • Forti per la concordi a, fidenti nel nostro buon diritto, aspettiamo prudenti e decisi i decreti della Divina Provvidenza! • E l'immensa folla di uomini e di donne accorsa, non solamente da tutte le città dello Stato, ma pres•ochè da tutte le parti d'Italia, e che si accalcava nelle tribune, sulle scale, nell'atrio, nella piazza del palagio Madama , prorompeva in vivissimi e fragoro!issimi applausi, piangeva di commozione, ascoltava quelle parole magnanime come annunzio di prossima liberazione. Alla vigilia del giorno sol ennissimo in cui sarà decisa la gran lite dell' essere o non essere della nazione, noi non vogli amo avere che parole di pace e di concordia per tutti . Resti piena la respon&abilità e l' infamia dello scisma a chi mette la propria ambizione, il proprio l orgoglio, i proprii rancori al di sopra degl'interessi e dell' onore della patria. ·Per noi non y 'e che un intento : unificare le forze italiane a fine di rendere indipendente e libera la nazione. Chi concorre con noi in questo intento è nostro amico e fratello, e l' ultimo arrivato non ci sarà rnen caro dei primi. Solamente noi vogliamo concordia vera, non finta ; obblio delle passate discordie, non fiacca tolleranza de'seminatori di discordie nuove. Il giorno in cui sarà tirato il primo colpo di cannone, l'Italia tutta diverrà un campo, e con tutti i nostri sforzi ci adopreremo affìnchè quale in un campo sia in essa l'ordine e la disciplina. I nostri padri, i Homani, c'insegnarono che nell'ordine e nella disciplina era riposto l'arcano delle loro vittorie: Bruto e Manlio non esitarono a far morire i proprii figli per impedire l'opera dìssol vente dei faziosi, e tennero ubbidiente l'esercito: così fu fondata, crebbe, unificò l'Italia la romana repubblica, e cosi acquistò l'impero del mondo. • L'occasione non fu mai si propizia alla redenzione d'Italia, voto di tanti martiri, concetto di tanti altissimi intelletti, desiderio di tanti secoli ; ma l'occasione corre rapidissima : guai, vitupero, infamia a noi se la lasciamo fuggire ! Leuo ed approvato dal Comitato Cent1·ate Torino, 1 ~ gennaio 1859 , Il Segretm·io GIUSEPPE LA FARINA.

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