Per difendere chi - a cura di Franco Travaglini - prefazione Giorgio Rochat - Mazzotta ed. 1976

16 PER DIFENDERE CHI? logico che su quello materiale, per esprimere il rifiuto alla separatezza e all'isolamento imposti dalla struttura, e ribadire la propria appartenenza alla realtà sociale esterna e ai suoi momenti di crescita culturale e politica. E l'azione di lotta, dopo lo spontaneismo movimentista dei primi anni ed una fase intermedia di riflessione e di dibattito interno, sta raggiungendo la mobilitazione ài massa di questi ultimi tempi, grazie anche alla efficacia moltiplicatrice di due concause specifiche: il coinvolgimento di quadri intermedi delle componenti professionali alle iniziative emancipatorie da un lato, e, dall'altro, il clima storico e politico · generale, in cui le lotte dei militari stanno fermentando. E, anzi, proprio per il fatto che esse si vanno sviluppando nel seno di forti tensioni popolari e in presenza di istanze di base per mutamenti radicali di struttura, per revisioni sostanziali dei rapporti socioeconomici e del quadro istituzionale, è proprio per la presenza di queste spinte che il movimento ha accumulato in breve termine un potenziale di esperienza che si riflette nella sua crescente maturità, nella capacità di elaborare un'autonoma gestione politica che realizzi una sua presenza democratica, che gli accrediti la qualifica di interlocutore legittimato ad un confronto ampio ed approfondito con le forze politiche e sociali, sui processi di mutamento democratico delle istituzioni militari. Di questa articolata evoluzione del movimento gli ufficiali qui intervistati appaiono largamente informati e consapevoli, il che conferma che la lotta segue una dinamica montante, capace di contagiare, ormai, tutto il settore professionale. In quest'ambito, del resto, il malessere e lo scontento, che costituiscono il principale movente soggettivo dell'azione, hanno una ragione di piu per impadronirsi dell'individuo perché aggrediscono una condizione umana e sociale non transitoria e sono vissuti e sofferti, perciò, . . ., . ass~1 p1u intensamente. E una constatazione che emerge in termini assai precisi da alcune interviste. Il giudizio della società sulla inutilità sociale del ruolo («non vale niente, non sa fare niente, e allora fa il militare») determina frustrazioni e crisi d' identità («ma quellochefaccioio>>, si chiede un ufficiale, «ha un valore?») che lasciano il segno e rendono ancora piu inso-

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