Da quando son partito militare - Franco Travaglini - 1973

niente. In questo tipo di comportamento ci può essere un rischio: quello di esagerare e di lanciarsi in azioni esemplari, non capite dalla massa dei soldati e che possono quindi essere facilmente represse dagli ufficiali. Ma si tratta di saper valutare la situazione senza cagarsi sotto, e di scegliere il momento giusto. Per esempio, un giorno, siamo andati a fare il percorso di guerra; un soldato stava male e chiese di non partecipare. Il capitano disse (sentito da tutti): "Quando sarai morto ti porteremo in infermeria". Dopo poche centinaia di metri il nostro compagno cadde sbavando. Gli ufficiali cominciarono ad urlare ordini di non avvicinarsi. Tutta la compagnia ·era incazzatissima, allora mi sono avvicinato urlando che erano dei fascisti, dei bastardi che volevano farlo crepare, ho afferrato il fucile per la canna e l'ho gettato sui piedi del tenente con un gesto d'ira calcolato. Intanto tutta la compagnia si era fatta sotto in silenzio. L'ufficiale ha cambiato subito tono diventando paternalista e ha fatto venire la jeep per portare il malato in infermeria». Se questa è la strada giusta, la base di qualsiasi lavoro dentro le caserme, l'esperienza dei soldati proletari dimostra anche che non è sufficiente. Non sempre cioè basta il radicamento a livello di massa, la denuncia; la propaganda a garantire ai soldati la loro libertà di lottare. In una lettera scritta a Lotta Continua da un compagno soldato a Maddaloni, questo problema viene posto con chiarezza: « Se .non sapremo portare avanti la lotta anche nella società contro l'es~rcito e se non ci porremo il problema dell'autodifesa, commetteremmo un gravissimo errore politico, perché ci troveremmo impreparati ad affrontare una realtà di lotta che verrà rapidamente repressa e sconfitta. In particolare organizzare l'autodifesa dei soldati. Processare per i loro crimini quotidiani tutti i maiali con le stellette. Nessun aguzzino si deve sentire sicuro mai e in nessun posto. Nell'esercito necessariamente ogni lotta, ogni libera manifestazione è illegale e brutalmente repressa; si pone quindi come problema centrale, come condizione di soppravv1venza e d_~sviluppo, COf!1edif~sa di og_~i_con~u!sta, _anche _parziale, della libertà stessa d1 moln proletan m d1v1sa, 1I problema d1 punire i nostri punitori». 69

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==