Per difendere chi - a cura di Franco Travaglini - prefazione Giorgio Rochat - Mazzotta ed. 1976

18 PER DIFENDERE CHI? preventiva d'ordine sociale, politico ed economico. Se l'ordine costituito è realmente ordine e non repressione reazionaria, saprà attuare e gestire un'accorta politica riformatrice. Pertanto l'erroneità della impostazione nei neoclausewitziani, che non tengono affatto conto delle capacità di comprendere i fatti e gli avvenimenti da parte dei singoli componenti della collettività statale, è lampante, drt:o che una società moderna non può vivere senza l'adesione cosciente della base, cui la psicologia applicata può fare comprendere meglio la realtà, ma non può creare una realtà precostituita: da •ciò consegue la necessità che un esercito moderno, per la sua stessa efficienza operativa, sia espressione genuina e fedele della collettività di cui è parte.» Occorre dunque legare la nozione di difesa al consenso popolare, secondo la teoria marxista della difesa, legare cioè la difesa al popolo e ai suoi interessi, non all'uso del popolo e alle prospettive di tecnocrazie politico-industriali. Occorre rifarsi ai modelli di difesa popolare che in questi ultimi tempi hanno annoverato i contributi di Giap, di Debray, di Che Guevara, e non al modello clausewitziano al quale è ancorata la nostra struttura militare e che ha consentito di privilegiare il coordinamento con forze straniere, piuttosto che quello interno alla stessa forza nazionale. Su queste impostazioni deve avvenire lo scontro, all'interno del dibattito politico, che altrove si sviluppa da tempo in termini reali; nella Repubblica federativa jugoslava, ad esempio, il problema della difesa nazionale costituisce un tema costante di approfondimento e di studio all'interno delle università. Il ruolo del militare e, in particolare, di quello investito di comando, è in logica derivazione dai risultati cui approda il problema della ristrutturazione. Gli imperativi chè una innovazione più o meno rivoluzionaria impone in questo campo si riflettono, infatti, sulla figura del cosiddetto superiore, che deve corrispondere intimamente alla natura popolare dell'organismo in cui essa è inserita. Non un superiore rigido ed altezzoso, di tipo prussiano-piemontese, e neppure uno accattivante e paternalista, di tipo borbonico-napoletano, ma un superiore la cui mentalità sia nettamente divaricata rispetto al passato. Il che, in soldoni,

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